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Autore: platinum_rail    08/05/2020    1 recensioni
Sono passati quattro mesi dalla fine della Guerra dei Titani.
Percy ed Annabeth salvano Piper, Leo e Jason al Grand Canyon, senza sapere che avrebbe significato l'inizio di una nuova guerra.
Percy scompare la notte successiva, ma quando mesi dopo arriva al Campo Giove non ha perso la memoria. Ha un passato diverso da quello che conosciamo, e dei poteri incredibilmente pericolosi.
(IN FASE DI RISCRITTURA)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Marchio di Atena

Annabeth era in piedi sul ponte della nave, con le braccia incrociate e lo sguardo di rassegnata sopportazione puntato sull’enorme scultura di pietra davanti a loro.
Jason lo aveva presentato come Terminus, il dio dei confini, il quale gli aveva sbarrato la strada strepitando istericamente. Annabeth si chiese per quanto ancora avrebbe continuato a strillare.
-Andatevene! – urlò il dio, agitando il busto privo di braccia e strabuzzando gli occhi di pietra.
Annabeth si voltò verso Jason col sopracciglio alzato.
Il figlio di Giove osservava l’enorme statua nervosamente, nonostante la postura fiera e il mantello viola che si gonfiava alle sue spalle.
-Terminus, sono miei amici, vogliamo solo… - provò a dire il ragazzo.
-Atterrare? Scordatelo, non lascerò mai che una nave da guerra tocchi il suolo della mia città, va contro ogni regola e buonsenso. – ribatté il dio. -Ti ricordavo più sveglio ragazzo. -
-Ma… - provò a ribattere Jason, ma Annabeth smise di ascoltarlo.
I suoi occhi d’acciaio si posarono sulla città sotto di loro, e lo vide.
Vide Percy camminare velocemente verso la piazza, lo sguardo puntato in alto sulla nave e un enorme sorriso a splendergli sul viso.
Annabeth sentì tutti i suoi muscoli rilassarsi mentre i suoi occhi si spalancavano e un sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
-E se scendessimo senza che la nave tocchi terra? – esclamò la ragazza con rinnovato entusiasmo, attirando gli occhi di pietra del dio su di lei.
-Cosa staresti suggerendo, ragazza? –
Annabeth sorrise gentilmente e con ammaliante accondiscendenza.
-Non vuole che vengano introdotte armi nella sua città. Allora la nave rimarrà sospesa qui, e scenderemo solamente noi. –
Il dio la guardò assottigliando gli occhi: -Una figlia di Atena…–
Annabeth ignorò volontariamente il tono sprezzante con cui Terminus parlò. Era così felice che nemmeno il suo orgoglio l’avrebbe distolta dal pensiero di Percy a solo una quindicina di metri sotto di loro.
-Dimenticando la sua immotivata scortesia, penso che la mia idea saprebbe accontentare tutti. Lei non avrebbe nessun’arma introdotta in città, e noi potremmo scendere per parlare con Reyna. – rispose Annabeth. -Veniamo in pace, e ci adatteremo alle sue regole, in rispetto per lei e per la sua città. –
Terminus era pronto a ribattere, ma Jason fece un passo avanti, portandosi al fianco della figlia di Atena.
-Annabeth ha ragione. Non farei mai nulla per minacciare la mia stessa casa. Giuro che non causeremo guai. – disse il ragazzo.
Annabeth mantenne lo sguardo regale sul dio.
Terminus lanciò un’occhiata alla ragazza, prima di raddrizzare la schiena scolpita nella pietra:
-Bene. In questo caso, la vostra nave rimarrà qui, e voi potrete scendere lasciando a bordo qualunque tipo di arma. Figlia di Atena, hai il permesso di scendere insieme ai tuoi compagni. Ma sappiate che basterà un solo passo falso per costringermi ad uccidervi. -
Annabeth ghignò, gli occhi nuovamente illuminati di pura gioia.
Quando scesero nel foro, Annabeth era in testa e si fermò ai margini meridionali, dove centinaia di semidei si radunarono intorno a loro.
La ragazza osservò con stupore i bambini che si sporgevano curiosi, gli anziani che li osservavano attenti e i ragazzi più giovani che si mantenevano in prima fila a proteggere le intere famiglie alle loro spalle.
Poi, davanti a loro, i semidei fecero largo ad una ragazza in armatura e mantello viola. Aveva uno sguardo solenne e severo, i capelli scuri, gli occhi nerissimi e le movenze di una vera comandante: Reyna.
Jason l’aveva descritta bene.
Il figlio di Giove, Leo e Piper fecero un passo avanti, disponendosi a ventaglio intorno ad Annabeth.
La figlia di Atena rivolse a loro un sorriso incoraggiante. Era felice di averli al suo fianco in quel momento.
Quando la ragazza ebbe Reyna di fronte le rivolse un piccolo sorriso, ma i suoi occhi grigi rimasero impenetrabili e duri come ferro.
-Ti ringrazio per averci permesso di atterrare. Io mi chiamo Annabeth. – si presentò la figlia di Atena, il mento alto e i capelli mossi dal vento caldo che le soffiava tra i ricci biondi.
Reyna le rivolse un sorriso di cortesia: -Siete i benvenuti. Io sono Reyna. – disse, prima di voltarsi verso Jason. Il suo sorriso rimase gentile e contenuto, ma erano i suoi occhi a brillare. -Bentornato a casa Jason. –
-Annabeth! -
Annabeth sentì chiamare il suo nome. Il suo sguardo saettò sulla folla.
Percy si fece indelicatamente strada tra i semidei correndo, prima di stagliarsi ai margini della folla, regale e magnifico come un re.
Annabeth sentì gli occhi inumidirsi, e le mancò il fiato in gola.
Il ragazzo stava sorridendo, le labbra tese nel suo solito ghigno malizioso, e suoi occhi scintillavano come l'acqua limpida del mare sotto al sole.
Portava il mantello viola da Pretore e una sottile armatura d'oro imperiale.
Era alto, forte e bello esattamente come Annabeth lo ricordava.
L'aveva ritrovato. E la stava aspettando.
Reyna la stava guardando invece con incertezza, ma Annabeth aveva già dimenticato qualunque altra cosa, offuscata dall’immagine del ragazzo a pochi metri da lei.
Si lanciò in avanti, e Percy corse verso di lei nello stesso istante.
I semidei romani si agitarono intorno a loro cercando le armi che non avevano, ma lei non riuscì a preoccuparsene.
Annabeth si lasciò sfuggire una risata, e quando fu a pochi passi dal ragazzo si scontrò contro il suo corpo, alzandosi in punta di piedi e allacciandogli le braccia al collo.
Percy le strinse possessivamente la vita, prima di chinarsi e seppellire il viso nell’incavo della sua spalla.
Annabeth rise con gli occhi serrati, incapace di contenere la gioia che provava.
Percy profumava come la brezza del mare, il suo corpo era forte e caldo sotto alle sue dita.
-Oh Annabeth… - sussurrò il ragazzo sulla sua pelle, e la ragazza voltò goffamente il capo cercando le sue labbra.
Si baciarono disordinatamente, ma con così tanto desiderio ed euforia che Annabeth pregò di poter rimanere lì in quell’attimo e passarci il resto dei suoi giorni.
Era tutto come prima.
-Ti amo, ti amo, ti amo… - mormorò Percy al settimo cielo, portandosi a pochi millimetri dal volto della figlia di Atena.
Annabeth aveva gli occhi che brillavano: -Ti amo. – ripeté la ragazza.
Lo guardò, sorridendo. Era bello da togliere il fiato.
Poi Annabeth si riabbassò, scostandosi di poco dal ragazzo.
Rivederlo le aveva ricordato quanto avesse sofferto senza di lui, di quanto per tutto quel tempo non aveva mai saputo dove fosse e se stesse bene, e di quanto ogni giorno avrebbe voluto svegliarsi da quell'incubo e scoprire che lui non se ne era mai andato.
Quel pensiero le fece stringere le viscere in una morsa di rabbia rovente, e il suo sorriso si affievolì, ma Percy non fece in tempo a rendersene conto.
Perché Annabeth gli tirò uno schiaffo.
-Ehi! – sobbalzò il ragazzo, portandosi una mano sulla guancia offesa e ritraendosi.
Intorno a loro, i romani trasalirono.
Annabeth lo guardò con lo sguardo più rabbioso che potesse fingere.
-Non rifarmi mai più una cosa del genere, Testa d’Alghe – lo redarguì.
Il ragazzo ridacchiò, rivolgendole un’altro dei suoi ghigni sghembi e maliziosi, di quelli che aveva avuto fin da bambino.
-Come se fossi sparito per una gita di piacere, eh Annie? – le rispose il ragazzo.
Annabeth gli rivolse un'occhiataccia nonostante gli occhi le scintillassero, per poi porgergli la mano con finta stizza.
Percy intrecciò le dita con le sue, prima di seguirla verso Reyna e gli altri.
Il ragazzo le diede una spallata giocosa.
Percy arrivò a Piper, Jason e Leo, abbracciandoli velocemente.
-Sono felice di rivedervi ragazzi. – disse con un sorriso gentile, senza mai allontanarsi da Annabeth.
Reyna li guardò con uno sguardo indecifrabile, prima voltarsi verso la folla di semidei:
-Lo spettacolo è finito! – esclamò, e a poco a poco la piazza si svuotò. Le risate dei bambini svanirono, i mormorii si fecero sempre più lontani.
Solo i centurioni rimasero, raggiungendoli in mezzo al foro.
Annabeth notò in particolare due ragazzi che si avvicinarono a loro fino a fermarsi al fianco di Percy.
Il figlio di Poseidone sorrise ai due, rassicurante, e Annabeth fece lo stesso quando li vide osservarla.
Erano più giovani di loro, il ragazzo era grande e grosso, col viso dai lineamenti asiatici, mentre la ragazza era minuta e con la pelle scura, sfoggiava degli occhi gialli come oro e dei capelli scuri e riccissimi.
Lei sembrava però particolarmente turbata, con lo sguardo puntato insistentemente in direzione di Leo e Piper. Annabeth pensò che fosse quasi spaventata, ma non ne capiva il motivo.
-Bene… - incominciò Jason. -Sì, sono felice di essere tornato. – disse, prima di presentare Piper e Leo a Reyna. Entrambi rivolsero un timido sorriso alla ragazza, e solo Leo osò un segno della pace in saluto.
Fu Percy a presentare i due ragazzi al suo fianco, Hazel e Frank.
-Immagino che ci sia molto di cui parlare. - incominciò Reyna. -Prepareremo un banchetto. Dakota, avverti gli spiriti delle cucine. -
-Reyna?! – strepitò un ragazzo dai capelli biondi, facendosi strada tra i Centurioni. Era esile, e aveva i lineamenti del viso eleganti, ma i suoi occhi avevano una luce velenosa.
-Non possiamo permettere a questi intrusi di entrare nel campo! Metteranno a rischio la nostra sicurezza!–
Annabeth sentì Percy irrigidirsi al suo fianco.
-Bada a come parli di loro, Ottaviano. – sibilò il figlio di Poseidone. -Sono vostri ospiti, e come tali meritano rispetto. –
Ottaviano si voltò verso di lui, e nonostante l’atteggiamento arrogante Annabeth vide che non riusciva a guardare Percy negli occhi.
-Sei pretore da meno di un giorno Jackson, non… -
-E tu sei solamente l’augure. Torna a bruciare i tuoi orsacchiotti, qui parlano gli adulti. – ribatté Percy.
Annabeth vide Reyna soffocare a malapena un sorriso.
-Calma ragazzi. Allestiremo il pranzo qui, nel foro. Avete i vostri ordini. – concluse allora la ragazza dai capelli scuri, guardando con particolare intensità Ottaviano.
L’augure rivolse a Percy un’occhiata di puro odio, prima di squadrare Annabeth con preoccupante attenzione. Poi si allontanò.
La figlia di Atena si voltò verso Percy: -Mi sembra di capire che qualcuno ti abbia messo i bastoni tra le ruote ultimamente? –
Percy sorrise amaro: -Se parli di Ottaviano, sì. Ma i romani sono veramente brave persone, puoi fidarti di loro. – rispose infine, dandole un bacio sulla tempia.
Ma Annabeth si irrigidì. Una risata le sussurrò nella testa, come un sibilo vago, e si sentì gelare la pelle della nuca.
Si voltò improvvisamente. Ma alle sue spalle non c’era nulla.
La risata scomparve, lasciandola a chiedersi se fosse mai esistita. Eppure, quella raccapricciante sensazione di gelo continuò ad avvolgerle il collo.
Percy la guardò stranito: -Annabeth, tutto bene? –
La ragazza si voltò verso di lui, e nonostante il senso di pericolo che le gelava il sangue, il viso del ragazzo le ricordò quanto fosse grata di riaverlo accanto.
Perchè non c’era nulla che lei e Percy non potevano risolvere, e non c’era nulla che l’avrebbe spaventata più dell’essere lontana da lui.
-Sì, tranquillo. Andrà tutto bene. – rispose con un piccolo sorriso.
-Andiamo! – li incitò Reyna, e quando Annabeth la guardò la vide osservare Jason con intensità. -Parleremo meglio a pranzo.–
 
Poco dopo, Annabeth era seduta davanti ad un tavolo imbandito in mezzo al foro.
Aveva Percy al suo fianco, e intorno alla tavolata c’era il resto dell’equipaggio dell’Argo II, Hazel, Frank, Reyna e perfino Ottaviano.
Il profumo di cibo le fece gorgogliare lo stomaco, e sorrise alzando gli occhi al cielo quando vide Percy gettarsi famelico sul suo cheeseburger.
Si ritrovò presto ad osservare incantata la città piena di vita poco lontana da loro, dove i bambini si rincorrevano per le strade e i più grandi passeggiavano chiacchierando. C’erano anziani con le borse della spesa in mano, ragazzi con libri e quaderni tra le braccia, gruppi di amici che ridevano seduti all’ombra dei portici.
E non riuscì nemmeno risentirsi, quando Percy le bisbigliò all’orecchio:
-Dobbiamo fare un giro a Nuova Roma, io e te. È veramente incredibile. –
Annabeth sapeva che quel posto era così ammaliante perché rappresentava uno dei loro desideri più grandi: trovare una città sicura, dove potevano vivere come ragazzi normali, dove poter studiare e trovare un lavoro, e dove poter avere una famiglia tutta loro.
-Certo. – rispose la ragazza.
Reyna propose un brindisi, prima che i romani e l’equipaggio di Annabeth cominciassero a raccontare delle rispettive imprese.
Jason raccontò del suo arrivo al Campo Mezzosangue, senza memoria, e di come insieme a Piper e Leo aveva salvato Era dalla sua prigionia nella Casa del Lupo.
-È impossibile! – si intromise Ottaviano. -Quello è il nostro luogo più sacro! Se dei giganti ci avessero imprigionato una dea, sicuramente… -
-L’avrebbero distrutta. – lo interruppe Piper. -E poi avrebbero dato la colpa a ai Greci, così che scoppiasse una guerra tra noi. Ora lascia che Jason finisca. –
Ottaviano provò a replicare, ma l’effetto della lingua ammaliatrice lo costrinse a rimanere in silenzio.
-È stato così che abbiamo saputo di Gea e del suo risveglio— riprese Jason. — È ancora mezzo addormentata, ma è lei a liberare i mostri dal Tartaro e a far risorgere i giganti. Il loro re Porfirio ha detto che si stava ritirando in Grecia. Vuole risvegliare Gea e distruggere gli dei. –
Percy annuì guardando Jason con un sorriso complice.
-Complimenti ragazzi! Tu, Grace, sei una sorpresa continua. - esordì, prima di raccontare la sua parte della storia.
Disse di essersi svegliato senza memoria alla Casa del Lupo, e raccontò di come arrivato al Campo Giove fosse partito con Frank ed Hazel per l’Alaska.
Annabeth osservò preoccupata i Romani al tavolo irrigidirsi, quando Percy raccontò sbrigativamente della sconfitta di Polibote. Disse solo che con l’aiuto di Terminus lo aveva ucciso, ma Annabeth vide come le espressioni di Reyna e gli altri rasentassero la paura.
Quando finì di raccontare della loro impresa e della battaglia, Jason gli diede una pacca sulla spalla:
-Wow, non c’è da stupirsi che ti abbiano nominato pretore. –
Ottaviano sbuffò: -E ora ne abbiamo tre. Bisognerà liberarsi di uno in esubero. – borbottò velenoso.
Percy gli rivolse uno dei suoi ghigni pericolosamente maliziosi:
-Che peccato! – esclamò con teatrale entusiasmo. -È così piacevole poter essere in tre a ordinarti di chiudere il becco. –
Ottaviano ammutolì indignato, mentre Percy si scambiava un cinque con Jason.
Il ragazzo rivolse al biondino un gran sorriso: -Quindi saresti tu il famoso fratellino di Thalia? Amico, non vi assomigliate per niente. -
Jason sorrise appena: -Già, ho notato. L’ho incontrata quando eravamo in missione, lei ti stava cercando. Era molto preoccupata. –
Il sorriso sul viso di Percy si affievolì e i suoi occhi si scurirono: -Sta bene? –
-Sì, certo. – lo rassicurò Jason.
-Percy, Annabeth! –
Annabeth si voltò, sentendosi chiamare, e vide Tyson correre verso di loro. Sorrise felice al ciclope, ma non per molto. Sembrava nervoso, e appollaiata sulla sua spalla c’era l’arpia più magra che avesse mai visto.
Aveva i capelli e le piume rosse come fuoco, la pelle pallida, e il viso emaciato aveva un’eleganza rara per una della sua specie.
-Ella non sta bene… - mormorò il ciclope. -Ha paura delle navi. –
-Niente navi. Il Titanic, una tragedia impossibile. - ripeté Ella.
Poi la creatura si voltò verso Annabeth, e la guardò dritta negli occhi. -Sfortuna. Eccola lì. La figlia della Saggezza da sola camminerà… -
-Ella! – Frank si alzò di scatto. -Forse non è il momento… -
-Il marchio di Atena su Roma brucerà — continuò Ella, le mani portate a coprirsi le orecchie e la voce che si faceva più alta. -Il respiro dell’angelo che ha la chiave dell’eterna morte, i gemelli soffocheranno, se lo vorrà la sorte. La rovina dei giganti si erge pallida e dorata, e sarà vinta col dolore in una prigione intricata. –
Il silenzio piombò sulla tavolata.
Annabeth guardava l’arpia inorridita. Aveva cercato disperatamente di non pensarci, ma ripensò al litigio con sua madre, ai suoi spaventosi incubi che l’avevano fatta rimanere sveglia la notte, e le parole dell’arpia le scavarono nel cuore come un coltello.
La moneta che aveva in tasca sembrava rovente.
Percy fu il primo ad agire.
-Ho un’idea ragazzi. – disse alzandosi con quanta più tranquillità riuscisse a fingere. -Tyson, tu ed Ella fatevi un giro, magari… -
-Quella era una profezia. – sibilò Ottaviano con gli occhi spalancati.
Hazel sorrise nervosamente dall'altra parte del tavolo:
-Ma no, Ella legge tantissimo, sarà una sciocchezza letta in qualche favola. - ribattè con forzata ilarità.
Annabeth si voltò verso Percy, interrogativa, e quando lui la guardò il suo sguardo pregava aiuto.
-Non mentitemi. – disse Ottaviano con più convinzione. -Quel pollo ha appena recitato una profezia. –
La figlia di Atena si guardò intorno, e vide Frank, Hazel e Percy scambiarsi delle occhiate impaurite. C’era qualcosa a che vedere con quell’arpia che loro stavano nascondendo, e intuì che se Ottaviano lo avesse scoperto loro tre sarebbero finiti nei guai.
-Dici, Ottaviano? – intervenne la bionda. -Non so qui, ma da noi le arpie hanno a malapena il cervello per fare le pulizie e cacciare a letto chi beccano in giro dopo il coprifuoco. A te invece predicono il futuro?  –
Ottaviano balbettò qualcosa, e una nervosa risata generale si alzò dalla tavolata.
Percy si rivolse a Tyson, e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
Il ciclope annuì: -Certo fratello. A dopo ragazzi! – esclamò con enfasi, prima di voltarsi e allontanarsi con Ella che gli abbracciava il collo.
Annabeth si sporse sul tavolo, mentre Percy si risedeva accanto a lei.
Dovevano discutere di altri problemi, e la ragazza voleva disperatamente distogliere l’attenzione dal siparietto appena avvenuto.
-Vorrei parlare della Grande Profezia. Sono abbastanza sicura che anche voi la conosciate, vero? – disse Annabeth rivolta a Reyna.
La ragazza annuì: -Noi la chiamiamo “Profezia dei Sette”. Ottaviano, la reciteresti? – rispose lei.
Ottaviano si voltò verso Annabeth, e il suo ghigno le fece ribrezzo.
Il suo intervento sull’esibizione di Ella non doveva essergli piaciuto, e la ragazza lo guardò con disgusto quando il ragazzo posò i suoi occhi su di lei con maligno interesse.
-Sono sicuro che una figlia di Atena la ricordi meglio di me… nonostante tutto. – sibilò, e Annabeth stavolta era pronta a reagire.
Sapeva esattamente a cosa si riferisse Ottaviano, Jason l'aveva avvertita sulla reputazione di Atena a Roma. E non permetteva a nessuno di metterle i piedi in testa.
Ma Percy fu più veloce di lei, e guardò Ottaviano con insostenibile severità: -Attento Ottaviano. – disse, l’ammonimento chiaro nelle sue iridi.
Ma l’augure stavolta non sembrò abbastanza turbato da fermarsi:
-Non preoccuparti Jackson, tollereremo il fatto che la tua ragazza sia figlia di una dea tanto...–
-Basta. – si intromise Reyna. -Non importa di chi sia figlia Annabeth. È venuta qui in pace. –
Annabeth si voltò a guardarla con gratitudine, ma Reyna non ricambiò. La figlia di Atena vide la ragazza squadrarla con rispetto, eppure c’era una sorta di amarezza nei suoi occhi di ossidiana, quasi invidia.
-E poi, Percy mi ha raccontato grandi cose di te. – disse infine la ragazza dai capelli scuri.
Percy al fianco di Annabeth le lanciò un’occhiata ansiosa di sottecchi, e lei, con il cuore che si stringeva, capì.
Reyna ci aveva provato con Percy.
E lui l’aveva rifiutata. L'aveva rifiutata per lei.
Ancora una volta, il ragazzo aveva scelto lei sopra chiunque altro.
Sotto al tavolo, Annabeth gli accarezzò la mano, prima di sorridere morbidamente verso Reyna:
-Ti ringrazio. Comunque, concorderete che i nemici armati alle Porte della Morte di cui parla siamo noi. Greci e Romani. –
Hazel giocherellò distrattamente con quello che sembrava un rubino, prima di stringerlo in mano e nasconderlo. -Mio fratello Nico è andato a cercarle. Ma non è mai tornato. -
-Nico Di Angelo? — domandò Annabeth stupita. -È tuo fratello? -
Hazel annuì, e Annabeth fu tentata di farle altre migliaia di domande, ma contenne la sua curiosità.
-Scusa, dicevi? – disse sorridendo alla più giovane
-È scomparso. E temo che gli sia successo qualcosa mentre andava a cercare le Porte. – rispose Hazel
-Lo troveremo. - promise Percy con decisione. -Thanatos ci ha detto che avremmo avuto entrambe le risposte a Roma. E andando là saremo anche vicini alla Grecia. E in ogni caso, dobbiamo assolutamente chiudere quelle porte. Ora che Thanatos è libero dalle catene i mostri possono essere uccisi, ma se quelle rimangono aperte torneranno ogni volta. -
Reyna prese al volo una mela da un vassoio di passaggio. -Il viaggio che state proponendo è molto insidioso. Solo un pazzo si avventurerebbe nel Mediterraneo. -
-Siamo quelli giusti allora! – esordì con entusiasmo Leo - Siamo tutti dei mentecatti. E la mia nave è di ultimissima generazione, saremo in una botte di ferro. –
Annabeth annuì: -E come dice la Grande Profezia, saranno sette mezzosangue a partire, Greci e Romani insieme. Per i Greci ci siamo io, Piper, Leo, e Percy. -
-E per i Romani abbiamo Jason, Hazel e Frank. - continuò Percy.
-Scusate?! — Ottaviano scattò in piedi. -È inaudito, non accetteremo questa cosa senza una riunione del Senato e un’accurata strategia. -
Reyna sospirò: -Temo che Ottaviano abbia ragione. Questa missione è forse la più importante dell’ultimo secolo, e non possiamo ordinarla senza l’approvazione del Senato. –
Ottaviano sorrise compiaciuto: -Precisamente. Per non parlare di quella nave, necessita un’attenta ispezione se volete che dei nostri legionari ci navighino. -
Leo si voltò a guardarlo con un enorme sorriso: -Ti posso far fare un giro! La adorerai, e se ti comporterai bene ti concederò l’onore di indossare il capellino da capitano. -
Ottaviano sembrava indignato: -Attento a come… -
-Perfetto, ottima idea. - approvò Reyna. -Ottaviano andrà con Leo per controllare che la nave sia sicura. -
-Non dirai sul serio. – sibilò Ottaviano, ma dovette rilassare le spalle allo sguardo della ragazza. -Va bene. Come vuoi. -
Jason si voltò verso Reyna: -Io vorrei invece portare Piper a fare un giro prima della seduta. Ti dispiace…? –
L’espressione di Reyna si fece fredda come ghiaccio, e Annabeth si chiese se davvero Jason non si rendesse conto dell’affetto e interesse che Reyna provava per lui.
La figlia di Bellona rispose a Jason senza sbilanciarsi.
-Certo. Andate pure. –
Percy sorrise: -Anche Annabeth deve vedere la città! – disse, facendo per alzarsi.
-Certo, le faccio fare io il giro. – aggiunse Reyna con tranquillità, tirandosi in piedi.
Percy la guardò come se gli avesse appena tirato uno schiaffo.
-Scusami? –
Reyna sorrise gentilmente verso la figlia di Atena: -Mi piacerebbe parlarle. E da sola, se non ti dispiace. Pretore.  –
Percy rivolse a Reyna uno sguardo indignato, ma c’era un chiaro avvertimento nelle sue iridi.
Fai come vuoi. Ma se succede qualcosa ad Annabeth ti riterrò personalmente responsabile.
-Come credi. –
Annabeth si voltò verso di lui e lo guardò rassicurante, prima che Reyna congedasse tutti.
La figlia di Atena vide Leo prendere Ottaviano sottobraccio, dirigendosi verso la nave.
Ma quando lo sguardo del figlio di Efesto incrociò il suo, lei sobbalzò. Gli occhi scuri del ragazzo brillarono, diventando gialli e freddi come oro, e un ghigno sinistro si formò sulle sue labbra. Ma un istante dopo, quell’espressione scomparve dal volto di Leo, come un’allucinazione.
Una pugnalata fredda come ghiaccio le trapassò la nuca, e un senso di terrore le pervase le membra.
-Percy? – lo richiamò senza distogliere lo sguardo da Leo. -Andresti con Leo e Ottaviano? –
Percy la guardò con incomprensione, e Annabeth sperò che lui capisse quanto preoccupata fosse.
Il ragazzo seguì il suo sguardo puntando gli occhi sul figlio di Efesto, e sembrò intendere.
-Va bene, certo. – rispose, prima di sporgersi verso il suo viso.
-Stai attenta. - mormorò il ragazzo al suo orecchio, e la ragazza annuì respirando profondamente.
Poi Percy la baciò velocemente, correndo a seguire Leo e Ottaviano.
Annabeth rimase a guardarlo per un istante. Si fidava di Percy più di chiunque altro, ma pregò che non gli succedesse nulla.
Poi si voltò verso Reyna, la quale le rivolse un piccolo sorriso.
-Andiamo Annabeth. Abbiamo molto di cui parlare. –
 
Annabeth non nascose il suo stupore quando camminarono per le strade di Nuova Roma.
-È magnifica. – commentò la ragazza.
Reyna annuì: -È vero. Molti semidei rimangono qui, dopo aver servito nella legione, per studiare e laurearsi. Alcuni poi se ne vanno, ma come vedi tanti altri restano per potersi costruire una famiglia, e crescere i propri figli al sicuro. –
-Non credevo esistesse un posto simile. – mormorò Annabeth, gli occhi che scintillavano.
-Anche Percy ne sembrava interessato. – commentò la ragazza dai capelli scuri, e Annabeth sorrise dolcemente.
Reyna le offrì una cioccolata calda, e nonostante il caldo Annabeth l’accettò con piacere. La ragazza la guidò fino in cima ad una collinetta, e si fermarono sul bordo della terrazza di marmo che dava sulla città.
-Di cosa volevi parlarmi? – chiese Annabeth, voltandosi verso di lei.
Reyna la guardò dritta negli occhi.
-Vorrei che mi raccontassi la verità. Ho sulle spalle il destino e la sicurezza di un’intera città, e non riesco a fidarmi di una figlia di Venere con la voce intrisa di stregoneria, e per quanto mi uccida pensarlo, nemmeno di Jason – disse con amarezza Reyna, e Annabeth si ritrovò a provare compassione per lei.
Vedeva nei suoi occhi quanto affetto provasse per Jason, e capiva cosa significasse per lei aspettarlo per mesi, senza nemmeno sapere se fosse vivo, per poi vederlo tornare per mano ad un’altra ragazza.
Annabeth aveva visto lei stessa quanto Jason si fosse affezionato a Piper e al Campo Mezzosangue, e capiva bene quanto Reyna potesse sentirsi tradita.
-Nemmeno di quello che ti ha raccontato Percy ti fidi? – chiese lei.
Reyna sorrise: -Percy ha dimostrato grande lealtà verso di noi, e ha salvato la nostra città. Ma io so che ha mentito sulla sua memoria, e nonostante avesse le sue ragioni non riesco a dimenticarlo. Il fatto che ci abbia ingannato con così tanta facilità mi turba.–
Annabeth fece per annuire, ma due levrieri di metallo corsero verso di loro. La figlia di Atena si tese, ma non l’attaccarono. Si sedettero docilmente al fianco di Reyna, nonostante i loro occhi rossi come sangue fossero puntati attenti su di lei.
-Oh. – disse Reyna accarezzandoli per un istante. -Loro sono Aurum e Argentum, i miei cani. Non preoccuparti, ci faranno solo compagnia. –
Annabeth li guardò incerta, ma riportò lo sguardo su Reyna.
Le raccontò di quando scappò di casa, perché suo padre faceva tutto ciò che era in suo potere per dimenticarsi della sua esistenza. Lui aveva amato Atena con tutto sé stesso e lei gliela ricordava così dolorosamente da non riuscire a sopportarlo.
Le raccontò di aver incontrato Percy in mezzo alle strade di New York, e dopo pochi giorni anche Luke e Thalia. Le raccontò di come arrivarono al Campo Mezzosangue, delle loro imprese e avventure.
-Sai, noi al Campo Mezzosangue non siamo più di un paio di centinaia, e questo solo da pochi mesi. Prima non contavamo più di ottanta ragazzi. E poi, qualche mese fa, al campo sono arrivati Leo, Piper, e Jason. Jason si era ritrovato insieme a loro dal nulla, senza ricordi. Quella stessa notte, Era ha ordinato a Percy di andarsene. Di trovare Lupa, perché lo conducesse qui al Campo Giove. Voleva che Percy vi aiutasse, per conquistare la vostra fiducia e rispetto, così che noi potessimo unirci. –
-Quindi non ha mai davvero perso la memoria. – ripeté Reyna.
Annabeth sospirò: -No. Sapeva che se aveste scoperto delle sue origini lo avreste ucciso. E questo avrebbe firmato la nostra condanna. -
Reyna si rigirò l’anello che portava al dito, assorta.
-E tu credi che l’unione dei campi funzionerà? Dopo secoli di odio e guerre? – chiese la ragazza.
Annabeth puntò lo sguardo sull’Argo II: -Deve funzionare. Altrimenti Gea ha vinto ancora prima di incominciare la battaglia.–
Reyna la guardò: -Sembri sincera. E ti ammiro. Ma se volete partire per le antiche terre, devi sapere una cosa. –
Annabeth annuì, appoggiandosi al bordo della terrazza.
Reyna sembrava turbata quando parlò: — C’è una vecchia leggenda che i pretori del Campo Giove si tramandano da secoli. Dice che finché l’antico torto non sarà raddrizzato, Greci e Romani non vivranno mai in pace. Questo torto, è incentrato su Atena, e su un grande tesoro che apparteneva a lei… -
Poi un boato scosse la vallata.
Annabeth vide con orrore la balista di babordo dell’Argo II scagliare una bomba di fuoco greco sulla città.

Quando Annabeth e Reyna raggiunsero il foro, era scoppiato il caos.
L’Argo II aveva smesso di fare fuoco, ma un colpo era stato sufficiente. I Romani erano furiosi, lanciavano qualunque cosa avessero tra le mani contro la nave.
Piper e Jason erano stati circondati, il mantello da pretore del ragazzo era stato ridotto a brandelli. Cercavano di difendersi come meglio potevano, ma presto o tardi sarebbero stati sopraffatti.
-Merda... – sussultò Reyna al suo fianco. Annabeth al suo fianco seguì il suo sguardo, e vide i Legionari armati che stavano correndo verso il foro.
-Peggiorerà. – mormorò la figlia di Atena.
Reyna sbuffò al suo fianco: -Odio il mio lavoro. – disse, prima di correre versi i legionari con i levrieri di metallo a seguirla.
Annabeth si guardò intorno disperatamente, il fiato corto. 
-Percy! – chiamò, ma non riusciva a vederlo.
Due Romani cercarono di afferrarla, ma lei li vide con la coda dell'occhio avvicinarsi e li schivò prontamente, prima di lanciarsi in una corsa disperata in mezzo al disastro, verso la nave.
In molti cercarono di fermarla, senza successo, ma Annabeth non potè ad evitare tutte le sassate che le lanciavano contro, ritrovandosi presto le braccia e le gambe piene di lividi e tagli.
Ma alla fine riuscì ad arrivare fino alla scaletta, e finalmente vide Percy.
Lo vide lanciarsi oltre il bordo della nave, e atterrare sulle ginocchia esattamente accanto a lei.
La ragazza ebbe appena il tempo di vedere il sorriso di sollievo del ragazzo, prima che lui l'abbracciasse, stringendola a sé.
Annabeth capì subito perchè.
La figlia di Atena avvertì una scossa di potere irradiarsi sotto i suoi piedi ancora prima che la terra incominciasse a tremare.
E il terremoto scosse il suolo con forza, facendo cadere a terra tutti i semidei radunati nel foro. Solo lei e Percy erano risparmiati dalla furia della terra che il ragazzo aveva scatenato.
La terra tremava con rabbia contenuta, e tutti i ragazzi nella piazza si voltarono a fatica, con paura e stupore, a guardare il figlio di Poseidone.
-Sto cercando di prendere tempo. – disse il ragazzo, gli occhi che brillavano di potere. -Dobbiamo andarcene, subito.–
-Che è successo?! – chiese la figlia di Atena.
-Leo è stato posseduto da qualcosa. – rispose il ragazzo. -I suoi occhi sono diventati gialli, e si è messo a ridere in maniera raccapricciante, prima di fare fuoco sulla città. –
Annabeth non chiese altro.
-Dobbiamo andare. – concordò la ragazza. -E dobbiamo tirare Jason e Piper via da quel massacro. –
Percy annuì: -Raggiungiamo Hazel e Frank. – disse solo, e perfettamente in sincronia si gettarono in mezzo alla massa.
Il terremoto cessò, e i romani si rimisero in piedi a fatica, molti doloranti e con la pelle graffiata o tumefatta, ancora più arrabbiati di prima.
Annabeth e Percy sgusciarono scaltri e veloci tra i semidei romani schivando i loro tentativi di bloccarli, puntando verso la fontana dove Hazel e Frank si erano arrampicati per ripararsi dagli attacchi dei compagni.
Percy li chiamò, e quando raggiunsero la fontana il ragazzo ordinò all’acqua di abbattersi sui romani infuriati per riuscire a salire sul bordo.
-Ragazzi, dobbiamo andare. Venite? – disse Annabeth.
Frank ed Hazel annuirono con decisione, nonostante sembrassero terrorizzati.
-Certo che veniamo. – disse la più giovane. -Come facciamo? –
Percy scaraventò un’altra ondata d’acqua contro l’esercito romano, scagliandoli indietro ad una manciata di metri.
-Frank, puoi andare a prendere Piper e Jason? – chiese, e Annabeth lo guardò stranita.
Frank però sembrò non battere ciglio: -Sì certo. Ci vediamo sulla nave. – disse, prima di scendere dalla fontana e correre verso gli altri.
-Io proverò a distrarli. – disse Hazel, prima di fischiare.
Un magnifico stallone si materializzò dal nulla accanto alla fontana, i muscoli possenti che si gonfiavano sotto al corto mantello color nocciola. Aveva una sella sulla schiena, dalla quale pendeva una spada della cavalleria.
-Mandatemi un Messaggio-Iride quando vi sarete allontanati di qui. – disse la più giovane, prima di saltare in groppa al cavallo e sfrecciare tra i legionari spargendo il panico.
Annabeth si voltò verso il centro del foro, e sussultò.
Jason pregava ai suoi compagni di fermarsi, urlando e cercando di proteggere Piper dalla sassata che gli stavano infierendo i romani. Questo finché un mattone non lo colpì esattamente in fronte, facendolo svenire a terra.
Annabeth sgranò gli occhi, ma il terrore scomparve quando vide un enorme drago levarsi dalla folla. La creatura era grigia come argento, con le ali enormi e la corazza impenetrabile.
-È Frank. – la rassicurò Percy. -Un ragazzo di talento. –
Il drago si alzò in volo, e allungò le zampe posteriori afferrando Jason e Piper, prima di librarsi in aria sempre più in alto.
-Ma non mi dire. – rispose Annabeth, prima di correre verso la nave.
Percy la seguì, e grazie ad Hazel che distraeva gli altri riuscirono a raggiungere la scaletta.
Ottaviano aveva incominciato a scendere lungo di essa tempo prima, e ormai era arrivato agli ultimi pioli. Percy lo prese per il colletto della toga trascinandolo giù a terra impietoso.
Annabeth incominciò ad arrampicarsi.
Percy, alle sue spalle, vide Ottaviano impugnare un coltello che teneva nascosto sotto la toga, e sguainò Vortice così velocemente che l’augure lo realizzò solo quando la punta minacciava di affondargli nella carne tenera della gola.
-Non ci provare. – intimò il figlio di Poseidone.
Ottaviano lo guardò con rabbia. -Pagherai con la vita il tuo tradimento. Vi troveremo, tu e la tua sgualdrina non avrete scampo. –
Percy alzò gli occhi al cielo, tirandogli un calcio al volto così forte da rompergli il naso.
Poi si voltò e incominciò a salire la scaletta velocemente. Lui ed Annabeth riuscirono ad arrivare per miracolo sul ponte.
La ragazza si prese un secondo per osservare avvilita il sartiame in fiamme e la vela di trinchetto strappata a metà.
Hedge sembrava scomparso, ma Leo era accasciato inerme sulla balista con le pupille rovesciate.
-Gli ho dato un colpo in testa. – disse Percy. -Non è morto, promesso. –
Sopra le loro teste il drago grigio ruggì, ed adagiò Piper e Jason sul ponte con quanta più delicatezza avesse, prima di ritrasformarsi nella sua forma umana e cadere malamente sul legno della nave.
Frank si guardò intorno: -Ci siamo. -
Annabeth annuì, correndo verso il timone senza aspettare un attimo di più. Afferrò la cloche, e la tirò verso di sé con forza.
La nave si impennò a prua ad un’angolatura terrificante, le funi di ormeggio vennero strappate da terra e loro schizzarono verso il cielo azzurro.
 
   
 
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