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Autore: hilaris    05/05/2020    1 recensioni
Dal capitolo 1: Spense una delle candele con i polpastrelli delle dita, vedendo quella minuscola fiammella cessare di esistere esattamente come aveva fatto il proprio matrimonio.
Non si sarebbe mai aspettato di dover entrare in quel tempio così presto, non si sarebbe mai aspettato di dover posare quel crisantemo accanto a quella bara fredda e lucida proprio in quel periodo, in cui tutto sembrava esser tornato alla normalità, in cui la vita sembrava aver preso una piega giusta.
Goku è solo, senza alcuna forza e con un figlio da mantenere, mentre la storia si sposta lentamente sui pensieri di un principe dei saiyan ancora fortemente attaccato alle proprie origini e alle proprie convinzioni, ancora lungi dal raggiungere quello stato di development del personaggio che tutti abbiamo apprezzato guardando e leggendo l’opera originale. Ma ci sarà qualcosa, nella vita di entrambi, che cambierà radicalmente il loro modo di essere; entrambi i saiyan affronteranno una dura realtà che è lontana dall’essere quella quotidianità fatta di lotte e combattimenti, ed impareranno a lottare contro qualcosa di ancora più grande, seppur incorporeo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Si era svegliato ancor prima del giorno precedente, guidato da un’euforia difficile da controllare persino per un tipo come lui.

Vegeta non era mai stato il tipo di persona che amava esternare le sue emozioni, neanche se queste ultime avessero riguardato la sua vocazione per la lotta ed il combattimento, eppure quella mattina, mentre si lavava il viso di fronte allo specchio, non resistette dal lasciarsi andare ad un sorriso soddisfatto, sicuro che di lì a poco si sarebbe di certo divertito come mai in vita sua. 

L’allenamento del giorno prima l’aveva stancato, questo era ovvio, non era certo più abituato a combattere contro un avversario, dopo tutto quel tempo passato a non avere contatti con niente e con nessuno, ma gli aveva dato anche un’altra consapevolezza: Kaharoth non si era trasformato in super saiyan, mentre si allenavano, e questo perché probabilmente i suoi attacchi non erano stati abbastanza minacciosi da metterlo alle strette e convincerlo a giocare quella carta.

Ecco, l’obbiettivo del principe, da quel momento in poi, sarebbe stato picchiare ogni giorno sempre più duro, fino a quando non avrebbe fatto sentire quell’inetto costretto a giocarsi il suo asso nella manica; e poco gli importava se probabilmente contro un super saiyan ci avrebbe rimesso la pelle: avere la consapevolezza di essere stato abbastanza cattivo da costringerlo ad usare quella trasformazione era una soddisfazione che non vedeva l’ora di togliersi, forse una soddisfazione ancora più grande di quanto non fosse il superare il livello del suo nemico.

 

*

 

«Allora io vado, papà! Impegnati, mi raccomando!»

«Certo, figliolo! E tu vedi di non far arrabbiare troppo Junior!»

 

Il saiyan dai capelli a palma, quel giorno, però, non si sentiva carico come invece lo era stato quello precedente: durante la notte aveva dormito male, anzi, c’era da dire che in realtà non avesse dormito proprio; dopo l’allenamento con Vegeta, infatti, era tornato a casa felice come una pasqua ma poi, come se il destino avesse deciso che per lui la felicità era ben lungi dall’essere raggiunta, il giovane guerriero dai capelli a palma si era imbattuto in una vecchia foto di famiglia che ritraeva una Chichi sorridente, dai capelli neri e brillanti, e due occhi così differenti da quelli che la caratterizzavano durante i suoi ultimi giorni di vita. 

Nel momento in cui teneva in mano quella cornice impolverata, Goku si ritrovò ancora una volta a chiedersi se fosse davvero la cosa giusta, quella che stava facendo. Si chiese se fosse giusto che lui continuasse a vivere la sua vita, crescendo il figlio che avrebbero dovuto crescere insieme, vivendo nella casa che avevano scelto insieme, nel letto nel quale avevano dormito insieme per sette anni, tra quelle lenzuola che ancora possedevano l’odore della splendida donna che lo aveva sposato.

«Dimmi che cosa devo fare, ti prego...» aveva sussurrato quasi impercettibilmente, carezzando con dolcezza la parte di fotografia recante il volto di Chichi con un dito, per poi riporre la cornice nel cassetto e coricarsi, tentando in tutti i modi di dormire.

No, sua moglie non gli avrebbe detto che cos’avrebbe dovuto fare, perché sua moglie era morta, e lui ormai non aveva più nessuno che decidesse per lui... doveva imparare a prendersi le proprie responsabilità da solo.

 

«Allora! Mi stai ascoltando, brutto deficiente?!»

 

Ormai era da più di dieci minuti che il principe dei saiyan, puntuale ed impeccabile come sempre, si era presentato di fronte all’abitazione di quel cerebroleso, ed era da più di dieci minuti che quest’ultimo, con occhi spiritati e con in faccia un’espressione da pesce lesso, se ne stava in piedi di fronte all’uscio, a guardare il vuoto, non accorgendosi probabilmente nemmeno della sua regale presenza.

Ma come osava ignorarlo in quel modo?! Il giorno prima si era dimostrato così ben disposto ed ora si comportava come se neanche esistesse? D’accordo che non avevano mai avuto un buon rapporto, ma da lì ad ignorare completamente un proprio superiore ce ne passava! 

Vegeta, in quel momento, giurò a sé stesso che uno di quei giorni l’avrebbe ucciso. Magari nel sonno, strangolandolo, godendo nell’osservare le espressioni di terrore e sofferenza che si sarebbero palesate sul volto senza ossigeno dell’idiota.

Ma al momento si limitò a richiamarlo più volte, finché Kaharoth, finalmente, non spostò lo sguardo nella sua direzione, incontrando i suoi occhi e venendo immediatamente fulminato da questi ultimi.

 

Goku, dal canto suo, era stato talmente assorto dai propri pensieri che non si era neanche accorto dell’arrivo di Vegeta. O meglio, se n’era accorto, ma l’aveva semplicemente ignorato, comportandosi da gran maleducato, e questo non era da lui.

Okay, era sbadato, un po’ stupido forse, ma così maleducato da ignorare una persona che gli stava solo che facendo un favore non lo era mai stato.

Eppure, in quel momento, aveva avuto il gran bisogno di riprendersi da quella nottata in bianco, ed aveva sentito l’impulso di riflettere per qualche secondo sul da farsi: certo che voleva allenarsi con il principe, in fondo anche Vegeta era lì per quello, ma davvero non sapeva se sarebbe stato giusto nei confronti di Chichi che, a differenza sua, non aveva avuto la fortuna di poter andare avanti ed inseguire le proprie passioni, non aveva avuto la fortuna di veder crescere suo figlio, non aveva avuto la fortuna di stare accanto alle persone che amava.

E Goku, per questo, si sentiva dannatamente in colpa, perché era sicuro che avrebbe potuto fare qualcosa... era sicuro che il modo di aiutarla, se solo avesse avuto un cervello più funzionante, lo avrebbe trovato; ma era arrivato troppo tardi, ed ora non si poteva più tornare indietro.

 

«Beh? Hai intenzione di startene lì impalato per tutto il giorno?» lo rimbeccò nuovamente il saiyan dai capelli a fiamma, con una nota di sarcasmo nella voce: non era stupido, aveva capito perfettamente dove si trovasse in quel momento la mente del decerebrato, ma non gliene importava un fico secco; se avesse avuto voglia di combattere, bene, altrimenti lui avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe tornato alla Capsule Corporation.

Eppure, a discapito di quell’auto-imposizione, se ne stava ancora lì, di fronte all’idiota, a guardarlo con un sopracciglio alzato e con l’aria di chi stava per perdere la pazienza.

E lui, di pazienza, ne aveva avuta sempre molto poca.

 

«Scusa, Vegeta!» fu l’esclamazione del Son, che si portò improvvisamente una mano dietro la nuca, grattandola in modo imbarazzato e ridacchiando, palesemente fingendo di star bene «Ero soprappensiero! Forza, andiamo, sono pronto!»

«Soprappensiero?» fu il commento del principe «Allora sei in grado di pensare? Incredibile, non finisci mai di stupirmi!»

 

Goku ridacchiò, seguendo il rivale alla volta dell’ennesimo spiazzo semi-deserto nel quale si sarebbero allenati quel giorno: Vegeta aveva ragione, sotto qualche punto di vista; lui non era affatto in grado di pensare, come gli aveva appena fatto molto dolcemente notare il suo rivale. Anzi, tutto il contrario: il Son era convinto che, a furia di arrovellarsi il cervello appresso a quegli innumerevoli dubbi che lo attanagliavano in quel periodo, probabilmente la testa bacata che si ritrovava sarebbe esplosa.

A volte si chiedeva se quella botta data da piccolo incidesse sulla propria poca intelligenza.

 

*

 

«Ma insomma, concentrati, Gohan!»

 

Ormai era da più di mezz’ora che i due grandi amici avevano iniziato quell’allenamento, ed il piccolo Gohan l’aveva passata ad incassare un colpo dietro l’altro, senza però portarne a segno nemmeno uno.

E questo irritava parecchio il guerriero namecciano che, dopo l’ennesima ginocchiata tirata allo stomaco del proprio allievo, aveva sbuffato sonoramente, scendendo di nuovo con i piedi al terreno roccioso ed inarcando un sopracciglio in direzione del bambino, che si era rimesso stancamente in piedi.

Non era arrabbiato con Gohan per essere maledettamente distratto quel giorno, quello no, ma gli sembrava alquanto strano che il proprio pupillo non si concentrasse a tal punto da ridursi così dopo soltanto mezz’ora di allenamento. Così Junior, sospirando, si era seduto accanto a lui, incrociando le gambe ed invitandolo a fare lo stesso; cosa che il piccolo Gohan fece immediatamente, per evitare che il suo amato maestro si innervosisse ancora di più.

 

«Insomma...» iniziò il namecciano, incrociando le braccia al petto «Che succede?» 

 

Il bambino ingoiò un rivolo di saliva, indeciso sul da farsi: certo che avrebbe voluto raccontare a Junior ciò che gli stesse succedendo, ma non era sicuro che il suo migliore amico avrebbe capito alla perfezione il modo in cui si sentiva. In fondo, nonostante il guerriero namecciano fosse una delle persone più sagge che Gohan conoscesse, quest’ultimo non sapeva davvero come avrebbe potuto prendere la grande rivelazione che gli aveva fatto suo padre soltanto la sera prima.

Persino lui stentava ancora a credere al fatto che proprio Vegeta avesse effettivamente cominciato a frequentare assiduamente suo padre, e la cosa, nonostante da una parte gli facesse piacere-perché in fondo si incontravano con il solo ed unico scopo di allenarsi-, lo preoccupava alquanto, soprattutto perché l’obbiettivo principale del principe dei saiyan, in fondo, era uccidere il suo povero papà e prendere il possesso del pianeta. Ed anche se Gohan in fondo sperava che il secondo obiettivo del saiyan più grande si fosse, ad un certo modo, indebolito, dubitava fortemente che invece il primo fosse completamente sparito dalla sua mente. 

 

«Ecco, vedi, Junior...» il piccolo cominciò nervosamente a tormentarsi le mani, ancora insicuro, ma comunque fiducioso che il suo amico dalla pelle verde avrebbe compreso le sue preoccupazioni e gli avrebbe potuto dare uno dei suoi soliti buoni consigli «Il fatto è che... che stanno succedendo delle cose con mio padre.»

«Delle cose con tuo padre?» il namecciano inarcò un sopracciglio: possibile che Goku si fosse impazzito a tal punto da far stare male il suo stesso figlio? Ma no, era a dir poco impossibile, e poi Gohan più che ferito gli sembrava preoccupato... così, sospirando, gli mise amichevolmente una mano sulla spalla «È successo qualcosa di grave?»

«No no, grave non direi...» almeno non ancora, si ritrovò a pensare il bimbo «Solo che... tu sai che mio padre, non molto tempo fa, aveva preso la decisione di non allenarsi più e di dedicarsi completamente alla vita ‘da terrestre’, no?»

«Sì, certo. Anche se sai che io non approvo affatto.»

«Il fatto è che non approva nessuno!» esclamò il bambino «Nemmeno... nemmeno Vegeta.»

«Vegeta?» l’uomo dalla pelle verde sembrò confuso: cosa diamine c’entrava Vegeta in tutta quella storia? Non credeva di aver mai visto quel saiyan interessarsi a qualcosa che non fossero esclusivamente i suoi affari.

«Sì, ecco vedi... ehm...» Gohan si grattò nervosamente la testolina ricolma di splendenti capelli scuri, che ormai stavano crescendo, abbandonando il caschetto-abbastanza imbarazzante avrebbe osato dire- che gli aveva tagliato la sua mamma tempo prima, in occasione della sua avventura su Namecc «Il fatto è che Vegeta ha cominciato giusto ieri ad allenarsi con mio padre, e... sai, Junior, la cosa mi fa davvero piacere, perché ieri sera papà sembrava veramente su di giri, e poi una distrazione gli ci vuole. Solo che...»

Il maestro non seppe che dire, a quella rivelazione: più che del fatto che Goku fosse tornato improvvisamente su di giri, era sorpreso del fatto che proprio Vegeta, immerso nel proprio orgoglio com’era ben abituato, si fosse abbassato ad un tale livello da accettare di allenarsi insieme a quello che considerava a tutti gli effetti un nemico; certo, lui ed il principe dei saiyan erano molto diversi, lui non era orgoglioso come il più piccolo, ed aveva imparato cosa fossero i sentimenti proprio grazie alla grande amicizia che si era instaurata con il suo allievo, che considerava a tutti gli effetti come figlio suo, ma in fondo in fondo, Junior lo capiva: come il suo, l’animo di quel principe era continuamente tormentato dai fantasmi del suo non lontano passato, e come lui, aveva perso in tenera età ciò che avrebbe dovuto avere di più caro al mondo, ovvero la sua famiglia, la sua gente, tutto ciò in cui avrebbe dovuto far riferimento durante la sua crescita come persona e come guerriero. Certo, Junior non era affatto sicuro che prendere come esempio il popolo dei saiyan avrebbe trasformato il principe in una persona troppo diversa da quella che era ora, ma di sicuro sarebbe stato meglio di crescere allevato dal dittatore assassino che aveva ucciso suo padre e tutta la sua razza; così il namecciano, si limitò soltanto ad incalzare il discorso dell’allievo, mormorando, quasi impercettibilmente: «Solo che?» 

«Solo che...» riprese Gohan «Che una cosa del genere, da parte di uno come Vegeta, mi sembra davvero strana: in fondo, lui odia mio padre... credo sia la persona che odia di più al mondo. E se... se cogliesse l’occasione dell’allenamento e lo uccidesse? Se rimanessi da solo, senza nemmeno più il mio papà?»

«Ah, è questo che ti preoccupa?» Junior sorrise sollevato: no, una cosa del genere non sarebbe potuta accadere, almeno per il momento «Vedi Gohan, Vegeta è un tipo parecchio strano, ma nonostante questo, credo che se avesse avuto davvero l’intenzione di uccidere tuo padre, l’avrebbe già fatto ieri stesso: vedi, Goku in queste tre settimane non si è più allenato, e con lui fuori allenamento, avrebbe benissimo potuto approfittarne e stroncare la situazione sul nascere. Ma a quanto pare non l’ha fatto, e anche se questo mi stupisce, io non credo che Vegeta abbia davvero l’intenzione di ucciderlo. Più che altro, il suo obbiettivo si sofferma sul superarlo in quanto a livello combattivo e nulla più. Magari vuole sconfiggerlo, ma ucciderlo? Bah... non la vedo in questa maniera.»

«Sul serio non la vedi così?»

Gohan era rimasto sorpreso dalle parole del suo maestro, era come se in un certo senso stesse... prendendo le difese del principe dei saiyan, e questo da parte di Junior non se lo sarebbe davvero aspettato. Certo, non si sarebbe aspettato neanche che desse in escandescenze, ma neanche quello, neanche quella giustificazione asserita in modo tanto convinto. 

Eppure, lui era presente nel momento in cui, dalla Terra, stavano tutti assistendo al combattimento di Goku contro Freezer, ed era presente nel momento in cui Vegeta, ridendo soddisfatto, aveva gioito nel sapere dell’esplosione del pianeta Namecc, credendo, come anche tutti loro, che suo padre fosse morto. Certo, erano passati due mesi da quel fatidico giorno, ma era possibile che fossero cambiate così tante cose da allora? Insomma, una persona non cambia in così poco tempo, il piccolo Gohan si rifiutava anche solo lontanamente di crederlo. 

«Credo che questo suo ostentare il desiderio che tuo padre muoia sia solo ed unicamente guidato dalla sua intenzione di apparire in un certo modo.» fu la risposta del namecciano «Mi spiego: anch’io, fino a poco tempo fa, non facevo altro che ricordare al mondo di quanto volessi conquistare la Terra, ma ormai era da un bel po’ di tempo che non la pensavo più così... è tutta facciata. Fumo e niente arrosto. Anche perché tuo padre e lui sono gli ultimi due individui rimasti di una razza ormai estinta, e questo Vegeta lo sa benissimo: uccidere tuo padre significherebbe rimanere l’unico saiyan rimasto nell’universo, e non credo che riuscirebbe a sostenere una cosa del genere, neanche per tutta la rivalità di questo mondo.» 

«E questo come lo sai?» 

«Lo so perché è veramente difficile sentirsi diversi e sapere di esserlo, Gohan, credimi: quando non sapevo ancora di essere un namecciano, non facevo altro che chiedermi da dove venisse quest’aspetto così diverso da tutto il resto dei terrestri... certo, all’inizio non ci davo troppo peso, perché pensavo fosse semplicemente un aspetto fisico e nient’altro, ma poi, prendendo sempre più coscienza dei miei poteri così particolari, come per esempio l’abilità di rigenerare una parte del corpo danneggiata, queste domande ho cominciato a farmele. E credimi quando ti dico che essere diversi su un pianeta che palesemente non è il tuo è davvero frustrante, ti fa sentire un pesce fuor d’acqua. E anche se Vegeta, dopo aver ucciso l’unica persona che sia un po’ più simile a lui, se ne andasse su qualche altro pianeta, la situazione non cambierebbe. Continuerebbe comunque a sentirsi solo nell’universo.» 

 

Inutile dire che il bambino rimase a dir poco affascinato dal discorso accorato del proprio mentore, che non era mai stato così malinconico in tutta la sua vita: era vero, Gohan non poteva neanche lontanamente immaginare come si potesse sentire una persona nella consapevolezza di essere l’ultimo rimasto, soprattutto se questa persona era poi il principe di ciò che non c’era più. 

Lui si era sempre lamentato di sentirsi diverso dagli altri bambini, ma in fondo, nelle sue vene scorreva anche sangue terrestre, il sangue della sua mamma; il fatto che lui fosse diverso era solo che collegato al fatto che sua madre avesse deciso di isolarlo dal resto del mondo facendolo vivere all’interno di una campana di vetro e facendolo studiare, giocare e crescere in una casa sperduta tra le montagne. No, quello che sentiva lui non era neanche lontanamente paragonabile a come si sarebbe potuto sentire Vegeta: se suo padre era cresciuto sulla Terra, diventando un terrestre a tutti gli effetti, quel principe che tanto si vantava della sua potenza, era sempre stato solo, senza radici, senza un punto di riferimento e senza una casa; non aveva avuto modo di assaporare la cultura del suo pianeta, perché non era cresciuto su nessun pianeta, non aveva avuto modo di vivere una vita sì avventurosa, ma alternata a momenti di pura tranquillità, perché era stato abituato a non starsene mai tranquillo al suo posto, e non aveva avuto l’opportunità di provare dei sentimenti e farsi degli amici, perché era stato cresciuto in un mondo che non ammetteva affatto questo genere di cose, e che lo aveva costretto ad adattarsi alle condizioni di vita di un mercenario spietato senza radici e senza famiglia.

Non l’aveva mai vista sotto quest’ottica, Gohan, ma ora che aveva sentito il discorso di Junior, era arrivato alla conclusione che Vegeta doveva soffrire davvero molto, ma che cercasse in tutti i modi di non darlo a vedere. E tutte quelle convinzioni che esternava ad alta voce, tutte quelle azioni scortesi che compiva, erano fondamentalmente frutto di una reazione passivo-aggressiva che lo aveva portato a costruirsi intorno dei muri invalicabili. 

 

«Cavolo...» esclamò, abbassando la testa «Non immagino neppure come possiate sentirvi... mi dispiace per averti costretto a ricordare quel brutto periodo, Junior, davvero...»

Il namecciano sorrise, carezzando con fare paterno i capelli del suo pupillo «Ormai ho superato da tempo quei momenti, sono in pace con me stesso. E anche se non mi sta affatto simpatico, io spero sinceramente che anche Vegeta, un giorno, possa trovare il suo posto nel mondo.»

 

*

 

«Kaharoth, giuro che ti lascio qui come uno stoccafisso se non ti concentri!»

 

Ormai era un’ora che quell’imbecille continuava a combattere distrattamente, come se non ne avesse alcuna voglia: dannazione, era stato lui a venire a chiedergli di allenarsi insieme, ed ora, già al secondo giorno, si era stufato? 

Lo odiava, lo odiava maledettamente per essere sempre così lunatico e così idiota, ed odiava anche sé stesso per essersi lasciato coinvolgere nei suoi problemi mentali; insomma, ormai si era abituato ad allenarsi da solo e non gli dispiaceva, per quale motivo aveva accettato di allenarsi insieme a un deficiente che, a quanto pareva, non ne aveva poi così tanta voglia? 

Forse perché aveva bisogno anche lui di sfogarsi, non ne era sicuro. Ma se quell’idiota non combatteva, c’era ben poco con cui potersi sfogare... d’altronde, di sfogarsi a parole non se ne parlava neanche, non era una mammoletta, dannazione!

All’ennesimo colpo andato a segno, che aveva fatto cadere rovinosamente il proprio avversario al suolo, Vegeta aveva deciso di troncare momentaneamente il combattimento, puntando violentemente i piedi a terra e squadrando in cagnesco l’inetto di terza classe che si trovava di fronte a lui, con il deretano ancora comodamente poggiato al terreno ed una mano a massaggiare la parte della mandibola colpita dall’ultimo pugno del principe. 

 

«Ma dico, che cosa ti sembra di star facendo?!» lo rimbeccò Vegeta, cercando in tutti i modi di controllare la sua rabbia crescente, che Goku poté percepire attraverso l’innalzamento forzatamente bloccato della sua aura «Pensi di star giocando?! Perché se è così, io tolgo le tende! Oppure ti uccido, dipende sempre dal mio stato d’animo!»

 

Goku, dal canto suo, si rendeva perfettamente conto del fatto che stesse soltanto facendo perdere tempo ad uno come Vegeta, che tra l’altro, continuava a ripetere a sé stesso, gli stava facendo un favore. Ed odiava sé stesso per essere così dannatamente stupido e scortese, non era affatto da lui: era già tanto se il principe dei saiyan non l’avesse incenerito soltanto un’ora prima, quando lo stava palesemente ignorando troppo impegnato a pensare alle proprie turbe mentali.

Ora, come minimo, si aspettava un Galic Gun dritto in faccia per quell’affronto; Galic Gun che però non era mai arrivato, anzi: sospirando sonoramente, visibilmente esasperato, il saiyan dai capelli a fiamma gli si era seduto di fronte, a debita distanza di sicurezza, con gambe e braccia incrociate ed un’espressione indecifrabile in volto. 

 

«Allora» aveva asserito, piatto «Che diavolo ti prende? Il criceto spastico che si trova all’interno della tua zucca vuota sta peggiorando la sua situazione così tanto?»

Il Son sospirò «Può darsi, non so...»

Il principe dei saiyan, a quella risposta, si alterò ancora più di prima e, con la vena sulla propria fronte che stava diventando improvvisamente sempre più grossa, esclamò: «Kaharoth, giuro che ti strangolo! Sul serio, se hai bisogno di una piccola pausa facciamola, ma non ho alcuna intenzione di starmene qua tutto il giorno a perdere tempo prezioso con te!»

Il saiyan dai capelli a palma sospirò di nuovo «Scusa, Vegeta, sul serio; è che stanotte ho cominciato a pensare a Chichi, e non ho dormito bene. Non riuscivo a non sentirmi in colpa pensando che io sto qui a divertirmi con te e lei invece... lei...»

«Lei è morta, Kaharoth.» lo interruppe il principe, con una vena di amarezza tuttavia impercettibile nella voce, che uscì dura ed indifferente come al solito alle orecchie del rivale «Mettitelo in testa. Non puoi né tornare indietro nel tempo, né riportarla in vita.»

«E allora cos’è che posso fare?!» piagnucolò a quel punto Goku, esasperato «Lo so che è morta, non fate altro che ripetermelo in continuazione! Persino mio figlio continua a ricordarmelo!»

Vegeta piegò la testa all’indietro, inspirando profondamente e cercando di trattenersi dallo sputargli in faccia «Perché tuo figlio, a differenza tua, ha un cervello funzionante e che ragiona. Mentre tu, non avendo più di due neuroni, è ovvio che non arrivi nemmeno a una conclusione così semplice.»

Goku ridacchiò amaramente, a quella risposta: sapeva che era vero, che il principe avesse ragione, e che suo figlio fosse cento volte più intelligente e ragionevole di lui; ma come lo sapesse Vegeta, questo, proprio non riusciva a capirlo. In fondo, Gohan e lui non avevano passato poi così tanto tempo insieme; possibile che durante quel periodo trascorso su Namecc, il proprio rivale dai capelli a fiamma avesse capito così tante cose di suo figlio? Sembrava quasi... quasi come se lo capisse, in un certo senso.

«E soprattutto» continuò Vegeta, come se gli avesse appena letto nel pensiero «Tuo figlio è anche quello che dovrebbe starci più male tra i due. Diamine, Kaharoth, è lui il moccioso tra i due, non di certo tu. O almeno, anagraficamente parlando è così; che poi tu sia ritardato, quella è un’altra storia.» 

«Lo so, ma...» il Son abbassò la testa, iniziando a giocherellare nervosamente con dei fili d’erba, passandoseli tra le dita «Ma io non ci riesco, senza Chichi, capisci? Era lei quella brava con le faccende... con le faccende... da terrestri, ecco. Il massimo che posso fare io è sradicare qualche qualche albero per fare legna, ma al resto pensava tutto lei.» 

A quelle parole, il principe dei saiyan trasalì per un istante: ‘faccende da terrestri’ aveva detto il suo acerrimo nemico; ma, tra i due, non era lui quello che continuava a ostentare la sua natura di terrestre a destra e a manca dal giorno in cui si erano-purtroppo-conosciuti? Aveva rinnegato le proprie origini fin dal primo momento, quando Radish aveva fatto la sua comparsa raccontandogli un po’ della loro storia, ed ora si ritrovava a descrivere la vita di tutti i giorni sul pianeta che l’aveva accolto fin dalla tenera età come ‘faccende da terrestri’? 

Se fino a soltanto cinque minuti prima Vegeta avrebbe voluto andarsene e lasciarlo a piagnucolare da solo, in quel momento invece, assalito dalla curiosità, decise di restare lì dov’era, cercando di capire con chi stesse parando tra i due. Stava parlando con Goku, il terrestre dai poteri straordinari sempre sorridente e felice fino a quasi fargli venire la nausea, o con Kaharoth, il saiyan cresciuto su un altro pianeta che conservava ancora insiti nella propria mente gli istinti caratteristici della propria razza? 

«Tsk.» esordì ad un certo punto, non sapendo davvero cosa rispondergli «Io te l’ho sempre detto, che sei un incapace.» 

Ma Goku, al momento, era troppo impegnato a cercare di far funzionare le sinapsi della propria mente per stare a sentire i soliti insulti del principe-il cui vocabolario nei suoi confronti era veramente poco vasto-, ed era anche troppo curioso di sapere qualcosa da lui, che sicuramente aveva vissuto faccende ancor peggiori di quella che stava vivendo lui in quel momento: era sicuro che sentire qualche parola che non fossero insulti da parte di Vegeta, sarebbe stato molto producente, perché quel ragazzo spiccava di un’intelligenza invidiabile; certo, Goku per il momento era più forte, ma Chichi diceva sempre che la vera guerra si vince con l’intelletto, e mai con la forza bruta.

Ma chi gliel’avrebbe potuta insegnare, a un saiyan, una cosa del genere?

Probabilmente nessuno. 

«Vegeta posso... posso farti una domanda?» chiese ad un certo punto, aspettandosi di ricevere in risposta un pugno in pieno viso.

Pugno che però non arrivò.

«Se proprio devi...» rispose invece il principe, cercando in tutti i modi di controllare l’impulso che aveva di lanciargli, proprio lì, sul momento, un attacco energetico che l’avrebbe definitivamente mandato all’altro mondo. 

Non sapeva neanche per quale motivo si stesse controllando nel farlo, e soprattutto per quale motivo si trovasse ancora lì, seduto su quel prato, se non stavano facendo assolutamente nulla di produttivo se non una sorta di seduta psichiatrica a cui lui non era certo abituato; ma c’era qualcosa... una sorta di istinto, un impulso, una vocina nella sua enorme testa che gli stava dicendo di restare lì, che in fondo quella conversazione lo avrebbe portato a qualcosa di buono. Magari ad imparare a controllarsi per mantenere il suo cuore puro, che era la faccenda principale per poter diventare un super saiyan... ma sì, doveva essere per forza quello il motivo. 

Goku si morse leggermente il labbro inferiore, prima di cominciare a parlare, per paura che magari quella domanda non avrebbe affatto fatto piacere ad uno come il suo interlocutore, che al buon bisogno avrebbe potuto benissimo ucciderlo sul momento; in fondo, era di Vegeta che si stava parlando, non certo di una personcina molto a modo.

«Beh, ecco...» si grattò nervosamente la nuca «Come fai?»

Che idiota. Come pretendeva che avrebbe capito, se lui gli poneva il quesito in quel modo? Si diede dell’inetto da solo, in quel momento.

Il saiyan dai capelli a fiamma, in risposta, alzò un sopracciglio «A fare che?»

«Come fai a... a essere così... così... COSÌ, ecco. Non capisco come tu faccia ad aver superato tutti i problemi che di sicuro avrai avuto... io nella mia vita sono stato di certo più...» si bloccò. No, non poteva dirlo, il principe si sarebbe di certo arrabbiato, e allora quella inusuale conversazione sarebbe finita con il suo cadavere incenerito tra l’erba di una prateria che, come luogo di morte, non era proprio tra i migliori. 

Ma, a discapito delle sue lugubri aspettative, fu il ragazzo di fronte a sé a finire la sua frase, come se-di nuovo-gli avesse appena letto nella mente «Più fortunato, Kaharoth, puoi dirlo. So che lo pensi.»

Il saiyan cresciuto sulla Terra strabuzzò gli occhi: accidenti, ma allora Vegeta era un sensitivo? Avrebbe dovuto fare lo stesso mestiere di Baba, piuttosto che fare il mercenario; sicuramente gli avrebbe fruttato un sacco di soldini profumati! 

«Io non volevo essere offensivo, davvero.» si giustificò fin da subito, buttando le mani avanti «Ma so di esserlo stato, e forse questo ti fa arrabbiare, dato che mi odi...»

«Oh, puoi dirlo forte che ti odio, testa di rapa.» fu la risposta sarcastica del principe «Ma non sono uno che nega l’evidenza. È vero, tu sei stato più fortunato di me, non ne faccio un dramma, è la vita: c’è chi ha fortuna, e chi invece rimane fregato.»

«E tu come...» 

«Kaharoth, stammi a sentire.» lo interruppe, sicuro di ciò che stava per dire e fermo sulle proprie idee «Il problema, qui, è che tu sei sempre stato abituato a farti risolvere i problemi dagli altri. Se tuo figlio stava male, fino a due mesi fa, ci pensava tua moglie; se qualcuno dei tuoi insulsi amichetti periva in battaglia perché era una mezza sega, ci pensavano le sfere del drago; se avevi bisogno di imparare una nuova tecnica, eccoti un allenatore fatto apposta per te. Ma il fatto è che non sempre gli altri possono risolverci i problemi, perché gli altri hanno anche i propri, di problemi; e la verità è che la gente si fa i cazzi suoi, non importa su quale pianeta tu sia o con che tipo di persone tu abbia a che fare, la gente si farà per sempre i cazzi suoi, perché è così che funziona. Bisogna imparare a provvedere a noi stessi, perché anche se tu, eterno altruista, continui ad aiutare incessantemente gli altri, e poi ti accorgi che quando hai un problema tu, non c’è nessuno che ti può-o ti vuole- aiutare, allora dovresti capire che, magari, qualche volta, essere un po’ egoisti non è poi così male.

Aiutare a ogni costo uno che non te lo chiede è una forma di violenza. In realtà lo stai facendo più per te stesso che per l’altro*.» 

 

E, detto questo, si alzò da terra, librandosi in volo «Domattina verrò di nuovo. Se sarai pronto ad allenarti, non ti basterà che farlo.»

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Angolo autrice:

Eeee salve di nuovo! 
questo è l'ultimo capitolo di quelli scritti durante il lockdown, quindi da oggi in poi le pubblicazioni saranno più lente, in quanto sto già scrivendo quelli successivi. Quindi aggiornerò con molta meno velocità del solito ma, don't worry, non mi farò attendere troppo! 
Devo dire che tra quelli conclusi finora, questo è il capitolo che preferisco: finalmente c'è una parvenza di dialogo tra i due saiyan e finalmente si può anche vedere un'interazione tra Gohan e Junior(devo dirvi la verità: amo quei due ed amo la loro amicizia, quindi sono stata veramente felice di aggiungere una parentesi tutta loro);
a quanto pare gli allenamenti di tutti e quattro i guerrieri oggi sono andati a farsi friggere, ma in compenso abbiamo avuto delle profonde conversazioni che non fanno mai male, ed abbiamo anche potuto ammirare la saggezza del nostro tanto amato principone! (ammettiamolo, siamo tutte sotto un treno per Vegeta, non soltanto il nostro Goku) xD
vi ringrazio davvero tanto per le recensioni, e vi assicuro che se ogni tanto non rispondo, è solo per evitare di farmi prendere la mano e spoilerare qualcosa, non lo faccio perché non ne ho voglia, ve lo assicuro! Ma ogni volta mi ritrovo a parlare troppo e magari mi ritrovo a fare rivelazioni non dovute! Ma mi fa davvero piacere leggervi sotto questa mia prima long di cui sono per il momento abbastanza soddisfatta, e spero continuerete a farlo! ^^

Ma ora basta ciarlare, sono veramente una macchinetta xD
Alla prossima!

-hilaris


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È una citazione di Vasco Rossi. Non sono una sua enorme fan, devo dire la verità, ma questa frase mi è piaciuta davvero molto e l'ho trovata perfetta per il contesto.

   
 
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