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Autore: Le_FF_di_Max_Casagrande    07/05/2020    0 recensioni
Quando Kageyama e Hinata sono al secondo anno un nuovo studente si presenta al club di pallavolo. È alto quasi due metri e più possente di una montagna. Mette subito sotto pressione il prof Takeda, che cerca di indagare su una terribile voce che gli aleggia attorno. Una voce che potrebbe fargli lasciare la scuola e costringerlo in prigione.
Riusciranno con questo nuovo giocatore a vincere le nazionali?
NdA: La storia contiene spoiler per chi non ha finito il manga
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: La forza di un uragano

 

Il suo arrivo nella scuola aveva certamente attirato l'attenzione di tutti gli studenti. L'anno scolastico era appena iniziato e il nuovo studente della prima sezione fu tutto fuorché invisibile all'opinione di tutti gli allievi. E con lui, anche la voce che gli aleggiava attorno come una coltre di nebbia scura pesante come il piombo.

«Ho sentito che è un rapinatore» diceva una ragazza in un gruppo.

«Dicono che abbia dato fuoco a un edificio abbandonato» bisbiglio uno studente al suo compagno di banco.

Il professor Takeda era stato convocato nell'ufficio del preside e, trattenendo il suo disappunto, era stato solo informato il ragazzo aveva sì sotto un'inchiesta ancora aperta, ma a nessun insegnante era stato detto quale fosse l'accusa. Di certo lui non era il tipo da farsi spaventare da semplici voci, per di più mosse e di certo create dai suoi ragazzi. Non era in una sua classe, quello studente nuovo, e a giudicare da come gliel'avevano descritto gli altri docenti non credeva l'avrebbe incontrato mai. Non si impegnava e in classe era disattento e non vedevano l'ora di rimetterlo in riga con qualche verifica. Lui aveva risposto col tono più pacato possibile che se si trovava nella prima sezione allora doveva aver ottenuto ottimi voti nel test d'ingresso. E di fatto aveva ottenuto il massimo dei voti, eccezion fatta per geografia.

Così Takeda, quel pomeriggio ancora libero dagli impegni che la scuola e il club gli avrebbero procurato più avanti nel tempo, raggiunse la palestra di pallavolo e salutò con un sorriso energico.

«IN RIGA!» tuonò solenne Ennoshita. Non erano in molti a essere arrivati, ma comunque scattarono verso l'entrata e salutarono il professore con un inchino.

«Non avete perso tempo» sorrise Takeda. «Hinata e Kageyama, mi sembrava strano non vedervi. Poi abbiamo Tsukishima, Nishinoya e Tanaka e il nostro nuovo capitano».

«Abbiamo anche dei visitatori, sono passati a salutare» ridacchiò Ukai accennando ai due giganti alle sue spalle.

Il professore scattò subito verso Asashi e Daichi, stringendogli la mano. «Che ci fate voi qui? Vi siete affezionati?».

«Volevamo solo dire due parole alla squadra e vedere quali membri porta il primo anno» disse Daichi.

«Non è ancora arrivato nessuno» disse Kageyama con tono freddo e distaccato, come a distruggere apposta tutte le speranze del professore.

«Non è ancora arrivato nessuno. Che c'è? Hai paura che qualcuno ti rubi il posto da alzatore?» chiocciò Hinata a debita distanza.

«Dov'è Hitoka?» chiese allora Asashi, sperando di evitare che i due cominciassero a litigare.

«Non lo so, non ha detto niente» borbottò Ennoshita.

«Scusate». La voce che interruppe il discorso era bassa e profonda come un tuono, ma comunque gentile e stranamente pacata. Aveva uno strano accento e strusciava le vocali. «È qui il club di pallavolo?».

«Certo, benv...». Le parole del professore si fermarono non appena lo vide e sgranò gli occhi come il resto della squadra. Il ragazzo che stava entrando era caucasico e aveva i capelli neri legati in uno chignon arruffato, il viso squadrato e gli occhi penetranti. Era alto, molto alto, e aveva un fisico ben piazzato e muscoloso. Indossava la tuta da ginnastica e si stava infilando le scarpe da ginnastica. Takeda era paralizzato: aveva riconosciuto in lui il nuovo studente.

«Mi chiamo Kei Ikeda, piacere di conoscervi» disse di nuovo inchinandosi. Anche con la schiena piegata era più alto di Hinata e Nishinoya.

«Benvenuto» gli sorrise Ukai, all'improvviso impacciato. A occhio e croce, era più grosso di Matsukawa. «Vuoi entrare nel club?».

«Sì. Non so molto di pallavolo, non ho mai giocato, però sembra interessante».

«Quanto sei alto?» gli domandò Hinata quasi gridandoglielo in faccia.

«Un metro e novantasei» gli rispose lui con molto meno entusiasmo. «Prima giocavo a basket, ma non mi è mai piaciuto molto. Conosco le regole fondamentali, ma i ruoli e le rotazioni non le ho capite, anche se ho provato a leggerle su internet».

«Certo che sei bello allenato» ridacchiò Tanaka mentre una goccia di sudore passava inosservata lungo il lato della testa. Avrebbe tanto voluto trattarlo come uno studente normale, ma tutte le dicerie che aveva sentito quella mattina non avevano aiutato. A giudicare dai componenti della squadra, lui era l'unico ad averlo riconosciuto.

«Mi alleno nei pomeriggi. E mia madre è una dietologa, quindi non ho mai avuto questi problemi».

«Direi che abbiamo parlato abbastanza, hai visto altri studenti venire in questa direzione?».

«Solo una ragazza bassina e bionda, ma appena le ho chiesto se fosse di qua il club è scappata via».

«Hitoka» borbottò la squadra all'unisono con biasimo.

«Bene, direi che possiamo vedere quello che sai fare con una partitella di riscaldamento» propose il coach. «Tranquillo, mi assicurerò di fare squadre equilibrate» aggiunse con un sorriso malevolo.

E così, pochi secondi dopo, sul campo c'erano otto giocatori: da un lato del campo Kageyama, Nishinoya, Tsukishima e Asashi, dall'altro Ennoshita, Daichi, Hinata e Kei. I due ex-membri avevano accettato di buon grado di giocare, ma quando videro la disposizione decisa dall'allenatore si chiesero quale fosse il significato di quella strana formazione. Kei era stato messo in una squadra di soli attaccanti, mentre l'altra era molto più omogenea con difensori e anche un alzatore. Takeda si era messo a bordo campo per fare il guardalinee, continuandosi a chiedere come i ragazzi il come mai di quella partita, ma gli occhi continuavano a lanciare occhiate rapide a Kei, occhiate sospettose. Dopo la chiacchierata con gli altri professori sulla sua condizione, anche solo vederlo in una scuola gli metteva addosso una strana sensazione opprimente, simile a quella dei momenti difficili vissuti al torneo nazionale.

E Ukai fischiò l'inizio.

Kei andò in battuta e ne fece una dall'alto, senza saltare, che però finì subito fuori oltre il campo. «Scusate» si affrettò a dire.

«Don't mind! Pensa alla prossima» lo rassicurò Daichi.

“Proprio come pensavo, ha una forza mostruosa” pensò il coach Ukai mentre la palla veniva passata ad Asashi, adesso in battuta per l'altra squadra. Sebbene Kei avesse battuto usando movimenti minimi, la palla aveva quasi raggiunto la parete. “Questa partita serve per capire dove possiamo tirare fuori il meglio di lui: diventerà un muro impenetrabile come quello della Dateko insieme a Tsukishima? O magari sostituirà la forza schiacciante di Asashi?”.

Lui fece una battuta al salto che però venne fermata dalla rete, troppo bassa per passare solo toccando il nastro.

«Non preoccuparti, ti rifarai con la prossima!» gli sorrise Nishinoya mentre l'altra squadra roteava. Asashi ricambiò il sorriso e la palla venne passata a Ennoshita.

Un altro fischio e un'altra battuta che questa riuscì a passare. Nishinoya la difese con facilità e Kageyama la passò alle sue spalle a Tsukishima che schiacciò sopra il muro troppo lento di Hinata. Kei provò a intercettare con un bagher, ma fu troppo lento e la palla finì comunque a terra con uno SBAM.

«Scusate!» dissero i due all'unisono. «Non è colpa tua, avrei dovuto fermarla» continuò Hinata.

«Forse perché sei fuori allenamento. Come sempre» sbeffeggiò Tsukishima col suo solito ghigno.

Fu il turno di Kageyama a battere e di nuovo con una battuta al salto la palla viaggiò velocissima verso Kei.

“Dannazione, è alta...” pensò l'alzatore mentre il proiettile continuava imperterrito verso il ragazzo. Se si fosse spostato, allora il pallone sarebbe andato fuori e un altro punto per loro. Kei però vide a malapena la palla correre verso di lui, figuriamoci schivarlo. Venne colpito in piena fronte e il suono di uno schiaffo echeggiò per la palestra. Tutti sgranarono gli occhi su di lui mentre la palla tornava nel campo avversario, superava la rete e cadeva entro la linea dei tre.

«S... stai bene?» gli chiese Ennoshita preoccupato. Si avvicinò per valutare la ferita, ma niente era rimasto dall'urto proprio come non ci fosse mai stato.

«Questo... era punto, vero?» domandò Kei indicando il pallone che si era proprio allora fermato. «Non l'ho preso con le mani, ma è finito di là. Quindi è... punto?».

Tutti sorrisero per nascondere lo stupore di fronte tanta indifferenza. Sembrava davvero non essere stato colpito. «Ehm... stai bene?» gli chiese Ukai.

«Sì coach, tutto ok» rispose lui tranquillo. «Sta a noi battere?»

«Uhm... sì» borbottò l'allenatore, lasciando che i pensieri riprendessero e mettendosi il fischietto in bocca per evitare di pronunciarli.

Da lì i punti si alternarono, facendo cambiare subito le formazioni. Kei aveva schiacciato una volta, ma Tsukishima l'aveva fermato con parecchia semplicità. Al punto successivo aveva provato a murarlo, ma la palla era passata comunque con quello che Tanaka definì “uno di quei soliti pallonetti infami”.

Il punto che sarebbe stato ricordato fu quello precedente al giro completo: Tanaka era in battuta e se la sua squadra avesse perso allora Kei sarebbe tornato per la seconda a servire. “Ha uno sguardo strano” pensò Ukai, “e vedo che se n'è accorto anche Takeda. È come se stesse studiando gli avversari, non segue la palla ma i loro movimenti. Che nasconde quel ragazzino?”.

Battuta al salto presa da Ennoshita, che però non riuscì a controllarla a dovere visto che andò nel campo avversario.

«Chance ball!» gridò Nishinoya.

«Forse l'avrai capito, che non giocherai mai più» disse Tsukishima a Kei che ricambiò con uno sguardo confuso. «Insomma, magari rimarrai come riserva, ma dev'essere brutta la consapevolezza di non poter più combattere». Mentre Kageyama alzava la palla ad Asashi, il coach e il professore notarono qualcosa nello sguardo di Kei. Non era più puntato verso Tsukishima, ma piantato a terra e nero come come i suoi capelli. Tsuki non si era limitato a toccare un tasto dolente, l'aveva suonato del tutto. Mentre Asashi saltava di fronte a lui, Kei non ebbe alcuna minima reazione. «Ti conviene goderti questa partita, perché con ogni possibilità sarà l'ultima».

Quando Kei saltò poco dopo era di fronte ad Asashi. Aveva sovrastato il nastro con tutta la testa, ancora l'espressione marmorea sul viso, e tutto il braccio proteso in campo avverso proprio di fronte la palla. Il busto era abbastanza distante dalla rete per non toccarla ma la mano aperta si trovava proprio davanti la palla, non lasciando ad Asashi alternativa se non schiacciare con tutta la forza di un braccio che si stava ancora scaldando. Ci furono tre BAM ben distinti: il primo sulla schiacciata, il secondo sul muro e il terzo di quando il pallone sbatté contro il pavimento. Ritraendo il braccio per non toccare la rete nell'atterraggio, Kei tornò a terra e guardò Asashi. L'espressione aggressiva e cupa era scomparsa, lasciando uno strano velo di imperturbabilità. Aveva murato quella schiacciata con una sola mano e adesso si comportava come se non fosse successo niente.

A Ukai il fischietto cadde dalle labbra e Takeda ci impiegò alcuni abbondanti secondi per realizzare cos'aveva visto. Era rimasto ovviamente sorpreso dalla facilità con cui aveva murato una schiacciata tanto potente, ma l'allenatore aveva visto altro. “La mano... non si è mossa di un millimetro”; anche il pensiero del coach traballava. “Di solito le mani attutiscono il colpo o si muovono in avanti per aumentare la forza, ma lui a tenuto la mano ferma e ha aspettato che la palla gli andasse contro. Non dubitava che l'avrebbe fermata”.

Mentre Ennoshita gli faceva un sacco di complimenti per l'azione, Kei tornava in battuta palleggiando, allontanandosi sempre più dalla linea di fondo campo.

«Attenzione, Nishinoya, questa entrerà».

«Mi stai sottovalutando, Asashi» gli sorrise lui, già in posizione per ricevere. Ancora sovrappensiero, Ukai fischiò e fece cenno a Kei di battere.

«Non poter più combattere, eh?» sussurrò il ragazzo fermando la palla tra le mani. «Credi davvero che basti così poco per mettermi KO?».

Lanciò la palla in alto e in avanti e prese la rincorsa. Tutti sgranarono gli occhi per quel tentativo di battuta con salto tranne Nishinoya, troppo concentrato a seguire i movimenti e prevedere la traiettoria della palla. Il movimento che ne seguì fu abbastanza veloce da essere visto da pochi ma solo Ukai lo comprese del tutto. Quella battuta era più simile a una schiacciata ed era molto in alto, merito di certo dei possenti muscoli delle gambe. Non fu un semplice movimento di bicipite potenziato dalla spalla, ma contraendo il fiato Kei aveva chiuso tutti i muscoli e le articolazioni aperti con il salto: gomito, polso, dita, spalla, busto... persino le anche si erano sigillate per aumentare la spinta. Il suono che ne seguì non era un semplice schiaffo contro la palla, ma sembrava più simile al suono di uno sparo e lo stesso valse per quando la palla toccò terra seguita da un forte BUM.

La squadra si voltò per vedere dove potesse essere finito il pallone, ma non era alle loro spalle. Era rimasto a terra, squarciato a metà, esploso per l'eccessiva forza con cui era stato schiacciato al suolo.

   
 
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