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Autore: Dream89    08/05/2020    1 recensioni
Non è sempre facile essere dei ventenni, non si sa quello che potrebbe riservare il futuro e ci si sente sballottato dagli eventi. La vita è imprevedibile, certo, e niente è sotto controllo; ma fintanto che si è con le persone giuste, ce la si può fare.
Fanfiction au senza pretese, in cui i grandi eroi e le gentil dame sono stati trasformati in giovani studenti universitari alle prese con problematiche comuni, amicizie, amori e dissapori.
Coppie:Faramir/Eowyn; Arwen/Aragorn; più accenni di altre varie ed eventuali coppie.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eowyn, Faramir, Legolas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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A metà luglio Eomer aveva finito tutti gli esami che si era riproposto di dare per quella sessione estiva. Tuttavia, non appena aveva rimesso piede in casa dopo aver fatto l’ultimo esame, suo zio Theoden non aveva esitato un attimo a ricordargli che da quel momento, visto che le sue giornate sarebbero state libere da impegni universitari e studio, avrebbe dovuto lavorare al suo maneggio. A onor del vero bisogna dire che quello era un compito che il ragazzo svolgeva sempre volentieri, aveva imparato durante l’infanzia ad andare a cavallo e amava prendersi cura di quegli animali.

Lavorare al Rohan Ranch, così si chiamava il maneggio, a volte era stancante, c’erano sempre molti compiti da fare: strigliare i cavalli, nutrirli, programmare i corsi per principianti e avanzati; erano queste le sue principali mansioni. Theoden si occupava soprattutto della parte riguardante l’amministrazione. 

Lo zio aveva ereditato svariati anni addietro il maneggio da suo padre, il quale lo aveva avuto da suo nonno in precedenza, e da quel momento aveva cercato di amministrarlo al meglio. C’era stato solo un periodo particolarmente difficile per la loro famiglia quando, quattro anni prima, l’uomo si era affidato per la contabilità ad un consulente, tale Grima, un uomo dall’aspetto inquietante ed untuoso. Quest’ultimo aveva tessuto una rete di inganni e malizie attorno a Theoden, offuscandogli la mente con parole melliflue: il suo scopo era quello di fargli vendere le sue proprietà ad una nota azienda edilizia, la Saruman Costruzioni. L’infido uomo sarebbe riuscito nel suo intento se non fosse stato per l’aiuto provvidenziale di Gandalf, il quale aveva “conoscenze ai piani alti” che sorpresero Eomer non poco (dato che fino a quel momento lo aveva sempre e solo considerato come il suo anziano allenatore di pallacanestro). 

Dopo aver ripreso in mano i suoi affari, Theoden aveva fatto risorgere e rifiorire il suo maneggio, coinvolgendo maggiormente lui e la sorella nello svolgimento delle quotidiane incombenze.

Nella scuderia il caldo era davvero insopportabile, la fronte di Eomer era ricoperta di sudore. Cercò di sistemarsi i capelli lunghi in un codino, pensando che aveva urgentemente bisogno di una bibita ghiacciata. Il ragazzo uscì all’aperto e si portò una mano agli occhi per schermarli dal sole accecante, quel giorno l’afa era soffocante e non vedeva l’ora di finire i suoi compiti obbligatori per poi  poter andare a fare un escursione a cavallo per le campagne e i boschi vicini.

Si avvicinò a una fontana posizionata vicino alla stalla e mise la testa sotto il getto di acqua gelida trattenendo il respiro. Si risollevò velocemente spargendo goccioline ovunque e bagnandosi la maglietta. Rinfrescato, tornò dentro la scuderia finendo di mettere la paglia nei vari box. Dall’esterno sentì una voce che lo chiamava e dopo qualche attimo suo zio fece la sua comparsa attraverso la porta.

Con un’occhiata veloce l’uomo passò in rassegna tutto l’ambiente, valutando che ogni cosa fosse in ordine, annuì sodisfatto. Poi si rivolse al ragazzo, chiedendo se sapesse dove fosse la sorella e ricevendo risposta negativa.

“Non la vedo da stamattina, e non ci siamo lasciati nel migliore dei modi.” Disse Theoden,  una ruga di preoccupazione che gli solcava la fronte.

“Come mai? Avete litigato?” 

“Ti ricordi quando Eowyn faceva tutti quei lavoretti? Babysitter, ripetizioni, dogsitter e cose simili? Oggi ho finalmente scoperto il perché di tutti quegli sforzi.”

Eomer annuì, certo che lo ricordava! Tutto era cominciato dopo che Aragorn l’aveva rifiutata; aveva supposto che la ragazza avesse avuto bisogno di tenersi occupata per impedirsi di pensare troppo. Ma a quanto pare ora stava per essergli rivelata la vera ragione. Fece cenno allo zio di continuare.

“Stamattina mi ha fermato prima che venissi qui. E mi ha detto che aveva un’idea, un qualcosa che avrebbe voluto fare da diverso tempo. Sembrava incerta e non troppo propensa a rivelarmelo, nonostante fosse stata lei ad aver iniziato la conversazione. Dopo che l’ebbi incoraggiata, me lo disse. Voleva imparare a sparare. Mi assicurò che avrebbe coperto quasi interamente le spese dell’intero corso, ma che voleva la mia approvazione.”

Eomer sgranò gli occhi, e Theoden emise un sospiro.

“Te la imagini? Mia nipote, così esile, così fragile, con in mano un’arma! Perché non può essere come tutte le altre ragazze? Già quando era più giovane ti ha voluto imitare, iscrivendosi a karatè..”

“Kick-boxing- lo corresse il ragazzo- ma se ti ricordi Eowyn era portata.”

“Si certo. Tuttavia stamattina le ho risposto che io non avrei approvato, che il corso non le sarebbe servito nella vita, e che, se avesse voluto fare realmente qualcosa di utile, avrebbe dovuto muoversi a prendere la laurea e di rimanere al suo posto a curare la casa e ad aiutare qui.”

Eomer lanciò uno sguardo di rimprovero allo zio; nemmeno lui avrebbe approvato che la sorella frequentasse un corso di tiro a segno, ma credeva che, con quell’ultima affermazione, Theoden avesse urtato i sentimenti della ragazza. 

Assicurò allo zio che l’avrebbe chiamata per sapere dove fosse finita.

Dopo aver terminato i suoi compiti nella scuderia, Eomer controllò sul calendario dei corsi se gli toccassero delle lezioni pomeridiane o avesse invece il resto della giornata libero. Con infinito sollievo verificò che quel giorno nessun cliente aveva prenotato una lezione.

Andò quindi a prendere il suo cavallo, Firefoot; un magnifico esemplare dal lucido manto marrone. Era molto affezionato all’animale, gli si sarebbe spezzato il cuore se avesse dovuto lasciarlo. Gli mise sella e briglie e finalmente fu pronto. 

Mentre si dirigeva ad un’andatura sostenuta verso la campagna, il cuore di Eomer si alleggeriva. La vista dei prati sconfinati, il vento che gli sferzava il viso, lanciarsi al galoppo sfrenato; quelle erano le sue cose preferite, si sentiva libero come gli capitava poche volte da quando i suoi genitori erano morti. Era accaduto quando lui aveva dieci anni e sua sorella sei, da quel momento, sebbene fosse ancora solamente un bambino, si era sentito responsabile per Eowyn e aveva cercato di proteggerla da ogni cosa, ovviamente fallendo. Da quel momento lui era diventato grande e aveva sempre cercato di fare la cosa giusta. C’erano momenti in cui era stato sul punto di mollare, come, per esempio, qualche anno prima quando aveva tentato di far ragionare suo zio riguardo Grima, e quest’ultimo vendicandosi, l’aveva fatto licenziare. 

Le escursioni a cavallo erano il suo modo di ricaricarsi, di staccare la spina. Anche se, doveva ammettere a sé stesso, in quell’ultimo periodo c’era un nuovo elemento che era entrato nella sua vita e lo faceva sorridere più spesso: Lothiriel.

Quella ragazza era giunta letteralmente in maniera inaspettata e si era infilata nella sua routine  in punta di piedi; un caffè un giorno, una passeggiata un altro. Fino a che, durante l’ultimo mese, ella era diventata un’altra figura fissa della sua quotidianità.

La ragazza si era trasferita con la famiglia da una città lontana, era allegra e solare, ma anche seria all’occorrenza. Ad Eomer piaceva quando rideva; la sua risata era calda e sincera. Era innocente, quel genere di innocenza che si ha quando la vita non ti mette alla prova e, oltre al danno, ti fa anche la beffa.

Con quella ragazza si sentiva sereno, rilassato e la sua compagnia era un piacevole cambiamento rispetto quella degli amici. Una delle volte che si erano visti, ella gli aveva confessato che inizialmente era rimasta un po’ intimidita dal suo gruppo, li guardava con ammirazione. Erano giovani, di bell’aspetto e, la maggior parte di loro, benestanti; sembravano avere letteralmente ogni cosa che si potesse desiderare.

Quella volta Eomer aveva sospirato e distolto lo sguardo dal volto della ragazza.

“Non è tutto oro quello che brilla.” Aveva detto con un pizzico di amarezza, citando un verso di una poesia.

“Nè gli erranti sono perduti.”* Lothìriel completò la strofa con un sorriso. 

Eomer sorrise, sorpreso: non erano in molti a conoscere quella poesia.

Le aveva spiegato quindi, a grandi linee, il passato dei membri della compagnia e le difficoltà che avevano dovuto affrontare.

Le parlò anche della perdita dei propri genitori, del peso che spesso sentiva gravargli addosso; lei ascoltava in silenzio, con gli occhi lucidi e comprensivi, posando, ad un certo punto, la propria mano sulla sua.

La città ora era lontana alle sue spalle e la campagna si stendeva ora illimitata davanti a lui, i campi di grano erano lievemente ondulati dal vento, in lontananza poteva vedere le montagne che si ergevano fiere e scure; nell’aria si udiva solo il cinguettare degli uccellini e il frinire delle cicale, il telefono non prendeva più il segnale. Nessun rombo di motori e nessuna suoneria molesta. Fermò il cavallo e si prese un momento per chiudere gli occhi e ispirare a pieni polmoni, poi li riaprì e sorrise. In quel momento si sentì in pace e felice.

Gettando un occhiata distratta all’orologio da polso vide che si stava avvicinando in fretta l’ora in cui sarebbe dovuto rientrare al maneggio, così tornò sui suoi passi.

 

Sorpassando i cancelli vide una grande macchina parcheggiata appena oltre. Con suo stupore, dall’auto scesero Boromir e Faramir che stavano discutendo su qualcosa.

“Saremmo potuti morire!” Inveì il fratello minore contro l’altro.

“E’ successo? Mi pare di no; anzi, mi pare che sei più che in salute a giudicare da come stai rompendo!” Faramir stava per rispondere per le rime ma, quando notò Eomer avvicinarsi, si zittì.

 I due ragazzi non erano soli infatti, non appena aprirono le portiere posteriori, quattro bambini, che non potevano avere più di sette o otto anni, si catapultarono fuori ridendo e schiamazzando. 

Eomer si fermò e scese da cavallo agilmente, salutò gli amici e poi rivolse la sua attenzione ai bimbi.

“Bene! Chi abbiamo qui?” I piccoli cominciarono a parlare tutti assieme, Boromir riportò l’ordine nella combriccola dando a ciascuno uno piccolo scappellotto sulla testa, suscitando così le proteste di Faramir, il quale trovava i metodi educativi del fratello molto primitivi.

I bambini erano niente meno che Frodo, il suo inseparabile amico Sam, Merry (il quale era il più alto fra loro e andava molto fiero di ciò) e Pipino ( o ‘il piantagrane’, come lo definì Boromir).

“Siamo venuti per imparare a cavalcare!” Dichiarò gioiosamente Merry.

“E vogliamo i cavalli grandi! Loro ce l’hanno promesso.” Aggiunsero Frodo e Pipino.

“Bhe, io mi accontenterei anche di un pony.” Fece Sam, stringendosi umilmente nelle spalle.

Eomer si rivolse ai due fratelli chiedendo, incredulo, come fosse venuto loro in mente di garantire a quei bambini inesperti che sarebbero potuti salire su dei cavalli adulti.

“E’ stato LUI a fare tutto!- Si difese Faramir- e ha anche fatto salire i bambini in quattro sui sedili posteriori. Se ci avesse fermato la polizia, ci avrebbe fatto un mazzo così.”

Il fratello alzò gli occhi al cielo e fece una smorfia nella sua direzione, scimmiottandolo.

“Atteggiamento molto maturo per uno che ha quasi venticinque anni.” Commentò Faramir  seccato.

Eomer guidò tutti verso le scuderie e, dopo aver portato Firefoot nel suo box, andò a sellare due piccoli pony.

I bambini ovviamente si lamentarono della sua scelta (tranne Sam, il quale aveva raccolto una manciata di fieno e si era avvicinato agli animali per farglielo mangiare); intervenne quindi Boromir che cercò di calmarli. Il ragazzo confidò loro che i cavalli erano troppo stanchi per essere montati a quell’ora, mentre i pony erano più forti e robusti. Mentre raccontava quell’innocente bugia usò un tono saggio e autoritario e i piccoli sembrarono accettare quella spiegazione.

Tutti poi andarono nel recinto, Boromir ed Eomer aiutarono a salire Frodo e Sam sui pony e gli fecero fare un giro; nel frattempo Faramir controllava Pipino e Merry, affinché non rischiassero la vita mentre si arrampicavano su e giù dalle balle di fieno.

Eomer era stanco a causa delle fatiche della giornata eppure si impegnò affinché i bambini si divertissero. Quando fu il momento di far cambio e far salire Merry e Pipino, quest’ultimo si rifiutò di farsi prendere da lui. 

“Io voglio Faramir.” Dichiarò il piccino, fissandolo il ragazzo in questione con grandi occhi luccicanti.

“Pipino preferisce mio fratello a qualsiasi altra persona, ad esclusione di Merry.” Gli spiegò Boromir.

In quel momento arrivò Theoden, richiamato dalle risate e gli schiamazzi dei quattro bambini.

Quando salutò calorosamente i due amici del nipote, e si informò su come stessero andando i loro studi. Dopodiché si rivolse direttamente ad Eomer asserendo che era giunto il momento di far rientrare i pony e chiudere le stalle. Merry e Pipino furono fatti scendere dal dorso degli animali.

“Io sto tornando a casa per preparare qualcosa da mangiare.-aggiunse l’uomo- spero che Eowyn sia già tornata.”

“C’è Eowyn?” Intervenne il piccolo Merry, gli occhi che luccicavano di speranza e un gran sorriso sul volto. Quando ricevette una risposta negativa parve deprimersi un po’; gli altri bambini, saltellando, iniziarono a cantilenare: “ A Merry piace Eowyn! A Merry piace Eowyn!”

E quello, protestando a gran voce, prese a rincorrerli.

Boromir si avvicinò al fratello, e gli posò un braccio sulla spalla con fare malizioso.

“Bro, hai notato? Hai un rivale in amore.” 

“Boromir, sta’ zitto!” Sibilò Faramir nervosamente, controllando che Eomer non fosse nei paraggi per sentirli.

“Guarda che se non ti spicci a fare la prima mossa qualcuno arriverà e se la prenderà, così.” E schioccò le dita, come per chiarire meglio il concetto.

“Eowyn non è un premio da ‘prendere’. E se non chiudi la bocca, ti do una sprangata in testa.”

Per tutta risposta Boromir scoppiò a ridere.

“O, ancora peggio,-continuò il minore con un ghigno- dirò a tutti che hai pianto durante il finale di Titanic.”

Detto ciò si prese un momento per ammirare la reazione del fratello, il quale aveva improvvisamente smesso di ridere ed aveva assunto una malsana sfumatura grigiastra in volto; Faramir sapeva quanto lui tenesse alla propria immagine da ragazzo duro e impassibile.

“Non oseresti! O sì? Faramir, dove stai andando? Non puoi essere serio.. “

Il ragazzo aveva voltato le spalle al fratello, che continuava a balbettare frasi sconnesse, e si stava allontanando, un sorriso soddisfatto che gli aleggiava sul volto.

 

Eomer salutò i suoi amici con la mano mentre salivano tutti in macchina; si stava facendo buio e Boromir doveva riaccompagnare i bambini dalle rispettive famiglie.

Si diresse verso l’edificio con gli uffici, per recuperare i suoi effetti personali e poter concludere finalmente la giornata di lavoro.

Mentre guidava, rifletteva come avrebbe potuto passare la serata: magari dopo cena avrebbe potuto vedere un film oppure telefonare a Lothiriel, sorrise a quel pensiero.

Tutte le sue speranze di passare una serata tranquilla e confortevole vennero infrante non appena aprì la porta di casa.

Degli urli provenivano dalla cucina, rimase nel corridoio dell’ingresso, immobile, ad ascoltare; a quanto pareva la sorella e lo zio avevano ripreso la conversazione di quella mattina e i toni erano tutt’altro che amichevoli.

“NO! E questa è la fine della discussione!” Stava sbraitando Theoden.

Eomer sentì un rumore di sedie spostate, e la sorella che ribatteva furiosamente.

“Dimmi perché. Dammi una sola buona ragione e io la smetto. Ma la verità è che tu non hai una buona ragione.”

“Tu non puoi imparare a sparare! E’ pericoloso e inutile. Coraggio tesoro, usa quei soldi che hai risparmiato per qualche altra cosa.” Theoden aveva assunto un tono cordiale e ragionevole, un po’ come quello che si usa con un bambino capriccioso.

A quella frase la sorella rispose con un urlo frustrato; il ragazzo, che non si era mosso dal corridoio, poteva quasi immaginarsela: gli occhi fiammeggianti e furiosi, le guance arrossate e il respiro corto.

“Se fosse stato Eomer, non avresti reagito così.” Quella era una cosa vera, lo sapevano tutti e tre.

“Perché sarebbe stato diverso!” Proruppe l’uomo sbattendo una mano sul tavolo.

“Lo dici solo perché lui è un maschio! L’unico compito che mi hai dato è sempre stato quello di badare a questa casa. Non mi è stato dato nemmeno il permesso di scegliere di frequentare la facoltà a cui aspiravo! Voi, uomini grandi e grossi, potete fare ciò che volete, e a me cosa rimane? Aspettare il vostro ritorno tra queste quattro mura. E se un giorno voi non doveste più far ritorno, io potrei anche bruciare insieme alla casa, perché ormai gli uomini non ne hanno più bisogno. Ma io non sono una schiava, io rifiuto quest’idea!”** Le parole della ragazza furono accolte dal silenzio, ci fu poi un singhiozzo ed Eomer vide la sorella uscire a grandi passi dalla cucina mentre si asciugava una lacrima, quando lo vide si fermò un attimo e sembrò sul punto di voler dire qualcosa, ma poi voltò il capo e andò a chiudersi in camera sua.

Era uno spettacolo raro vedere Eowyn che piangeva; e il ragazzo sapeva che, quando ciò capitava, bisognava lasciarla da sola. Entrò quindi in cucina, e vide suo zio appoggiato con la schiena al ripiano dei fornelli che si massaggiava le tempie.

Quando lo vide sollevò il capo e sospirò.

“Hai sentito anche tu?” 

Il ragazzo annuì, non sapeva cosa dire.

“Sai, anni fa pensavo che quando si ribellava, o quando voleva imitarti, fosse solo un capriccio, una fase che sarebbe passata col tempo. Un po’ come la tua, quando volevi fondare una band e strimpellavi quel pianoforte.- rise, ma senza allegria- Non le sono stato accanto…non VI sono stato accanto, non come avrei dovuto.”

“Hai fatto del tuo meglio zio. Lo vedevo che non era facile nemmeno per te.” Gli strinse una spalla per confortarlo.

Cenarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

Una volta che si fu ritirato nella sua camera Eomer si buttò sul letto. La stanza era un caos: la scrivania era cosparsa di fogli, quaderni e libri; la sedia era ricolma di vestiti; la borsa da basket era gettata in un angolo; sul pavimento erano sparse alla rinfusa scarpe, calze, altri fogli e involucri di merendine. Pensò che, se la teoria che affermava che una stanza disordinata era lo specchio di una mente altrettanto sottosopra era veritiera, allora il suo animo doveva essere estremamente in confusione.

Sospirò e prese in mano il telefono: aveva bisogno di parlare con qualcuno.

Normalmente avrebbe chiamato Aragorn; il ragazzo infatti sapeva sempre cosa dire e cosa consigliare, tuttavia pensò che, in quell’occasione, l’amico non fosse la persona più adatta con cui confidarsi.

Col dito scorse la rubrica fino a fermarsi alla L. Sì, alla fine lei sarebbe stata la scelta giusta.

 


Note/precisazioni/ringraziamenti: 
Ciao a tutti, se siete arrivati fin qui, vi ringrazio molto.
Non so se sono soddisfatta al cento per cento di questo capitolo, ma a volte bisogna accontentarsi. Avrei voluto inserire anche Theodred, ma ho pensato che non avrebbe aggiunto niente di utile alla "trama" di questa storia.
Spero che abbiate comunque apprezzato il capitolo!

Alla prossima!

*Nel libro questi versi appartengono a una poesia scritta da Bilbo Beggins su Aragorn. 

**Dialogo ripreso e adattato avvenuto tre Eowyn e Aragorn ne Il ritorno del re.

   
 
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