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Autore: sallythecountess    07/05/2020    1 recensioni
Mina è una donna bellissima, con un enorme passato oscuro alle spalle e molte cicatrici sul corpo e nell'anima. Non è mai stata amata, ma sempre e solo posseduta come un bell'oggetto di valore da sfoggiare in giro. Mille amanti, centinaia di regali preziosi, eppure nessuno si è mai preoccupato di fare la cosa più semplice, ossia regalarle un vero amore. Riuscirà a trovare la persona che sanerà le sue ferite?
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mìmi'
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Capitolo 36: Johanna Stevens
 “Allora, ricapitoliamo: le facciamo delle domande, ci facciamo mandare i documenti, investighiamo e solo dopo tutto questo decideremo se andare a Londra…”
Disse Mina rigidissima e lui annuì divertito, perché aveva appena finito di dirle esattamente le stesse parole, ma lei era completamente in tilt e gli faceva quasi tenerezza.
“…e non devo farmi abbindolare da informazioni che si trovano online o che potrebbero aver avuto da vecchie persone che mi conoscevano…” concluse Mina, parlando più a se stessa che a Juan.
“Ok, quindi lo faccio?” chiese Juan serio e Mina annuì e basta, stringendosi piccola piccola contro la sua spalla con il cuore in gola. Era sicura di poter contare su di lui, anche se ormai era l’uomo di un’altra.
“Dannazione!” pensò Juan, nel sentire quel piccolo corpo accanto al suo. Gli faceva sempre lo stesso effetto, quello di un uragano, e per quanto fosse arrabbiato e rancoroso, gli veniva solo voglia di stringerla quando lei si accoccolava così. Ma poi la persona all’altro capo del telefono rispose e lui tornò concentrato.
Johanna Stevens stava preparando la cena alle sue ragazze quella sera, ed era anche piuttosto rilassata. Aveva bevuto due bicchieri di vino e stava cucinando l’arrosto canticchiando, quando una telefonata la sconvolse. Non si aspettava una risposta da Mina, al massimo pensava che potesse scriverle il suo avvocato, per minacciarla. Ci sperava, ovvio, ma era sicura che la super modella non li avesse neanche letti i suoi messaggi. Rispose al telefono distrattamente, bevendo un goccio di Pinot nero, che le andò quasi totalmente di traverso: un uomo dalla voce estremamente calma e seria le disse che chiamava da parte della signorina Shatner, e chiese se fosse possibile vederla su skype.
“Immediatamente…” rispose estremamente turbata, e abbandonando completamente l’arrosto, si affrettò ad accendere il computer. Si sistemò un attimo, convinta di stare per vedere una grande star, ma rimase estremamente perplessa nel trovarsi davanti un bel pezzo di ragazzo che aveva tutta l’aria di essere un buttafuori.
“Sono nei guai? E’ il legale della signorina Shatner?” chiese nervosa, ma con un sorriso, e Juan serissimo rispose “ No, nessun legale” avrebbe voluto concludere con “grazie al cielo” perché non aveva proprio un buon rapporto con gli avvocati, ma non lo fece.
“sono…”
Ecco, dopo tre parole non sapeva già più che cosa dire. Come diavolo doveva qualificarsi? Il suo ex? Un amico? Il suo fotografo? Per questo nessuno lasciava mai parlare lui, perché non sapeva proprio esprimersi, ma Mina non era una donna comune e non poteva essere lei a parlare con quella donna. Così ci pensò e abbaiò serio “…sarò il vostro tramite per adesso. Mina è qui, ascolterà tutte le domande, ma preferisce non comparire” e involontariamente allungò la mano verso la sedia accanto a lui, che però non era inquadrata dalla webcam, e le mise una mano sulla spalla.
“Ascolterà tutte le sue risposte alle mie domande, e poi deciderà se intervenire o meno. Ovviamente non può usare la sua immagine senza consenso …” ringhiò Juan durissimo e Johanna annuì e disse un po’ imbarazzata “ Capito, chiaro. Però potrò fare anche io delle domande?”
Juan e Mina non avevano discusso di quel punto e lui la guardò perplesso, ma Mina annuì e basta. Aveva notato che c’erano delle somiglianze tra loro, che aveva esattamente la sua stessa vertigine nella parte posteriore della testa e che il colore dei suoi occhi era davvero molto simile al suo, e stava vivendo un conflitto interiore fortissimo. Continuava a ripetersi le parole di Juan come un mantra: non doveva illudersi o abbassare la guardia e non doveva farsi aspettative, ma tremava letteralmente per l’emozione. Si era sempre chiesta da chi avesse ereditato gli occhi, le labbra e quel suo strano neo sul collo, ma non era sicura di voler ascoltare quello che aveva da dire quella donna. Temeva di illudersi, ma allo stesso tempo moriva dalla voglia di sentirsi dire che quella creatura così bella e scapigliata fosse quell’amore che le era mancato per tutta la vita.
 Lei e Juan avevano passato del tempo ad appuntarsi tutte le domande da farle, e lui condusse l’interrogatorio con fare da perfetto detective dei film noir. Con una sigaretta tra le labbra interrogò Johanna con modi molto seri e formali. Johanna era agitatissima e si sentiva come se stesse facendo qualcosa di male, ma provò a non mostrare i suoi dubbi. Rispose a tutto, gli mostrò persino gli estremi dei suoi documenti e giurò di inviargli via mail il certificato di nascita della sua bambina. Era tesa come una corda di violino, ma Mina lo era di più, perché la storia che raccontò conteneva troppi dettagli familiari per la nostra modella.
 Parlò di tutto: della sua storia tormentata con un uomo di nome Salim, della relazione conflittuale tra loro, della sua gravidanza inattesa e della onnipresente famiglia di lui che pretendeva di gestire sempre tutto e di costringerla a tornare in Siria. I nomi dei genitori combaciavano, e anche i loro caratteri, ma non quello dell’uomo: il padre di Mina, infatti, si chiamava Ahmed e basta, non Salim Ahmed. E poi Johanna le mostrò altre foto e a Mina mancò l’aria, perché le parvero proprio i suoi odiati nonni.
“Salim, però, era un bastardo violento…” disse Johanna a un certo punto, facendo tremare sia Mina che Juan, che per un attimo pensò allo sguardo atterrito di Mina mentre lui strangolava quasi Pablo.
“…e dopo essere stata appesa al muro e quasi strangolata, l’ho denunciato” concluse Johanna seria.
“bastardo…” commentò Mina seria, facendo sentire per la prima volta la sua voce. Non voleva intervenire, era contro tutto quello che lei e Juan avevano deciso, ma quel commento le era sfuggito.
 Juan e Johanna reagirono esattamente nello stesso modo a quelle parole: letteralmente sussultarono. Lui risentì nelle orecchie le parole crudeli di Mina di quella famosa notte in cui gli aveva voltato le spalle, e iniziò finalmente a capire. Non aveva compreso esattamente perché se ne fosse andata, ma dopo essersi interrogato a lungo, era giunto alla conclusione che si fosse offesa per essere stata ignorata e involontariamente colpita e fosse andata via. Adesso, però, finalmente riusciva a mettere insieme i pezzi e la rabbia nei suoi confronti iniziava a scemare.
 Johanna, invece, si sentì malissimo. La voce di Mina era molto simile alla sua, e quella stupido sospetto ormai le pareva incredibilmente fondato. Quella donna poteva davvero essere sua figlia, e una parte di lei soffriva da impazzire all’idea che quell’uomo le avesse fatto del male.
“…Insomma anche questo Salim era un gran stronzo” concluse Mina, cercando di riportare la conversazione su altri argomenti e Johanna le sorrise.
“…era piuttosto incasinato, a dire il vero. Non aveva accettato subito Ahmina, e non aveva un forte rapporto con lei, ma ha temuto che con la denuncia volessi portargliela via, così l’ha rapita. Non penso che volesse farle male, perché probabilmente la amava, ma non in modo corretto…”
“Allora sicuramente non sono questa bambina…” concluse Mina seria, alzandosi e appoggiando le braccia sulle spalle di Juan, che rimase serissimo ma trasalì per quel gesto così affettuoso. Mina sbuffò e fissando Johanna dritto negli occhi sussurrò “mi dispiace Johanna, penso che tu sia una donna straordinaria e molto forte. Credo che Ahmina sia orgogliosa di quello che fai per lei, ma non credo di poter fare molto per aiutarti…”
Fu molto duro per Johanna sentire quelle parole, perché occhi negli occhi, aveva maturato la certezza che quella donna così dolce fosse proprio la sua Ahmina. Le somigliava tanto e aveva persino una voce simile alla sua, ma se voleva rifiutarla, doveva lasciarla andare senza chiederle nulla. In fondo a lei bastava che fosse viva e che stesse bene, non se l’era detto mille volte? Eppure era così difficile fare finta di niente, così con un groppo in gola sussurrò
“Senti Mina, io non lo so se davvero tu potresti essere mia figlia, o se è tutto uno stupido insieme di coincidenze. Se devo essere sincera, ormai sono un po’ di anni che temo che lei sia morta perchè tra la guerra, il padre pazzo e la nonna sadica, non mi aspetto che sia riuscita a sopravvivere perché era una creatura troppo piccola e indifesa. Ti ho scritto, ti ho raccontato questa storia, solo perché non volevo lasciare nessuna pista imbattuta, ma comprendo le tue perplessità e non ti chiedo assolutamente nulla.”
A quel punto Juan alzò gli occhi dal suo taccuino e decise di dover dire qualcosa, perché malgrado tutto quello che lui e Mina si erano detti, per lui era evidente che quelle due donne avevano davvero troppo in comune.
Provò a dire “Mì…” ma Johanna aggiunse piano “…Vorrei solo un favore da te, se posso osare. Mi piacerebbe molto che mi togliessi questo ultimo dubbio, regalandomi un tuo capello per il test del DNA. Non ti costringo a vedermi, può portarmelo questo signore o chiunque altro lavori per te. E non ti chiederò soldi o altro, sono disposta a metterlo per iscritto. Voglio solo…una risposta…” non riuscì a finire la frase, perché il groppo che aveva in gola non le permise di parlare per qualche minuto e ancora una volta Mina pensò che fosse una donna eccezionale.
 “tu che ne dici?” sussurrò piano all’orecchio di Juan, con una tenerezza immensa e Johanna finalmente capì chi diavolo fosse quell’uomo tra di loro, perché era evidente che fosse il suo compagno.
“Dico che non costa nulla fare il test. Che ci sono delle cose che non quadrano, ma molte altre combaciano. E soprattutto, penso che facendo il test entrambe vi liberereste di una tarlo che vi mangerebbe l’anima se lo lasciaste in sospeso…” rispose lui, afferrandole piano la mano. Non voleva dare a Mina false speranze, ma lui aveva il dubbio e aveva capito che lei stava facendo esattamente come aveva fatto con lui all’inizio: per paura di soffrire stava fuggendo.
“Sei appena diventato il mio migliore amico!”
Disse Johanna fin troppo entusiasta a Juan, ma Mina non le sembrava ancora convinta, così aggiunse “Solo un capello ragazza, nient’altro. Perché hai i miei stessi occhi e la mia stessa voce. Lo stesso neo sul collo e anche quella stupida vertigine nei capelli. E lo so che sembra poco, che sembra niente, ma quando hai passato diciotto anni a tormentarti al pensiero che tua figlia possa essere chissà dove, ti aggrappi a qualsiasi cosa. E capisco che tu voglia ignorarlo, perché magari hai la tua vita, ma mi somigli.”
Si sorrisero un attimo e persino Juan era quasi commosso. Pensava solo “dai ragazzina testarda, accetta!” ma non lo disse.
“Certo non mi somigli chissà quanto, perché tu sei di una bellezza vergognosa, ma qualcosina c’è…”aggiunse Johanna, nervosissima e poi continuò “…anche se hai un corpo mozzafiato, una pelle bellissima e dei denti assolutamente fantastici e questo dimostra che probabilmente tu non abbia niente a che vedere con me, perché sia io che le mie figlie abbiamo degli orrendi incisivi laterali piccoli come un chicco di riso e i tuoi invece…”
“…sono finti.”
Rispose Mina estremamente emozionata. Myles le aveva fatto sistemare i denti e qualcuno che conosceva quel dettaglio ovviamente c’era, ma erano le stesse persone che conoscevano la piccola Ahmina.
“Wow, te li hanno fatti benissimo…”
Concluse Johanna ridacchiando, per cercare di stemperare un po’ il clima, ma aveva le lacrime agli occhi. Sì, la questione dei denti era la prova definitiva che le serviva e il cuore le scoppiava al pensiero di stare parlando con la sua Ahmina.
  “E va bene, facciamolo…”
Sussurrò Mina piano, facendo sorridere Juan e letteralmente implodere il cuore di Johanna. “…sei incredibilmente generosa e gentile” sussurrò piano e poi aggiunse “se mia figlia fosse come te, potrei solo esserne contenta” facendo sorridere tristemente Mina.
Juan le disse che aveva bisogno di un po’ di tempo per organizzare il viaggio e Johanna impazzì quando capì che Mina sarebbe andata di persona.
“Mi serve tempo per fare delle ricerche su di lei…voglio essere sicuro che non sia una matta o una trappola…” le disse, interpretando lo sguardo confuso di Mina, ma poi aggiunse “…però la linea delle labbra è identica e beh…lo sai no?”
“Sì, lo so, certo…” sussurrò lei pianissimo e per un attimo rimasero in silenzio.
“Il nome di lui, però, non coincide…” le disse sovrappensiero, osservando i dati che gli aveva scritto Mina su un foglietto e lei annuì.
“…però se ha il doppio nome, potrebbe essere solo una sottigliezza. Poteva farsi chiamare Salim a Londra e Ahmed a New York…non mi sembra una cosa complessa. Potrei farlo anche io…”
Mina, non aveva molta voglia di parlare, così lo fissò con un’espressione da gatto curioso e lui trattenendo una risatina sussurrò “sì, quella fanatica di mia madre mi ha chiamato Juan Jesùs Vargas Jimenez… puoi ridere…”
Fu un attimo: lei sorrise e lui pensò che forse doveva provare a capire meglio cosa diavolo le fosse successo, così si avvicinò pianissimo e le mise una mano sulla guancia. Fu un attimo, si fissarono profondamente negli occhi ed entrambi sentirono che c’era ancora qualcosa tra loro, ma Mina si ritrasse confusa pensando al tradimento di Juan che era tornato con Beth. Gli disse in fretta che si era fatto tardi dunque doveva lasciarlo tornare a casa, e fece per andarsene quando lui le disse “Accendi il cellulare.” Facendola tremare.
“…così posso avvertirti quando ho notizie…” specificò seccato, perché come diavolo gli era venuto in mente di farsi rifiutare di nuovo? Ma lei annuì e basta e scomparve.
Juan contattò Carlos, che aveva contatti ovunque e gli presentò delle persone che per soldi potevano dirgli tutto quello che serviva in poche ore. Quella sera pensò a tante cose, si fece migliaia di domande e si disse che forse stava per scoprire qualcosa sulle centinaia di ferite di Mina, ma cercò di non pensarci più di tanto. Dodici ore dopo il bonifico, gli arrivò il fascicolo di Johanna Stevens, quello di Ahmed Salaah Rajmed e quello di Ahmina. Non aveva richiesto anche il suo, ma gli fu immediatamente chiaro che Carlos aveva pensato di fargli un regalo, ma si sbagliava.
Lesse quei documenti attentamente, sottolineò persino dei passaggi, e capì ogni cosa: le reazioni di Mina, i misteri del suo passato, i problemi che aveva con gli uomini e, soprattutto, la causa delle sue cicatrici. Le aveva imputate al suo periodo da spogliarellista, pensava fossero il frutto di qualche cliente troppo violento, ma ora aveva capito che proprio quelle ferite l’avevano spinta a fuggire di casa, e anche ad abbandonarlo poche settimane prima. Gli venne quasi da vomitare nel leggere quel fascicolo: Ahmed l’aveva mandata in ospedale per dieci volte, rompendole braccia, gambe, costole, labbra e persino la testa.  Lesse dell’ultima volta in cui Mina era finita in ospedale e sbuffò forte, realizzando esattamente cosa aveva spaventato quel piccolo e tormentato amore della sua vita. Si sentì un mostro allora, e fu letteralmente invaso dalla vergogna. Non si considerava un uomo violento, non lo era mai stato, ma sicuramente aveva difficoltà a gestire la rabbia, e lei evidentemente aveva troppe ferite per sopportare quello che aveva visto. Juan non aveva mai fatto del male ad un innocente, men che meno ad una donna, ma immaginò che lei avesse frainteso e che si fosse spaventata. Ora si sentiva enormemente in colpa con lei, ma anche stranamente responsabile: doveva occuparsi di lei e proteggerla perché lo aveva giurato e perché troppi uomini le avevano fatto del male.
“Ciao ragazzina…”
Le disse, con una voce tanto vellutata e profonda da sembrare una carezza e Mina per qualche minuto non seppe cosa dire.
“Stai bene? Hai mangiato?”aggiunse, cercando di sembrare sereno e lei ridacchiò pensando che fosse molto tenero.
“Ho bevuto e non poco…” rispose Mina ridendo e rimasero per qualche minuto a parlare di quanto avesse fatto bene, poi lui le disse solo “dai, tira fuori il jet privato, facciamo questa valigia e andiamo a conoscere Johanna…”
“Anche se sono sbronza?” rispose Mina allegra e lui bisbigliò “perché avevi intenzione di guidare? Ti faccio dormire durante il viaggio, così ti riprendi…” e lei tremò piano.
Si rividero in taxi, poche ore dopo e Mina letteralmente lo stritolò fortissimo perché si sentiva la donna più fortunata al mondo ad averlo vicino, e non si accorse subito dello sguardo triste che aveva lui.
 “grazie di essere con me…” bisbigliò  pianissimo appoggiata alla sua spalla e lui si sciolse, ma provò in ogni modo a non darlo a vedere.
“Vengo solo perché sono curioso di scoprire il finale della storia…” le disse, cercando di sembrare rilassato e divertente, ma senza riuscirci benissimo.
“grazie comunque” sussurrò con lo stesso tono che usava quando facevano l’amore, e Juan si sentì totalmente a soqquadro, ma le strinse solo la mano e sussurrò a sua volta “perché io?”
“Perché…sei l’unico che mi abbia mai…”
No, non poteva dire “amata” , era troppo difficile e poi lui neanche glielo aveva detto, quindi non poteva dirselo da sola. Ci pensò un attimo e poi farfugliò confusa “Non sapevo davvero cosa fare all’inizio, ma ero sicura che tu lo avresti saputo, invece. Ero spaventata, confusa e arrabbiata, ed ero sicura che tu mi avresti calmata.”
Bene, era ufficialmente la sua balia, fantastico. Così decise di cambiare argomento, ma Mina sussurrò “…insomma sei l’unico che si sia mai preso cura di me per davvero, l’unico con cui io mi sia realmente sentita protetta,e anche con Carlos, anche in mezzo ai malviventi ero sicura che tutto sarebbe andato bene perché c’era il mio supereroe a difendermi. Perciò… ho pensato che potessi farlo per l’ultima volta…”
Facendolo sbuffare non poco, prima di confessare “…e poi il nostro è un legame speciale, di quelli che difficilmente si spezzano. Almeno io lo vedo così…”
Juan annuì seccato e lei sorridendo aggiunse “…un legame di quelli da film, che resiste alle guerre e alle tempeste. Un legame in cui se uno è nei guai, sa per certo di poter contare sull’altro sempre, per quante cose brutte ci si possa fare, no Juanito?”
“…certo. Se l’altro rispondesse a telefono, però, sarebbe meglio…”concluse, cercando di annegare i suoi sentimenti in quel commento sarcastico, senza riuscirci benissimo e lei si accomodò placidamente sulla sua spalla come una bellissima gatta dispettosa e senza sapere bene perché iniziò ad accarezzargli i capelli.

Nota:
Buonasera cari lettori, perdonatemi per l'attesa. Allora che cosa pensate della storia di Johanna? Vi sembra plausibile? Sbagliano Juan e Mina ad andare a Londra? E riusciranno i nostri eroi a riappacificarsi, secondo voi? Fatemi sapere.
   
 
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