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Autore: Frieda B    07/05/2020    1 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo IV
Questo e molto altro
 


                «Non credevo avresti accettato,» mormorò Bastian con un sorriso.
«Perché no?»
«Per quello che è successo tra noi in lavanderia tre giorni fa.»
Camminava con le mani in tasca, guardando distrattamente le macchine che scorrevano nel traffico, la medaglietta metallica sul petto.
Karl strinse le labbra, guardando davanti a sé. Quando il semaforo si colorò di verde, attraversò, forse un po’ troppo velocemente, quasi lasciandolo indietro. Sospirò appena, raggiungendo un viale alberato con poche persone.
Parlò a bassa voce. «Quello che è successo…»
«Ti è piaciuto?»
«…Sì. Mi è piaciuto.»
«Allora va bene così. Mi basta sapere quello.»
Bastian appoggiò la mano sul suo braccio e lo attirò a sé, in un vicolo stretto e ombreggiato.
Appoggiò la schiena la muro e lo strinse, appoggiando le mani sulle sue guance, subito dopo baciandolo.
Karl esitò, poi ricambiò il bacio, un po’ rigido. Incrociando i suoi begl’occhi verdi, fece subito un passo indietro.
«Non dovremmo.»
«Oh, sì, Eisner, dovremmo fare questo e molto altro.»
Karl si voltò a guardare verso la strada e lui appoggiò la mano sulla sua.
«Siamo molto lontani dalla caserma,» gli disse. «Non c’è pericolo ci vedano.»
Quella frase parve convincerlo.
Karl, infatti, colmò la distanza tra loro e prendendogli il viso lo baciò.
Bastian avvolse il suo collo con le braccia e lo strinse a sé, ricambiando il bacio, teneramente, felice.
                Più tardi, ripresero a camminare per quel viale, le fronde degli alberi si muovevano al vento, ogni tanto cedendo alla sua forza e cadendo sul marciapiede.
«Portami in un posto bello,» lo pregò. «Tu conosci la città meglio di me. Io sono appena arrivato.»
Karl annuì e gli fece strada. Imboccò una piccola stradina che sfociava in uno dei viali principali di Amburgo, proseguì allontanandosi sempre più dal centro e sempre più lontano dalla folla, dove la strada diventava affollata più di alberi che di persone. Prese poi un’altra stradina ed arrivò ad una piccola piazzetta.
C’era un parco, una fontana, un paio di panchine.
Sedette in una di queste, di metallo grigio, e alzò gli occhi. «E’ quasi il tramonto.»
«Pensavo avresti avuto più fantasia. Un bel posto, per me, è un posto dove si mangia o si scopa,» rispose Bastian sedendosi vicino a lui.
«In questo parco, su questa panchina, si vede il miglior tramonto della città. Ma cosa vuoi capirne tu? Sei un cittadino, sai solo di cemento e metallo.»
Rise. «Forse è vero. Tu sei il bravo campagnolo che ama la natura?»
Karl scrollò le spalle, appoggiando il gomito sinistro sullo schienale della panchina. «Quanto basta. Molto meno di quanto tu possa pensare.» Si accese una sigaretta e la portò alle labbra.
«Non è che penso a te così tanto tempo, veramente. Non so ancora che tipo sei. Perché non me lo dici tu? Dammi qualche indizio almeno.» Bas sedette scomposto, rivolto verso di lui.
«Non ho niente da dire. Sono cresciuto in campagna, non ero bravo a scuola, mi sono arruolato appena ho potuto. Tutto qui.»
«Ti mancherà casa tua. La natura…»
«No. Casa non mi manca. La natura sì, ma… posso trovarla anche qui. Mi va bene così.»
«Neanche a me manca casa,» confessò lui.
«Allora perché hai chiesto il trasferimento qui ad Amburgo? Hai detto di averlo fatto per essere più vicino alla tua famiglia.»
«Ho dovuto farlo. Mia sorella aveva bisogno di me.» Fece spallucce e ne seguì una breve pausa. Osservò dei bambini giocare con una palla rossa. «Mia madre soffre di depressione da sempre, praticamente, e nostro padre ci ha abbandonato. Si è rifatto una famiglia, non lo sento da secoli. Adesso mamma è stata ricoverata di nuovo e mia sorella non sapeva come gestire la cosa. Il ricovero, ma anche la casa. Aveva bisogno di me, quindi sono tornato qui.»
Karl non lo stava guardando. «Ho capito,» disse solo.
«Tu hai dei fratelli?»
«No, sono figlio unico.»
«Ah, che peccato.»
«Mi dispiace per tua madre. Immagino sia una situazione complicata.»
Bastian muoveva velocemente quegli occhi vispi e vivi. «Sì, be’, per la verità ci sono abituato, entra e d esce da centri specializzati quando avevo diciotto anni. Io per la verità mi sono arruolato subito dopo la scuola, non avevo voglia di stare dietro a questa situazione, volevo il mio spazio, e se non me ne fossi andato, avrei dovuto pensare a lei. Sono stato egoista, ho lasciato mia sorella da sola a badare a tutto questo.»
«Sì, sei stato egoista.»
Lui, suo malgrado, rise. «Ah, be’, grazie… mi rincuori.»
«Penso però che tu non debba obbligarti a prenderti tutte quelle responsabilità. Tua sorella è più grande di te?»
«Sì, è sposata, anche. Hector è un gran bravo ragazzo. Non avrei dato mia sorella in sposa ad un delinquente. Mio padre se n’è andato quando avevo dodici anni, perciò ho cercato di occuparmi di lei, anche se sa perfettamente badare a sé stessa, te lo assicuro.» Rise di nuovo, leggermente. «L’ho accompagnata io all’altare.»
«Perché mi racconti tutte queste cose?» Karl si voltò e lo guardò negli occhi, allontanando la sigaretta. La gettò per terra, calpestandola col piede per spegnerla.
Bastian abbassò la testa e puntò lo sguardo, distrattamente, sui propri jeans. «Non lo so. Forse perché sei il mio co-pilota. Forse perché abbiamo limonato in un vicolo poco fa.» Alzò gli occhi e li puntò sui suoi. Aveva un piccolo sorriso dolce sul volto.
«Da quanto ci conosciamo?»
Lui lo guardò senza capire. «Da circa… circa quattro mesi credo.»
«Quattro mesi. Sì, più o meno.»
«Sono stati i quattro mesi più confusi e pieni della mia vita. Non ho mai volato con nessuno come volo con te. È bellissimo volare con te, Karl, e non è una cosa che dico spesso.» Si avvicinò un po’ a lui. «Quanto è passato dalla tua ultima relazione? Ne hai mai avuta una con… un uomo?»
«Sì. Ma è passato molto tempo.»
«Non avere paura. Non voglio metterti nei casini in caserma. Non voglio finire nei guai nemmeno io, non posso farmi espellere da qui, devo stare vicino a mia sorella e la caserma più vicina da lei è a quindici ore di treno. Niente guai.»
«Niente guai. È una bella promessa, Kluge.» 
«Sono bravo con le promesse.»
«Anche a mantenerle?» Karl si voltò e lo guardò, piuttosto serio.
«Oh, questo lo vedremo.» Bastian rise, appoggiando la schiena alla panchina e guardando davanti a sé.
   
 
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