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Autore: hilaris    04/05/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1: Spense una delle candele con i polpastrelli delle dita, vedendo quella minuscola fiammella cessare di esistere esattamente come aveva fatto il proprio matrimonio.
Non si sarebbe mai aspettato di dover entrare in quel tempio così presto, non si sarebbe mai aspettato di dover posare quel crisantemo accanto a quella bara fredda e lucida proprio in quel periodo, in cui tutto sembrava esser tornato alla normalità, in cui la vita sembrava aver preso una piega giusta.
Goku è solo, senza alcuna forza e con un figlio da mantenere, mentre la storia si sposta lentamente sui pensieri di un principe dei saiyan ancora fortemente attaccato alle proprie origini e alle proprie convinzioni, ancora lungi dal raggiungere quello stato di development del personaggio che tutti abbiamo apprezzato guardando e leggendo l’opera originale. Ma ci sarà qualcosa, nella vita di entrambi, che cambierà radicalmente il loro modo di essere; entrambi i saiyan affronteranno una dura realtà che è lontana dall’essere quella quotidianità fatta di lotte e combattimenti, ed impareranno a lottare contro qualcosa di ancora più grande, seppur incorporeo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Hai voglia di allenarti con me?»

 

Questo gli aveva detto, il giovane uomo che aveva di fronte, mentre lo scrutava con due occhi neri e lucidi, speranzosi di ricevere una risposta affermativa. 

Questo gli aveva detto, il super saiyan della leggenda, mentre gli rivolgeva un sorrisetto sghembo, carico di speranza, ma anche di un velato atteggiamento di sfida. 

Eppure quella richiesta, al ragazzo che si trovava tranquillamente seduto sul proprio letto, era sembrato più un grido d’aiuto che una sfida lanciata tanto per fare; al principe dei saiyan era sembrato che Kaharoth, tutto ad un tratto, si fosse risvegliato come da un coma... un coma durato per ben tre settimane, un coma causato dall’improvvisa dipartita della propria consorte che, entrambi sapevano, non sarebbe mai più potuta tornare in vita, perché le sfere del drago non avevano il potere di resuscitare qualcuno morto per cause naturali, perché il grande drago Shenron, seppur fosse a tutti gli effetti una divinità, aveva delle limitazioni e dei difetti, e questo lo rendeva molto simile a coloro che venivano da lui a pregarlo di esaudire i loro desideri più profondi.

Gli era sembrato che Kaharoth si fosse sì appena risvegliato da quel profondo coma, ma che avesse ancora bisogno di una spinta, un’ultima spinta che l’avrebbe rimesso in carreggiata, che avrebbe fatto deviare quel treno che stava andando fin troppo fuori dai binari, riportandolo sulla retta via.

Ma perché era venuto proprio da lui, dopo essersi comportato nella maniera esattamente opposta soltanto qualche ora prima? Perché era venuto proprio da lui, ben sapendo che da uno come Vegeta avrebbe potuto ricevere un netto rifiuto?

Perché persino Kaharoth, nella sua stupidità, sapeva che il burbero principe di fronte a lui, seppur con un accenno di titubanza, avrebbe accettato, perché in fondo Vegeta voleva allenarsi con lui, perché in fondo Vegeta fremeva all’idea di potersi dedicare in un combattimento corpo a corpo col proprio rivale; il saiyan di terza classe aveva deciso di far leva sulla sua voglia di combattere, di migliorarsi, di sfidarlo ed infine batterlo. Kaharoth aveva deciso di far leva sull’unico punto debole che Vegeta aveva il coraggio di mostrare al mondo esterno, un punto debole che non lo ostacolava, un punto debole che non permetteva al mondo di fargli del male, come invece aveva sempre fatto sfruttando tutti gli altri, quando ancora non aveva imparato a nascondersi, a costruire quei muri protettivi intorno a sé come mero meccanismo di difesa.

E per un attimo, per un breve, fugace ma infinito attimo, il principe dei saiyan si ritrovò a valutare l’idea di mandarlo via, di rifiutare quella proposta, per paura che la decisione completamente opposta gli avrebbe causato soltanto problemi... ma poi, si chiese quali tipi di problemi avrebbe potuto portargli, un semplice allenamento; se si fossero presentati, in fondo, gli sarebbe bastato fermare quella situazione e tornare indietro, resettare completamente le cose, come aveva sempre fatto.

 

Sospirò, Vegeta, distogliendo lo sguardo e buttandosi di schiena sul materasso «Domattina alle 7 in punto.» asserì, piatto, con voce roca «E fatti trovare in piedi. Io non ho tempo da perdere.»

 

E Goku non aveva aggiunto altro, non aveva risposto. Si era limitato a rivolgergli un sincero sorriso a trentadue denti, un sorriso che però il suo interlocutore non poté vedere, perché aveva già chiuso gli occhi, intimandogli silenziosamente di andarsene e lasciarlo in pace.

E così aveva fatto, il saiyan cresciuto sulla Terra: d’altronde, a cosa gli serviva rimanere lì ancora? Era ovvio che Vegeta non fosse un tipo loquace e aperto al dialogo, e di certo se fosse rimasto non si sarebbero messi a parlare del più e del meno.

Ma gli andava bene così: Goku in quel momento non aveva bisogno di parlare a vanvera, Goku aveva bisogno di agire, di ritrovare la stessa carica che aveva su Namecc, prima del suo ritorno sulla Terra, prima della morte di sua moglie, ancor prima di scoprire che quest’ultima fosse gravemente malata.

Così, soddisfatto e contento, se n’era tranquillamente tornato nella sua casetta sui monti Paoz, teletrasportandosi nella camera di suo figlio, che dormiva già profondamente, schiacciato dal peso del librone che aveva ininterrottamente studiato per tutta la giornata.

 

*

 

Il fatto che avesse accettato quell’allettante proposta di Kaharoth non significava certo che avesse voglia di vederlo, ma quella mattina, il principe dei saiyan ingoiò a fatica quella dura pillola che era il dover averci a che fare e, dopo essersi fatto una lunga doccia ed aver arraffato un po’ di caffè dalla cucina senza farsi notare, si era infilato la sua battle suit ed era uscito dalla finestra, in modo da evitare spiacevoli incontri con Bulma o con quell’altra scocciatrice di sua madre, dirigendosi a tutta velocità verso la casa dell’inetto, con tutta l’intenzione di andarsene seduta stante se non l’avesse trovato in piedi, vestito e, soprattutto, lavato: non aveva intenzione di stare a sentire il puzzo asfissiante del proprio avversario, e sperava con tutto il cuore che il decerebrato non avesse le stesse brutte abitudini del proprio fratello maggiore.

 

Una volta atterrato di fronte all’abitazione dell’imbecille, si era fermato per un attimo a guardarsi intorno, constatando quanto fosse bello quel luogo: decisamente diverso dalla caotica città in cui si era poco a poco abituato a vivere; si poteva respirare l’aria pulita delle montagne, la brezza mattutina che gli scompigliava i capelli e gli donava una tranquillità che non era solito ostentare... era un’aria così differente da quella che respirava di solito, così pura, senza il dannatissimo odore di smog che si respirava nel giardino sconfinato della Capsule Corporation.

Beh, per lo meno sul dove abitare, quell’inetto di terza classe ci aveva visto giusto: un saiyan non aveva soltanto bisogno di spazio per allenarsi-e lì, di spazio, ce n’era a sufficienza-, ma anche di una buona dose di tranquillità per meditare, nel caso in cui ce ne fosse stato il bisogno. Quasi invidiò Kaharoth, in quel momento: al bisogno, quello stupido reietto di terza classe avrebbe dovuto fare soltanto pochi passi per poter meditare in santa pace; lui, invece, ogni volta che ne sentiva l’impulso, era costretto a volare lontano, rifugiandosi in qualche area desertica, o su qualche montagna lontano dalla caoticità cittadina. 

 

«Hey, buongiorno, Vegeta!»

 

Il saiyan cresciuto sulla Terra, quella mattina, si era svegliato di buon ora, consumando una ricca e dolce colazione in compagnia del suo bambino prima che quest’ultimo lasciasse la propria abitazione per dirigersi nel deserto con Junior, facendosi ben due docce ed indossando il suo gi nuovo di zecca, che gli aveva regalato il suo migliore amico Crilin per lo scorso compleanno: voleva farsi trovare nella migliore delle condizioni dal principe dei saiyan, e soprattutto pronto a cominciare quella sessione di allenamenti che, sapeva, gli avrebbero soltanto giovato, aiutandolo a distrarsi, almeno per qualche ora, dalla situazione in cui era costretto a vivere.

Inutile dire che Gohan si fosse non poco stupito nel vederlo così arzillo dopo ben tre settimane di completo sconforto, ma il bambino aveva deciso comunque di non fare domande, rimandando quella conversazione alla sera, quando entrambi sarebbero tornati dai propri impegni e sarebbero stati tranquillamente seduti al tavolo a cenare.

 

«Allora, sei pronto?» gli chiese, ovviamente dopo non aver ricevuto risposta al suo augurio di buongiorno; non se ne stupì affatto, Goku, e la cosa sembrò non turbarlo più di tanto: in fondo, era già tanto che il principe di fronte a sé fosse lì a fargli quel favore, nonostante lo stesse palesemente facendo per un tornaconto personale. Figurarsi se si sarebbe abbassato a dargli il buongiorno, sarebbe stato letteralmente il colmo! 

Vegeta, dal canto suo, si limitò a rivolgergli un ghigno carico di sfida, alzandosi di poco dal terreno e facendogli capire che si sarebbero dovuti spostare per evitare che quella casetta dalle mura fin troppo sottili crollasse a causa dei loro attacchi «Sono nato pronto, Kaharoth! Tu vedi di esser pronto, piuttosto, perché non mi risparmierò affatto!» 

 

*

 

Non avevano più dialogato, i due saiyan: si erano limitati a volare qualche chilometro più in là, rifugiandosi in una grande prateria che si trovava proprio nell’intermezzo tra due foreste secondarie, di una grandezza esigua rispetto a quella in cui solitamente Goku andava a raccogliere la legna per metterla sul fuoco nei mesi invernali. Era il luogo perfetto: nessuna forma di vita, fatta eccezione per gli animali che, incuranti dei due combattenti che, con i piedi piantati sul terreno erboso, si scrutavano con aria di eccitazione e sfida, continuavano imperterriti con la loro routine, fermandosi soltanto ogni tanto per osservarli curiosi, a debita distanza di sicurezza.

L’aria era carica di tensione e Goku, per la prima volta in quelle tre settimane d’inferno, sembrava aver improvvisamente ritrovato quello stimolo che tanto gli mancava, quella voglia sconfinata di combattere e superare i propri limiti, quel desiderio insito nella sua natura di saiyan che lo costringeva ad aggrapparsi con le unghie e con i denti a quella che, di lì a poco, sarebbe sicuramente diventata una lotta sfrenata, eccitante e senza esclusione di colpi.

Perché il saiyan cresciuto sulla Terra era perfettamente a conoscenza delle capacità di quel giovane principe, di quel guerriero solitario con il quale si stava stranamente trovando ad avere a che fare, ed era sicuro che non l’avrebbe deluso. Oh no, Vegeta non l’avrebbe mai deluso, perché il suo spirito era così forte e determinato da poterlo quasi colpire con una scarica elettrica ed ucciderlo all’istante.

E questo eccitava dannatamente Goku che, con un sorriso beffardo sulle labbra, un sorriso che ormai non sfoggiava da tempo, si era tranquillamente messo a fare quel solito stretching che tanto amava fare prima di ogni combattimento, quell’azione così semplice che ormai aveva preso come un rituale di buon auspicio.

 

«Allora, vogliamo cominciare?» lo incitò Vegeta, mettendosi in posizione ed incontrando i suoi occhi, carichi della stessa adrenalina che caratterizzava entrambi.

 

Senza neanche rispondere, il saiyan dai capelli a palma aveva imitato il gesto del proprio avversario, mettendosi in posizione ed aspettando che fosse lui a compiere la prima mossa: era curioso di vedere che progressi avesse fatto Vegeta in quel periodo di tempo in cui non si erano più visti né sentiti-e d’altronde, perché avrebbero dovuto farlo?-, ed era desideroso di sapere quali sorprese gli avrebbe riservato quell’instancabile ed elettrico principe che, come gli avesse appena letto nel pensiero, era passato immediatamente all’attacco, lanciandosi contro il proprio rivale con un gancio diretto in pieno viso, che fu prontamente parato.

 

Avevano continuato così per un tempo che era sembrato ad entrambi dannatamente breve, ma che sapevano, dal continuo spostamento della luce solare, era durato ore ed ore.

Vegeta colpiva, Goku schivava e Vegeta colpiva ancora, incassando e rigirando colpi come se entrambi fossero due insaziabili macchine da guerra.

Non c’era stato alcun bisogno, per il Son, di trasformarsi in super saiyan: d’altronde, il suo avversario non aveva ancora raggiunto quello stadio-anche se lui era convinto che presto ci sarebbe riuscito, considerando l’esiguità di quella tanto odiata differenza di potenziale dal principe-, e lui si sentiva già abbastanza appagato così, senza dover aggiungere altro pepe a quello che era diventato un allenamento coi fiocchi.

Si ritrovò a sorridere soddisfatto, Goku: per la prima volta in tutta la sua giovane vita, probabilmente, Vegeta non stava attaccando un avversario solo ed esclusivamente con l’obbiettivo di ucciderlo. 

Lo aveva visto cambiato, lo aveva visto diverso, anche se soltanto leggermente: certo, era consapevole che si stesse comportando in quel modo molto probabilmente soltanto per convenienza personale, ma era già un passo avanti; chissà se in futuro, persino lo spietato principe dei saiyan non si sarebbe redento, seguendo così alla perfezione l’esempio del suo amico Junior che, grazie alla sua profonda amicizia con Gohan, aveva capito di provare dei sentimenti fino ad allora a lui completamente sconosciuti.

 

Vegeta, dal canto suo, si pentì immediatamente cominciata la lotta di quegli strambi pensieri che si era ritrovato a fare soltanto la sera prima, mentre valutava le opzioni per poter accettare o no la proposta della terza classe: non avrebbe mai dovuto mettersi a valutare le opzioni, avrebbe dovuto accettare e basta; e questo lo stava capendo nel momento in cui, con una ginocchiata ben assestata, aveva messo il proprio avversario al tappeto, dichiarando concluso quel lungo ma allo stesso tempo rinvigorente allenamento.

Gli ci era voluto, dopo ben due mesi di solo allenamento individuale all’interno della Gravity Room, un buon combattimento corpo a corpo con il solo ed unico scopo di potenziarsi ed imparare a comprendere meglio le mosse dell’avversario; senza volerlo, anche Kaharoth aveva silenziosamente fatto un favore a lui: non si era lasciato andare a stupidi convenevoli e si era lasciato picchiare, picchiando poi a sua volta, e questo era proprio ciò di cui il principe aveva più bisogno.

Certo, era deplorevole il fatto che gli unici due saiyan rimasti fossero lui, il grande principe della propria stirpe, ed un infimo guerriero di terza classe, ma al momento la cosa non gli interessava: per lo meno non era rimasto da solo, e c’era con lui qualcun altro costretto a portare il pesante fardello di una razza ormai estinta che non sarebbe mai più tornata a brillare come un tempo. 

 

«Hai perso colpi, Kaharoth.» lo schernì osservandolo dall’alto in basso, mentre quest’ultimo si alzava da terra con in volto un sorriso imbarazzato.

«Eheheh!» si ritrovò a ridacchiare la terza classe «Ho battuto un po’ la fiacca in quest’ultimo periodo, effettivamente! Non hai tutti i torti!»

«Tsk.» 

Il principe, a quel punto, appurando che non sarebbero affatto tornati a lottare e che entrambi avessero immediato bisogno di riposo e di una doccia-o anche due-, si era limitato a librarsi in volo, con tutta l’intenzione di togliere le tende.

«Domattina. Stessa ora.» si limitò a dire, prima di dare le spalle al proprio rivale, lasciandolo solo in mezzo a quella verde prateria che, quel giorno, era stata teatro del primo passo della rinascita di Goku. 

 

*

 

«Eh?! Sul serio, papà?!»

 

Il piccolo Gohan era rimasto senza parole nell’apprendere quella notizia, e per poco non aveva rischiato di strozzarsi con i noodles precotti che gli aveva rifilato suo padre per cena: che Goku non fosse un cuoco provetto lo sapevano tutti, ma in fondo, al bambino bastava anche soltanto un veloce pasto per sentirsi immediatamente rinvigorito; anche se, mentre arrotolava le bacchette in quella scatolina di cartone, si ritrovava silenziosamente a pensare a quanto gli mancassero i deliziosi manicaretti della sua adorata mamma, rattristandosi terribilmente al pensiero.

Ma ci pensò Goku a riportarlo coi piedi per terra, esclamando, piuttosto divertito: «Sul serio, Gohan! Per quale motivo dovrei mentirti?»

Certo che, però, era veramente strano che suo padre, per tutta la giornata, si fosse davvero allenato con il principe dei saiyan in persona: il bimbo non poteva credere che proprio Vegeta, orgoglioso com’era, avesse sul serio accettato di passare del tempo con il suo acerrimo rivale. Certo, era per allenarsi, ma comunque passavano del tempo insieme!

«Non me lo sarei mai aspettato..» fu il commento di Gohan, sinceramente sorpreso ma, tutto sommato, felice che il suo papà avesse ritrovato un briciolo della sua serenità di un tempo. E, a quanto pareva, il piccolo mezzosangue doveva soltanto ringraziare Vegeta, per poter vedere suo padre di nuovo in forze, anche se ancora visibilmente provato!

 

Prima o poi, Gohan avrebbe trovato il modo di sdebitarsi con quel burbero principe che, a quanto pareva, da quel giorno in poi, avrebbe frequentato casa Son molto molto spesso.

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Angolo autrice:

Buonasera a tutti/e! Allora, come avete passato questo primo giorno di fase 2? 
per quanto mi riguarda, io sono passata subito dal bar di mio padre a farmi fare un bel mojito a portar via xD mi ci voleva proprio, dopo questi due mesi passati "a secco"!
Dunque, eccomi tornata con questo quinto capitolo, e, finalmente posso dirlo, SI SONO ALLENATI INSIEME. 
so che non sembra molto ma, considerando in che periodo della storia ci troviamo e che tipo di carattere abbia Vegeta, per me questo è un primo, meraviglioso passo avanti! Finalmente il nostro Goku sta pian piano cominciando a riacquistare un pizzico della sua antica allegria, e si spera torni presto l'energico saiyan che tutti conosciamo!

Alla prossima!

-hilaris

   
 
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