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Autore: Doux_Ange    07/05/2020    1 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NON RUBARE
 
Marco’s pov
 
Le ultime due settimane sembrano volate, complici le giornate sempre piene e il costante via vai di Chiara ed Elisa, interessate a controllare come procedono le cose -  facendomi ritrovare spesso a dover trattenere la mia fidanzata dal dare di matto - e che hanno già cominciato con lo shopping per il baby Nardi, come ormai hanno iniziato a chiamarlo tutti.
Secondo mia cognata, “si possono comprare molte cose senza conoscere il sesso del bebè”, il che, di conseguenza, significa che ci sarà una seconda farse di acquisti in cui zia Chiara svaligerà i negozi per neonati, per mettere su il corredo di vestiti e cose varie di tutte le tonalità di rosa o azzurro che riuscirà a trovare. Anche se temo dovrà posticipare di un bel po’ questo proposito, perché io e Anna abbiamo deciso di non conoscere in anticipo il sesso della nostra creatura.
Comunque sia, non vorrei essere nei panni delle commesse in quei giorni - e nemmeno le commesse stesse, credo.
Non fraintendetemi, anche a me entusiasma l’idea di dover preparare la casa per l’arrivo di mio figlio, moltissimo, ma loro un pochino esagerano, e ogni tanto una pausa - da mia suocera e mia cognata - non mi dispiace.
Anna ha già minacciato di non lasciarle entrare più in casa se non la smettono, perché altri cinque mesi e mezzo così, e finiamo al manicomio.
Loro hanno intuito che sarebbe stato meglio seguire il suggerimento, per cui sembrano essersi calmate, almeno negli ultimi giorni.
Dicevo, qualche ora di evasione ci vuole, ed è per questo che sono a casa Cecchini, birra in mano, a seguire la partita infrasettimanale di campionato appena iniziata. Certo, la mia squadra del cuore non è che stia andando benissimo - non che me lo aspettassi, visto com’è messo il mio amato Genoa - ma il calcio mi piace troppo per non seguirlo semplicemente per passione (anche perché di risultati se ne vedono pochi).
Anche il maresciallo aveva previsto di seguire la partita, pur non tifando nessuna delle due squadre, e aveva invitato me e Anna da lui per l’occasione. Anna, però, sebbene tolleri questo sport molto più che in passato, era un po’ stanca e ha preferito restare di là, lasciandoci alla nostra ‘serata tra uomini’.
Peccato che Cecchini avesse dimenticato un piccolo dettaglio: avendo confuso i giorni, aveva invitato Elisa per cena. Quando me lo ha confessato, io sono scoppiato a ridere per l’ennesimo pasticcio, con lui che se l’è presa perché era nei guai, ma che ha insistito che andassi comunque, perché convinto che avrebbe trovato il modo di conciliare le due cose.
 
Adesso, sono seduto sul divano del soggiorno, e teoricamente starei cercando di seguire la partita, ma Cecchini ed Elisa continuano a discutere sul galà che lei sta organizzando e a cui lui non vuole partecipare. Per meglio dire, lui si era proposto di accompagnarla senza pensare al dress code richiesto. Il loro battibecco di per sé non mi darebbe fastidio, anzi, devo trattenermi dal ridere, se non fosse che Cecchini cerca il mio supporto, che io provo a dargli ma viene prontamente smontato da mia suocera, che conosce benissimo i nostri reciproci impegni (ha ovviamente chiesto ad Anna) e il tentativo del maresciallo di inventarsi una scusa cade nel vuoto.
Certo che lui dovrebbe ormai saperlo meglio di me: vincere nelle diatribe con le donne è difficilissimo. Al massimo, tentando, si può ottenere un compromesso, ma dipende dai casi.
Naturalmente, Elisa è una che non si lascia prendere in giro da nessuno, figurarsi da Cecchini, quindi è inutile che lui provi a insistere, perché perderebbe comunque anche se avesse ragione.
La battuta di mia suocera - sul non seguire il mio esempio, perché sono stravaccato sul divano - magari l’avrei evitata, anche se non mi sono offeso davvero.
“Oh, scusa caro, era per dire... Mica tu sei come lui,” afferma infatti lei.
Ah, poi ‘sta cosa che vai tanto d’accordo con tua suocera un giorno me la spieghi con calma. Cioè, è fantastico, eh, ma mi riferisco a quando vi siete conosciuti. Boh, meglio così.
Loro due continuano a litigare, con Elisa favorita alla vittoria, ma tutto degenera quando il maresciallo fa un’uscita delle sue. Cioè, un secondo prima dice che non gli interessa il calcio (bugia ENORME) e quello dopo, con la delicatezza che non lo contraddistingue, chiede a Elisa di spostarsi perché non vede la tv. A decretare la sua sconfitta è la cosa che dice dopo: ha invitato Elisa a cena, ma pretende sia lei a preparare. Lei, ovviamente, va su tutte le furie.
Per forza passa per maschilista, lui, di che si stupisce? Questa cosa che devono essere le donne a cucinare e gli uomini no è sbagliatissima. È la stessa cosa che ho detto ad Anna, quella sera nella mia vecchia casa: non doveva imparare a cucinare perché le donne devono saperlo fare, ma perché voleva imparare per sé. Così come gli uomini non dovrebbero vergognarsi di farsi trovare ai fornelli con un grembiule addosso, lo dico per esperienza. Perché magari, dopo lo stupore iniziale, quella donna ti chiede di insegnarle a cucinare, e il resto è storia...
Ahh, e io che stavo per dire che fossi il ‘paladino delle donne’! A te, di una sola ti importa... BRAVO.
Cerco di intervenire per evitare che le cose peggiorino, ma invano perché Elisa se ne va a grandi falcate verso la porta, che spalanca per bussare a quella di casa mia e di Anna.
L’occhiataccia rivolgo a Cecchini è sufficiente a farlo smuovere per tentare di arginare il danno.
 
Anna’s pov
 
Il campanello di casa ha suonato - senza sorprendermi - dopo che le urla dall’appartamento di fronte sono arrivate nitide a interrompere la mia lettura.
Apro la porta ritrovandomi davanti mia madre, furiosa, con Cecchini che la segue vestito da pinguino. Lei entra nel mio appartamento, così che mi ritrovo anche io a battibeccare con lui. Sta borbottando qualcosa circa il caratterino di mia madre e, sebbene non abbia tutti i torti, lui non è che sia proprio da meno, per cui gli dico senza tanti giri di parole come non mi stupisca che litighino sempre, sono troppo diversi per essere compatibili. E comunque non sono affari miei, come gli ho detto più volte. Non ne voglio sapere niente, ma se mia madre sta male per colpa sua, ne risponderà a me, altro che aumento come l’altra volta! Quando Cecchini mi chiede se pensi che lui sia maschilista, il mio secco ‘Sì!’ lo lascia senza parole, così rientro finalmente a casa, dopo aver intravisto Marco ridere dal salotto del maresciallo.
Sempre il solito Marco.
Richiudo la porta ben consapevole che questo litigio tra i biscottini avrà non poche ripercussioni nei giorni a venire, ma so anche che di là, nonostante la partita di calcio in corso, Marco farà un bel discorsetto a Cecchini su come non siamo più nel medioevo e le donne nel frattempo abbiano ottenuto l’emancipazione.
È ora che certe cose non le sappiano più soltanto i ‘panda’. Si aggiorni, maresciallo!
 
Marco’s pov
 
Cecchini è rientrato in casa col cilindro in mano e l’aria abbacchiata.
So che non ha combinato l’ennesimo casino di proposito, ma stavolta ha esagerato e non esito a dirglielo.
“Maresciallo, davvero! Lo stereotipo della donna che cucina se lo poteva risparmiare... non esistono più i vincoli di sesso in nessun ambito, e noi uomini possiamo sostenerlo quanto ci pare, ma alla fine Lei sa bene che siamo costretti ad ammettere che le donne sono sempre un passo avanti in ogni cosa. E quindi fare un passo indietro in certi casi si può, e si deve, anche solo chiedendo scusa o mettendoci ai fornelli al posto loro.”
Lui ascolta il mio breve discorso, corrucciato.
“Io non capisco dall’alto di che cosa Lei mi dà questi consigli,” si lamenta, come previsto. “L’esperto in amore sono io tra noi due, e poi Lei dice che è colpa mia ma ha cominciato Elisa!”
Inarco un sopracciglio.
Cosa siamo, all’asilo?
“Elisa è una donna particolare, va saputa prendere, esattamente come Anna. Certo, madre e figlia sono diverse, ma se c’è una cosa che hanno in comune è l’orgoglio. Sono entrambe testarde, sicure di sé e non si lasciano né mettere i piedi in testa né tantomeno ammettono di aver torto tanto facilmente. Non serve che Le ricordi che Elisa voleva fare l’avvocato, da giovane, no? E che Anna è Consulente Legale dell’Arma? Sanno benissimo come difendersi. Ma dietro quella corazza nascondono un animo estremamente sensibile. Elisa ci tiene a quel galà, ci ha messo un sacco per organizzarlo, e visto che né io e Anna, né Chiara riusciremo ad andarci, era felice di sapere che almeno Lei l’avrebbe accompagnata. Il Suo rifiuto l’ha ferita parecchio.”
Insomma, ho capito benissimo perché Elisa se la sia presa, perché ha reagito esattamente come avrebbe fatto Anna al suo posto, e anche Chiara.
La famiglia Olivieri non ha segreti per te, eh? Hehehe.
Comunque, è anche per questa personalità che ammiro molto mia suocera. La sua forza di carattere le ha permesso di crescere da sola due donne splendide come la mia fidanzata e mia cognata, a prescindere da tutto.
“Sì sì,” fa però Cecchini, “in ogni caso, Lei non è nella posizione di giudicare, perché io sono quello che sistema le cose nelle coppie, sono io il cupido, e la sua Anna è ‘sua’ per merito mio e del mio piano G.”
Oddio, su questo avrei qualcosina da ridire... appena appena.
Ma lui non ha finito.
“E poi, altro che esperto di donne, Lei! Litiga sempre con Anna, e ora mi vorrebbe dire a me che sa tutte ‘ste cose!”
Va via borbottando, facendomi scuotere la testa, divertito.
Per il momento lascio correre, sapendo che non otterrò niente di più per stasera, tornando con l’attenzione alla partita.
 
Ieri sera ho lasciato Cecchini ancora arrabbiato, quando sono rientrato a casa.
Mia suocera era già rientrata in hotel, mentre Anna si era messa da poco a letto, dopo aver ascoltato a sua volta le lamentele della madre. Non sapevamo se ridere o piangere, pensando a quanto ci aspetta nei prossimi giorni.
Comunque sia, stamattina Anna è dovuta uscire prima per via di un caso di omicidio, e mi sto apprestando ad entrare in caserma quando alle mie spalle sento qualcuno suonare insistentemente il clacson. Insulto mentalmente chiunque sia, quando mi accorgo che l’autista sta urlando il mio nome.
Mio padre.
Che ci fa, qua? La mia vita stava scorrendo benissimo senza la sua presenza.
Abbiamo sempre avuto un pessimo rapporto, è ormai chiaro a tutti, sebbene io non parli quasi mai di lui, non apertamente.
Anzi, in generale evito di pensare di averne uno.
L’ho anche detto ad Anna, recentemente. Meglio non averlo un padre, piuttosto che ritrovarsene uno che ti delude costantemente, e non solo perché non veniva a vedere le partite quand’ero un ragazzino, anzi.
Ma questa è una parte della mia vita che ho chiuso in un cassetto che non ho nessuna intenzione di riaprire. Un passato che vorrei poter cancellare, che non voglio condividere perché troppo doloroso, senza nessun attimo di felicità.
E mentre lui commenta quanto io sia cresciuto - nemmeno troppo ironicamente, visto che non ci vediamo da più di un anno, perché lui è sempre troppo impegnato a fare altro per domandarsi che fine io abbia fatto - mi ritrovo a sperare che questa visita duri il meno possibile.
Qualcuno sembra rispondere alle mie preghiere di poter evitare un dialogo con lui, perché giunge un’auto dei Carabinieri dalla quale scendono Zappavigna, Cecchini e Anna.
Oh, ecco, qualcuno che può darti una mano per-
Il maresciallo inizia a inveire contro mio padre, perché a quanto pare ha forzato un posto di blocco, con tanto di ‘gesto apotropaico’ nei confronti di Cecchini, passandogli con le ruote dell’auto su un piede.
Io sono sul punto di dirgliene quattro quando Anna, intuita l’atmosfera ben poco pacifica, non richiama tutti all’ordine.
Ha senz’altro notato il mio disagio, e tenta quindi di mediare alla diatriba optando per lasciar correre e abbonare a mio padre il reato, per stavolta.
Oh, che è questo mezzo abuso d’ufficio?
Appunto, io avrei applicato pure le virgole della legge.
Mio padre capisce che quello di Anna, più che un gesto gentile, è un invito a calmarci tutti, per cui si affretta ad andare in hotel per fare il suo check-in, dopo che io gli intimo di sbrigarsi a togliere la sua macchina dalla piazza.
 
Anna’s pov
 
Anna, sei ancora sicura di non voler entrare in maternità prima del tempo?
Non esageriamo, vocina.
Okay, ogni giorno ce n’è una nuova, ma per la mia sanità mentale, preferisco restare finché posso.
E meno male, perché se non fossi stata presente, poco fa sarebbe finita male.
Il mio futuro suocero, Eugenio Nardi, è appena giunto a Spoleto con la teatralità che, stando a quel poco che mi ha raccontato Marco, lo ha sempre contraddistinto.
È la seconda volta che vedo Eugenio in vita mia, e il mio fidanzato è scontento quanto allora, di vederlo.
I reali motivi di scontro non li conosco, perché Marco è sempre stato molto restio a parlarmi di lui. Io non ho mai voluto forzarlo, anche perché so che non servirebbe: mi ha sempre detto qualcosa quando si sentiva pronto a farlo, e so che anche stavolta sarà così.
Adesso, ha l’aria di uno che vorrebbe essere ovunque tranne che qui, per cui decido di mettere un punto a tutto questo casino, abbonando il reato di Eugenio per farlo sloggiare il prima possibile.
Stiamo per avviarci tutti e tre nel mio ufficio per un interrogatorio sul caso, quando sento Marco intimare al padre di sbrigarsi ad andar via, così mi avvicino a lui.
Lo sguardo che mi rivolge, una volta al suo fianco, mostra tutto il suo malessere.
“Mi dispiace... è sempre il solito.” mormora, ma io scuoto la testa.
“Dai, non fare così... Me lo fai un sorriso?” scherzo, tentando di tirargli su il morale almeno un pochino, senza forzarlo a parlare.
Lui sembra apprezzare, prima di far cenno alle scale.
“Meglio se andiamo a lavorare, mh?”
Accetto volentieri la mano che lui mi porge, per avviarci insieme in caserma.
 
La storia del caso è terribile: abbiamo trovato una donna morta su una tomba, e la figlia adolescente ci spiega che la madre era qui a Spoleto per cercare, a suo dire, la sua gemella che le era stata rubata al momento del parto, poiché aveva scoperto qualcosa.
Noi ascoltiamo attentamente le parole della ragazza, e la storia non può certo lasciarmi indifferente: si parla di un bambino rubato, di nuovo, e non posso fare a meno di portarmi la mano all’addome.
Inizia a crescere, anche se dall’esterno non è così evidente, ma la divisa inizia ad andar stretta.
Riesco a pensare solo che se mai qualcuno osasse toccare il mio bambino, io...
Anna, calma. Respira.
Lo so, ma non posso fare a meno di sentirmi coinvolta, e Marco ha probabilmente intuito il mio stato d’animo perché si è avvicinato, posandomi una mano sulla schiena nel tentativo di tranquillizzarmi.
Anche lui starà pensando alla stessa cosa, solo che lo sta nascondendo meglio.
È diventato più bravo, e poi si sta sempre di più calando nella veste del padre di famiglia, consapevole delle proprie responsabilità, e non può che farmi piacere.
Sta proseguendo nel suo percorso di cambiamento, voluto e non imposto, cosa che fino a non molto tempo fa lo spaventava terribilmente.
 
Ringraziamo la ragazza per il suo aiuto, e chiedo al maresciallo di accompagnarla fuori.
Quando rientra, iniziamo a discutere del caso, partendo da quanto lei ci ha detto.
“Ma a voi non vi pare strano che una donna muoia sulla tomba di un’altra donna che porta lo stesso nome? Non è una coincidenza!” esclama Cecchini, baldanzoso.
Marco lo guarda con aria di sufficienza. “No, Lei crede davvero a questa roba della figlia, e che c’entri con la sua morte?”
“Sì!”
“In effetti è un ottimo ragionamento. Faccia i miei grandissimi complimenti a Don Matteo.” affermo, ironica, sgamando la sua bugia al volo.
“Che cosa c’entra Don Matteo...”
Marco scoppia a ridere.
Disponiamo comunque gli accertamenti del caso, ma il mio fidanzato si blocca a metà frase perché ha appena notato Sergio entrare in caserma.
“Che ci fa, lui, qui?” mi chiede.
“Non ne ho idea...” replico però io, altrettanto confusa.
 
“Salve! Si può?” domanda La Cava, una volta giunto alla porta del mio ufficio.
Lo invito a entrare.
“Mi chiedevo se... fosse possibile parlare con te, in privato.”
Sono a dir poco sorpresa della sua strana richiesta, così come Marco e Cecchini, ma lui insiste con uno sguardo speranzoso, così mi ritrovo ad accettare.
Il mio fidanzato è evidentemente riluttante all’idea di lasciarmi da sola con lui, ma Cecchini lo invita a prendere un caffè, dopo una mia occhiata eloquente.
“Dimmi...” mormoro, una volta rimasti soli.
Lui sorride. “Volevo ringraziarti per l’aiuto che mi stai dando.”
Scuoto la testa. “Non ce n’è bisogno, e come ti ho già detto, molto del merito va a Marco. È lui che dà l’autorizzazione di volta in volta.” spiego, leggermente perplessa.
So che Marco sta iniziando a valutare con gli assistenti sociali la possibilità di rendere più ufficiale il rapporto e gli incontri tra Sergio e Ines, ma ci sta andando con i piedi di piombo e per adesso continua ad essere lui il garante. Per questo non ne faccio accenno.
“Comunque sia, mi fa piacere, sapere che tu ti stia impegnando così tanto, con Ines.”
Lui annuisce. “E volevo dirti anche che ho trovato lavoro!”
“Davvero?”
“Mh-mh! Lavoro serio, busta paga, contributi...”
“Bene, sono contenta...”
Dopo un breve saluto imbarazzato, se ne va, lasciandomi sola e più confusa di prima.
Marco non attende un altro istante per rientrare in ufficio, dopo un’occhiataccia a Sergio in corridoio.
“Che aveva da dirti con tanta riservatezza?”
Io faccio spallucce.
“Dirmi che ha trovato lavoro.”
Marco non sembra convinto, e fa per dire qualcosa ma richiude immediatamente la bocca alla mia occhiata, che gli intima di non fare di nuovo il geloso.
 
Cecchini’s pov
 
Sono in cucina a districarmi a gran fatica tra i fornelli.
C’è Marco, appoggiato al piano cucina, che ride per il mio look.
“Che c’è? Ho un grembiule! Mica il vestito da pinguino di ieri, che ride?” gli chiedo, un po’ offeso.
“Scusi, è che mi ha chiesto una full immersion in cucina, ma mi ha preso troppo alla lettera, Lei,” mi spiega continuando a ridacchiare, e indicando la... cuffia per la doccia che mi sono messo. Vabbè.
Ho appena finito di friggere i pitoni siciliani, e ringrazio comunque il pm per l’aiuto, perché mi ha consigliato il modo più adatto per farmi perdonare da Elisa. Mi ha assicurato che funzionerà, e inizio a credere che ha ragione: ho invitato la mia biscottina a cena, e ho cucinato io.
Lui minimizza, ma per me è veramente importante la loro vicinanza.
Farei di tutto sia per lui che per Anna, per saperli felici.
Sono stati la mia ancora di salvezza quando ho perso mia moglie Caterina e ho spinto io stesso Assuntina a continuare a studiare fuori senza farla restare qua a farmi da ‘badante’, perché sapevo che non sarei stato solo. È grazie a loro due se ho superato la depressione, e sempre per merito loro ho conosciuto meglio Elisa ed è nata questa nostra amicizia speciale. Non sono ancora pronto a dare un altro nome al nostro rapporto, ma so che lei è importante per me.
Per fargli capire la mia gratitudine, gli do un abbraccio, uno di quelli che ci scambiamo da un po’ di tempo a questa parte, che ha tanto l’aria di essere tra padre e figlio.
“Ora è meglio che vada, però”, dice poi lui, “così ha il tempo di sistemarsi, meglio che la cuffia e il grembiule se li toglie! Non sono il massimo del romanticismo...” mi prende in giro.
“Sì sì, rida...” lo rimbecco affettuosamente. “Passi una bella serata, con Anna e Suo padre.”
Marco sembra stupito dalle mie parole, e capisco perché, visto che il nostro incontro di stamattina non è stato proprio il massimo, ma so che apprezza l’augurio.
Lo accompagno però alla porta.
Quello che vedo quando la apro non mi piace per niente.
 
Anna’s pov
 
Il padre di Marco ha appena suonato alla porta del nostro appartamento.
Gli ho aperto, e sono uscita con lui sul pianerottolo, per chiamare Marco che è ancora da Cecchini, quando arriva mia madre.
“Oddio, ma Lei è Eugenio Nardi!” esclama, improvvisamente euforica. “Io sono una fan sfegatata, ho letto tutti i Suoi libri... Elisa, piacere! Sono la mamma di Anna!” esclama, emozionatissima.
Perfetto, direi.
Già, perché il padre di Marco è un noto psicanalista. E mia madre va matta per le sue pubblicazioni.
“Piacere!” risponde mio suocero, con un baciamano.
Proprio in quel momento, si apre la porta dell’appartamento di Cecchini, e lui esce insieme a Marco. Nessuno dei due sembra particolarmente entusiasta della scenetta.
“Perché non me l’hai detto, che hai un papà così famoso?” chiede mia madre, naturalmente, al che Marco si limita ad allargare le braccia.
In compenso, Cecchini ci dà grandi soddisfazioni. “Famoso... io non l’ho mai visto!”
“Ma come non l’hai... Eugenio Nardi, il famoso psicanalista!” replica però mamma, al che il mio fidanzato cerca di togliere l’impiccio, proponendo di andar via.
“No no no, ma quale ristorante, voi restate con noi a cena!” replica però mia madre, con grande disappunto di tutti. 
 
Ecco, non so bene come ci ritroviamo tutti a tavola, da Cecchini, quando a quest’ora avremmo dovuto essere al tavolo del ristorante.
Tra l’altro, sto mangiando quello che ha preparato il maresciallo (mi fido solo perché so che l’ha aiutato Marco - non me lo sono scordata, quando ha interrotto la mia ‘lezione di cucina’ con Marco per chiedermi come si usasse il forno), perché il sushi è taboo per me adesso.
Ohhh, anche io me lo ricordo bene, quel periodo! Il caprone Sasà!
Ecco, vocina, tu ti ricordi proprio le cose importanti, non c’è che dire.
Marco non è a suo agio, ma non mi stupisce.
Mi aveva presentata a suo padre, l’unica volta in cui era tornato a Genova con me, e non è che lui si fosse dimostrato molto affettuoso. Aveva provato i suoi giochetti psicologici anche con me, ma era andato a sbattere contro un muro. Lui aveva anche fatto una brutta battuta sulla precedente esperienza matrimoniale di Marco, e aveva rischiato di farsi prendere a pugni davvero, se non ci fossi stata io a trattenere il mio fidanzato.
Quindi il clima che si respira a tavola non è che sia rilassatissimo.
Marco sembra perfino più nervoso del solito, mentre osserva suo padre interagire con mia madre. Non che io sia particolarmente contenta, perché la tensione tra Eugenio e il maresciallo è palpabile: è evidente che Cecchini sia geloso, e la cosa al di là di tutto mi fa sorridere perché mi dimostra quanto lui ci tenga, a mia madre, e ne sono contenta, nonostante i nostri battibecchi e i casini che combina.
È bello vederlo così, adesso, soprattutto se ripenso al periodo buio che lo ha travolto dopo la morte della moglie. Ha sofferto tantissimo, non parlava mai di quanto si sentisse solo, ma si percepiva... Per questo motivo, io e Marco avevamo iniziato a proporgli le gite con mia madre e la sua compagnia di amiche.
Principalmente per distrarsi, e inaspettatamente lui aveva invece trovato un modo per sopperire al vuoto lasciato da Caterina. All’inizio questa situazione mi metteva a disagio, ma col tempo mi sono abituata, e in fondo il maresciallo per me è diventato davvero una figura paterna, e sono felice di sapere che sia così presente nella mia vita.
Comunque sia, ho capito cosa sta facendo mia madre: oltre ad una vera ammirazione per Eugenio, sta sondando il terreno per accertarsi quanto il suo biscottino tenga a lei.
Cecchini sta addentando un pitone, decidendo di partecipare alla cena a modo suo, però il wasabi forse sarebbe meglio evit-… ecco, appunto, va’ come è costretto ad alzarsi da tavola con la lingua in fiamme.
“Comunque è bello vedere che siete tornati insieme,” afferma mio suocero di punto in bianco alludendo a me e Marco, “dato che sapevo vi foste lasciati... Io pensavo che Lei fosse in Pakistan, giusto? È per questo lavoro in Pakistan che avevate annullato tutto!” continua, al che rivolgo uno sguardo interrogativo al mio fidanzato.
Non sapevo che si fossero parlati, men che meno che Eugenio fosse a conoscenza del mio incarico a Islamabad.
Lui ricambia con aria leggermente colpevole, ma capisco che mi spiegherà tutto dopo, e quindi mi rivolgo a mio suocero.
“Sì, inizialmente avevo pensato di accettare, ma poi... ho capito che, per me, contava di più l’amore per Marco. Quando ho valutato davvero la proposta, ho capito che non sarei mai partita veramente.” ammetto, prima di continuare. “E, in fondo, ha vinto anche la divisa: il mio obiettivo fin dall’inizio è stato quello di entrare nell’Arma dei Carabinieri, sono riuscita a diventare Capitano prima del previsto e per il momento mi basta. Il resto che verrà, lavorativamente parlando, lo valuterò, certo, ma so già bene quello che voglio. E la mia vita è qui, con lui.”
Mi vedo rivolgere uno sguardo pieno d’ammirazione da parte di tutti i presenti, ed Eugenio non si esime dal commentare.
“Ben detto! A me piace la donna forte, moderna, in grado di determinare il proprio destino... come te, Elisa!” esclama lui, però, facendomi rendere conto solo in quel momento che Cecchini non è ancora tornato a tavola.
Anzi, eccolo, che si lamenta degli effetti del wasabi.
“Adesso svengo!” replica mia madre, estasiata, alzandosi per iniziare a sparecchiare.
Io la imito, alzandomi a mia volta e raccogliendo il resto dei piatti, alzando gli occhi al cielo.
 
Marco’s pov
 
Anna e mia suocera si sono appena alzate da tavola, così ne approfitto per avvicinarmi a mio padre e dirgli di smetterla di provarci con Elisa. Lui finge di non saperne nulla, ma non mi frega. Perché è sempre stato questo il suo problema, non rendersi conto quando è il caso di finirla.
E infatti, come se io non avessi detto niente, si alza per raggiungere Elisa in cucina, mentre Anna si allontana per lavarsi le mani.
Cecchini mi chiede sospettoso se mio padre stia facendo lo scemo di proposito, ma io cerco di sviare pur sapendo che ha ragione, per non peggiorare le cose.
Eugenio Nardi ha sempre avuto la fama di don Giovanni, ed è questo che ha rovinato tutto. Solo che lui se n’è sempre fregato.
La serata si conclude quando Anna, qualche minuto dopo, mi si avvicina, chiedendomi se possiamo tornare a casa, perché è stanca dopo la lunga giornata che abbiamo avuto. Io annuisco, cingendole le spalle con un braccio. Salutiamo tutti, e anche mio padre ed Elisa vanno via, con enorme fastidio di Cecchini, perché mia suocera si è offerta di accompagnarlo, visto che alloggiano nello stesso hotel.
Ho inutilmente cercato di fargli segno di rifiutare, perché lui ha fatto finta di non vedermi e ha accettato.
 
“Stai bene?” mormora Anna, una volta chiusa la porta alle spalle.
“Certo... perché non dovrei?”
Lei mi rivolge uno sguardo eloquente.
“Marco... siamo a casa, da soli, e nessun altro ci sente. Puoi smettere di fingere che vada tutto bene.”
Scuoto la testa con un mezzo sorriso. Avrei dovuto immaginarlo, che la stanchezza era solo una parte del motivo per cui siamo rientrati.
Proprio non ci riesco, a mentirle. Non che voglia farlo, almeno non su tutto, ma le assicuro che adesso è tutto a posto.
Mio padre riapparso dal nulla, tornato come se niente fosse mi ha destabilizzato e mi innervosisce non poco, ma non è niente che io non riesca a sopportare per i soliti due, tre giorni prima che lui si decida a ripartire per chissà dove, dopo essersi stufato di ronzarmi intorno.
Anna non sembra molto convinta dalle mie parole ma non insiste, come sempre quando entriamo nel discorso.
“... come mai non hai detto a tuo padre che siamo tornati insieme?” mi chiede, però, perplessa. “Pensavo non sapesse nemmeno che ci eravamo lasciati, in realtà.”
“Sinceramente non avevo intenzione di raccontargli proprio niente, ma è stato lui a chiamarmi. Era venuto a sapere del matrimonio rimandato e ha insistito a voler sapere il perché. Dopo quel pomeriggio non ci siamo più sentiti, per questo non lo sapeva.”
Lei torna a fissarmi, ben consapevole che, per l’ennesima volta stasera le sto nascondendo qualcosa.
Ha ragione, ma non posso certo dirle che, durante quella telefonata, mio padre mi aveva definito di nuovo un fallito, perché non avevo saputo perseguire ciò che sognavo di avere. Avevamo finito per litigare, forse come mai prima di allora.
L’ho odiato come poche altre volte. Proprio lui ha osato dirmi che non ho saputo lottare per ciò che volevo! Lui, che mi ha costretto ad abbandonare il mio desiderio di fare l’attore, lui che non c’è mai stato, lui che se n’è sempre fregato di me.
Lui che non mi ha mai nemmeno chiesto perché il matrimonio con Federica fosse saltato, o il motivo per cui avevo lasciato che la mia Anna preferisse la carriera a me.
Lui, che non è mai stato capace di essere padre, perché sperare che fosse un buon padre sarebbe stato ancora più inutile e deleterio.
Sento la rabbia tornare a montare, ma non voglio che Anna lo noti. Non ha bisogno di farsi carico anche delle mie preoccupazioni, del mio nervosismo, tantomeno delle mie vecchie paure che riaffiorano.
Quelle che avevo sempre tenuto relegate in un angolo, sperando che restassero lì per il resto della mia vita, e che invece mi sono piombate addosso tutte insieme stamattina, quando ho scoperto che lui si era presentato qui a Spoleto.
Saprò essere un buon padre per mio figlio? O sarò come il mio, incapace di trovare il tempo da dedicargli per lavoro o irresponsabilità? O... altro?
Già quella maledetta sera avevo temuto di essermi trasformato nella sua copia.
Io non voglio essere come lui. Non voglio.
Torno alla realtà solo quando mi accorgo che Anna ha schioccato le dita davanti ai miei occhi.
“Ci sei?”
“Sì, sì... scusa.”
Mi accarezza il volto, preoccupata.
“Lo so che non sei pronto a dirmi più di quanto tu non abbia già fatto, visto che ti sei perso nel tuo mondo per diversi minuti, ma non fa niente... Però, non devi dimenticarti che stiamo condividendo la nostra vita, e se hai bisogno di parlare di questa cosa che sembra tormentarti, io ci sono... Anche se hai bisogno solo di sfogarti e non dire niente... sono qui con te, come sempre. Ma non farei mai nulla per forzarti, se non vuoi. Solo... non tenerti tutto dentro. Qualcuno, una volta, mi ha detto che non si deve cercare di essere forti, sempre, a prescindere...”
La bacio di slancio, stringendola a me.
È un bacio lungo, appassionato, carico di tutto l’amore e la gratitudine che provo per lei. Per il suo essere sempre al mio fianco. Per essere sempre se stessa. Perché nessuno, più di me, potrà mai capire quanto io sia fortunato ad averla accanto.
Perché mi sembra sempre tutto troppo bello per essere vero, quasi fosse un sogno a occhi aperti.
Perché non avevo mai capito quanto fosse incredibile vivere, amare... prima di lei.
“Ti amo...” le sussurro, quando ci allontaniamo col respiro affannato.
Tanto basta perché lei capisca che ho recepito il messaggio.
 
Ci eravamo messi a letto da poco, ieri sera, quando il maresciallo ci ha chiamati per dirci che Don Matteo ha forse capito l’identità della gemella di Alice, la ragazza che abbiamo interrogato, che ci ha raccontato della neonata rubata.
Eccoci quindi in caserma, insieme al prete e a Sofia, perché pare essere stata lei a recepire il nesso.
Stare in compagnia di Don Matteo acuisce le doti investigative, a quanto pare.
Anna è convinta che le supposizioni del prete siano giuste, e questa cosa mi ha sorpreso non poco.
Giuro, se non l’avessi ribadito tu, ora, affermerei di averlo sognato.
Una volta soli, Anna mi spiega anche che ha scoperto che il certificato di morte della gemella scomparsa è falso, e che ulteriori dari forniti da Cecchini, indicano che la ragazza potrebbe essere stata ‘adottata’ dal ginecologo che, sedici anni fa, ha fatto partorire la donna.
Convochiamo l’uomo, che sorprendentemente si presenta accompagnato dal suo avvocato. Un comportamento a dir poco strano, perché se lo fai, significa che hai bisogni di difenderti.
È proprio quello che gli faccio notare, davanti all’alibi che lui afferma di avere, e come se non bastasse, l’avvocato interviene sfacciatamente, commentando che è venuto proprio perché sa come ragionano i PM come me, interessati solo a trovare un colpevole senza curarsi del resto.
Fosse successo qualche anno fa, avrei reagito d’istinto, alzando la voce e facendo il suo gioco. Adesso, invece, mi ritrovo semplicemente a ribattere che, visto che non ha niente da nascondere, il ginecologo di certo non avrà problemi a sottoporsi al test del DNA.
Lui, come immaginavo, rifiuta, e il legale minaccia di denunciarci per calunnia.
Cerco di mantenere la calma fino all’ultimo istante in cui sono in caserma, ma se pensano di impedirmi di fare giustizia, si sbagliano di grosso.
 
Anna’s pov
 
Il ginecologo e il suo avvocato hanno appena lasciato l’ufficio, quando mi alzo dalla mia sedia per avvicinarmi a Marco.
È nervoso per l’affronto subito, perché quel tipo ha generalizzato senza sapere, ma sono felice di vedere che il mio fidanzato abbia imparato a controllare le sue emozioni e il suo istinto.
Di una cosa sono sicura: anche se quel tizio dovesse rivelarsi innocente, meno male che non è il mio ginecologo.
Durante tutto l’interrogatorio, ha cercato di mantenere un’espressione neutra, ma si vedeva, che aveva paura di qualcosa, ma di sicuro la storia del neonato rubato non aveva avuto su di lui alcun effetto.
Quanta poca empatia negli esseri umani...
Marco mi dice che tenterà comunque di convincere il giudice a disporre il test del DNA, per quanto difficile sia, perché chiunque avrà di sicuro più cuore e umanità di quei due, e che riterrà gli accertamenti necessari allo svolgimento delle indagini.
Vedere il mio fidanzato così coinvolto dai casi che riguardano minori nemmeno mi stupisce più ormai, ma mi rende orgogliosa comunque. Quanta strada ha fatto, e forse nemmeno se n’è reso completamente conto...
 
Usciamo dal mio ufficio quanto notiamo Cecchini che si è messo a spiare dalla finestra della caserma, e con mio profondo orrore vedo mamma con il padre di Marco.
Cecchini è evidentemente sempre più geloso: ironia della sorte, chi di piano G ferisce, di piano G perisce? Chi lo sa. La scena mi fa sorridere, perché mi dimostra che lui ci tiene veramente a mia madre, ma comunque la ramanzina non gliela leva nessuno, perché se pensa che lei sia il tipo da farsi abbindolare dal primo che passa allora non ha capito niente. Certo, mia madre ha mille difetti, ma non questo. E nemmeno il padre di Marco lo farebbe, sfrutta solo la sua popolarità. Cerco conferma proprio da Marco, che in teoria mi dà corda, ma il suo tono non è che mi convinca moltissimo.
Okay, io sono la prima a credere che mia madre stia un po’ marciando sulla gelosia del maresciallo, per fargliela pagare per l’altra sera, ma non le è mai piaciuto vedere l’amico di turno (perché ce ne sono stati altri, negli anni, meno duraturi di Cecchini e di cui non ricordo più nemmeno i nomi) geloso, proprio perché non è quel genere di persona che pensa lui. Sto provando inutilmente a farglielo capire, ma lui è cocciuto e resta convinto di ‘vedere cosa vede’.
Dopo un sospiro esasperato, impongo a tutti di tornare a lavorare, perché questa storia mi ha già irritata parecchio.
Sto spiegando al maresciallo e a Marco gli accertamenti che mi servono per proseguire le indagini, quando mi accorgo che Cecchini è sparito.
Ma dov’è andato?
 
Cecchini’s pov
 
Approfitto della distrazione della Capitana e del PM per seguire Elisa ed Eugenio.
Voglio bene a Marco, ma suo padre non lo sopporto proprio. Da quando è arrivato a Spoleto, non ha fatto altro che pestarmi i piedi in tutti i sensi, letterale e figurato.
Ora, pure Elisa in albergo si deve portare? In pieno giorno?
Li seguo, senza farmi notare, e mi ingelosisco ancora di più.
Sì, la mia relazione con Elisa non ha ancora una definizione precisa, ma non lascerò che il primo che passa approfitti di un piccolo litigio per rovinare tutto.
Va bene, piccolo non proprio, ma non ha importanza.
Quello là deve stare a distanza, soprattutto perché si sono conosciuti da un giorno e c’è troppa intimità per i miei gusti.
Per non farmi beccare, entro nella prima stanza che trovo aperta... e scopro che c’è Elena Sofia Ricci, l’attrice famosa.
Lei però si mette a parlare, parlare, parlare e pensa che io sono un cameriere e mi ritrovo a farle da facchino per le sue spese.
Quando riesco ad andare via dalla stanza, però, le cose non vanno come volevo io, perché incontro sulle scale Elisa e Eugenio. Sto scoprendo solo ora che il famoso galà l’ha organizzato tutto Elisa, che la battuta sulla mia gelosia se la poteva risparmiare.
Eugenio ‘Piero Angela’ Nardi ovviamente ha sfoderato tutta la sua cultura per farmi sembrare scemo, quando è solo un don Giovanni.
Non mi interessa se la mia risposta gli ha fatto capire che il suo discorso per me era arabo, ma non ci sto a subire il piano G di Elisa.
Così gli dico che sono venuto qui in hotel per incontrare la mia grande amica Elena Sofia Ricci, anche se non è proprio vero, e prima di andare via, dico a ‘Piero Angela’ che suo figlio Alberto mi sta più simpatico.
Sicuro, da uomo acculturato, avrà capito la metafora legata a suo figlio Marco.
 
Anna’s pov
 
Cecchini non si è visto per tutto il pomeriggio, nessuno in caserma sa che fine abbia fatto.
Io sono seduta alla scrivania del mio ufficio a compilare alcuni documenti, mentre Marco è sul divanetto intento a leggere delle carte.
Il mio cellulare squilla: è Sergio.
“Che voleva?” mi chiede Marco, una volta conclusa la telefonata.
“Mi ha chiesto di passare dal posto in cui lavora, perché vuole parlarmi. Mi ha appena mandato l’indirizzo,” gli spiego, dubbiosa quanto lui.
Ultimamente ti cerca un po’ troppo spesso, Sergio...
Il mio fidanzato è d’accordo con te, vocina, a giudicare dall’espressione che ha messo su.
“Magari si tratta di Ines... dopotutto è a me che riferisce, no? Meglio verificare invece di non presentarmi affatto.” tento di convincerlo, ragionevole.
Lui, seppur con qualche esitazione, annuisce.
So che ha le sue riserve, nonostante la tregua dal giorno della piscina - Marco mi ha poi raccontato cosa si sono detti - e per questo preferisce stare in allerta, oltre ad essere un po’ tanto geloso che possa succedere qualcosa che non deve tra me e lui.
Non per me, perché si fida, ma per intraprendenza di Sergio, visto che sembra non mancargli.
 
Come gli avevo detto per messaggio, l’ho raggiunto una volta finito il turno e tolta la divisa, perché ogni giorno che passa risulta sempre più stretta e fastidiosa da indossare.
Mi duole ammetterlo, considerando quanto ho faticato per ottenerla, ma l’idea che per un lungo periodo non potrò più portarla - anche se per un motivo che mi rende estremamente felice - mi destabilizza non poco.
Comunque sia, ho parcheggiato fuori dal posto indicato dal navigatore.
Resto basita quando scopro qual è il nuovo lavoro di Sergio, che mi aspettava all’entrata.
“Non ci credo! Ti hanno assunto in un motodromo?!” esclamo, elettrizzata.
Lui mi rivolge uno dei suoi soliti sorrisetti.
“Sorpresa? Hai poca fiducia, Capitano,” replica, anche se so che scherza.
Entriamo, e mi mostra la sua postazione.
“Fai il meccanico per una squadra professionistica!”
“La Superbike! Non c’è Valentino Rossi, però, insomma, un bel campionato!” conferma lui.
“E come hai avuto il lavoro?”
“Don Matteo ci ha messo una buona parola…” mi spiega, “ma è anche merito tuo.”
Il tono della sua voce mi fa arrossire per un attimo.
Anna...?
“Sono felice per te... ma non è affatto merito mio. Tuo, semmai. Io e Marco, così come Don Matteo, ti stiamo solo dando una mano.” rispondo soltanto, tenendoci a precisare che io, da sola, avrei fatto ben poco.
Ahhh, ecco. La devi smettere di farmi preoccupare ogni volta!
Noto che, dopo aver nominato Marco, Sergio è tornato a metter su quel suo solito sorrisetto.
Mh, non ti sembra strano?
Ma tu sei sempre complottista, vocina?
No, stellina, sono realista. Anzi, giudiziosa. Sono la tua coscienza, dopotutto!
“Allora? Facciamo un giro in pista? Si fanno 300 km/h. Ti va?” mi propone lui, ma io rifiuto.
“Non mi sembra una buona idea.”
“Come, perché no? Cos’hai, paura? Un Carabiniere che ha paura non s’è mai visto!” mi prende in giro, “Però in effetti, considerata la moto che ha Nardi, non mi stupisce, che tu preferisca quelle che vanno piano, sano e lontano come la sua.”
Ehi, piano con i commenti su Marco e la sua moto, ché l’avete pure scelta insieme, quando lui l’ha cambiata! Anche perché, ci metto un secondo a contattare il grillo-coscienza del tuo fidanzato!
Gli lancio un’occhiata eloquente, fingendo di non aver sentito il commento su Marco.
“No, non ho paura, ti informo che hai davanti una paracadutista esperta. Ma sono incinta, e la salute del mio bambino ha la priorità su tutto.”
Sergio alza le mani.
“Scusami... non ci avevo pensato, non lo ricordavo...” si giustifica, ma so benissimo che sta mentendo.
Marco glielo ha detto l’altra volta in piscina, per cercare di fargli capire quanto fosse importante prendersi cura di Ines, e non mi frega, con la scusa della dimenticanza.
Mi propone quindi di prendere un chinotto al bar del motodromo. A me non piace, ma non vorrei risultare scortese, così acconsento.
 
Saranno dieci minuti buoni che parliamo, appoggiati a una catasta di pneumatici, e io la mia bottiglietta non l’ho ancora toccata.
“Bastava dirmelo se non ti piaceva, eh... potevi prendere un’altra cosa,” mi rimbecca Sergio quando se ne accorge, con una risata.
Abbasso la testa, in imbarazzo, minimizzando tutto. Mi affretto a cambiare discorso.
“Hai sempre avuto la passione per le moto?” gli chiedo.
Lui sembra illuminarsi alla mia domanda.
“Fin da piccolino... mio padre era un appassionato. Amava tutte le moto veloci... ci faceva le rapine. Sto scherzando... sto scherzando! Ma ci caschi sempre!” mi prende in giro. “No, sul serio, era un appassionato... le montava, le smontava, un hobby, come tuo papà col maggiolino.”
“Sì, in effetti è una coincidenza curiosa.” concedo. Un paragone un pochino azzardato forse, ma ci può stare.
Il suo sguardo non mi piace. Attenta.
Smettila di pensare a certe cose, vocina! Non crederai mica che-
Oh, cavolo.
Sergio si sta avvicinando.
Mi raddrizzo, scostandomi dalla pila di pneumatici a cui ero appoggiata.
Coso, fai un altro passo e sei un uomo morto.
Indietreggio ancora, ma lui è ormai vicinissimo.
Ok, anche no.
“Sarò anche incinta, ma resto sempre cintura nera di judo, e se non ti fermi, ti spezzo i denti.”
E ti conviene recepire il messaggio, Coso, oppure chiedi conferma al principe dei crackers.
Sergio si blocca, spalancando gli occhi di fronte alla mia espressione, che di sicuro gli ha fatto capire che sono una che le promesse che fa, le mantiene.
Evidentemente ha buonsenso, perché fa un passo indietro.
“Devi avere le idee un po’ tanto confuse, se hai scambiato i miei gesti per altro, visto quello che volevi fare... Io sono venuta qui, oggi, pensando che volessi parlarmi di Ines, perché è questa l’unica ragione per cui ti ho aiutato finora. Perché potessi avere qualcuno su cui contare, ma nient’altro.” continuo, freddamente. “Pensavo ti fosse chiaro, soprattutto considerando che aspetto un figlio dall’uomo che amo, ed entrambi stiamo facendo di tutto per tua figlia perché sappiamo cosa voglia dire, crescere senza un padre. Dovresti pensare a lei, invece di perdere tempo con me.”
Detto questo, vado via senza aspettare una sua risposta.
 
Quando rientro a casa, ancora scossa per quanto successo poco fa al motodromo, trovo Marco ai fornelli intento a cucinare, con la tavola già apparecchiata per due per una inaspettata cenetta romantica, con tanto di rosa bianca al centro.
“Ho pensato di ritagliarci qualche ora come si deve... che ne dici?” mi chiede, avvicinandosi a me.
Io lo saluto con un bacio, prima che lui torni a scrutarmi con le sopracciglia corrugate.
“Tutto bene? Hai una faccia strana.”
Ops.
“Sì, sì... sono solo stanca.” minimizzo, il che non è proprio una bugia.
“E con Sergio com’è andata?”
Una domanda di riserva non ce l’hai, amore?
Non posso mica raccontargli quello che è successo... non perché me ne vergogni o altro, ma Marco è già nervoso di suo per la questione di suo padre, ci manca aggiungere pure Sergio che lo indispone in tempo di pace, figuriamoci ora.
Se glielo dicessi adesso, che ha tentato di baciarmi, tra qualche mese mi ritroverei ad allattare il nostro baby Nardi tra una visita e l’altra al mio fidanzato, in carcere per omicidio.
La vittima?
Sergio La Cava.
Meglio di no. Mi conviene aspettare un momento più tranquillo, se proprio devo dirglielo.
“Era per Ines, come avevamo immaginato,” mento, a fin di bene. “per aggiornarmi sui progressi che ha fatto con lei negli ultimi tempi, e per mostrarmi che ha un lavoro vero, così che fossi sicura che non si trattasse di una balla.”
“Bene, buon per lui,” approva Marco, che per mia fortuna sembra credermi.
Torna a baciarmi, stavolta più tranquillo, con una carezza per la nostra creatura - che inizia a mostrarsi, sotto i nostri occhi consapevoli - per poi suggerirmi allegramente di accomodarmi, ché ha già pensato a tutto lui, per la cena.
Inutile dire che la serata è proseguita meravigliosamente, a parlare del nostro futuro insieme, a scherzare sul comportamento estatico di mia sorella, con il nostro piccolino, grande protagonista dei mesi a venire.
 
La mattina, quando esco sul pianerottolo per andare in ufficio incontro Cecchini, che non perde tempo a impicciarsi, chiedendomi della mia serata romantica con Marco.
Ma cos’è, un investigatore privato? Come fa a sapere sempre tutto?
Comunque, sto per dirgli che è andato tutto bene, quando lui si fa strada nel mio appartamento, attirato dalle voci di mia mamma e di mio suocero, che lei stessa ha chiamato di buon mattino in qualità di ‘idraulico esperto’ per aggiustare il lavandino, che come al solito ha ripreso a perdere acqua.
Marco, ovviamente, non si è pronunciato, limitandosi a prepararsi ad andare a lavoro, prima di afferrare il guinzaglio con l’intenzione di portare Patatino a fare una passeggiata.
Io ho solo annuito, sconsolata, perché ho capito il suo disagio nel trovarsi Eugenio in casa, ma di certo non avevo previsto che mi sarei ritrovata da sola alle prese con un Cecchini geloso.
La situazione infatti è degenerata in fretta una volta sparito mio suocero, e i due hanno imbastito un litigio da adolescenti che mi fa quasi tornare su la colazione, e che mi innervosisce. Okay, va bene la gelosia del maresciallo, ma mia madre che si comporta come una ragazzina col padre di Marco, davvero? Cosa sono, quindicenni?
Certo, non mi sarei aspettata che finisse tutto con una pausa di riflessione.
Non sono mai riuscita a capire come proprio loro due fossero finiti insieme, visto quanto sono incompatibili in apparenza, ma davvero stanno buttando tutto all’aria per una specie di terzo incomodo che fa lo scemo con lei, ma che è evidentemente solo una pedina nella partita a scacchi che mamma e il maresciallo stanno giocando?
Cecchini va via parlando al telefono, a suo dire con Elena Sofia Ricci, mentre mia madre gli dà del ‘ridicolo’.
Marco sarà anche convinto, ma a me suo padre pare tanto un Casanova.
Mamma sceglie quel momento per chiudere la porta in faccia al maresciallo, continuando a borbottare.
Marco rientra qualche minuto dopo, informandomi di aver incontrato un Cecchini molto abbattuto all’ingresso del nostro palazzo, che nemmeno lo ha salutato.
Gli spiego cosa è successo, e lui è più sconcertato di me.
Mah!
 
Marco’s pov
 
Quando Anna mi racconta quanto è accaduto poco fa, decido che devo necessariamente parlare con mio padre, anche se avrei preferito evitare ogni forma di dialogo con lui, sperando che il mio silenzio sarebbe bastato a fargli capire che non era il benvenuto, qui a Spoleto. Ma adesso sta tentando di rovinare la vita delle persone a cui tengo di più, dopo la mia fidanzata, e non posso permetterglielo.
Comunque sia, prima dobbiamo occuparci di lavoro. Fermiamo il ginecologo perché la sua posizione si aggrava, e lo informo anche che ho trovato un giudice abbastanza folle da disporre il test del DNA che lui aveva rifiutato di fare. Il suo avvocato è costretto a lasciarci fare.
Marco 1 - avvocato 0. Vai così!
 
Sono le 22 quando finalmente riesco a raggiungere mio padre in hotel.
Ho deciso di approfittare della passeggiata serale di Patatino e del fatto che Anna abbia preferito non venire, per andargli a parlare senza che lei lo venisse a sapere.
Ho capito che ha iniziato a sospettare che le mie rassicurazioni circa il comportamento di mio padre non fossero del tutto sincere, ma se posso, voglio ancora evitare di raccontarle che tipo è davvero lui.
Quando busso alla porta, lo sento da fuori che borbotta mentre guarda un programma di Vespa e commenta di come gli ascolti sarebbero maggiori se lui fosse ospite.
Mi fa entrare, ma rifiuto i convenevoli, lasciando entrare Patatino che si accomoda poco distante da noi, per poi andare dritto al punto per cui sono venuto.
“Perché ti sei messo in mezzo tra il maresciallo ed Elisa?” gli chiedo senza giri di parole, ma lui mi guarda un attimo prima di tornare alla tv.
Il suo comportamento mi innervosisce, così spengo quel dannato aggeggio e ripeto la domanda.
“Perché?”
“Ma è il maresciallo che non riesce a controllare i suoi istinti primordiali!” mi risponde lui con un tono evasivo. “E poi tra me e Elisa cosa c’è, alla fine... è un gioco!”
Eccolo, il punto in cui sapevo avrei sbroccato.
“Un gioco...? Per te è sempre un gioco.” replico, la rabbia che aumenta.
Non è cambiato nemmeno un po’. Per lui è tutto un gioco, sempre, non pensa mai alle conseguenze di quello che fa.
“Guarda che fra me e te, il genitore sono io... sono io che eventualmente dovrei esercitare la funzione del super io-” prova, ma io non ci casco.
“Non fare i giochi psicologici, tanto io il libro non te lo compro. Tu vuoi fare il padre? Non ci sei mai stato, per i miei momenti importanti! All’invito per le nozze con Federica non hai mai risposto, e se quantomeno ti sei degnato di farlo per il mio matrimonio con Anna, probabilmente non ti saresti presentato lo stesso, se non fosse saltato!”
“Ma se a quello con Federica non ti sei presentato nemmeno tu che eri lo sposo, e con Anna è saltato perché aveva preferito il Pakistan a te!” ha il coraggio di ribattere, e non so nemmeno io come faccio a trattenermi dall’insultarlo davvero.
Penso però la mia faccia dica tutto, perché lui mi chiede scusa in modo più convinto.
È una cattiveria gratuita. Non ha idea nemmeno di quello che dice, di cosa significhi.
Finisce sempre così, con lui.
“E allora perché ti sei presentato adesso, a Spoleto, visto quello che pensi di me? Voglio saperlo, dimmi perché!” gli domando, la voce che si alza.
Lui non riesce nemmeno a darmi una risposta.  
“Perché a te non te ne frega niente di nessuno. Come al solito arrivi, non dici niente, giochi, poi mandi a puttane la vita di qualcuno, o di qualcuna, perché a te veramente te ne frega solo di te stesso. Come sempre.” gli dico infine, con un tono pieno di disprezzo.
Se c’è una cosa che ho sempre voluto, era proprio non diventare mai come lui.
E sono felice di non essere incappato nello stesso errore, ma il suo comportamento non fa meno male, per questo.
Tutto l’odio accumulato dentro di me in questi anni esplode in quelle parole che gli ho appena detto.
Perché non c’era mai, non c’è mai stato.
La sua mancanza. La sua presenza vuota.
Perché anche quando c’era, era come se non ci fosse, o sarebbe stato meglio se fosse stato assente.
Come ho detto ad Anna, in casi come il mio, meglio non averlo proprio, un padre.
“Se questa è la situazione, allora forse è meglio che io non stia più qui.” dice soltanto lui.
“Mh, forse era meglio proprio se non venivi, sai?” replico invece io, afferrando il guinzaglio di Patatino, per andarmene senza aggiungere altro.
Mi sono tolto un peso enorme dalle spalle, anche se mi è costato moltissimo.
Sento gli occhi velarsi, anche se non vorrei.
Come ogni volta, la rabbia diventa sofferenza.
Che non c’è modo di lenire.
 
Anna’s pov
 
Ieri sera, quando Marco è rientrato dalla passeggiata post-cena con Patatino, era terribilmente scosso.
Avevo provato a chiedergli cosa avesse, senza successo, e per di più ero stata costretta a lasciarlo da solo perché mi era arrivata una chiamata per un’aggressione ai danni di Rik, il figlio dell’avvocato del ginecologo.
Al mio ritorno dopo il breve sopralluogo, Marco dormiva già. Magari era solo stanco, perché stamattina apparentemente andava tutto bene.
La mattinata è trascorsa tranquilla, non abbiamo avuto novità in merito ai due casi che stiamo affrontando, e sto per rientrare in caserma dopo aver preso un tè al bar con mia madre, quando vedo la piccola Ines chiamare il mio nome, mentre tenta di trascinare con sé Sergio, alquanto riluttante ad assecondarla.
Lei lascia la sua mano, correndomi incontro e, per quanto preferirei non parlare con lui adesso, alla bimba non so resistere.
“Ciao!” la saluto, abbassandomi al suo livello per abbracciarla.
“Io e papà stiamo andando a nuoto! Tu non vieni? Dai, vieni, vieni!” mi prega, ma io sono costretta a rifiutare, sia perché sono ancora di turno, ma anche perché non sarebbe una buona idea.
“Non posso venire... devo lavorare!” le rispondo, e non sono mai stata così contenta di avere una scusa reale per declinare un invito, seppur a malincuore.
“Uffa, ma tu lavori sempre!” dice, imbronciata.
Sergio, che fino ad ora era rimasto impassibile di fronte alla scena, cerca di richiamare l’attenzione di Ines per andar via, ma proprio in quel momento lei torna a distrarsi.
“Marco!!” esclama, felice, sciogliendo l’abbraccio con me per correre da lui, appena arrivato, che la solleva da terra con altrettanto entusiasmo.
Non mi stupisce, che entrambi siano così euforici di rivedersi: negli ultimi giorni, Marco è stato più impegnato del solito, e sono passata io dalla canonica per avere novità.
Approfittando della loro distrazione, Sergio mi si avvicina.
“Senti, mi dispiace per quello che è successo al motodromo,” mormora, tenendosi comunque a distanza, “non avrei dovuto. È stato un gesto irrispettoso da parte mia, ti chiedo scusa.”
Sinceramente mi sembrano parole di circostanza e non reale pentimento, e che ha preso male il mio rifiuto, ma cosa si aspettava? Che cadessi ai suoi piedi?
Sono felicemente fidanzata con un uomo meraviglioso, dal quale aspetto anche un figlio, e sicuramente non sarà il primo tizio che passa per strada a far vacillare i miei sentimenti per Marco e incrinare l’amore che ci lega. Né ora, né ci sarebbe riuscito mesi fa, quando sembrava essere finito tutto tra noi.
Faccio comunque finta di credergli, accettando le scuse.
Lui allora richiama Ines, evidentemente geloso di quell’affetto che la piccola sta mostrando nei confronti del suo tutore.
Colgo la promessa di Marco di accompagnarla a trovare la nonna, e anche il maialino Jimi non appena avrà un attimo di tempo, e la cosa mi fa sorridere.
Ines corre poi da suo padre, salutandoci con la manina prima di avviarsi con lui in direzione della piscina.
“Ehi, tutto bene?” mi chiede Marco, avvicinandosi. “Ho visto che hai parlato appena con Sergio, contrariamente al solito non sembrava in vena di fare conversazione...”
Cerco di sminuire il tutto, e per mia fortuna arriva Barba che ci informa su alcune novità.
 
Rik si è svegliato, e ha detto che ad aggredirlo è stato Jordi, il ragazzo di Sofia.
Lo abbiamo interrogato, e lui continua a dire di essere innocente, ma sfortunatamente per lui tutte le prove sono a suo sfavore, e Marco è costretto a disporre il fermo.
Lo stanno portando via, e mentre Natalina inveisce contro il mio fidanzato e Cecchini, io scendo appena in tempo per riportare l’ordine e sedare le sue urla.
La perpetua va via infuriata, e dico a Marco e al maresciallo di aspettarmi di sopra.
Mi avvicino a Sofia e Alice, chiedendo a quest’ultima se può lasciarmi da sola con la Gagliardi. Lei annuisce, allontanandosi.
Sofia non sembra bendisposta, e inizialmente si rifiuta di ascoltarmi.
“Anch’io credo che Jordi sia innocente, davvero, e farò di tutto per scoprire la verità, anche se al momento siamo stati costretti a disporre il fermo. E so benissimo come ti senti, perché il tuo ragazzo è appena stato accusato di qualcosa che sono certa non abbia commesso.”
“Non lo sai, come mi sento, non è vero.” ribatte lei, cocciuta.
“Ti assicuro di sì, e per più di un motivo. È come se fossi tra due fuochi, no? Sei sicura dei tuoi sentimenti, ma non riesci a non essere a disagio. Come se questa situazione fosse colpa tua.”
Sofia mi rivolge uno sguardo stupito, che mi fa capire di aver colto nel segno.
La abbraccio.
“Non preoccuparti... Non devi sentirti in colpa. Amare non è mai una colpa. Mai. Bisogna solo avere fiducia.”
Lei annuisce, ringraziandomi con un sorriso.
Ci salutiamo, e io torno in caserma.
 
Cecchini’s pov
 
È sera.
Sto rientrando a casa dopo una giornata lunghissima, strapiena di telefonate di Elena Sofia Ricci che mi cerca mille cose e parla, parla, parla che non finisce più. Mi sono inventato una scusa per interrompere la chiamata in corso, quando dall’appartamento di Anna esce Elisa, che probabilmente era venuta a trovare la figlia.
La Capitana infatti se n’è andata un paio d’ore prima perché non si sentiva tanto bene, anche se niente di grave, per fortuna.
Elisa non perde tempo per commentare sulla mia presunta amicizia con l’attrice, e ne nasce un battibecco come al solito vinto da lei, che va via.
Questa cosa mi intristisce, perché lo facciamo solo per gelosia e orgoglio, nessuno dei due vuole ammettere di stare sbagliando e risolvere.
Decido quindi di non mollare col mio piano G, rientrando in casa: devo farmi una foto con Elena Sofia Ricci, così almeno mi crede, quando le dico che la conosco veramente.
 
La mattina dopo, ci provo in tutti i modi, ma quando finalmente riesco a scattare la foto, Elena Sofia cade sulla gamba già infortunata, e mi spedisce a prenderle del ghiaccio, ma in corridoio, ovviamente, incontro Elisa in compagnia di Eugenio.
Oltre al galà, scopro che stanno pure organizzando un viaggio insieme! Nardi l’ha invitata a Roma, ad assistere a una puntata di Porta a Porta il prossimo mercoledì, in cui lui sarà ospite d’onore.
Pure il viaggio ci mancava, l’hobby preferito di Elisa! Ma non resterò di certo impassibile davanti a questa cosa.
Gli mostro la foto con la Ricci, solo per scoprire che nell’immagine mi vedo solo io, perché lei è caduta nel momento sbagliato!
Eugenio non perde l’occasione per provocarmi, e mi dice di farmi accompagnare dall’attrice al galà.
Sono nei guai!
 
Marco’s pov
 
“Non sono convinta che sia stato Jordi ad aggredire quel ragazzo; hanno litigato, com’è possibile che non ha segni sul volto?”
Io e Anna siamo in ufficio. Lei ha molte perplessità sull’aggressione di Rik, ci sono troppe cose che non le quadrano, e mi sta illustrando infatti ciò che non le sembra pertinente.
La sua meticolosità non mi sorprende più da anni, in fondo la vediamo allo stesso modo, seppur con approcci diversi. Anche stavolta, nemmeno io credo sia stato Jordi, anche se la lite in un certo senso potrebbe esserci stata, per via di Sofia.
Comunque sia, la storia è strana, e ne stiamo proprio discutendo quando Anna, di punto in bianco, cambia argomento.
“Tuo padre ha invitato mia madre ad andare a ‘Porta a porta’...” mi dice. “Tu lo sapevi?”
Ma quindi mio padre il mio discorso non l’ha manco ascoltato?!
Ti stupisci? Quando mai ti ha dato retta...
Alzo gli occhi al cielo, maledicendolo mentalmente, e mi siedo sul divanetto.
Deciso a fare una cosa che non avrei mai pensato di fare, neppure con Anna: condividere con lei i ricordi più dolorosi della mia vita.
Che?! Ma sei proprio sicuro?
Anna sembra infastidita.
“Senti, te lo posso dire, sinceramente? Non ti offendere, ma tuo padre è veramente un grandissimo cafone.”
“No, no, è più di questo, è un grandissimo... al cubo, proprio...” commento, implicando che sia stata anche troppo gentile. “E lo è sempre stato, così. Posso dirti...? È per questo che non ho detto la verità su noi due, del perché non ci siam sposati...” mormoro, e lei mi rivolge uno sguardo confuso, senza riuscire a mettere insieme i pezzi. In fondo, sono giorni che le dico di non preoccuparsi, mentre le ho praticamente rivelato adesso di averle mentito.
“Non ho capito, perché?”
Sospiro, prima di aprire per lei un cassetto della mia memoria.
“Mio padre non è mai stato solo una delusione perché non si presentava agli eventi per me importanti, come le partite di calcio o il mio compleanno... è sempre stato una figura ben peggiore di quella che mi ero costruito in testa, pur odiandolo già...” mormoro. “Mia madre metteva a posto gli indumenti di papà, ogni tanto vedevo che piangeva, e io ero piccolo e dicevo, ‘Perché, mamma, perché piangi?’. E allora lei si metteva a sorridere e diceva, ‘Eh, perché sono allergica al cotone delle camicie’... Crescendo poi ho capito che non era allergica al cotone delle camicie... ma al rossetto che ci trovava sopra.” le spiego, lasciando intendere benissimo il problema. “E dopo che la mamma è morta, io gliel’ho sempre rinfacciato, a mio papà, gli ho detto ‘è colpa tua, che l’hai fatta soffrire ogni volta che la tradivi’. Ed è per questo che non gli ho detto niente, di quello che è successo davvero. Perché non volevo riaprire l’argomento che più ci ha portati ad odiarci... il tradimento.” Ammetto. “Io non ho commesso lo stesso errore, per fortuna, ma il solo pensiero, in quei giorni, di poter essere diventato come lui mi dilaniava più di quanto riesca a dire. Mi sono ripromesso che mai sarei stato come lui, che mai avrei tradito o fatto soffrire la donna che amo, e mi fa star male anche solo l’idea di averti provocato un dolore come quello, anche se minimo al confronto. Non passa istante in cui non cerchi un modo per farti cancellare quel ricordo, amandoti se possibile più di prima, e mostrandoti che posso migliorare.”
Anna, che fino a questo momento è rimasta in silenzio, cercando di trattenere - inutilmente - le lacrime di fronte alla mia confessione, mi si avvicina e, dopo essersi abbassata sulle ginocchia, mi prende per mano.
“Non devi rimproverarti per questo...” sussurra, “tu non sei come lui... non lo sei mai stato, e non lo sarai mai... io lo so.”
 
Nel pomeriggio, sono con Patatino a passeggio per le vie di Spoleto.
Non faccio che ripensare alla confessione di Marco, poche ore fa.
Nelle sue lacrime, nelle sue parole, non c’era solo la rabbia per suo padre e per il rischio di commettere lo stesso errore, ma anche la tristezza di aver chiuso completamente i rapporti con Eugenio dopo la morte di sua madre, l’odio come unico sentimento possibile, a impedire ogni tentativo di dialogo.
So che il mio fidanzato ripete continuamente che non vede l’ora suo padre vada via, ma ho capito che in realtà sperava ci fosse una motivazione diversa, alla base di questa sua visita.
Sta per diventare padre a sua volta, e pur non avendo avuto il modello ideale da cui imparare, più lo vedo interagire con i bimbi più ne rimango affascinata. L’istinto paterno è innato, in lui, ma nelle parole che non dice, nel suo sguardo, c’è racchiusa la voglia ardente di poterci riprovare, col suo. Anche se si è apparentemente arreso, il suo modo di manifestare il dolore rende lampante che vorrebbe tanto avere un’altra possibilità con lui.
E io sono convinta che potrebbero riuscirci, non solo per ricucire il loro rapporto, ma anche per il nostro bambino in arrivo.
Quel nipotino di cui Eugenio non sa ancora nulla.
 
Sto camminando completamente assorta nei miei pensieri, lasciando che sia Patatino a scegliere il percorso.
Il suo improvviso abbaiare mi ridesta, oltre ad aver fatto spaventare un uomo in uscita dalla farmacia, che si sta abbassando per recuperare le medicine, sfuggitegli di mano.
Lo precedo.
“Aspetti, aspetti che l’aiuto io... faccio io.”
“Grazie...”
Alzo gli occhi a quella voce: Eugenio.
Il mio sgomento non è dovuto solo al fatto che sia lui, la persona a cui il mio cane ha provocato uno spavento, ma per i farmaci che mi ritrovo in mano.
Tra le varie scatoline, c’è un barattolo di pillole che conosco molto bene, purtroppo.
“Il Triptorelin è una terapia antitumorale... Lei è...?” mormoro, con un nodo alla gola. Lui mi lancia una lunga occhiata, e temo di essere stata indiscreta. “Scusi, scusi, è che mia madre ha fatto un intervento qualche anno fa, e l’ha preso per...” biascico, sentendo lo stomaco sprofondare.
“Sì... Infatti mi hanno operato.” conferma lui in tono quasi disinteressato. “Alcuni medici hanno detto che non tornerà più, altri che potrebbe ripresentarsi, che si possono fare previsioni, non ne sono sicuri... Certo che prima di andarmene, avrei voluto recuperare uno straccio di rapporto con mio figlio... è per quello che sono tornato.” mi spiega infine, ammettendo la verità sul suo improvviso arrivo a Spoleto.
“E... che cosa aspetta, a dirglielo?” gli chiedo allora, ma dal suo sguardo capisco le sue intenzioni.
“... Non vuole dirglielo?” constato, sconvolta.
“I nostri rapporti sono troppo compromessi. Mio figlio mi odia, forse è questa l’unica cosa che ci lega.” dice soltanto, prima di salutarmi e andare via, lasciandomi da sola.
Per tutto il resto della passeggiata di Patatino, non faccio altro che ripensarci.
Il padre di Marco è malato, vorrebbe cercare di ricucire un minimo il loro legame, ma Marco lo odia, e lui non vuole rivelargli la verità sul suo stato di salute.
Ma io non posso lasciare che non si parlino! Eugenio non può arrendersi alla sua malattia, né al tentativo di ricucire il suo rapporto con il figlio. Perché certo, ha sbagliato, ha deluso Marco, ha ferito la moglie, ma almeno per una volta è riuscito a fare il passo più difficile: il primo.
Per questo meriterebbe una seconda possibilità.
Io ne ho date tante, a molte persone, a volte finendo per essere fraintesa. Ma Eugenio, se ottenesse un altro rifiuto, non potrebbe tornare alla vita di prima come se niente fosse, perché non sa quanta strada gli resta ancora da poter percorrere.
Io ho perso mio padre senza poter fare nulla per impedirlo, adesso non posso lasciare che a Marco succeda lo stesso. Non se posso evitarlo.
Voglio aiutare mio suocero, e c’è solo un modo.
Anche perché... merita di sapere che diventerà nonno. Potrebbe essere un motivo in più per convincere entrambi a ricominciare.
Solitamente non sono mai d’accordo, quando decidi di fare questi salti nel vuoto, ma stavolta è diverso. Hai ragione, vale la pena tentare.
 
Cecchini’s pov
 
Mancano pochi minuti alle 20 quando mi alzo dal tavolino del Tric Trac, dove stavo giocando a scacchi con Don Matteo, per prepararmi ad andare alla serata di gala organizzata da Elisa.
Lei, che casualmente sta passando proprio ora a braccetto di Eugi, uscendo dal bar dov’erano per un aperitivo.
Lui ne approfitta per ricordarmi che non vede l’ora di conoscere Elena Sofia Ricci, peccato solo che io non abbia idea di come convincerla, per non fare una figuraccia col mio rivale.
Prima, però, devo andare a riferire i miei pensieri alla Capitana - sì, i miei. Don Matteo, stranamente, non ci ha capito nulla stavolta.
La raggiungo nel suo ufficio vestito da pinguino. Questo look proprio non mi piace, ma me lo sono messo, ‘sto coso, solo per fare colpo su Elisa.
Spiego le mie idee ad Anna, che mi ascolta molto interessata, per poi chiedermi se sia davvero farina del mio sacco. Al mio ‘sì’, però, mi dice che lo sapeva già senza conferma, visto che sono sbagliate. Ha già scoperto che Maddalena non è la gemella di Alice, dobbiamo ricominciare da capo con le indagini.
Li lascio a lavorare mentre mi reco al galà, grazie alle ore libere che mi ero preso appositamente.
Sono le 21 all’incirca quando, nella stanza di Elena Sofia, riesco a convincerla a partecipare con me all’evento di sotto, pure se si lamenta perché è stato organizzato in contemporanea alla finale di Coppa Italia. Invento una scusa qualsiasi, sperando che non se ne accorge.
Lei però becca il mio tentativo di far ingelosire Elisa, e incredibilmente mi regge il gioco perché manco lei sopporta Nardi.
E riesco pure a far ingelosire Elisa! Sì, ho dovuto sopportare il contrattacco, ma sono comunque riuscito nel mio intento.
Poco dopo, acconsento alla proposta di Elena Sofia di tornare nella sua stanza per vederci la partita in santa pace.
Certo, il piano G lo ha vinto Elisa, almeno per questa sera. Sì, sono geloso, gelosissimo! Ma non mi arrendo.
Riavrò la mia Elisa.
 
Marco’s pov
 
È tarda sera.
Sono passate le 21, eppure io e Anna siamo ancora in caserma. Mi ha richiamato perché voleva parlare del caso, visti i dubbi che le aveva insinuato il maresciallo in giornata.
Finito l’aggiornamento, e dopo averle concesso quello che posso in quanto ad autorizzazioni, ce ne torniamo a casa, consapevoli che non riusciremmo a ottenere di più, a quest’ora.
 
Patatino ci accoglie festante. Cioè, più che felice di rivederci, credo sia sollevato perché finalmente potrà mangiare, e vista l’ora non ha tutti i torti.
Mentre io vado a recuperare i suoi croccantini, Anna, si sfila la giacca.
“Uffa, mi va sempre più stretta,” si lamenta con uno sbuffo.
Una volta sistemata la ciotola del cane, torno con la mia attenzione a lei, per accorgermi che sta accarezzando distrattamente i nastrini sulla stoffa nera, totalmente assorta.
Tra non molto dovrà riporre la sua divisa nell’armadio per diversi mesi, e so bene quanto le costi, anche se è per una buona causa.
Un’ottima causa, vorrai dire. E quel sorrisone che ti si è appena stampato in faccia lo so, a cosa è dovuto!
Appena qualche giorno fa, io e Anna siamo finalmente andati alla sua visita di controllo, e per la prima volta abbiamo sentito battere il cuore del nostro bambino.
È stato un momento incredibilmente emozionante. Non lo dimenticherò mai, ne sono certo. Mi commuovo ogni volta che ci ripenso.
Un tocco delicato sulla mia guancia mi riporta alla realtà.
Anna si è accorta che la stavo osservando, prima di distrarmi.
“Sei triste? Che non ti stia più?” le chiedo, esitante, alludendo alla sua uniforme.
“Un pochino... è strano, più che altro. Anche l’idea di dover andare a lavoro in abiti civili...” mi spiega, corrucciata. La divisa di un Carabiniere non può essere modificata, per cui non appena sarà troppo stretta, dovrà sostituirla con il suo guardaroba normale, finché sarà in servizio. “Ogni tanto mi sembra un problema dell’altro mondo, ma è solo un attimo, davvero. Sono più che felice di abbandonarla per un po’, per il bene della nostra creatura.”
Le do un bacio, prima di metterci a tavola per una cena tardiva.
Una volta terminato, ci rilassiamo qualche minuto sul divano, e tra una cosa e l’altra Anna mi racconta di come Chiara oggi l’abbia chiamata ben tre volte, visto che non può tornare spesso a Spoleto per via del suo lavoro, per aggiornarla sui nuovissimi acquisti per il/la nipote. Non sono riuscito a trattenere le risate di fronte all’esasperazione della mia fidanzata per l’entusiasmo eccessivo di sua sorella, soprattutto considerando che mancano ancora molti mesi alla nascita.
Le sto accarezzando lievemente il braccio nel tentativo di calmarla, quando lei sembra ricordarsi di qualcosa all’improvviso, mettendosi dritta e scostandosi appena dal mio abbraccio.
“Hai... pensato quando dire del bambino a tuo padre?” mi chiede, tesa.
Le rivolgo uno sguardo stranito, perché non avevo esattamente intenzione di farlo.
Lei mi lancia un’occhiataccia delle sue, e capisco di essere stato sgamato, perché in realtà vorrei dirglielo eccome, ma sono troppo orgoglioso per farlo. Alzo le mani in segno di resa.
“Più che altro perché, non è che possiamo nasconderglielo per sempre... Se dovesse tornare a trovarti, fra qualche mese, ormai sarà evidente, e non credo sarebbe giusto.” afferma, ragionevole. Io, però, scuoto la testa.
“Non penso di volerlo rivedere tanto presto.”
Anna cambia espressione, rabbuiandosi, come se avessi detto qualcosa che avrebbe preferito non sentire.
“Secondo te merita di saperlo? Visto come si comporta con me?” le domando, ma quello che mi dice subito dopo, arriva come una secchiata d’acqua gelida.
“Marco, tuo padre è stato operato per un tumore...” mi confessa con un filo di voce rotta.
“... cosa, scusa? Cosa?”
Sento crollarmi il mondo addosso.
Per un attimo, spero lei stia scherzando, ma mi accorgo che è serissima. Non mi chiedo nemmeno come faccia a saperlo, troppo sconvolto dalla notizia che mi ha appena dato.
“... è venuto qua per dirtelo... e per cercare di recuperare un rapporto con te.” continua lei, spiegandomi quello che papà non è riuscito a dirmi l’altra sera, quando gli ho chiesto perché fosse venuto a Spoleto.
E per quanto io mi ostini a negarlo, per quanto io voglia tenerlo lontano da me per tutto il male che a fatto a me e mia madre, non credo nemmeno io a quello che ho detto ad Anna qualche settimana fa. Aveva ragione lei, non è vero che preferirei non averlo.
E lei lo sa.
“Lo so che ti ha fatto tanto male... a te, a tua madre...” mormora, prendendomi per mano. Io le stringo istintivamente le dita, come se lei fosse l’ancora che mi impedisce di affondare, un faro che mi aiuta a non perdere l’orientamento in questa tempesta improvvisa. “... però è il tuo papà, e io lo so che te ne pentirai, se non cercherai in qualche modo... di dargli una possibilità. O di perdonarlo...”
Sapevo che lei avrebbe capito tutto, per quanto mi ostini a negare.
E io vorrei davvero provare a fidarmi di mio padre, perché come mi ha insegnato Anna, tutti meritano una seconda possibilità. Solo che lui ne ha combinate talmente tante da farmi credere che io gliene abbia date fin troppe, di occasioni.
Non so che fare.
“Lo so che non è facile...” continua lei con dolcezza. “Ma forse dirgli che avrà un nipotino potrebbe essere un buon punto di partenza, per ricominciare... Però la scelta sta a te, e non ti costringerei mai a fare una cosa che non vuoi, visto quello che hai dovuto passare... Però pensaci, almeno.”
Torna nella sua posizione precedente, con la testa appoggiata al mio petto, accoccolata tra le mie braccia. È intenta a giocherellare con la mia cravatta, che non mi sono ancora tolto, mentre io sono assorto nei miei pensieri.
Mi rendo conto che, ancora una volta, ha ragione lei. Mio padre ha commesso molti errori, ma il nostro rapporto logoro non può precludergli di sapere che diventerà nonno. E magari, con questa scusa, col nipote riuscirà ad essere una figura migliore, rispetto a ciò che è stato per me.
“Gli dirò del nostro bambino,” mormoro all’improvviso, ridestandola. “Non ti posso promettere che risolverò i miei problemi con lui, ma almeno con nostro figlio avrà la possibilità di comportarsi meglio.”
Capisco dalla sua espressione che Anna non è completamente soddisfatta dalla mia risposta, ma mi concede lo stesso un sorriso, felice per essere comunque riuscita a farmi ragionare.
“Qualsiasi passo avanti che farò con lui, sarà sempre e solo merito tuo,” confesso, allora, accarezzandole una guancia col dorso delle dita. “Tu sei la parte migliore di me, e senza di te non sarei mai diventato l’uomo che sono adesso.”
I suoi occhi si fanno lucidi - ultimamente è più emotiva del solito, e davvero non vorrei farla piangere, ma so che sono lacrime di commozione.
“Ti amo...” sussurra, prima di baciarmi.
La stringo tra le braccia, con più dolcezza possibile.
Stasera, più che mai, ho bisogno di sentirla vicina.
 
Sono le 9 del mattino quando busso alla porta della stanza d’hotel in cui alloggia mio padre.
Quando apre, noto immediatamente che sta preparando i bagagli per andar via. Probabilmente ha già intuito il motivo della mia visita, ma lascia che sia io a parlare.
“Perché non mi hai detto che... che eri malato?” gli chiedo, quando riesco a raccogliere abbastanza coraggio.
In realtà ero venuto solo per dirgli di suo nipote, eppure mi sono ritrovato a cambiare idea non appena ho messo piedi qui dentro.
L’hai sempre detto, no? Anna è la parte migliore di te, e lo è fino in fondo.
Non è mai stato facile intavolare una conversazione con lui senza che finisse in litigio, con me costretto a fare l’adulto e lui che sembrava un bambino.
E non è che io sia poi così maturo, o almeno non sempre.
Ma per quanto io faccia il bambinone in alcuni casi, per le cose importanti sono sempre stato anche fin troppo maturo, e stavolta vale la pena fare lo stesso.
“Non volevo crearti altri casini. Ne ho combinati già abbastanza.” dice semplicemente lui.
“E da quando in qua per te è una priorità preoccuparti per gli altri?”
“Hai ragione, touché... So che ti ho fatto del male, a te e alla mamma... Ma la vuoi sapere la verità?”
“Oh, sì... per una volta mi piacerebbe sentire il suono che ha.”
Mi fa cenno di sedermi sul divano accanto a lui, e comincia a parlare.
Per una volta, senza filtri o mezze frasi.
“Quando mi hanno operato, poco prima dell’anestesia, ho avuto paura. Ma non del fatto che questa malattia mi stava portando via la vita, o quello che mi restava, no... quella non era la parte peggiore. La cosa peggiore era che mi stava rubando... te. Sì, la possibilità di stare vicino a te, cercare di essere un padre migliore... Ecco.”
Non ho detto una parola durante il suo discorso, limitandomi ad ascoltare. Seguendo il consiglio di Anna di permettergli di spiegare senza attaccare.
Come ho già detto, è per merito suo se ho tirato giù quel muro tra noi.
Aveva ragione.
Anna ha sempre ragione.
Perché è vero che ho sofferto a lungo per colpa di mio padre, ma avrei continuato a farlo se non mi fossi presentato qui, stasera.
Negandomi l’opportunità di provare a recuperare uno straccio di rapporto con lui prima che fosse troppo tardi.
“Papà, ti prometto che nessuno te la porterà via, questa possibilità.” riesco a dirgli, prima che lui mi avvolga in un abbraccio che non sentivo da anni.
È come se fossi tornato di nuovo bambino. Una sensazione bellissima, che non ricordavo più, ma che mi mancava terribilmente, solo ora mi rendo conto di quanto.
E quel pianto che segue non è affatto di debolezza, non ci rende meno uomini.
 
Solo a questo punto rivelo a mio padre che, inizialmente, ero venuto per una ragione diversa.
“Pensavo fosse per via della malattia, perché Anna lo aveva scoperto,” dice, sorpreso.
“Non solo,” ammetto. “Anna è incinta. Aspettiamo un bambino.”
Dopo un attimo di smarrimento, mio padre mi rivolge uno sguardo indagatore.
“Quindi è per questo che siete tornati insieme, o...?”
“No. Stiamo insieme perché ci amiamo, perché ci completiamo, ed è la cosa più bella che la vita mi ha regalato finora. Questo bambino non era ancora nei nostri piani, è successo dopo, ma c’è, sta già crescendo e, insieme a lui, il nostro amore. E non c’è niente che vorrei più di questo.”
Mio padre abbassa la testa. “Mi dispiace, non volevo alludere a niente, ero solo stupito. E sono davvero, davvero felice per voi. Di vedere l’uomo che sei diventato, nonostante il pessimo esempio che io ti ho dato.”
Io gli stringo di nuovo la mano.
“Se vuoi, è il momento migliore per provare a lasciarci il passato alle spalle. Puoi... puoi provare ad essere innanzitutto un buon nonno, e il resto magari verrà da sé.”
Mio padre annuisce, commosso, prima di abbracciarmi ancora.
 
Anna’s pov
 
Sto scendendo le scale che portano alla caserma, quando incrocio Sara che esce dal Tric Trac.
Sono passate un paio di settimane dall’ultima volta in cui ci siamo viste.
Ci scambiamo un saluto affettuoso, poi le chiedo come mai fosse sparita così all’improvviso.
Prima che lei possa però rispondermi, ci raggiunge Marco, appena uscito dall’hotel qui accanto, in cui alloggia Eugenio.
Anche lui la saluta, stupito di vederla.
“Scusate se non mi sono più fatta sentire, ma avevo bisogno di un po’ di tempo per me stessa, per riflettere su quanto successo. Avevate ragione, prendermi qualche giorno per me mi è servito a schiarirmi le idee e capire che posso andare avanti senza il timore di sembrare più fragile se, di tanto in tanto, la mia ferita si noterà.”
Io e Marco non possiamo che essere felici, sembra davvero molto più rilassata di prima, più felice.
“Sono veramente contenta per te,” affermo con un sorriso. “E anche che tu sia tornata. Potrò sembrarti egoista, ma ho bisogno di qualcuno che tenga a bada l’entusiasmo di mia sorella...”
La mia battuta fa ridere entrambi, poi Sara ci propone una cena, non appena saremo un po’ più liberi, così da passare del tempo insieme senza per forza doverci occupare di lavoro. Accettiamo volentieri.
“Adesso scusate, ma queste settimane lontana dal tribunale hanno fatto accumulare sulla mia scrivania un’infinità di fascicoli.”
“Vuoi una mano?” le chiede Marco, ma lei rifiuta.
“No, grazie, non ce n’è bisogno. Avete già parecchio da fare per conto vostro con questo caso, da quello che ho sentito. Sono sicura che ne verrete a capo come sempre.”
Ci salutiamo, osservandola allontanarsi.
Torno con la mia attenzione a Marco.
“Hai parlato con tuo padre?” domando, dato che veniva dall’albergo.
Lui annuisce.
“Sì... ed è andata meglio del previsto. Certo, siamo solo all’inizio di questo percorso, ma... ci possiamo riuscire. Imparare a fare il nonno riavvicinerà anche noi, abbiamo ancora tempo per recuperare.”
Le sue parole mi fanno capire che non si è limitato a dirgli soltanto del nostro bambino, ma sono riusciti anche a mettere da parte, per quanto possibile, il passato, e tentare un primo passo verso la riappacificazione. Non potrei esserne più felice.
“È merito tuo,” aggiunge, “e so che te l’ho già detto, ma è vero. Tu sei la parte migliore di me. E, devo ammettere, sei proprio brava a ricongiungere genitori e figli, oserei dire ‘campionessa europea’!” scherza, ma io non riesco a ridere alla sua battuta come avrei fatto di solito, incupendomi.
Lui se ne accorge.
“Ehi, che c’è?”
Io esito, iniziando a litigare con la vocina nella mia testa.
Forse è il caso di dirglielo, non credi?
Potrebbe reagire male. Con suo padre va meglio, ma Sergio è un’altra storia.
Se lo scopre da solo, finirà peggio.
Sto per ribattere mentalmente quando, per una crudele coincidenza, dalla porta della canonica esce proprio Sergio.
Distolgo immediatamente lo sguardo, dopo che lui ci rivolge a mala pena un’occhiata, finendo però per peggiorare i sospetti di Marco.
“Non dirmi che c’entra quello lì con questo tuo atteggiamento strano!” insiste.
In effetti, non gli ho più parlato di lui e dei progressi con Ines, come facevo di solito. Era ovvio, che avrebbe finito per accorgersene.
Il mio fidanzato, di fronte al mio mutismo, si innervosisce ancora di più, tanto che mi ritrovo costretta a calmarlo.
“Marco, per favore... ti spiego tutto, ma tu mi devi promettere che non reagirai d’istinto.”
Esattamente le parole da NON dire a un Marco nervoso.
Infatti, lui intuisce subito che Sergio ha tentato quello che non doveva.
Cerco di trattenerlo afferrandogli le mani.
“Non è successo nulla, davvero! È morto tutto sul nascere, ho già messo le cose in chiaro con lui, non c’è bisogno che tu intervenga-”
“Non si doveva azzardare!” sbotta invece lui, ignorando la mia spiegazione.  
“Va bene, hai ragione, ma tu non devi fare colpi di test-”
Come non detto.
Ha già preso la moto.
 
Marco’s pov
 
Marco, ascoltala! Calmati un attimo!
No, grillo, non ascolto né te né Anna! Non mi fidavo di Sergio, e avevo ragione!
Che razza di persona è? Sa benissimo che Anna è fidanzata, incinta, e ci prova lo stesso! Ma è mai possibile che gli uomini pensino sempre che, quando una donna offre loro il suo aiuto, ci dev’essere necessariamente un interesse dietro? Ha deliberatamente frainteso il senso del mio starmene più defilato, facendo finta di non aver capito cosa può, o non può fare.
Ora glielo vado a spiegare per bene.
So che dovrei tentare di fermarti, ma... VAI, MARCO! Fagli vedere chi comanda!
Okay, mi calmo pure io.
Non mi perdo in convenevoli, quando arrivo al motodromo.
Ho tentato di sbollire un po’ la rabbia, ed è passata un’ora dalla conversazione con Anna, ma non ha avuto chissà quale effetto.
Per cui chiedo immediatamente di lui e mi indicano dov’è, e quando entro in garage non perdo tempo.
Afferro Sergio per la tuta da meccanico che ha addosso e lo sbatto con la schiena contro il muro qui accanto.
“Non ti devi mai più azzardare a provarci con Anna, hai capito?” sibilo, tenendolo saldamente incollato ai mattoni. Lui ha stampato in faccia quel dannato sorrisetto strafottente, ma se pensa che io stia scherzando, ha sbagliato tutto.
Mi avvicino ancora, fissandolo duramente negli occhi.
“Non ti conviene fare il furbo, ché il coltello dalla parte del manico ce l’ho sempre io. Potrò anche sembrarti innocuo, all’apparenza, ma ti assicuro che non vuoi conoscere il mio lato peggiore. Perché se hai questo lavoro, se puoi rivedere tua figlia, lo devi solo a me e ad Anna, e non mi ci vuole niente a toglierti tutto. E se già prima mi stavi poco simpatico, adesso quel poco di tolleranza è ai minimi storici. Fossi in te, ci penserei.”
Evidentemente il mio discorso lo convince, perché quel sorrisetto scivola presto dal suo volto.
Rilascio il tessuto, stropicciato per via della mia stretta.
“Se lo rifai, rimpiangerai la galera,” gli intimo, prima di voltargli le spalle e andare via, senza aspettare una sua risposta.
Beh, hai fatto centro! Il colorito cereo faceva da contrasto con i pneumatici. Carino, come effetto.
Abbassa la cresta, Coso.
 
Anna’s pov
 
Non sono riuscita a fermare Marco, è andato via furioso prima che potessi tentare altro.
Adesso speriamo che non ci chiamino per avvisare di un omicidio al motodromo.
Non scherziamo!
Piuttosto, ero rientrata da un’ora dalla caserma, e poco dopo Barba mi aveva comunicato di una strana coincidenza nelle carte relative alla tomba che portava il nome della vittima: risulta che l’avvocato del ginecologo, all’epoca, fosse il sindaco della città, ed è stato lui a falsificare gli atti.
Abbiamo il colpevole.
Sara è stata profetica.
Quando arriviamo dall’avvocato, troviamo ovviamente Don Matteo, e scopriamo che la vera colpevole è la madre di Rik, non il marito, sebbene quest’ultimo e l’avvocato dovranno comunque rispondere di altri reati.
Chiudiamo il caso nel primo pomeriggio con la consegna dei fascicoli al tribunale, di cui si occupa Marco.
Sì, nel frattempo è rientrato, dicendomi di non preoccuparmi, che Sergio è vivo e hanno ‘solo’ parlato.
 
Sono le 16 circa quando decido di portare Patatino a fare la sua passeggiata.
Sia io che Marco abbiamo preso il resto della giornata libera dopo la frenesia degli ultimi giorni.
A pranzo con noi c’era anche mia madre, che adesso è in soggiorno, intenta a chiacchierare con il mio fidanzato.
Ci metto un po’ a convincerli che posso andarci da sola, col cane, che non mi stancherò e che possono stare tranquilli.
Smetteranno mai di insistere, a tentare di tenerti sotto una campana di vetro?
In fondo sei solo incinta... una passeggiata non può che farti bene.
Esatto, solo che sono ancora a casa, perché il guinzaglio di Patatino si è rotto, e mi ricordo che io e Marco ne avevamo preso uno di riserva, che però non sto trovando.
Mi ricordo anche che lo aveva conservato lui ma, disordinato com’è, chissà dove lo avrà messo.
Continuo a frugare senza successo, così apro un’altra anta dell’armadio, e per poco non mi si ferma il cuore.
Mi porto le mani alla bocca: c’è un abito bianco che conosco molto bene, nella borsa arancione riposta qui dentro...
“... è il mio vestito da sposa!” mormoro, sconvolta. Lo tiro fuori, sfiorando la stoffa del corpetto, senza capire come ci sia finito qui dentro.
Sento una mano accarezzarmi la schiena, e una voce chiedermi se va tutto bene.
Mi volto, trovandomi Marco davanti che, non appena vede cosa ho scovato, fa una piccola risata.
“Non l’ho rubato, se è questo che stai pensando...” sdrammatizza. “Quell’abito mi è stato affidato da una fata madrina molto fashion che mi ha chiesto di conservarlo, convinta che la sua proprietaria sarebbe stata felice di riaverlo a tempo debito.”
Scoppio a ridere: non ci posso credere, Chiara lo ha dato a lui, quando le ho chiesto di disfarsene! Pensavo fosse ormai andato perduto, a chissà chi, e invece... Non mi importa se Marco ormai lo ha visto, sognavo di indossarlo per il nostro matrimonio, e così sarà...
O forse no.
“Che c’è?” mi domanda il mio fidanzato, quando nota la mia espressione farsi cupa.
“Niente... è solo che... Visto che abbiamo pensato di sposarci in autunno, non lo potrò più indossare,” mormoro, alludendo all’abito. “A quel punto avrò il pancione, mi andrà stretto.”
Marco mi solleva il mento con due dita, così che torni a guardarlo negli occhi.
“Non abbiamo stabilito una data precisa, in fondo... l’autunno non è tassativo.”
Sono confusa.
“No...?
“Pensavo che... potremmo posticipare il nostro matrimonio a marzo dell’anno prossimo. Così il nostro bimbo avrà già tre mesi, e tu potrai di nuovo mettere il tuo vestito. Dopotutto avremmo dovuto sposarci lo scorso marzo, no? Sarà un po’ come celebrare di nuovo tutto a distanza di un anno dal nostro ‘primo matrimonio’. Mi pare avessimo deciso di sposarci duemila volte!” afferma con un sorrisetto.
Ma quanto è scemo? E quanto ti ama?
Gli getto le braccia al collo, più felice che mai, prima di scambiarci un lungo bacio.
Molto lungo. Ti ricordo che tua madre è in soggiorno.
Bacio che, puntualmente, viene interrotto.
 
Marco’s pov
 
Ma è mai possibile che ogni volta che c’è un momento romantico, qualcuno si deve impicciare? Cos’è un complotto?
Visto quanto qualcuno a caso ami presentarsi nei momenti meno opportuni, mi stupisce ancora sapere che la tua fidanzata sia addirittura incinta.
Ci spostiamo in soggiorno, trovando Elisa che ci viene incontro, sussurrandoci di dire che non è qui.
Qualcuno continua a bussare alla porta, e presto si aggiunge una voce che minaccia di volerla sfondare se non apriamo: Cecchini, che afferma di sapere che Elisa è da noi. 
Scambio una rapida occhiata con Anna, e mentre lei raggiunge sua madre nel tentativo di farla uscire dalla stanza degli ospiti, io invito dentro il povero maresciallo, attendendo con lui, chiedendogli di avere pazienza.
La mia fidanzata, come previsto, convince mia suocera quantomeno ad ascoltare, così noi due ci spostiamo in cucina, in disparte, lasciando loro un po’ di privacy.
Elisa all’inizio non vuole saperne, ma Cecchini inizia a parlare con un tono di voce che non gli sentivamo usare da tempo.
“Io, quand’è morta mia moglie, ero arrabbiato con Dio, pensavo, ‘ma perché, perché proprio lei?’... Ho sofferto, ho sofferto tanto, poi col tempo è passato... grazie a te. E poi, grazie a quella cosa che mi ha detto Don Matteo, del contadino che coltiva le olive, ho capito che ho sbagliato. Sì, ho sbagliato a pensare che Dio fosse un ladro.” dice, col cuore in mano, con una dichiarazione in perfetto stile Cecchini. “La peggiore cosa non è se qualcuno ti porta via l’amore... è quando ce l’ha accanto, vicino... e lo butta via. Io non lo voglio, buttare... Elisa, io ti amo, non voglio perderti. E voglio cambiare. Ti lascerò tutti i tuoi spazi, voglio migliorare, mi vestirò elegante tutti i giorni, col frac... e poi pulisco per terra, lavo, stiro, lavo le tende, e cucino...”
Io sono ancora abbracciato alla mia fidanzata, con le mani sul pancino che ha iniziato a crescere, e mi viene da sorridere, tornando con l’attenzione su di lei.
Perché un discorso simile l’ho fatto anch’io ad Anna, molto tempo fa ormai.
Se due anni fa ci avessero detto che Cecchini avrebbe davvero trovato la forza di ricominciare, non ci avremmo mai creduto, eppure eccolo qua, a dichiararsi a una donna che è il suo opposto, ma che sta bene con lui proprio per questo.
Come me e Anna.
Mia suocera piange di gioia. “Tu ti fai servire a tavola, parli solo di calcio e sei anche geloso, ma sei l’unica persona al mondo che mi fa ridere... Ti amo anch’io, maresciallo.”
A queste parole, Anna ha fatto una piccola risata perché, come sua madre, anche lei ha elencato i miei difetti, quando mi ha confessato di amarmi, in quel messaggio.
Mentre i due biscottini si abbracciano e continuano a parlare sottovoce, noto la mia fidanzata asciugarsi le lacrime che continuano a rotolarle lungo le guance.
Lei si accorge del mio sguardo.
“... è colpa degli ormoni,” mormora, sulla difensiva, visto che ultimamente piange molto spesso.
Io ridacchio, beccandomi in risposta un buffetto sul braccio.
Aggiusto il tiro.
“Non ti devi giustificare. Il maresciallo e tua madre sono una bella coppia, e lui le ha fatto una dichiarazione bellissima, poco fa. Certo, non quanto le nostre, visto che io ho citato la mia ex e tu il mio pessimo brasato, però diciamo che poteva andare.” scherzo.
Anna si mette a ridere.
“Che scemo che sei...” mi dice, stringendomi le braccia attorno al busto.
Accenno ai biscottini.
“A vedere i loro passi avanti, finisce che si sposano prima di noi... Oppure potremmo organizzare un bel matrimonio a quattro, altro che Ghisoni!”
“Marco!” mi rimbecca Anna con la stessa espressione scandalizzata di mesi fa.
È pronta a continuare, quando ai nostri piedi giunge Patatino, scodinzolante e con tanto di guinzaglio in bocca, che ci osserva speranzoso di poter finalmente fare la sua passeggiata.
“Ho cercato quel guinzaglio per due ore... dove lo ha trovato?” mormora la mia fidanzata, perplessa.
Ci scambiamo uno sguardo confuso, prima di scoppiare a ridere.
Ma sì, accontentiamo il nostro cagnolone.
Adesso sì che va tutto bene.
 
 
 
Ciao!
Beh, stavolta io e Martina PRETENDIAMO i commenti.
Ve lo aspettavate, questo palo a Coso? Se n’era stato fin troppo tranquillo finora, non aveva capito tanto bene e c’è stato bisogno di rimetterlo in riga.
Marco ha fatto finalmente pace con suo padre, che ha saputo anche del nipotino in arrivo... chissà che non lo rivedremo ancora, hanno un rapporto da ricostruire!
Anna ha scoperto che il suo abito da sposa lo aveva Marco, e quel piccolo ostacolo della data l’abbiamo superato.
Abbiamo ancora tre episodi davanti, ma molto deve ancora succedere.
Secondo voi, come proseguirà la storia?
Vi ricordo che i PoV di Cecchini sono volutamente sgrammaticati (a scanso d’equivoci), e il dettaglio delle partite di campionato è gentilmente fornito da Martina (perché io e il calcio siamo come due rette parallele). Per amor della precisione, nel caso in cui aveste dei dubbi sulla linea temporale, siamo a fine maggio.
Ci vediamo il prossimo giovedì,
 
Mari
   
 
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