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Autore: sallythecountess    05/05/2020    1 recensioni
Mina è una donna bellissima, con un enorme passato oscuro alle spalle e molte cicatrici sul corpo e nell'anima. Non è mai stata amata, ma sempre e solo posseduta come un bell'oggetto di valore da sfoggiare in giro. Mille amanti, centinaia di regali preziosi, eppure nessuno si è mai preoccupato di fare la cosa più semplice, ossia regalarle un vero amore. Riuscirà a trovare la persona che sanerà le sue ferite?
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mìmi'
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Capitolo 35: un mistero
Mina lo aveva scoperto una notte, per caso. Era ubriaca persa, nella sala relax di un costosissimo hotel di Taipei, e continuava a parlare con alcune colleghe appena conosciute di uomini, d’amore e di sesso. Aveva iniziato a parlare di lui, di quell’uomo che le aveva distrutto l’anima, e le ragazze sembravano anche particolarmente interessate a quella storia romantica, però poi le era arrivata una comunicazione ed era rimasta profondamente interdetta.
 Vedete, Mina non si occupava dei suoi profili social, aveva un nutrito entourage che gestiva tutto per lei, ed era proprio loro la mail che la sconvolse quella sera. Mina la lesse rapidamente, ma pensò di essere troppo ubriaca per capirla.  La rilesse quattro volte, ma le parve una cosa troppo assurda per poter essere reale. Rientrò nella sua stanza con molta difficoltà e si gettò a letto, ma il testo di quella mail continuò a tormentarla per tutta la notte e all’alba, un pochino più lucida, la rilesse e iniziò a capire qualcosa. Sbuffò, allora, e si disse che non aveva la minima idea di come gestire quella situazione, ma decise di farsi stampare quei documenti dalla reception notturna e rimase ancora un po’ a leggere quelle assurdità. La tesi sostenuta in quei documenti era assolutamente impossibile, e anche folle e offensiva, eppure riaccese delle speranze nel cuore della piccola Mina. Le foto che c’erano erano sconvolgenti e alcune erano assolutamente identiche alle sue fatte da Juan, era innegabile. Ma che cosa doveva fare? Le venne in mente solo una persona che potesse aiutarla in quel momento, così sbuffando ancora una volta, si lavò il viso, si vestì e abbandonò completamente i suoi impegni per fuggire a New York, senza chiedere il permesso.
Non era felice di rivedere Juan, soprattutto adesso che sicuramente era tornato con quella stronza della regina di Narnia, ma lei non aveva nessun altro al mondo, così con un’immensa fatica diede l’indirizzo al tassista che incredulo l’aveva caricata all’aeroporto di New York e rimase in silenzio per tutto il viaggio, sorridendo solo di tanto in tanto, perché il tassista aveva acceso la radio latina che passò due o tre pezzi di quella famosa festa d’addio che le avevano fatto a Chino.
Entrò nella galleria con il cuore pesantissimo e un’espressione seria e contratta da spaventare gli acquirenti che stavano vedendo i quadri, ma Toby le sorrise soltanto e alzò un dito per indicare che Juan era nel suo studio, come sempre. Ma le pareti dello studio di Juan erano di vetro e lei lo aveva già visto, anzi era un miracolo che avesse notato Toby, dato che i suoi occhi erano andati direttamente al quadrato di vetro in cui lui stava lavorando.
Mina pensò solo che quello stronzo non riuscisse fisicamente a sembrare meno attraente, perchè era bellissimo, anche se molto trasandato. Se ne stava gettato per terra a disegnare, con i capelli sporchi e la camicia sporca di vernice, ma aveva sempre quel fascino maledetto da eroe romantico che l’aveva fatta innamorare. Lei, invece, aveva persino le occhiaie.
Esitò un attimo prima di aprire quella porta, perché non era semplice quella situazione e non aveva idea di come lui avrebbe reagito. O di come avrebbe reagito lei, che aveva iniziato a tremare già quando il taxi era arrivato alla galleria. Era solo, però, quindi poteva approfittarne per provare a parlargli, sperando che volesse ascoltarla.
“Va’ via…” urlò Juan senza neanche guardare. Non aveva molta voglia di parlare con la gente in quel periodo e Gonzalo e Zack gli davano il tormento per Mina, ma lui aveva ufficialmente rinunciato a lei.
“Juan…” sussurrò l’ultima voce al mondo che si aspettava di sentire quella mattina e lui scosse solo la testa, mordendosi il labbro inferiore. Quella donna era l’incostanza in persona. Prima lo amava, poi lo considerava un mostro, poi l’amava di nuovo e poi non voleva più vederlo. Ma l’ultima volta non aveva neanche avuto il fegato di dirgli in faccia che non voleva più vederlo, e questo gli aveva fatto perdere stima di lei. Riconosceva le sue colpe, ma era davvero furioso per come lei aveva gestito le cose, fuggendo senza lasciargli neanche la possibilità di spiegarsi.
“Va’ via…” ripetè durissimo, senza neanche girarsi, ma Mina sbuffò forte e rimase esattamente dov’era, tormentando con le dita quel piccolo plico che stringeva tra le mani. Aveva appeso la foto che le aveva fatto a Los Angeles dopo che erano stati insieme, e nel vederla le venne da sorridere, ma aveva un groppo in gola fortissimo.
“Cosa non hai esattamente capito delle parole va’ via?” le disse, fissandola stavolta e lei sussurrò piano “…avevo bisogno di…” ma lui non la lasciò finire.
“Di cosa hai bisogno, ancora? Cosa vuoi ancora da me, dopo tutto quello che ho fatto?” le ringhiò arrabbiato, ma con il cuore in subbuglio perché non era proprio semplicissimo rivedere quegli occhi senza morire dentro.
Mina si era detta per tutto il tempo che non avrebbe dovuto parlare del loro rapporto, che avrebbe dovuto chiedergli aiuto, ma come amico, però non ci riuscì e ringhiò durissima “ e che cosa avresti fatto, scusa?”
“Cosa ho fatto?” le disse, alzandosi di scatto, e lei per un attimo si spaventò pensando che volesse aggredirla e fece involontariamente un passo indietro, che ovviamente non passò inosservato. Aveva ancora paura di lui, era evidente, e Juan si sentì come se qualcuno piano, piano gli stesse riaprendo quella ferita con una lama arroventata.
“Ti ho supplicato Mina, ti ho implorata di restare. Di darmi una possibilità di spiegare, di farti capire che io non sono quello che tu pensi, ma tu cosa hai fatto? Mi hai voltato le spalle e hai chiuso con me, trattandomi come il peggior figlio di puttana del mondo…” ruggì, addoloratissimo e Mina annuì soltanto, con gli occhi bassi.
“…e poi, non contento, ti ho cercata ovunque. Non hai idea di quante porte mi sia preso in faccia, solo per poterti parlare, solo per avere la possibilità di spiegarmi, ma a te non è mai fregato un cazzo di quello che avevo da dirti. E poi, quando sembrava che volessi finalmente ascoltarmi cos’hai fatto?Hai mandato la tua cagnolina a chiudere con me…”
Mina se le meritava quelle parole e anche la rabbia che trasudavano, ma non riuscì a dire una parola, rimase piccolissima accanto alla porta.
“…e quindi no, non te lo meriti di entrare qui e parlarmi come se niente fosse. Quindi vattene, perché sono io a non voler ascoltare quello che hai da dirmi, adesso…” le disse in preda alla rabbia peggiore che avesse mai provato, ma quando Mina aprì la porta per andarsene, una parte di lui lo costrinse letteralmente a dire “…che poi cosa è rimasto da dire, Mì?” con una voce tanto profonda e triste da paralizzarla.
Per qualche minuto nessuno dei sue disse nulla, poi Mina sussurrò “…non è per noi che sono venuta. Ho…anzi avrei bisogno di aiuto per una cosa che mi è successa e che non so gestire.”
Era stata cortese e gentile, ma stranamente formale e rigida, per niente dolce e lui senza guardarla ringhiò “sei incinta?”e poi rimase un attimo in silenzio, senza respirare.
“No Juan, non riguarda noi. Riguarda mia madre…”disse lei cercando di tenere il tono cortese che aveva usato prima e allora lui finalmente si decise a guardarla un po’ meglio. Fissarla era doloroso come guardare dritto in una luce accecante, ma dovette farlo. Era nervosissima, e sembrava uscita da un tornado, ma era terribilmente bella, anche se molto insicura.
Le fece segno di sedersi sul suo divano, allora e si sedette anche lui per ascoltarla, ma lei non disse una parola, gli porse soltanto i documenti che aveva tra le mani.
In quella cartellina c’erano una serie di messaggi che una donna di nome Johanna Stevens aveva lasciato su tutte le bacheche social di Mina. C’erano varie foto, incredibilmente somiglianti a quella che Juan le aveva fatto in accappatoio a Chino, foto di una bambina e di una famiglia. Il testo dei messaggi era sempre lo stesso:
Gentile signora Shatner,
 Mi chiamo Johanna Stevens, ho quarant’anni e vivo a Londra. Non è semplice per me scrivere questi messaggi, so di sembrare una pazza stalker, ma le giuro che non lo sono. Vede signora, vent’anni fa ho avuto una bambina stupenda, da un uomo siriano che potremmo definire come “complicato”. Quest’uomo poco prima del secondo compleanno di mia figlia me l’ha portata via e io non ho mai più avuto sue notizie. Ho provato in ogni modo a trovarla, ma non ci sono mai riuscita. Ora lo so che le sembra stupido, che sembra una follia, ma quando abbiamo visto la foto del suo libro mio marito ha trovato migliaia di somiglianze con le foto che le allego. Ci sono anche molti altri indizi e, lo so che è una follia, ma io non le chiedo molto: guardi tutte le foto che le allego, quelle della mia bambina e di suo padre e se per caso quelle foto le dicono qualcosa mi contatti, la prego.


Il messaggio finiva con tutti i possibili contatti di quella donna: skype, cellulare, mail, telefono del lavoro, indirizzo e persino una mail del lavoro.
“E tu stai così perché conosci quell’uomo?” le chiese molto serio, cercando di essere dolce, ma non troppo e Mina annuì piano.
“Ma potrebbero essere fotomontaggi, potrebbe essere una trappola estremamente crudele per intervistarti o ricattarti, potrebbe…” le disse preoccupato e Mina sussurrò piano “…ma potrebbe essere mia madre…” trattenendo a stento un sorriso.
“No, Mina è impossibile. Non farti queste aspettative irrealizzabili, perché è morta…” le ringhiò in modo un po’ troppo brusco e se ne pentì immediatamente, ma lei senza guardarlo rispose “…e tu lo sai perché? Io non ho mai visto una sua foto, non ho documenti che attestino la sua morte e neanche documenti con il suo nome.”
Juan annuì molto piano, allora, ma subito aggiunse con dolcezza “ragazzina, lo so quello che provi. So che significa avere un buco nero in petto, perché hai perso qualcuno di importante, ma…ti farai male su questa strada, te lo dico”
“Aiutami, allora…” sussurrò piano, prendendogli la mano e Juan rabbrividì per quell’intimità così inaspettata.
“E cosa vuoi che faccia? Che la interroghi?” chiese serio, ma Mina scosse la testa e sussurrò piano“parliamole su skype. Sentiamo la sua storia e poi se ci convince andiamo a Londra a fare il test del DNA…”
“E’ una follia…” le disse, scattando in piedi e passandosi una mano nei capelli nervosamente.
“Ed è assurdo che tu pensi che dopo tutto quello che è successo, io ti segua ancora come un cagnolino scodinzolante…” aggiunse, ma non nervoso, addolorato e lei bisbigliò piano “…sono venuta da te perché ho creduto in una promessa, perché mi avevi detto che mi avresti protetto sempre, e invece valeva solo finchè andavamo a letto insieme, evidentemente.”
“Ti sto proteggendo, idiota…” le disse, con una nota di disperazione nella voce molto evidente e Mina gli sorrise soltanto. Rimasero per un attimo occhi negli occhi e lui si accorse del dolore di lei e sussurrò piano “…so che me ne pentirò, me ne sto già pentendo, ma facciamolo” facendola finalmente sorridere.
Nota:
Allora che ve ne pare di questa situazione? Vi interessa questo mistero? Siete curiosi di sapere cosa stia per succedere? E che ne pensate di questi due? Fatemi sapere.
   
 
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