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Autore: LilithGrace    07/05/2020    1 recensioni
"Ci sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare".
(Oriana Fallaci)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dick Grayson, Jason Todd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera!
Questo capitolo è stato scritto a due mani con Longgriffiths che non smetterò mai di ringraziare sia per la disponibilità, sia per la pazienza e sia per aver dato un pizzico in più di follia alla mia storia.
Buona lettura!


***  

Trovare Harley Quinn non era un’impresa titanica, ma per potermi avvicinare a lei, dovevo essere convincente, avere con un obbiettivo che stuzzicasse il suo interesse e soprattutto una moneta di scambio che ne valesse la pena.
Soldi? No, sicuramente avrebbe chiesto una cifra oltre le mie possibilità… L’unica cosa che avrei potuto darle in cambio, era la famosa cartellina gialla datomi da Dick e Jonathan qualche tempo fa.
Di certo non potevo giocare a carte scoperte fin da subito, così decisi di prendere alla larga la mia richiesta… infin dei conti erano tutti collegati: Black Mask-Jason-Joker. 

Mi feci una bella doccia, indossai un tubino nero, tacchi a spillo e mi truccai con una sottile linea di eyeliner, mascara e rossetto rosso.
Mi ritrovai proiettata in una delle realtà più stravaganti di Gotham: uno dei bar più lussuosi della città frequentata da gente ricca, facoltosa e immischiata in affari sporchi. Mi mossi silenziosamente, cercando di carpire quante più informazioni: Jay era sulla bocca di tutti, stava eliminando qualsiasi spacciatore della zona, fino ad arrivare anche a quelli più importanti.

Adocchiai tra la folla una delle creature più belle che avessi visto in vita mia: bella, sensuale come non mai, pelle di porcellana e crini biondi tendenti al platino che ricadevano in morbidi boccoli sulla schiena, impreziositi per sei pollici dalle punte in su, da tinte per niente conformi a quella che era la normalità.
Feci un lungo respiro e mi avvicinai a lei, sicura di me: “Signorina Quinn? Potrei parlarle?”
Mi guardò dall’alto in basso, non ero un viso conosciuto in quegli ambienti. Cercai di non far trasparire esitazione: “E tu chi diamine sei?” La sirena smise di bere il suo whisky e raccolse la ciliegia all'interno del bicchiere dal picciolo, portandosela alla bocca mentre attendeva la mia risposta.
A casa avevo pensato ad alcuni scenari possibili e, fortunatamente, c’era anche questo. Infatti, ebbi la risposta pronta: “Qualcuno che sta per offrirle un lavoro che sicuramente non potrà rifiutare”.
“Senti senti… ”, il giullare alzò un sopracciglio sollevando un angolo delle labbra carnose e lucidate di magenta.

Mi guardò incuriosita con una evidente punta di divertimento e accettò di scambiare quattro chiacchiere con la sottoscritta.
Dopo essersi recata al bancone principale, la vidi sporgersi verso un uomo in cravatta e gilet preparava dei cocktail, e riferirgli poche sillabe, ci recammo in un privé, di quelli blindati e sorvegliati. Ciò che succedeva o si diceva tra quelle quattro mura, rimaneva lì.
Harley prese posto su un divanetto di fronte a me accavallando le gambe, senza curarsi della gonna che indossava, sollevata in quel gesto fin quasi a scoprire il colore della biancheria.
Aspettava che le parlassi.
“Vorrei chiederle di tenere d’occhio Black Mask. Sa, il suo giro mi disturba e non poco e conoscere le sue mosse mi aiuterebbe a salvaguardare la mia attività. Mi importa solo che ci sia discrezione e nessun omicidio, solo uno scambio di informazioni”.
Tirai fuori la famosa busta gialla la misi sul tavolo: “In cambio potrei dirle l’identità di Red Hood. Qui ci sono tutti i suoi dati e le prove del DNA.
Lei è al corrente che è il nuovo super criminale di Gotham, no? Vuole distruggere Black Mask togliendogli tutto, ma immagino sappia anche questo. Quindi se noi sapremo ciò che farà Black Mask, sapremo anche cosa potrebbe fare Red Hood. So come pensa e avremo alte possibilità di prevedere ogni sua mossa. Se fermeremo Black Mask, fermeremo anche Red Hood. Se riusciremo a mettere fuori dalla malavita di questa città entrambi, io sarei felice e lei diventerebbe la Regina indiscussa. Che ne dice?” Iniziò a ridere, una risata fredda e senza emozioni, afferrando la cartellina. La aprì senza esitazione, gettando uno sguardo a tutti i fogli del fascicolo prima di ridarmi attenzione.
“Non mi sembra che questo sia il tuo primo giorno a Gotham, non cercare di manipolarmi. Io sono già la regina, questa è una cosa che dovresti sapere tu. Ho smesso di chiedermi, perché generalmente quando sono donne ad ingaggiarmi, gli omicidi sono esclusi dall'accordo. Ma fammi capire come gira quella testolina.”
Harley mi rimise davanti la cartellina, sporgendosi verso di me come un leone in procinto di attacco:
“Mi stai consegnando l'identità di Red Hood chiedendomi di non uccidere lui, o ti riferisci agli spacciatori di Romy? Perché se sai come pensa uno di noi, o lo combatti o gli sei vicino, e se vuoi che questo super criminale, che potrebbe minacciare il mio stato di potere a lungo termine ne resti incolume, non vedo perché smascherarlo di fronte a me.”

La guardai dritta negli occhi e pregai alla mia testa di pensare il più velocemente possibile.
Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia, è una frase di Sun Tzu del libro ‘L’arte della guerra’. Se sa chi è Red Hood, sarà più facile per entrambe… Nessun’altro deve morire per mano sua. E con nessuno, intendo nessuno, dai pesci piccoli a quelli grandi.”
“Risparmiami queste stronzate da quarantenne sessualmente frustrata, che aspetta ancora nel miracolo di un mondo migliore per sviare l'attenzione da quanto faccia schifo la sua vita. E non parlare come se stessi dando lezioni del mestiere a me. Te lo dico ora e che sia l'ultima volta, che cosa sei venuta a fare?”
Feci una piccola pausa, dosando allora le parole da usare: “Con tutto il rispetto, signorina Quinn, il problema qui non sono io e non è neanche ciò che gira nella mia testa perché, le assicuro, ho solo buone intenzioni; il problema è ciò che c’è nella testa di Red Hood e, mi creda, non c’è nessuno a parte me che può saperlo. È un mistero anche per chi l’ha cresciuto e addestrato, è molto imprevedibile, instabile…è sociopatico e lei sa benissimo di cosa sto parlando. Lei è un ex psichiatra, giusto? Lei sa cosa comporta la sociopatia. Posso descriverle il suo modus operandi, so che armi usa e quale preferisce tra quelle che ha. Posso dirle altezza, peso, colore dei capelli, occhi, da chi e come è stato addestrato… posso dirle tutto su di lui, ma la prego, mi dia una mano e mettere fine a questa carneficina.”
Presi dalla mia borsa il tesserino di riconoscimento universitario e allungai verso la mia interlocutrice.
Lo sguardo di Harley era ora attento. Il viso si era rilassato così come il resto del corpo, mentre raccoglieva il tesserino analizzandolo, e spostando lo sguardo dall'oggetto a me.
“Facciamo così, mi psicanalizzi e verifichi lei stessa che non sto mentendo e che non sto cercando di manipolarla. Giocherò a carte scoperte: sono Grace Lilywhite, ho vent’anni e sono un’aspirante assistente sociale.”

“Vent'anni. Più o meno, l'età del criminale che ti sta dando rogne, eh? C'è un motivo particolare, come credono tutti sia stato per me o è solo volontà di ferro, per cui una ragazzina ha scelto di stare in mezzo a tossici e degrado? Perché sei presa da un'evidente sindrome da burnout. Tenti di addossare la colpa a Red Hood per la tua incapacità o fallimento anche temporaneo, nei confronti del lavoro che stai svolgendo. Hai tutte queste informazioni su di lui. Studiava con te ed è impazzito strada facendo e ti dà noia che invece di aiutarti, mandi a monte tutto? Perché mi sembra una questione più personale che professionale. Specie perché se fosse davvero per evitare la tomba ai tuoi assistiti non t'importerebbe della vita di uno per quella di mille, o non saresti venuta a delegare il compito a una terrorista.”

La sua sfacciataggine iniziava ad infastidirmi e il mio lato più sfrontato stava facendo a pugni col mio buon senso: “La ragione per cui ho scelto di stare in mezzo a tossici e degrado è perché credo fermamente che tutti meritino una seconda possibilità. La maggior parte dei miei assistiti sono adolescenti che riversano nella polverina magica tutte le loro frustrazioni e le colpe di chi non è stato in grado di apprezzarli.” Feci un respiro profondo: “Ha ragione, ho fallito, ma non con i miei ragazzi, ma con quello che era il mio fidanzatino al liceo. Non faceva uso di droghe, ma era una testa calda… mi ero addossata la colpa della sua morte perché involontariamente avevo assecondato il suo essere senza paura perché anche io ero così e non riuscendo a metabolizzare la sua morte come accidentale, ho preferito puntare il dito verso me stessa. Poi il mio senso di colpa è svanito perché in realtà la storia era ben più complessa di quel che potessi minimamente immaginare e la colpa di tutto era solo ed unicamente del Joker.”
Harley si bloccò per qualche secondo.
La sua mente mulinellò in un vortice di confusione fino a quando le sinapsi non collegarono.  Dopo pochi attimi, batté le palpebre e indurì la sua espressione riducendo gli occhi a fessure: "E tu ti presenti da Harley Quinn sostenendo che tutti meritino una seconda possibilità? Tesoro, non hai la minima idea di quanto altro hai da piangere. Joker ha spezzato parecchie anime, comprese quelle in corpi ancora vivi, ma se finisci laggiù è soltanto colpa tua."
Le parole vennero fuori dalle sue labbra come se stesse spuntando fiele. Comprendeva il suo stato, e fu navigando nei ricordi bui, che quasi si spense.

A quelle parole, il mio lato ‘Todd’ uscì fuori allo scoperto, non ne potevo più. Criminale o meno, mi aveva stancata. Sbattei entrambi i palmi sul tavolino e mi alzai chinandomi verso di lei: “Allora credo di non essermi espressa bene, caro arlecchino. Red Hood è Jason Todd, Robin 2.0, il piccolo pettirosso morto assassinato brutalmente dal Joker. Ora, per non si sa quale motivo, è tornato in vita e vuole uccidere colui che l’ha mandato all’altro mondo a soli quindici anni.”
Sentii le guance avvampare e il labbro tremare per il nervosismo: “Per quanto io detesti Joker per quello che gli ha fatto, non voglio che lui viva il resto dei suoi giorni con il vuoto che lascia la vendetta e non voglio diventi un mostro o almeno più di quanto non lo sia già.”
"Mia cara Grace. Se vuoi sostenere un discorso serio con me tesoro, tieni i nervi saldi o ti faccio ingoiare il tesserino, prima di tutto. Dimmi, hai mai tirato su una striscia di polvere bianca, o hai solo visto i tuoi assistiti con i disturbi post-traumatici della dipendenza?"
Harley alzo un sopracciglio in attesa.
Inspirai ed espirai più e più volte prima di sedermi nuovamente: “Ho solo visto i disturbi post-traumatici della dipendenza, mai vissuti. È una domanda pertinente?”
"Sì. La droga e gli omicidi ti danno la stessa sensazione di libertà, potenza, eccitazione. Quando l'effetto svanisce ti accorgi di non essere mai stato così bene, di volerne ancora, sempre più sangue. Un tossico non può fare a meno della droga per il suo corpo. Un uomo, non può liberarsi del desiderio di uccidere quando ha superato quella linea. A meno che non smetta da solo di volerlo. Mi hai rivelato la sua identità perché io lo protegga da Joker, e lo tenga allo stesso tempo lontano da lui. La droga, Black Mask, sono tutte stronzate, e anche il fatto che giocavi a carte scoperte, e che non cercavi di manipolarmi. Le hai scoperte adesso. Dammi un motivo, per il quale dovrei aiutarti, se mi hai presa per il culo, ed io lo farò senza volere niente che la vecchia identità del secondo Robin in cambio."
Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime calda e amare, probabilmente erano quelle che non ero mai riuscita a tirar fuori, quelle che avevo custodito più gelosamente di tutti da quel dì, quelle che avevano il sapore del mio dolore, della mia rabbia: “Avevo quindici anni quando se n’è andato ed io non ho mai superato la sua morte. Ho avuto strani pensieri per tutto questo tempo, dal volerlo raggiungere al volerlo riesumare per tenerlo sempre accanto a me. Non ho permesso a nessuno di aiutarmi perché credevo che fossi io la causa, che si fosse ritrovato in uno dei posti che frequentavamo di nascosto al momento sbagliato quindi mi son detta ‘diavolo Grace, potevi esserci anche tu con lui e invece hai preferito fare i compiti’. Volevo diventare un medico, ma ho rinunciato per aiutare chi, come lui, aveva la tendenza a cacciarsi sempre nei guai. Poi è tornato ed io non avevo idea che fosse lui inizialmente… anzi, fortuna era lui perché avevo fatto la stronzata di andare a chiedere ad un narcotrafficante di non spacciare ai ragazzini. Poi mi è stata data la cartellina che le ho consegnato ed è stato allora che ho scoperto anche della sua seconda vita e come fosse realmente morto… mi si sono riaperte tutte le ferite che pensavo di aver curato. Mi sono accorta di amarlo ancora e, a quanto pare, la cosa è ricambiata. Non so se il suo sia amore in senso stretto, ma so per certo che prova dell’affetto per me… Se dovesse far del male ancora, non sarei in grado di stargli accanto e a quel punto sarebbe stato meglio che fosse rimasto tre metri sottoterra. Ho scoperto cose sul suo conto che avrei preferito non sapere, ma continuo a ripetermi che non è poi così crudele… Non voglio che tu difenda Red Hood da Joker, ma vorrei che tu difendessi Joker da Red Hood, così da aiutarmi a poterlo amare senza remore perché, se dovesse arrivare a compiere la sua vendetta, non riuscirei a guardarlo con gli stessi occhi… sta avendo la sua seconda possibilità e non voglio che la sprechi.”
Harley ascoltò il suo monologo in religioso silenzio, guardando all'insù, e sbuffando sonoramente, per niente annoiata dalle parole udite.
  
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