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Autore: AthenaKira83    08/05/2020    4 recensioni
Quando Magnus Bane, ex agente speciale della Marina militare statunitense, accetta di fare un favore al padre, di certo non si aspetta di dover fare da babysitter a uno scontroso, irritante, ma dannatamente attraente, agente di viaggi che non ha alcuna intenzione di rendergli facile il compito che gli è stato affidato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Alec sentì il gatto prima di vederlo.
Stava marciando lungo il marciapiede, quasi correndo, pur di allontanarsi il più possibile da casa sua. Da lui.
Quel bacio... per l'angelo, quel bacio era stata la cosa più pazzesca e scioccante che avesse mai provato in vita sua. Era bastato che le labbra di Magnus si posassero sulle sue perché la parte razionale della sua mente si bloccasse di colpo, andando completamente in tilt.
In un ultimo momento di lucidità, ricordava di aver dischiuso le labbra per protestare, per chiedere a quell'idiota cosa diavolo stesse facendo, o meglio, perché lo stesse facendo, ma quello sfacciato impertinente ne aveva approfittato per intrufolare la lingua nella sua bocca e il suo raziocinio gli aveva fatto ciao-ciao con la manina, partendo per altri lidi e lasciando il suo corpo in balia di quell'assalto inaspettato e infuocato.
Il suo corpo si era incendiato quando la sua lingua si era intrecciata a quello dell'altro e sensazioni mai provate prima l'avevano travolto con un'intensità tale da sconvolgerlo.
Le sue dita si era aggrappate a Magnus con una tale violenza da sorprenderlo. In un primo momento l'aveva fatto titubante, quasi stesse chiedendo il permesso di poggiarsi a lui alla ricerca disperata di equilibrio (perché, per l'angelo, era dannatamente certo che se non si fosse spalmato addosso a quel corpo muscoloso, le sue gambe di gelatina avrebbero ceduto e sarebbe caduto come una pera cotta... e non era proprio il caso!), ma poi la parte più indisciplinata e selvaggia della sua mente aveva fatto la ola, urlandogli con entusiasmo "Prendilo! Spoglialo! Fallo tuo!" e a lui non era rimasto altro che avvinghiarsi a Magnus con una presa talmente ferrea da avergli di sicuro sgualcito in modo irreparabile la camicia.
La bocca dell'ex Marine si era mossa sulla sua dapprima decisa, dura, quasi prepotente, poi si era fatta dolce, morbida, toccando e risvegliando sensi che Alec credeva ormai sopiti da tempo, costringendolo ad abbandonare ogni resistenza e facendolo arrendere totalmente quando Magnus gli aveva passato lentamente una mano tra i capelli, piegandogli leggermente la testa per approfondire maggiormente il bacio, mentre con i pollici gli accarezzava dolcemente gli zigomi.
Aveva scoperto che, sì, quelle labbra piene e invitanti erano davvero morbide come aveva sempre pensato e ricordava che il suo cuore aveva iniziato a battere così forte che era certo che fosse questione di attimi prima che schizzasse fuori dalla cassa toracica.
Non aveva mai provato niente di simile. Mai. I baci dati fino a quel momento erano stati nulla in confronto a quello che aveva ricevuto. Neanche Andrew, per l'angelo, era mai riuscito a sconvolgerlo così tanto. E sì che ne era innamorato (o, almeno, pensava di esserlo)!
Ricordare il suo ex, e quello che gli aveva fatto, gli aveva dato la forza e la determinazione di posare le mani sul petto sodo di Magnus e spingere per liberarsi dal suo abbraccio.
Non poteva e non voleva lasciarsi coinvolgere da uno come Magnus. Non era un esperto di relazioni amorose, come i suoi fratelli, ma era convinto che la sua guardia del corpo fosse il tipo d'uomo capace di farlo innamorare perdutamente e lui non poteva permetterselo, non dopo quanto successo con Andrew.
Certo, il bacio era stato qualcosa di assolutamente incredibile, la cosa più pazzesca ed eccitante e sconvolgente che gli fosse mai successa in vita sua, ma si era ripromesso che non avrebbe mai più commesso l'errore di affidare il suo cuore a qualcuno. Iniziare una relazione, anche solo fisica, con Magnus, quindi, avrebbe potuto spezzarlo definitivamente. E sarebbe stata la fine.
Scosse la testa, quasi volesse cancellare con un colpo secco la ridda di emozioni che gli si agitavano nel petto, rilasciò il fiato che non si era neppure reso conto di trattenere e si impose di concentrarsi sul miagolio, chiedendosi distrattamente se avesse immaginato quel suono.
Si guardò attentamente attorno, ma non c'era anima viva. Poi lo sentì nuovamente, basso e implorante, provenire da un punto imprecisato sull'argine del fiume.
Tornò a scrutare attentamente l'ambiente circostante, scandagliò la riva e finalmente lo vide: un batuffolo bianco e grigio che si muoveva, cauto, tra i fili d'erba alti e incolti.
Alec si accucciò, chiamandolo piano, dolcemente. "Ehi, micetto! Ciao! Dai, vieni qui!" disse, allungando una mano.
Il gatto rispose con un debole miagolio, avanzò di qualche passo verso di lui, poi tornò indietro, appiattendosi in mezzo all'erba.
Il moro si alzò lentamente, con cautela, evitando movimenti bruschi che potessero spaventare l'animale, e si fece avanti, a piccoli passi. "Dai, vieni qui! Su, micio-micio! Vieni!" lo chiamò, a voce bassa." Non avere paura. Non ti farò del male."
Il gatto lo fissava, teso e pronto a scappare via. Era magro, aveva il pelo sporco e arruffato, sembrava stanco ed esausto e non staccava i grandi e diffidenti occhi giallo-verdi da lui neanche per un secondo.
Alec sbuffò dal naso quando si rese conto che il colore di quelle iridi era praticamente identico a quello degli occhi di un individuo a cui non voleva assolutamente pensare in quel momento! E che diamine! Quell'idiota lo perseguitava anche in versione felina!
Scosse nuovamente la testa, con un verso infastidito, e poi si concentrò nuovamente sul micio, chiamandolo ancora.
Alec non se ne intendeva granché, ma non sembrava un gatto selvatico. Probabilmente era stato abbandonato da qualche proprietario crudele che non sapeva più che farsene di lui, lasciandolo solo al mondo. Il che era anche peggio. Qualcuno aveva osato illuderlo, donandogli amore e una cuccia calda, per poi lasciarlo al suo destino, quando si era stancato di lui.
Sentì un'inspiegabile affinità con quel piccolo e sfortunato felino e gli sembrò vitale prenderlo per coccolarlo, nutrirlo e fargli capire che, invece, c'era qualcuno che poteva volergli bene, che poteva amarlo incondizionatamente, se glielo avesse permesso.
"Coraggio, micio-micio, vieni qui." lo incoraggiò Alec, avvicinandosi un altro po'.
Il gatto si appiattì ulteriormente al suolo, poi scattò, correndo lungo l'argine del fiume. Si fermò un attimo, guardandosi indietro, per poi scomparire tra l'erba alta.
Alec si alzò in piedi e, senza alcuna esitazione, lo seguì.

Magnus fece leva sulle braccia traballanti e, con indicibile fatica, si alzò lentamente da terra, inanellando una sequela rabbiosa di improperi e insulti.
Si piegò cautamente sulle ginocchia, respirando a fondo più e più volte, prima di raddrizzarsi e imprecare nuovamente, quando sentì una fitta lancinante all'inguine. Quel dannato figlio di buona donna gli aveva frantumato i suoi spettacolari gioielli di famiglia! Maledetto!
"Lo uccido." rantolò, senza fiato, all'appartamento vuoto e silenzioso, chiudendo gli occhi e tentando di regolarizzare il respiro, nella speranza che il dolore si attenuasse. "Giuro che questa volta lo uccido!"
Indossò il giubbotto di pelle, si diresse, con cautela, verso la porta dell'appartamento e se la richiuse dietro di sè con violenza. Trafficò con il cellulare per localizzare il fuggitivo e zoppicò, dolorante, giù per le scale, continuando a lanciare, ad ogni nuovo passo, un insulto colorito nei confronti del moro. Questa volta non l'avrebbe passata liscia! Non aveva ancora idea di come l'avrebbe punito, ma sarebbe stata una vendetta esemplare!
Ci mise un'eternità per arrivare nel luogo in cui il segnale lampeggiante, sullo schermo del suo cellulare, indicava la presenza di quello di Alec e dovette fermarsi più di una volta a causa dell'inguine che pulsava come un tamburo, ma alla fine arrivò a destinazione, pronto a dare una lezione a quel fottutissimo ragazzino manesco e piantagrane.
Non aveva idea di dove si trovasse e il buio non lo aiutava a orientarsi, ma era di sicuro in qualche parco della città. In giro non c'era anima viva e i pochi lampioni presenti donavano a quell'area verde un aspetto tetro e sinistro.
Per Lilith, certo che quell'idiota non aveva il minimo senso di autoconservazione, eh! Non solo aveva la fissa di andare a camminare dopo cena, per giunta da solo se non ci fosse stato Magnus con lui, ma ora si metteva pure a gironzolare a mezzanotte in un parco desolato e spettrale, incurante del fatto che avrebbe potuto rimanere coinvolto in qualche brutta situazione o incontrare qualche balordo pronto a fargli del male per sottrargli il portafoglio! Dei del cielo, come poteva essere così sconsiderato e non rendersi conto dei pericoli in cui si cacciava?
Si guardò attorno alla ricerca del moro, fino a quando non sentì la sua voce, che avrebbe riconosciuto ovunque, rantolare un soffocato e stizzito "Lasciami!"
La paura tornò a impossessarsi di lui e nella sua mente iniziarono ad accavallarsi immagini poco rassicuranti di criminali dall'aspetto losco che trascinavano via, con la forza, un disarmato e recalcitrante Alec.
Magnus tirò fuori la pistola e, dimenticando il dolore all'inguine, corse verso la direzione in cui aveva sentito la voce del moro, pronto a fare fuoco e a neutralizzare chiunque gli stesse facendo del male.
Si bloccò, sorpreso, quando vide Alec, sospeso a tre metri da terra, lottare strenuamente con una quercia: il suo pesante maglione nero e infeltrito si era impigliato in un ramo e, per il momento, sembrava che l'albero stesse avendo la meglio.
"Lasciami ti ho detto!" sibilò Alec, arrabbiato, strattonando con decisione il maglione, nel tentativo di districarsi.
La quercia lo lasciò andare solo dopo uno strappo davvero violento che lo fece sbilanciare, facendogli perdere l'equilibrio.
Magnus sbiancò e si vide il moro spiaccicato a terra, con il sangue che gli fuoriusciva a fiotti dal corpo. Rimase sbalordito quando fissò il terreno e non vide niente. Alzò di nuovo la testa e trovò il ragazzo aggrappato al ramo più basso della quercia, con le gambe a penzoloni e le braccia attaccate disperatamente all'albero.
Magnus strinse le labbra in una lunga linea sottile, indeciso se ridere a crepapelle o se arrabbiarsi ancora di più. Scosse la testa con fare paternalistico e mise via la pistola. Prese un bel respiro profondo, strinse i pugni lungo i fianchi e, a passo di marcia, si diresse fin sotto la quercia, alzando poi la testa e guardando il moro con espressione mortalmente seria.
Alec lo stava fissando di rimando, i suoi grandi occhioni blu sembravano due fanali nella notte. "Cosa... cosa ci fai qui?" pigolò, in un soffio.
"Lasciati andare." ordinò Magnus, ignorando la sua domanda.
"Cosa? No!"
"Lasciati andare, ti ho detto." ripeté Magnus, allargando le braccia. "Ti prendo io."
"Ma ti schiaccerò."
Magnus roteò gli occhi, riportando le braccia lungo i fianchi. "Va bene, resta lì e arrangiati." replicò, lapidario, facendo per allontanarsi.
"A-aspetta!" lo supplicò Alec, tentando faticosamente di aggrapparsi meglio al ramo, dopo essere scivolato di qualche centimetro.
Magnus sospirò nuovamente, poi tornò sotto di lui e attese. Riuscì a sopportare il primo impatto del corpo di Alec, evitando che si sfracellasse al suolo, poi lo trascinò con sé a terra, a causa della violenta spinta.
Alec rotolò subito via da lui e si mise in ginocchio. "Stai bene?" chiese, ansante e preoccupato.
Magnus respirò profondamente e lentamente: l'inguine era tornato a pulsare con forza e la rabbia era tornata a invaderlo come un fiume in piena. Piantò gli occhi in quelli del moro e lo fissò con ostilità.
"Com'è che ora mi chiedi se sto bene, quando fino a neanche un'ora fa non ti sei fatto alcuno scrupolo a spappolarmi i testicoli?" domandò, con tono acido.
Alec vide la collera incupirgli gli occhi, rendendoli tempestosi, e si allontanò leggermente da lui, reputando saggio mettere una piccola distanza tra loro.
"E' stata colpa tua." rispose, tranquillo, togliendosi un ciuffo di capelli dagli occhi.
Magnus lo fissò, inarcando un sopracciglio, scioccato, dimenticando improvvisamente tutto l'astio che provava nei confronti dell'altro. "Mia?"
Alec fece spallucce e, con noncuranza, iniziò a togliersi rametti e foglie incastrati nel suo maglione. "Hai iniziato tu. Aggredendomi."
"A-aggredendoti?" chiese Magnus, incapace di credere alle proprie orecchie. "Ma... diavolo, ti ho solo baciato!"
Alec riportò lo sguardo in quello dell'altro. "E non ti ho dato alcun permesso di farlo." sentenziò, sicuro. "Quindi, è stata un'aggressione in piena regola. Io mi sono solo difeso. Tutto qua." concluse, scrollando le spalle con sostenuta calma.
Magnus lo fissò a bocca aperta, incredulo, poi strinse le labbra in una lunga linea sottile, mordendosi la lingua a sangue pur di non ribattere per le rime. Mai nessuno l'aveva accusato di avergli "violato" le labbra con un semplice bacio, specialmente se era stato consensuale! Ok, aveva iniziato senza il suo permesso, questo era vero, ma, che potesse bruciare all'inferno se non era così, dopo un attimo di smarrimento, Alec aveva ricambiato eccome!
Arricciò le mani, strappando alcuni fili d'erba, e prese un lungo e respiro profondo. Magnus lo desiderava da impazzire e il modo in cui il moro aveva risposto al bacio dimostrava che anche lui provava lo stesso, ma visto che si ostinava a non volerlo ammettere, non restava altro che fare marcia indietro e rispettare la sua scelta. Non si sarebbe mai perdonato se l'avesse costretto a fare qualcosa che non voleva o per cui non era pronto. Avrebbe aspettato. Era bravo in questo. Nei lunghi anni passati nei Marines, infatti, aveva imparato e coltivato la raffinata arte della pazienza e con Alec valeva la pena metterla in atto.
"Ti chiedo scusa." mormorò quindi, dopo un lungo momento. "Non succederà più."
Alec spalancò gli occhi, sorpreso da quella risposta pacata e remissiva. Si sarebbe aspettato una battuta sardonica, una rispostaccia tagliente, una reazione plateale. Invece aveva ricevuto delle scuse composte e sincere e del tutto inaspettate. Era incredibile... e spiazzante.
"Oh... grazie! Accetto le tue scuse." rispose il moro, titubante. "E... io ti chiedo scusa per... ecco... per... sì, insomma... sì... per... quello, ecco." si scusò, indicando con un breve cenno del capo la patta dei pantaloni dell'altro. "Mi dispiace."
Magnus annuì, sospirando profondamente, poi tornò a fissarlo, curioso. "Come ci sei arrivato lassù?" chiese, indicando con gli occhi i rami sopra di loro.
"Oh... ho inseguito il gatto!" rispose Alec, con ferrea logica.
"Quale gatto?" chiese Magnus, aggrottando la fronte.
Alec indicò il ramo sopra quello a cui era rimasto appeso. "Lui."
Magnus sollevò lo sguardo e vide un gatto bianco e grigio che li osservava dall'alto. Era magro e spelacchiato e sembrava sul punto di spiccare un balzo suicida pur di darsela a gambe.
"Volevo prenderlo." spiegò Alec, imbronciato.
"Non mi pare che abbia molta voglia di essere preso, sai?" replicò Magnus, piegando la testa per osservare meglio l'animale. "E' salito addirittura su un albero pur di riuscire a sfuggirti." gli fece notare, sarcastico.
"Perché teme che voglia fargli del male! E' spaventato!" rispose Alec, con il naso all'insù. "Guardalo! E' magrissimo e sicuramente sta morendo di fame!"
Magnus scosse la testa, alzandosi e pulendosi l'erba dai pantaloni. "Sono sicuro che se la caverà. Andiamo a casa."
"Non me ne vado senza il gatto." ribatté Alec, risoluto.
"Il gatto starà benissimo."
Alec si alzò, incrociò le braccia al petto e gli lanciò l'occhiata più gelida che riuscisse a fare. "Io torno solo con lui." replicò, testardo.
Magnus gli si avvicinò e lo guardò con quello sguardo serio e glaciale che, anni prima, faceva scattare sull'attenti i suoi uomini e li induceva a eseguire immediatamente i suoi ordini. "Andiamo.a.casa."
"No." si impuntò Alec.
"Alexander Gideon Lightwood, ho detto..." sibilò Magnus, scuro in volto.
"No!" lo interruppe Alec, indurendo lo sguardo.
Non gli importava di morire per mano della sua guardia del corpo, che sembrava sul punto di stringere le sue lunghe dita ingioiellate sul suo collo, né gli interessava la sfuriata che stava sicuramente per arrivare. Salvare quel micio era diventato importante per Alec, quasi essenziale. Non se ne sarebbe andato senza quel gatto. Non l'avrebbe abbandonato. Non anche lui, come invece aveva fatto il suo ex proprietario.
Magnus lo fissò per un lungo, interminabile, momento, poi sospirò. "Dannazione!" imprecò ad alta voce, pestando un piede e gettando in alto le mani, con esasperazione. "E va bene! Prendiamo questo dannato gatto!" mugugnò, voltandogli le spalle e dirigendosi verso l'albero.
Il viso di Alec si aprì in un sorriso felice. "Davvero?" esclamò, muovendosi svelto verso di lui.
"Sì, davvero." borbottò Magnus, piantandosi le mani sui fianchi e guardando il gatto con aria decisa. "Allora, vieni giù con le buone o devo arrabbiarmi anche con te?" chiese, con tono fintamente burbero.
Il gatto miagolò debolmente, ma rimase dov'era, mentre Alec guardava prima l'uno e poi l'altro con trepidante aspettativa.
Magnus iniziò a battere la punta del piede sull'erba, come una madre esasperata. "Senti, signorino, non ho tutta la sera per stare qui ad aspettare i tuoi comodi." lo informò. "O scendi subito o ti lasciamo qui. Certo, non vorrei arrivare a tanto, perché sei davvero un bel micio, ma non ho alternative. E' mezzanotte passata, sono stanco e voglio andare a letto." elencò con un cipiglio serio.
"Non credo che funzionerà." sussurrò Alec, accostandosi a lui. "Perché non provi a essere più gent..."
"Shhh." lo interruppe Magnus, con gli occhi piantati sull'animale. "Vedi? Persino lui capisce quando è ora di ascoltarmi!" esclamò, con un sorriso divertito, quando vide il micio scendere cautamente, muovendosi lentamente da un ramo all'altro. "E' intelligente!" a differenza di qualcun altro di mia conoscenza pensò, reputando saggio evitare di dirlo ad alta voce.
Alec spalancò gli occhi, sorpreso, e si risentì quando vide il gatto farsi tranquillamente prendere in braccio da Magnus, una volta arrivato a terra. Lui non era riuscito neanche ad avvicinarsi a quella palla di pelo spelacchiata, mentre alla sua guardia del corpo erano bastate due moine e l'animale gli era praticamente svenuto tra le braccia! Dio, se lo odiava!
Magnus si voltò verso di lui e sorrise allegro. "Ok, torniamo a casa." annunciò, con il gatto stretto al petto.
"Certo che sei un incredibile ingrato." borbottò Alec, dopo un po', lanciando un'occhiata truce al gatto che ronfava, beato, tra le braccia di Magnus. "Io mi sono quasi rotto l'osso del collo per te e, come ricompensa, non solo vengo snobbato alla grande, ma fraternizzi pure con il nemico!"
La guardia del corpo rise, allegra. "Che ci vuoi fare. Il mio fascino è irresistibile e questo cucciolo ha ottimi gusti!" dichiarò compiaciuto, grattando il gatto dietro un orecchio e ricevendo, in cambio, un'espressione deliziata e un concerto di fusa. "Chi è il più bel micetto del mondo? Eh? Chi è?" tubò Magnus, strofinando il naso sul pelo sporco dell'animale. "Sei anche il più puzzone, ma ora ci pensa papà a pulirti per bene, Presidente Miao."
"Papà?" ripeté Alec, allibito. "Ma se fino a due minuti fa lo volevi lasciare sull'albero!" gli ricordò, risentito. "E che razza di nome è Presidente Miao, per l'angelo?!" continuò, con una smorfia indignata sul viso.
Magnus lo ignorò. "Ora papà ti porta a casa e ti da tanta pappa buona. Sei d'accordo? Mh?" chiese, ottenendo in risposta un miagolio soddisfatto.
Alec sbuffò, incrociò le braccia al petto e mise il broncio. Era ingiusto. Era stato lui a trovare il gatto, a rincorrerlo e a rischiare la vita per tirarlo giù dall'albero. Magnus neanche lo voleva e, nonostante questo, riceveva fusa e occhiate adoranti.
Con lo sguardo puntato fisso davanti a sé, si blocco di colpo e mise una mano sul braccio di Magnus per far fermare anche lui: un uomo dai capelli neri e la pelle olivastra osservava il palazzo dove abitava il moro. Era infagottato in un giubbotto di una taglia più grande e aveva un'enorme sciarpa che gli copriva il volto, ma Alec lo riconobbe all'istante.
Magnus intanto continuava a vezzeggiare il gatto. "Ma senti quanto siamo coccoloni! Oh sì! Siamo tanto, tanto coccoloni!" tubò, mentre le fusa del gatto diventavano sempre più forti.
Alec agguantò il braccio dell'uomo e, senza dire una parola, fece velocemente marcia indietro, trascinandoselo dietro. Guardò brevemente alle sue spalle, ma sembrava che l'altro non li avesse notati.
Magnus alzò finalmente lo sguardo, stupito. "Diavolo, Alec, che modi sono?"
Alec sembrò non sentirlo e continuò a camminare spedito fino a quando non svoltò improvvisamente in un androne di un palazzo.
"Si può sapere che ti prende?" chiese Magnus, alzando un sopracciglio al comportamento bizzarro dell'altro, che spiava furtivamente la strada.
"C'era... c'era quel Raj!" spiegò Alec, con il fiatone, tornando a guardare Magnus.
L'espressione di Magnus si indurì. "Raj? Dove?"
"Da-davanti al mio portone." balbettò Alec, tentando di riprendere fiato e sputando per poco un polmone.
"COSA? Perché non me l'hai detto?" sbottò Magnus, uscendo dall'androne.
"Dove credi di andare?"
"Da quel psicopatico! Ecco dove!" sibilò Magnus, arrabbiato. "Evidentemente la lezione di oggi non è stata recepita!"
Alec gli afferrò il braccio in una mossa ferrea. "No!"
"No? Come no?!" chiese Magnus, stupito e stizzito allo stesso tempo.
"Non puoi rischiare un'altra denuncia!"
"Alec, quel dannato figlio di buona donna è sotto casa tua!" ringhiò Magnus, allargando il braccio, mentre con l'altro teneva saldamente stretto al petto il gatto, che aveva interrotto le fusa e, con gli occhi spalancati, guardava alternativamente i due uomini, rigido. "Sa dove abiti, cazzo!"
"Ma non mi dire." rispose Alec, sarcastico.
Qualcosa, nel tono di voce del moro, mise in allerta Magnus, che aggrottò la fronte. "Sapevi che sapeva?" domandò, con tono sospettoso.
Alec scrollò le spalle. "Lydia mi ha chiamato. Se conosce il mio numero di casa, conosce anche il mio indirizzo. E visto che loro due sono amici..."
Magnus premette le labbra in una lunga linea sottile. "Lydia ti ha chiamato?"
"Sì, dopo che Jace ti ha portato in centrale." rispose Alec, con noncuranza, sventolando una mano.
"CAZZO!! ALEC!!" urlò Magnus.
"Che c'è?" chiese Alec, sulla difensiva.
"Perché non me l'hai detto?"
Alec roteò gli occhi. "Perché non c'è stato il tempo di farlo e... insomma... tu sei così plateale e tendi a esagerare quando ti agiti. Come adesso." spiegò, indicandolo con un gesto della mano. "E ti arrabbi in modo spropositato!"
Magnus lo guardò a bocca aperta. "Demi Tuhan [ndr. Sant'Iddio], sei davvero il più gigantesco idiota con cui abbia mai avuto a che fare!" lo accusò, esasperato. "E mi arrabbio perché mi nascondi le cose importanti! Ti rendi conto di quanto è seria questa cazzo di situazione? Una ti perseguita al telefono e l'altro si apposta sotto casa tua!" gridò, irritato.
"Smettila di urlarmi contro e di insultarmi!" ribatté Alec, altezzoso, alzando il mento e incrociando le braccia al petto.
Magnus fece un verso incredulo, poi si pizzicò la radice del naso, chiudendo gli occhi per la frustrazione. "Ok, ora basta." sentenziò, dopo un lungo momento. "Andiamo."
"Andiamo? Andiamo dove?" chiese Alec, stranito.
"A casa mia. Dove posso tenerti al sicuro." dichiarò Magnus, deciso, prendendo per mano Alec e trascinandoselo dietro.
   
 
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