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Autore: Helmwige    09/05/2020    3 recensioni
SPOILER TROS
Storia ambientata alla fine di Episodio IX, subito dopo la morte dell'Imperatore. Rey torna su Ajan Kloss dai suoi amici, cercando di raccogliere le fila della sua vecchia vita. Ma non è così semplice, ora che ha perso quasi tutto. Dovrà affrontare verità amare, solitudine e disillusioni, con la speranza che prima o poi ciò che è morto torni a vivere.
Una Reylo un po' diversa dal solito.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Poe Dameron, Rey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chi ha coraggio di ridere è padrone del mondo,
poco altrimenti di chi è preparato a morire.
Giacomo Leopardi
 
Per loro fortuna, BB-8 era un ottimo astromeccanico, altrimenti non avrebbero mai localizzato l’Ala-X pilotato da Rey.
Poe era tornato alla base in preda alla panico, balbettando frasi a metà e rivolgendo le pupille di qua e di là nel tentativo di localizzare Rey. Finn, anche lui piuttosto agitato, aveva saputo mantenere il sangue freddo e, con una pazienza e una ragionevolezza che non gli appartenevano, aveva chiesto al Generale Dameron di spiegare ciò che aveva visto e ascoltato.
Il resoconto di Poe era stato assolutamente deludente.
Ufficialmente non aveva visto niente, tranne una Rey decisamente agitata con un libro ammuffito tra le braccia. E in quanto all’ascoltare… beh, non aveva sentito nulla, tranne il nome di Ben Solo; quella era stata l’unica informazione degna di nota.
Ma a parte quel nome che suscitava ira e ribrezzo nell’animo dell’ex assaltatore, non avevano niente in mano che potesse dar loro un’idea di quello che stava veramente succedendo.
Avevano convenuto di cercare Rey e provare a parlarle, benchè non sapessero nemmeno da dove iniziare, ma non l’avevano trovata da nessuna parte. Un sudore freddo aveva imperlato la fronte di Finn mentre Poe, tornato finalmente lucido e coi nervi saldi, si era messo a correre in direzione dell’hangar. Lì Rose l’aveva avvertito che Rey era decollata da quasi un’ora, senza premurarsi di dire dove era diretta.
“E tu non gliel’hai chiesto?” aveva sbraitato Poe in preda all’angoscia.
“Pensavo stesse obbedendo a un tuo ordine!”
“Perfetto… Quindi ormai potrebbe essere andata ovunque.”
Poe si era preso la testa tra le mani, maledicendosi in silenzio.
Gli occhi di Rose si erano illuminati, ricordando la conversazione di quella stessa mattina.
“Rey sente la mancanza del suo pianeta natale, forse è lì che si è diretta.”
“In quella palla di sabbia?!”
Finn era arrivato poco dopo con il fiatone e lo sguardo stralunato. Al sentir nominare Jakku, la sua faccia si era contorta in un’espressione schifata.
“Perché mai Jakku le dovrebbe mancare?” aveva chiesto.
“Piuttosto, perché mai non avrebbe dovuto dirlo?” aveva ribattuto Poe.
Eppure, nonostante la situazione inspiegabile, avevano deciso che la loro missione di salvataggio sarebbe partita da lì. E se non fosse stato per il piccolo droide bianco e arancione, avrebbero vagato inutilmente per le distese di sabbia di quel pianeta remoto per chissà quanto tempo.
BB-8 aveva sempre avuto un certo talento nel passare inosservato. Quando Rey si era avvicinata al caccia di Luke, arrampicandosi per infilarsi nella carlinga, non aveva minimamente notato la piccola palla di metallo che stava controllando un’ultima volta i database della nave. Aveva fatto giusto in tempo a sganciarsi prima del decollo, ma a quel punto la ragazza aveva già inserito le coordinate.
“Ilum?”
Poe aveva guardato Finn come se lui fosse stato in grado di spiegargli il perché di quella scelta, ma l’ex assaltatore si era limitato ad alzare le spalle. I due avevano emesso un gemito esasperato.
Nel giro di mezz’ora, con le giacche imbottite in mano e i blaster carichi infilati nelle fondine, si erano accomodati nel Falcon. Chewie si era seduto sul sedile del co-pilota con un verso irritato. Poe dovette spiegargli a grandi linee il perché di quella destinazione così fredda, ma la confessione non produsse nel Wookie un effetto positivo. Con un grugnito, si concentrò sui pulsanti e avviò il motore del mercantile.
Il Falcon si librò nell’aria con un rombo profondo, pronto per quel nuovo incarico.
 
***
 
Rey aveva avuto così tanta fretta di partire che non si era minimamente preoccupata di come fosse Ilum. Era sgattaiolata nel vecchio caccia di Luke, stringendo il libro consunto tra le dita, ed era decollata in un baleno, come se la base ribelle fosse stata sul punto di esplodere.
Non si era domandata alcunché sul pianeta verso cui era diretta finché non era apparso davanti a lei.
Così come Jakku presentava tutte le sfumature dell’oro, Ilum possedeva tutta la scala cromatica del grigio. In alcuni punti si scuriva fino a diventare di un indaco tenue, in altri appariva bianco come la neve.
La ragazza era rabbrividita a quella vista.
Ricordava benissimo la prima volta che aveva visto la neve sulla Base Starkiller, i suoi fiocchi fragili e gelidi che si attaccavano ovunque, perfino alle ciglia. All’inizio ne era rimasta stregata, ma poi aveva dovuto fare i conti con il freddo e la meraviglia si era completamente dissolta.
Il ricordo del vento gelido che le sfiorava la pelle la fece amaramente pentire di essere partita in modo così avventato, senza portarsi degli indumenti più caldi. Gli abiti che indossava andavano bene per la calura afosa di Ajan Kloss, di certo non per un pianeta i cui colori promettevano ghiaccio e bufere.
Inspirò profondamente e iniziò la manovra di atterraggio. Quando entrò nell’atmosfera, l’Ala-X fremette e sbandò, travolto dal vento. Più si abbassava di quota e più l’aria si faceva carica di neve, tanto da farle temere di non riuscire a distinguere la superficie.
Furono attimi di pura angoscia e concentrazione.
Solo quando terminò l’atterraggio, sbattendo malamente sul ghiaccio e facendo emettere al caccia uno stridio acuto, Rey si accorse di aver trattenuto il respiro per tutta la manovra.
Osservò la neve depositarsi sul muso dell’Ala-X, chiedendosi se fosse nel posto giusto. Si era avvalsa della Forza per raggiungere le Grotte dei Cristalli, ma non aveva idea di quanto fossero estese, né di come si presentassero in superficie.
Eppure, qualcosa le diceva che lì, dietro a quel muro immenso di roccia nera e lucida, si trovava l’ultimo frammento che legava Ben alla vita.
Con un sospiro si slacciò le cinture di sicurezza e depose il vecchio tomo sotto al sedile. Lì dentro non ne avrebbe avuto bisogno, o almeno così pensava.
 
***
 
“Non possiamo andare più veloci?”
Poe si girò verso Finn, le sopracciglia sollevate all’inverosimile in un’espressione esterrefatta. Accanto a lui, Chewie non mosse nemmeno un muscolo sotto la folta pelliccia, come se non avesse sentito le parole dell’ex assaltatore.
“Sì, insomma…” continuò Finn, con la voce trasudante nervosismo, “il Falcon non era una delle navi più veloci della Galassia?”
Poe tornò a concentrarsi sui comandi. Attorno a loro, lo spazio cosmico si allungava, deformandosi per far passare il Falcon.
“Abbiamo già fatto il salto a velocità luce, Finn. Più veloci di così…”
“Di questo passo non arriveremo mai in tempo,” borbottò lui di rimando.
“Vedrai che ce la faremo.”
“Non riesco proprio a capire perché l’ha fatto… come se non lo sapesse, che Ren è pericoloso!”
Poe continuò a tenere lo sguardo sulla barra dei comandi, indeciso su come rispondere.
“Secondo te perché non ce l’ha detto?” chiese Finn.
“Forse perché sapeva che non ci saremmo fidati.”
“Come potremmo fidarci di lui?! È assurdo…”
 “Forse ci sbagliamo, forse Rey non è in pericolo.” Poe si morsicò l’interno della guancia, immerso ne pensieri. “E poi l’ha chiamato Ben Solo, non Kylo Ren.”
“E dovrebbe far differenza?” sbottò Finn. Uscì sbuffando dalla cabina di comando, per poi rientrarci subito dopo. Il suo nervosismo era tale da renderlo simile a una trottola impazzita.
“Beh, sì,” rispose Poe. “Se si è redento e l’ha aiutata a uccidere Palpatine, Kylo Ren è morto prima di Ben Solo, giusto?”
“Redento?”
I due si fissarono, gli occhi colmi di perplessità. Rimasero immobili per un tempo che parve a entrambi lunghissimo, finché Poe non trovò il coraggio di chiedergli: “Rey non ti ha detto che Ren l’ha aiutata a sconfiggere l’Imperatore? Che si è sacrificato per lei?”
Finn scosse la testa, incapace di proferir parola.
“Sei sicuro?” chiese Poe, cercando di moderare il disagio che trapelava dalla sua voce.
In un attimo, Finn venne invaso dall’angoscia. Dominando a malapena l’angoscia, setacciò i ricordi delle ultime settimane. Dialoghi e incontri sfilarono davanti ai suoi occhi, finché non si rivide davanti al monumento dedicato a Leia, con Rey al suo fianco. Con una punta amara di disgusto, si ricordò di come l’aveva lodata sfrontatamente, senza lasciarla parlare, facendole i complimenti per aver messo fuori gioco il nemico per sempre. E Rey aveva disperatamente cercato di interromperlo per dirgli qualcosa, finché l’entusiasmo di lui non aveva soffocato ogni sua parola e, alla fine, ci aveva rinunciato.
“Quindi… Quindi lei lo ha perdonato?” balbettò Finn.
Poe annuì.
L’ex assaltatore si prese la testa tra le mani, travolto dal senso di colpa e dalla nausea che gli attorcigliava lo stomaco. Ma quel malessere fu presto sostituito da un dubbio ancor più penetrante, che gli fece rizzare i capelli.
“E se lui avesse solo inscenato la sua redenzione?”
Poe inarcò un sopracciglio. “Non ti seguo.”
“Se fosse tutta un imbroglio, un modo per portarla al Lato Oscuro?”
“Sinceramente, lo trovo assurdo.”
Ma Finn non demorse. Si chinò sull’amico, riducendo la voce a un sussurrò concitato. “Pensaci, Poe… Perché Rey avrebbe dovuto perdonarlo così facilmente? Le ha portato via tutto.”
Il Generale Dameron si schiarì la voce. Più si avvicinavano alla meta, più il quadro gli sembrava completo. “Settimane fa Rey mi disse che la guerra è guerra, che siamo tutti colpevoli.”
Finn non riuscì a trattenere una risata stizzita. “Non credo proprio, ci sono colpe ben più grandi di altre. Difendere la Galassia dalla tirannia, dalla schiavitù e dalle ingiustizie è un dovere.”
“In ogni caso, non credo la stia manipolando con i suoi poteri o che so io. Era convinta di quello che stava dicendo… e forse non aveva tutti i torti. Voglio dire, se le cose sono andate così come ha detto, allora senza di lui non saremmo mai riusciti a vincere la battaglia su Exegol.”
La voce di Finn tremò leggermente mentre rispondeva. “Avrà avuto anche un ruolo decisivo, ma la guerra è partita da lui!”
“Ma se c’era Palpatine dietro a tutto… Alla fine Ren era solo un ragazzino quando è stato traviato e credo che nessuna delle scelte che ha fatto sia stata facile!”
D’altronde, Poe se lo ricordava bene il giorno in cui il Generale Organa era crollata su una sedia davanti ai suoi uomini nell’apprendere quello che Ben aveva fatto a Luke e agli altri padawan. Era poco più di un ragazzo all’epoca, ma quella scena era ancora ben impressa nella sua memoria.
Finn fece un respiro profondo, passandosi una mano sulla fronte.
“Io credo che, per quanto possa essere stata terribile la scelta che ha fatto, ciò non cambia le cose. Perché ha scelto, capisci? Ha scelto di tradire… e di uccidere innocenti.”
Le sue parole aleggiarono nella cabina di pilotaggio, gravose come sentenze definitive. Poe, incapace di ribattere, rimase in silenzio con lo sguardo fisso davanti a sé.
Fu di nuovo Finn a parlare: “E se Rey non fosse in sé, comunque? Se l’ombra di Kylo la stesse avvelenando, facendole dire cose a cui non crede?”
A quel punto, un grugnito frustrato fece voltare entrambi verso il Wookie che, benché fosse rimasto immobile ai comandi senza emettere alcun suono dall’inizio di quel dibattito, aveva deciso finalmente di intromettersi. I suoi versi, accompagnati da un largo gesto del braccio peloso, avevano un che di scocciato e triste insieme.
Finn, incapace di dare un senso ai quel linguaggio incomprensibile, fissò Poe… ma anche quest’ultimo aveva uno sguardo perplesso.
“Che vuoi dire, Chewie?”
Il Wookie grugnì di nuovo, questa volta più a lungo.
A un passo dal perdere la pazienza, Finn guardò Poe e gli indicò la montagna di pelo. “Hai capito che ha detto?”
Questa volta, il Generale Dameron annuì. “Dice che Leia stessa non riuscì a capire perché Luke perdonò Vader. Per anni glielo rinfacciò, prima di riuscire a comprendere quella decisione.”
“E… cosa c’entra?”
Poe e Chewie si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Qualsiasi cosa ci dirà Rey, dovremo fidarci del suo giudizio. Lei ne sa più di tutti noi messi insieme. E forse, col passare del tempo, capiremo anche noi.”
 
***
 
Non sapeva nemmeno lei com’era riuscita a entrare nell’antico tempio Jedi.
Appena era scesa dal caccia, il freddo glaciale l’aveva quasi tramortita. Il vento le aveva sferzato la pelle con terribile violenza, infilzandole la pelle come minuscole spine di ghiaccio. I muscoli le si erano intorpiditi e il suo stesso corpo le era diventato estraneo. Le labbra, quasi violacee, si erano spalancate in cerca di ossigeno, mentre i pensieri le si erano annebbiati sempre di più.
Il vento l’aveva costretta a socchiudere gli occhi. La neve scendeva così copiosamente che i contorni dell’enorme muro che le si ergeva davanti erano sfuocati, indefiniti.
Un passo strascicato alla volta, si era avviata verso quello che credeva fosse l’ingresso.
Non ricordava con esattezza cos’era successo a quel punto. Nella sua testa vorticavano immagini slegate tra di loro, come se non le appartenessero. Ma rammentava bene la sensazione che l’aveva pervasa quando si era ritrovata a pochi metri dalla nuda roccia. Aveva sentito un’antica consapevolezza pervaderla, proprio com’era accaduto su Exegol. La Forza le era venuta in aiuto, sussurrandole cosa fare.
Combattendo gli spasmi violenti dovuti al freddo glaciale, aveva concentrato l’energia che le era rimasta sul portale del tempio… e quello, finalmente, si era aperto.
Rey si era trascinata al suo interno a fatica. Varcata la soglia, si era sentita subito meglio, al riparo dal vento sferzante e implacabile. Ma quella sensazione di sollievo sarebbe durata poco, giusto il tempo che il suo corpo avrebbe impiegato per adattarsi alla nuova temperatura. In quel momento, con i muscoli irrigiditi e il respiro che si condensava davanti al suo viso in piccole sagome indistinte, le era mancata come non mai la calura soffocante di Jakku.
Mano a mano che la sua mente si snebbiava, lo sguardo della ragazza vagava tra le pareti lucide del tempio. Nonostante fosse rimasto incustodito per decine e decine di anni, l’usura del tempo sembrava non avesse intaccato quel luogo sacro, come se fosse rimasto ostinatamente in attesa del ritorno dei Jedi.
Sui lati si facevano largo due gallerie strette e buie, una opposta all’altra.
Nel tragitto verso Ilum, si era domandata a lungo come sarebbe riuscita a trovare ciò che cercava. Ben le aveva spiegato che quelle grotte erano labirintiche e che ci si poteva addirittura perdere al loro interno nel cercare il proprio kyber. Tuttavia, Rey non si sentì spaesata o avvilita. Mentre il respiro le tornava pian piano regolare, si faceva strada in lei una nuova consapevolezza, simile a un vecchio ricordo che veniva gradualmente a galla. Percepiva una sorta di richiamo, la stessa sensazione che l’aveva investita su Takodana, quando la spada laser di Luke l’aveva richiamata a sé.
Con commosso stupore, si avviò verso quel nuovo segnale. Le giunture delle gambe, ancora intirizzite dal freddo, si mossero a fatica, simili a ingranaggi arrugginiti.
Attraversò l’ingresso del tempio ed entrò in una delle gallerie. Più vi si addentrava, più la temperatura scendeva. Il freddo tornò a pungerle la pelle, costringendola ad avvolgersi le braccia intorno al corpo. Tuttavia, benché le sue membra tremassero per il freddo, la sua mente era incredibilmente lucida. Gli occhi saltavano da uno parete all’altra, soffermandosi sulle sporgenze frastagliate della roccia. Erano di un nero tendente al bluastro, così affilate da scintillare nella penombra. La luce, entrando dall’ingresso del tempio, si faceva strada nella galleria, rimbalzando da una parete all’altra e rischiarando il percorso.
Le gambe della ragazza continuarono ad avanzare come quelle di un automa, superando bassi cunicoli e strettoie. Seguì quel sentiero invisibile mostratole dalla Forza finché non si trovò in un vicolo cieco. Lo sguardo di Rey si posò su uno spuntone che si ergeva dal suolo, simile a una stalagmite di ghiaccio. La punta, di un rosso vivo, si stagliava nella semioscurità.
Rey sorrise e, senza rendersene conto, allungò una mano tremante verso l’estremità scarlatta.
“Allontanati da lì.”
Le dita della ragazza si immobilizzarono a qualche centimetro dalla roccia.
Rey non si mosse, per quanto la tentazione di voltarsi verso quella voce fosse forte. Il respiro accelerò, non sapeva nemmeno lei se per la rabbia o la sorpresa.
Si ritrovò a pensare che doveva essere comodo, per un fantasma, sparire e ricomparire a piacimento, ignorando volutamente i suoi appelli e rifacendosi vivo solo quando gli faceva più comodo.
La tentazione di ignorarlo apertamente, così come aveva fatto lui, fu davvero forte.
La mano, rimasta sospesa a mezz’aria, riprese la sua avanzata verso la roccia.
“Rey, allontanati da lì.”
Benché bassa e ferma, la voce di Ben tradì il suo nervosismo.
“Appena avrò finito,” lo provocò lei.
“Non pensi di dover chiedere il permesso?”
Pur rendendosi conto della strategia che si celava dietro quella domanda, Rey abbassò il braccio.
“Te l’avrei chiesto, se ti fossi fatto vivo. Sai com’è, chi tace acconsente…”
“Che stronzata.”
Rey sospirò. Il fiato si condensò davanti ai suoi occhi, attorcigliandosi in volute disordinate.
Per quanto le pesasse ammetterlo, sotto un certo punto di vista Ben aveva ragione. Non gli aveva chiesto il permesso di prelevare il suo sangue e di manipolarne il DNA… senza alcuna conoscenza a riguardo, tra l’altro. D’altra parte, però, era tremendamente infastidita dal suo atteggiamento. Forse non aveva le capacità o la strumentazione adatta per avviare quell’esperimento – non ancora, almeno – ma lui sembrava non voler prendere in considerazione quell’idea a prescindere! Era sicura che si fosse intestardito contro quell’opportunità solo per indispettirla.
Inspirò a pieni polmoni e finalmente si voltò verso di lui.
Ben appariva ancor più alto del solito in quello spazio angusto e i capelli spettinati sfioravano il soffitto della galleria. Le spalle erano rigide e tese, ogni muscolo sembrava in tensione. Gli occhi scuri, colmi di preoccupazione e dolore, tradivano l’espressione decisa del viso.
“Almeno prendila in considerazione...” chiese infine.
“È una pratica Sith!”
“Eppure sono stati i Jedi a richiedere un esercito di cloni durante la Repubblica!”
“Sì, e guarda com’è finita…”
Rey fece un passo verso di lui, rischiando di cedere alla frustrazione. “Ma non accadrà di nuovo! Tu sarai l’unico clone esistente nella Galassia intera… Non creeremo un esercito.”
Gli occhi scuri di Ben scintillarono di una luce sinistra. Quando rispose, la sua voce fu così bassa e profonda da far venire i brividi alla ragazza.
“Io non ti ho dato la mia vita per vederti cedere al Lato Oscuro.”
Quella frase la schiaffeggiò in pieno volto. Rey sentì la propria mandibola cadere, trasformandole la bocca in un’espressione offesa e incredula.
Quindi era così? Ben credeva che lei dovesse obbedirgli perché si era sacrificato?
L’affronto fu talmente grande che il suo corpo fremette di rabbia.
“Non ti ho chiesto io di farlo,” sibilò tra i denti.
La sua stessa sorpresa per un attimo velò anche gli occhi di Ben prima che si alzassero verso il soffitto della grotta, tradendo l’esasperazione. Era quasi imbarazzante la facilità con cui riusciva a leggerle la mente in quel momento.
“Davvero credi che l’abbia fatto perché ero in debito con te?”
Gli occhi di Rey si socchiusero in due sottili fessure.
A malapena riconobbe la sua stessa voce, così carica di disgusto e di sfida. Si sentiva alienata, come se il proprio corpo non le appartenesse più. Non si rese nemmeno conto della risposta che gli diede.
“No, certo che no. L’hai fatto perché io meritavo di vivere e tu no, giusto?!”
Ben sussultò, colpito nel profondo.
A quella vista, Rey tornò in sé. Venne investita in pieno dal senso di colpa, ma non osò abbassare gli occhi. Non si distoglie lo sguardo in mezzo a una battaglia, nemmeno quando ciò che ti circonda è agghiacciante, perchè è proprio in quei momenti che bisogna giocare la partita fino in fondo.
Alzò una mano a indicare la roccia e il sangue scarlatto all’interno.
“Metti da parte i sensi di colpa, per una volta. Abbiamo… Hai la possibilità di tornare a vivere. Il corpo sarà nuovo, ma le esperienze e i ricordi saranno tuoi.”
“Ho detto no.”
La risposta di Ben arrivò immediatamente, cupa come il ringhio di un Reek.
“Ma perlomeno spiegami perché!” urlò Rey.
Ben la fissò per un lungo momento, senza dire una parola, con lo sguardo più gelido che mai. Rey tentò inutilmente di caaptare le sue emozioni, ma senza risultato. Ben aveva di nuovo innalzato il vecchio muro per proteggersi e lei non riusciva a sentire nemmeno una briciola dei suoi pensieri. Non potendosi affidare alla Forza, si arrese alla logica.
Si era promessa di non pensare ai propri sentimenti, di mettere da parte tutto quello che c’era stato tra di loro, ma non era più possibile. Se era davvero quell’incomprensione a tener lontano Ben dalla clonazione, avrebbe dovuto cambiare programma e chiarire una volta per tutte.
“Avrai la tua libertà, una volta clonato,” sussurrò, la voce tesa per l’imbarazzo.
Lui la guardò esterrefatto, incapace di dare un senso a quelle parole.
“Sì, insomma...” continuò Rey, visibilmente a disagio, “…non ha nulla a che fare con quanto successo ieri.”
Il ricordo di quel bacio mancato la fece arrossire. Si sforzò di scacciarlo dalla mente prima che lui potesse percepirlo.
“Sarai libero, ecco,” concluse a fatica.
“Sei veramente un’ingenua.” Ben scosse la testa, reprimendo a fatica un sorriso. Sembrava essersi ritrasformata nella bambina spaventata abbandonata su Jakku. “L’unica cosa che mi fa desiderare di tornare in vita sei tu.”
Gli occhi della ragazza si spalancarono per la confusione e per la sorpresa di quella confessione. Ma non fece in tempo a tramutare lo sbalordimento in felicità perché lui aggiunse: “E sei anche ciò che mi spinge a non farlo.”
Rey deglutì a vuoto. La testa le girava furiosamente dandole la nausea.
“Io… io non capisco.”
“Immagina, Rey. Come pensi potrebbe essere la mia vita ora?”
Rispose così piano che Ben fece fatica a sentirla. “Staresti con me...”
“Non ti condannerei mai a una vita in esilio.”
“Ma perché in esilio? I miei amici capirebbero, ti accoglierebbero… ne sono sicura.”
Vide Ben inarcare un sopracciglio mentre le parole di Poe riaffioravano prepotentemente dai ricordi,
Nemmeno la redenzione o il sacrificio più grande mi farebbero perdonare quel mostro.
“Forse riusciresti anche a convincere i tuoi amici più cari, Rey… Ma sono troppe le persone che ballerebbero sul mio cadavere.”
“Ma a me degli altri non importa.”
La voce di Ben risuonò nervosa, quasi spazientita. “Non vuoi capire che non avresti più una vita?”
Rey fece per ribattere, ma la zittì con un cenno della mano.
“So cosa stai per dire… Che ti basterebbe stare con me, che saresti felice così. Ma non voglio. Non lo voglio per te e, soprattutto, non lo voglio per me! Quanti inizierebbero a darmi la caccia per trovarmi e condannarmi a morte o all’ergastolo? Sarei costretto a fuggire nei posti più remoti della Galassia, a rifugiarmi su chissà che pianeta sperduto, finché non sarei così nauseato dalla vergogna da consegnarmi io stesso nelle mani della giustizia!”
“Ti sei redento, questo conta comunque qualcosa,” sussurrò lei. Ma la verità delle parole di Ben si stava già depositando dentro di lei, appesantendole il cuore e schiacciandole i polmoni.
“La redenzione è anche questo. È affrontare le proprie responsabilità, anche se sai già che il mondo resterà spietato nei tuoi confronti e che ti punirà fino in fondo.”
Rey cercò di incamerare aria. Lottò contro lo sconforto che cominciava a inghiottirla, mentre un vecchio timore, che era riuscita ad accantonare per settimane, tornava a riemergere con prepotenza.
“Non t’importa di quello che dovrò tollerare io? Sei morto, la Diade si è indebolita… non c’è più equilibrio!”
“Il nostro legame va al di là del tempo e dello spazio. L’equilibrio esiste ancora e siamo stati noi a ricostituirlo...”
“Ma eravamo insieme! Io da sola non posso farcela, non ho tutte le tue conoscenze o le tue abilità.”
“Pensi che saper maneggiare la spada alla perfezione o poter bloccare il laser di un blaster sia tutto?”
Gli occhi di Ben scintillarono nella penombra, colmi di timore e nervosismo.
“Rey… è vero che abbiamo vinto insieme,” continuò. “Ma la vera sfida inizia ora. Ripristinare la pace è un conto, mantenerla è un altro. La Galassia ha bisogno di sostegno, di qualcuno che l’aiuti a crescere. Ha bisogno di pazienza, perseveranza e coraggio… e queste qualità tu le avevi già prima di incontrarmi e le hai ancora.”
“Io non la voglio questa responsabilità.”
Ben la fissò senza battere ciglio per quelli che parvero istanti infiniti. La pazienza non era una delle virtù principali del giovane Solo e l’ingenua testardaggine di Rey lo stava mettendo a dura prova.
“Ci sono tanti pesi che la vita ci fa gravare addosso anche se non vogliamo sopportarli.”
Benchè una parte di Rey comprendesse a pieno quelle parole, l’altra metà non riusciva proprio ad accettarle. Sentì una fitta fastidiosamente familiare all’altezza della gola, quel dolore che denuncia l’inizio di un pianto a stento trattenuto.
“E non ti importa che non la voglio, questa vita, senza di te?”
Le lacrime si staccarono dalle ciglia, precipitando verso il pavimento roccioso. Se tutto fosse andato secondo i piani, Rey non si sarebbe mai fatta sfuggire una frase simile, non avrebbe mai giocato quell’ultima carta. Si sarebbe categoricamente rifiutata di esprimere in modo così sdolcinato e patetico i suoi sentimenti, ma non aveva fatto i conti con le parole di Ben, e ora c’era troppo dolore per ignorarli. La paura di perderlo del tutto le annebbiava i sensi.
Ben fece un passo verso di lei e distese le labbra nel tipico ghigno da contrabbandiere.
“In realtà, sì.”
Ma nonostante la presenza del sorriso caratteristico dei Solo, Rey non si sentì più tranquilla, né fu lusingata da quelle parole. Era troppo irrequieta, troppo spaventata da quel futuro che le si poneva davanti.
“Non… non posso farcela,” mormorò.
Il corpo di Ben si fece ancor più vicino.
“Non ti arriverà mai niente che non sarai in grado di sopportare.”
Il fantasma si chinò sulla ragazza, fronte contro fronte, le iridi scure di lei immerse in quelle luminose di lui. La vita che guardava in faccia la morte, il futuro che sfidava il passato.
La voce di Rey si trasformò in un flebile sussurro. “Ben, io...”
“Lo so.”
Nei decenni che sarebbero seguiti, Rey avrebbe cercato inutilmente di ricordare ogni singolo istante di quel momento, ma senza riuscirci. La confusione e l’ebbrezza furono tali che nella sua mente s’impressero solo i particolari: le labbra di Ben, fredde e calde allo stesso tempo, che sfioravano le sue, l’elettricità che saettava da uno all’altra, l’euforia. E poi il sangue che scorreva nelle vene con una tale intensità da riempire il silenzio, i denti di Ben che scintillavano al buio mentre sorrideva, gli occhi calmi e tristi, ma allo stesso tempo felici e sollevati. Ma soprattutto, ogni giorno, Rey avrebbe risentito il bruciante desiderio di avere di più e l’amara consapevolezza che non ci sarebbe stato altro… non in quella vita.
Ben rimase con la fronte appoggiata alla sua per quelle che parvero ore, o forse solo per un istante. Il tempo perse la sua dimensione, dilatandosi e restringendosi in modo confuso, come se non fosse più padrone di se stesso, perché la Diade gli era immune e andava oltre la mera dimensione umana.
Rey si aggrappò con tutte le sue forze a quella felicità che per tanto tempo aveva rincorso, senza riuscire mai a raggiungerla. La strinse a sé con ferocia, quasi con violenza, con il timore che se ne sarebbe andata insieme a lui. 
Il volto di Ben sparì davanti ai suoi occhi, ma la sua voce, calda e profonda, risuonò nella grotta un’ultima volta.
Ti aspetterò dove il sole incontra il sole.
Rey rimase immobile, lo sguardo fisso davanti a lei, posato ormai sul nulla. Restò in piedi, al buio, con l’eco di quelle parole in testa e il respiro accelerato.
Due voci spezzate, simili a singhiozzi, la raggiunsero, accompagnate da passi veloci e disordinati.
Con le gambe che ancora tremavano, la ragazza, incredula, s’incamminò nella loro direzione, dirigendosi verso l’ingresso del tempio. Si bloccò per l’incredulità quando riconobbe i volti di Poe e Finn. I due Generali si fecero avanti, con gli sguardi colmi di preoccupazione che spuntavano da sotto i cappucci delle giacche, fermandosi a un passo da lei. Finn aprì e richiude la bocca un paio di volte, desideroso di dire qualcosa ma incapace di trovare le parole. Alla fine allungò un braccio, porgendole quello una giacca imbottita uguale a quelle che indossavano loro.
Rey la prese con cautela, come se potesse scottare.
Alla fine fu Poe a fare un ultimo passo verso di lei e a rompere quel silenzio sempre più soffocante.
“Stai bene?” mormorò.
Lei scosse la testa, ricacciando a fatica le lacrime che di nuovo minacciavano di sfuggirle, e si tuffò verso di loro. I due vacillarono, presi alla sprovvista. Poi l’avvolsero tra le braccia, stringendola quasi a soffocarla. Rimasero così, con le teste che si toccavano, finché l’apprensione non lasciò pian piano la presa dai loro cuori, rimpiazzata dalla fiducia.
Fu di nuovo Poe il primo a sciogliere l’abbraccio. “Forza, andiamo a casa.”
E insieme si avviarono, aggrappati l’un l’altro per tener testa alla bufera, si diressero verso il Falcon.
La roccia scarlatta rimase dov’era, unica testimone di quell’addio che era solo un arrivederci, imperitura guardiana dell’immortalità di Ben Solo.
 

 
 

Note:
La frase di Chewie, quella relativa a Leia, ha un fondamento Canon (se non sbaglio, dovrebbe essere presente nel libro Bloodline).
 

Angolino oscuro dell’autrice:
So che alcuni di voi non saranno molto contenti della presente scelta narrativa, ma era questo il piano originale ed è stato tutto ragionato (“orchestrato”, oserei dire) fin dall’inizio per arrivare a questa conclusione.
Ad ogni modo, manca ancora l’epilogo. Se tutto va bene, arriverà molto più in fretta rispetto a quest’ultimo!
A presto e che la Forza sia sempre con voi,
Helmwige
  
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