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Autore: dracodraconis    10/05/2020    0 recensioni
mi sono decisa a scrivere qualcosa di breve e leggero, per riprendermi dalla stesura della mia opera prima (l'ottavo anno); siamo alla fine del sesto anno, ma questa fanfiction non tiene conto del sesto libro... harry ha appena scoperto che il biondo Serpeverde non gli è poi così antipatico... ma... dite che ce la faranno a capirsi, prima o poi? forse sì, se qualcuno decide di dargli una mano!
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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Ed ecco l’aggiornamento!
Non so se seguite entrambe le mie fanfiction e magari speravate in un nuovo capitolo dell’altra…
In ogni caso, spero che abbiate festeggiato adeguatamente l’anniversario della Battaglia di Hogwarts!
Scherzi a parte, mi auguro che stiate tutti e tutte bene.
 
La canzone di accompagnamento a questo capitolo è un omaggio a una serie televisiva: il primo bacio tra Veronica Mars e Logan Echolls!
 
https://www.youtube.com/watch?v=LdETOdMFWOs
 
Buona lettura, Puffole Pigmee!
 
 
 
 
 
 
 
Era ovviamente una sfida: a chi avrebbe ceduto prima; a cose normali Harry sarebbe sbottato come il coperchio di una pentola che bolle, era quello che faceva sempre: lasciarsi sopraffare dallo scoppio emotivo e non riuscire a tapparsi la bocca in tempo; ce la mise tutta per far imbestialire Malfoy con la propria mancanza di reazione. Ma Draco, seppur furioso, era un vero e proprio professionista nel far andare fuori di testa la gente, e soprattutto Harry Potter: si allenava da anni in questo, conosceva le mosse giuste; non sembrava intenzionato a lasciarsi influenzare e, dopo un ragionevole lasso di tempo in cui stettero frementi di rabbia uno davanti all’altro, si limitò a girarsi e incamminarsi verso il proprio letto: si spogliò con gesti misurati, indossò il pigiama e si mise a letto, volgendo la schiena al Grifondoro e apparentemente rilassandosi sotto le lenzuola; in realtà, rimase vigile e con gli occhi puntati  di fronte a lui, sul muro, in assoluta concentrazione per cogliere un qualsiasi movimento di Potter, furente e a mala pena controllato.
-Devi per forza essere il frutto di ripetuti accoppiamenti tra consanguinei, è chiaro che hai il cervello marcio-, constatò la voce del moro, vibrante di risentimento.
A quel punto Draco si permise di sorridere, rassicurato: anche se malmostoso, Harry gli stava dando una possibilità di rapporto, di confronto. Oh, conosceva sin troppo bene quel ragazzo occhialuto e testardo, sapeva che non lo avrebbe lasciato andare così, che anche la lite sarebbe stata meglio di niente. E sotto alla sensazione trionfante di sapere come Potter si sarebbe comportato e di averlo portato esattamente dove voleva, si sentì stranamente confortato e sollevato dall’aver meritato ancora una volta l’attenzione dell’altro, se pur in maniera distorta: la rabbia scemò un poco. Ma non abbastanza: si girò verso Potter, che sostava ancora nei pressi della porta e raccolse la sfida, bene felice di poter finalmente lasciar correre a briglia sciolta il risentimento che covava per essere stato messo in disparte a vantaggio di Boot.
-In ogni caso io non mi perdo a scodinzolare dietro a una qualsiasi persona che mi riservi un minimo di attenzione solo perché penso di essere l’ultima ruota del carro dell’intero Mondo Magico, così come lo ero in quel sottoscala pulcioso da bambino; santo cielo, Potter, sei imbarazzante. Sono gli ormoni a farti comportare così, o è la tua autostima che rasenta lo zero?-
-Adesso basta! ADESSO BASTA!-, sbraitò Harry, e la sua furia fu accompagnata dallo scoppio di un vaso di fiori su un tavolino.
Draco ruotò piano gli occhi, piuttosto allarmato, in tempo per notare l’acqua che gocciolava sul pavimento.
Harry nel frattempo stava continuando a urlare.
-Porcamerda, Malfoy, ma non ci riesci proprio mai a startene tranquillo con quella lingua inacidita dentro la bocca? C’è una cazzo di occasione al mondo in cui riesci a restare zitto e a non rovinare le cose? Ogni volta che inizio a pensare che tu sia una persona decente mandi tutto a puttane con un’uscita che mi fa pentire di averlo pensato! Ogni volta che mi rilasso, tu mi dimostri che ho fatto male ad abbassare la guardia! Sei uno stupido ragazzino viziato che crede che tutti debbano seguire il suo culo purosangue! Ma, ehi, notizia dell’ultimo momento: il tuo culo non ha davvero niente di speciale!-
-Il mio culo? Il mio culo?! Razza di idiota, siamo qui in questa situazione assurda proprio perché tu non riesci a smettere di SEGUIRE IL MIO CULO!-
-SÌ, BE’, TI DO UN AGGIORNAMENTO! IL TUO CULO È DECISAMENTE MIGLIORE DEL TUO CARATTERE DI MERDA!!! SE SOLO SI POTESSE SEPARARE QUELLO DAL RESTO ME LO POTREI DI SICURO GODERE SENZA CHE LA TUE SPARATE DEL CAZZO GUASTASSERO TUTTO!-
-NON TI LASCEREI GODERE IL MIO CULO A COSTO DI FARMELO ESLPODERE CON UN INCANTESIMO!-
-OH, ORA COME ORA IL TUO DANNATO CULO VORREI SOLO PRENDERLO A CALCI, SPOCCHIOSO DEFICIENTE!-
Mentre si insultavano si erano avvicinati e girati intorno, per cui a quel punto fu facile aggredirsi: lasciarono da parte le parole e cominciarono a darsele di santa ragione.
 
Fu Harry ad avere la meglio, quasi subito, probabilmente perché il pigiama di seta di Draco non era il migliore abbigliamento per fare a cazzotti.
Tempo pochi minuti, Draco era riverso supino sul tappeto, che tentava di strisciare probabilmente verso un oggetto contundente da usare come arma; dato che il pigiama di seta lo rendeva scivoloso, Harry, a cavalcioni sulla sua schiena, stava fallendo nel trattenerlo: quindi smise di tentare di slogargli una spalla tirandogli il braccio all’indietro e gli si sdraiò di peso sopra, passandogli l’avambraccio intorno alla gola, per immobilizzarlo. Il Serpeverde provò a scrollarselo di dosso dimenandosi e tentando di alzarsi carponi, ma Harry fece forza per trattenerlo a terra, schiacciandoglisi contro.
Draco ululò, acuto e indispettito, per quel contatto che non lasciava niente all’immaginazione e raddoppiò gli sforzi: forse tutto quello strusciarsi avrebbe potuto avere dei risvolti positivi, se non fosse stato per l’ultima sgroppata di Draco. Infatti il ragazzo iniziava a sentire una certa carenza d’aria e questo rese alquanto irrazionali i suoi movimenti: piantando una mano a terra riuscì a far perno e a divincolarsi rotolando su un fianco; appena si fu tirato in piedi, assestò un calcio al moro, ma si era dimenticato di essere senza scarpe e si fece male contro le costole di Harry: mentre imprecava saltellando su una gamba sola, l’altro si tirò in piedi e partì alla carica.
Volarono cazzotti come mai prima di allora tra i due, fino a che non ebbero più fiato e il sangue e il sudore appannarono la loro vista. A quel punto si erano dimenticati il vero e proprio oggetto della lite, ma sbandieravano entrambi risentimento l’uno verso l’altro: un risentimento cocente, appassionato, fiero e selvaggio, che faceva ansimare e rabbrividire e…
“Dio, è bellissimo anche stravolto dalla rabbia e scarmigliato e con un sopracciglio spaccato”, pensò incoerentemente Harry, mentre avvertiva i quadricipiti tremare e minacciare di venirgli meno per via della stanchezza e dello sforzo. Non ce l’avrebbe fatta a tirare un altro pugno senza stramazzare svenuto.
“Gli splendono gli occhi come due fuochi di smeraldo, è ipnotico”, si disse Draco tentando di alzare il destro per un colpo e sentendo pesare la mano come un macigno. Non sarebbe riuscito a mettere a segno un altro cazzotto neanche se ne fosse dipesa la sua vita.
Restarono ancora a fronteggiarsi per un momento, ringhiandosi contro in attesa di riprendere fiato.
Ma prima che potessero decidere come proseguire, e sarebbe stato davvero interessante scoprirlo, un uccello picchiettò alla finestra.
Sobbalzarono entrambi, ma fu Draco, con passo malfermo e fiacco, ad andare ad aprire: aveva riconosciuto il barbagianni della madre e la preoccupazione montò rapida, rendendo i suoi gesti frenetici nell’aprire la pergamena dopo averla staccata dalla zampa dell’animale, il quale volò via senza attendere una risposta.
Appena Draco ebbe finito di leggere la missiva, e ci mise parecchio, il suo viso divenne una maschera inespressiva: bruciò la pergamena, senza una parola prese a guarirsi le ecchimosi e i graffi, poi si diresse in bagno, da dove provenne il rumore di acqua corrente; tornò in camera poco dopo, con la sola biancheria intima addosso e senza una parola o un cenno si sdraiò a letto tirandosi il lenzuolo fino a sopra la testa.
Sembrava aver cancellato la presenza di Harry, il quale preso in contropiede non seppe come comportarsi in quella situazione: il ragazzo attese un qualsiasi segno di vita per un certo lasso di tempo, ma Malfoy sembrava diventato una statua. Quindi, incapace di imbastire una reazione, rimase a fissare la silhouette dell’altro, fino a che gli parve che si fosse addormentato: a quel punto, con un sospiro di frustrazione e disagio, si spogliò a sua volta e si mise a letto.
 
Draco attese a lungo che il respiro di Potter si regolarizzasse in un sonno profondo: solo a quel punto si concesse di piangere, con brevi singhiozzi accorati e poche lacrime.
I suoi genitori non sarebbero tornati.
Narcissa Malfoy aveva inviato la lettera ragionevolmente sicura che nessuno avrebbe provato a intercettarla, dato che l’Oscuro Signore era all’estero e nessuno del suo schieramento aveva motivo di tenere d’occhio la famiglia Malfoy.
I suoi genitori avevano di fatto disertato.
Draco cominciò a mettere insieme i pezzi e capì che la madre aveva da tempo pianificato il tutto: chi sa come era riuscita a convincere suo marito dell’inutilità di seguire l’Oscuro Signore e a lasciarsi alle spalle quella situazione. Evidentemente lei era arrivata alla conclusione che il loro prestigio come Maghi Oscuri e famiglia altolocata non valesse la pena del rischio di perdere tutto in caso di sconfitta e aveva impiegato l’anno trascorso a organizzare quella fuga.
Draco aveva sempre pensato che la madre appoggiasse senza riserve le scelte del marito, ma a un certo punto Narcissa Malfoy doveva aver riveduto le proprie posizioni e deciso che per sopravvivere e rimanere liberi avrebbero dovuto allontanarsi dall’Oscuro Signore e da quella guerra imminente.
Era stato uno shock leggere le parole di sua madre: Lord Voldemort non era più un capo sensato e degno di essere seguito, la sua vittoria non era certa e i Malfoy avrebbero fatto meglio a pensare a loro stessi, come del resto avevano fatto già all’epoca della sua prima sconfitta.
Il prestigio andava benissimo, ma l’autoconservazione veniva prima.
Verso la fine della lettera vi erano le istruzioni per raggiungerli senza destare sospetti: avrebbe impacchettato le sue cose appena rientrato a casa, e poi un vecchio pupazzo di Draco si sarebbe trasformato in Passaporta la mattina del trentuno di luglio e lo avrebbe trasportato in un luogo sicuro in cui i genitori sarebbero andati a prenderlo; da lì successivamente avrebbero continuato a viaggiare verso un luogo sicuro, si sarebbero nascosti all’estero facendo perdere le proprie tracce. Gli elfi domestici avrebbero pensato al resto e poi li avrebbero raggiunti con i beni e il denaro. Le probabilità che la loro fuga non venisse scoperta se non quando fossero stati lontani e al sicuro erano dalla loro parte.
Draco era sconvolto, e per più motivi: il cambio di posizione di sua madre, suo padre che la assecondava, la prospettiva di un cambio tanto radicale nella sua vita, il fatto che si fossero allontanati da lui per avvertirlo solo a cose fatte senza chiedere il suo parere. Ma, in fin dei conti, era quello che avevano sempre fatto: avevano deciso e semplicemente comunicato le loro disposizioni; fino a quel momento Draco aveva subito le decisioni senza metterle in discussione, perché pensava che tutto sommato così dovessero andare le cose: i suoi genitori forse non erano molto affettuosi e la loro formalità spesso lo aveva ferito, ma lo amavano e volevano solo il meglio per lui. Nonostante questi pensieri razionali si sentiva abbandonato, almeno un pochino: la sua partenza avrebbe dato meno nell’occhio in questo modo, ma non potevano almeno chiarirgli come stavano le cose di persona? Non avrebbero, almeno per una volta, potuto discuterne? Invece che poche righe lapidarie di spiegazione e concise istruzioni senza diritto di replica, non avrebbero potuto raccontargli tutto come se lui fosse un’entità senziente e non una loro emanazione? Draco non dubitava del loro amore. Era della loro considerazione che diffidava. Pensò a Potter, steso a poca distanza da lui: respirava un po’ pesantemente, e ogni tanto emetteva un soffio un tremulo quando buttava fuori l’aria. Potter era sicuro della sua posizione, e stava rischiando molto più che privilegi e libertà: magari era vero che non aveva alternative e che volente o nolente sarebbe arrivato allo scontro con il Signore Oscuro, tuttavia Draco aveva scorto in lui una fiducia nel proprio schieramento che ora scopriva mancare ai suoi genitori; se loro vacillavano e lui no, voleva dire che la parte vincente era quella di Potter? Che lui sapesse, Potter non aveva mai dato istruzioni a qualcuno perché lo seguisse, ma li aveva coinvolti con… Quale era l’arma di Potter per indurre la gente a schierarsi con lui? Le persone lo frequentavano e… Persino Blaise e Pansy avevano imparato a… A cosa? A volergli bene? Andiamo, era assurdo: Harry Potter era un casino vivente. Eppure, Draco doveva ammetterlo, qualcosa covava dentro quel ragazzo moro dai modi inqualificabili. Una spontaneità, una forza, una forza positiva, una convinzione: né Piton, né la Umbridge o l’Oscuro Signore in persona erano riusciti a scalfirlo. Neanche Draco stesso, se per questo. A parte quella sera a Hogsmeade. Di colpo, capì: Draco si era insinuato dentro la spontaneità di Potter e poi aveva colpito. Potter non veniva ferito dai nemici, ma dagli amici, da quelli che lasciava avvicinare.
Non se ne era reso conto, ma le lacrime e i singhiozzi si erano arrestati: Draco aveva qualcosa su cui riflettere, per la prima volta guardava a Harry Potter non come alla sua nemesi, ma come a un modo diverso di vedere la vita, come il vero opposto di Lord Voldemort, come a un’alternativa.
Quando arrivò l’alba stava ancora furiosamente riflettendo, cercando di trovare un senso alla matassa dei propri pensieri.
 
Scesero a colazione, silenziosi. L’allegra tavolata si sforzò di restare impassibile, ma si vedeva lontano n miglio che Draco era di un pessimo umore non meglio identificabile: appariva come assente e distante. Harry non sapeva come interagirci. Rivolse uno sguardo di muta richiesta di aiuto agli altri due Serpeverde, i quali dopo colazione intercettarono il loro amico e si appartarono con lui: ne seguì una breve e poco concitata discussione, che nessuno udì per via degli incantesimi posti a barriera da Blaise, alla fine della quale Pansy abbracciò il biondo con forza; per un breve momento, Draco ricambiò l’abbraccio aggrappandosi alla ragazza come se fosse un porto sicuro in mezzo al mare burrascoso. Durò solo un istante, quasi impercettibile, e poi Draco rindossò la sua maschera impassibile e distante. Mentre i due Serpeverde raggiungevano gli altri per cominciare il divertimento di quell’ultima giornata, Blaise fece una smorfia che dichiarava impotenza: non avevano scoperto niente. Invece Pansy si accostò a Harry, mentre Draco si lasciava sprofondare sul divano che lo aveva già accolto venerdì, e gli sussurrò all’orecchio, lasciandolo stupefatto.
-Lo lasciamo alle tue cure-.
Poi erano tutti scivolati fuori casa, lasciandoli soli; forse Hermione avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma Blaise aveva scosso impercettibilmente la testa e lei aveva inalberato un’espressione risoluta, rinunciando a intromettersi.
Harry era matematicamente sicuro che Malfoy non gli avrebbe raccontato cosa gli aveva fatto cambiare umore: sapeva che c’entrava la lettera ricevuta la sera prima e aveva intuito che chiaramente non potevano essere buone notizie; ma non conosceva nemmeno il mittente e quindi ogni congettura era assolutamente campata in aria. Se Malfoy non si era confidato con i suoi amici di certo non lo avrebbe fatto con qualcuno che una manciata di ore prima gli aveva sfigurato il viso a pugni. Così chiese a Ghisten se poteva procurargli qualcosa per passare il tempo e si sedette in silenzio sul tappeto accanto al divano su cui Draco giaceva, apparentemente dimentico del mondo e totalmente assorto in elucubrazioni mentre fissava il soffitto. L’elfo domestico tornò indietro dopo poco con una serie di rompicapo magici che coinvolsero Harry in una maniera che non avrebbe potuto prevedere: quando riemerse dai suoi tentativi di traghettare, da una sponda all’altra di un fiume, un Nundu, un Mooncalf e un Cavolo Carnivoro Cinese a bordo di una foglia di Ninfea Gigante, era oramai ora di pranzo e Ghisten stava chiedendo a lui e a Malfoy se preferissero mangiare a casa o raggiungere gli altri al fiume.
Draco si strinse nelle spalle con noncuranza e indifferenza, Harry optò per mangiare a casa: nonostante si sentisse in colpa, non poteva fare a meno di godersi quella solitudine con Draco, che sapeva così tanto di quieta routine. Certo, era di sicuro una brutta cosa essere contento dello stato di palese malessere di Malfoy e forse stare in compagnia avrebbe risollevato il morale del biondo alla fine, ma Harry non voleva dividerlo con gli altri.
Trascorsero quel pomeriggio silenziosamente, immersi in una nuova, strana atmosfera.
Draco continuava le sue frenetiche riflessioni interiori tentando di incastrare tra di loro le nuove prospettive che la lettera della madre aveva spalancato: esteriormente appariva quasi apatico, dentro era un convulso vorticare di considerazioni.
Harry lasciava passare le ore, scaldato dall’autoillusione che sarebbe andata avanti così per sempre: dopo aver letto abbastanza di geografia magica (gli piaceva pensare che in futuro avrebbe esplorato qualche terra magica lontana) e forse dormicchiato un po’, era tornato all’ultimo rompicapo, per riuscire finalmente a portare il Nundu e il Cavolo Carnivoro Cinese sulla seconda sponda, non gli restava che traghettare il Mooncalf, senza che niente e nessuno avesse divorato o fosse stato divorato: gli parve di ottimo auspicio, quindi osservò Malfoy, ancora spalmato sul divano e intento a fissare il soffitto, e si arrischiò a lanciare una domanda, una qualsiasi questione che avviasse un discorso leggero tra loro due…
-Sei felice?-
Per Merlino, ma che diamine gli era saltato fuori dalla bocca??? Alla faccia del discorso leggero!
Draco aveva tirato su la testa e l’aveva voltata di scatto verso Harry, gli occhi sgranati e sconvolti e sorpresi: il Grifondoro si sentì arrossire fino alla radice dei capelli e gli si intrecciò la lingua, ma non riuscì comunque a distogliere lo sguardo da quei pozzi grigi e spalancati nella reazione più genuina che avesse mai visto sul volto dell’altro.
Draco si umettò le labbra, prima di rispondere con cautela.
-Senza offesa, Potter, ma non vedo come la cosa possa interessarti sul serio-.
Non era una provocazione, era una constatazione offerta senza animosità, poteva quasi a sua volta essere considerata una domanda: Harry non voleva rispondere, non lo voleva proprio per niente, ma si ritrovò a parlare come se la bocca fosse diventata indipendente dalla sua volontà, un apparato ribelle e autonomo. Cattiva boccaccia dissidente.
-Ma mi importa. In un certo senso. Immagino che tu non voglia venire a raccontare a me quello che ti è successo. Però ti vedo lì a riflettere come se ne andasse del tuo destino, come se dovessi prendere le scelte più importanti della tua intera vita e allora… Immagino che debbano almeno essere decisioni che ti renderanno felice. No?-
Non pensava di essersela cavata male anche se aveva sparato frasi un po’ a casaccio, dal momento che Draco fece un mezzo sorriso prima di rispondergli.
-Sai cosa, Harry Potter? Penso che appena lo avrò scoperto te lo farò sapere. Piuttosto, ti rendi conto che hai impiegato ore per risolvere un rompicapo che di solito nel Mondo Magico diamo ai bambini piccoli?-, aveva aggiunto con ironia ma senza astio. Poi si era rimesso nella sua posizione da elucubrazioni mentali.
Harry aveva ridacchiato ed era passato al gioco successivo, dove doveva riuscire a sciogliere un complicatissimo nodo incantato che a ogni sbaglio si intrecciava nuovamente dall’inizio: era sul serio un casino, ma non avvertiva la frustrazione; stare lì a condividere il tempo e lo spazio con Draco era tanto atipico quanto rilassante.
L’atmosfera si infranse poco dopo, quando tutti gli altri rientrarono.
-Amico!-, esclamò Ron varcando la soglia del salotto. -Neanche te lo immagini che temporale è scoppiato lì fuori! Siamo tornati di corsa prima di infradiciarci! Del resto, oramai è tardi: il tempo di farci tutti la doccia, rilassarci un po’… Poi la cena e il fine settimana a quel punto sarà finito!-
“E grazie tante, Ron, per aver rovinato l’atmosfera con poche semplici parole”, pensò Harry, corrugando la fronte e serrando la bocca in una smorfia. Voleva bene al suo amico, davvero, però ogni tanto avrebbe voluto riempirgli la bocca di sabbia.
Anche il viso di Blaise non era certo una maschera di cordialità: lanciò uno sguardo intriso di veleno in direzione del rosso, deprecando ovviamente la sua mancanza di tatto. Tuttavia provò a salvare la situazione.
-Possiamo rimanere tranquillamente fino a domani mattina e rientrare a casa dopo la colazione. Basterà avvertire le famiglie. Hermione, tu hai modo di contattare i tuoi genitori?-, aggiunse dopo un attimo di esitazione.
-Chiederò al Signor Weasley di chiamarli via telefono-, rispose lei mentre scagliava pugnali dagli occhi alla volta di Ron. -Non ci dovrebbero essere problemi-.
Draco, che si era tirato su a sedere, stava per rispondere e all’improvviso Harry non volle sentire quello che avrebbe detto: di sicuro avrebbe dichiarato che ne aveva abbastanza di quel teatrino e che non appena fosse scaduto il contratto lui se ne sarebbe tornato nel suo aristocratico palazzo e tanti saluti a tutti. Per cui, il Grifondoro si alzò di scatto, dribblando Terry Boot che gli stava chiedendo con interesse se lui si sarebbe trattenuto, e si rivolse a Draco, interrompendo sul nascere ogni frase il biondo stesse per pronunciare.
-Vieni, andiamo fuori, mi è venuta voglia di volare-, sentenziò cupo, afferrandolo per un polso e trascinandoselo dietro. Draco ne rimase talmente stupefatto da non ribellarsi in alcun modo.
-Ma, amico, in nome di Merlino, sta piovendo di brutto!-, protestò Ron.
-Smetterà-, ringhiò in risposta Harry a denti stretti e poi appellò le loro scope.
Appena usciti, si fermarono sotto il porticato, perché effettivamente la pioggia veniva giù abbondante e violenta.
-Potter, che ti è preso?-, chiese Malfoy, indagatore.
Solo in quel momento Harry si rese conto di aver ancora le dita avvolte intorno al polso dell’altro: si rifiutò categoricamente di lasciarlo andare. E soprattutto, come poteva spiegargli che non voleva che quel fine settimana finisse, perché era sicuro che non ce ne sarebbero stati altri?
-Siamo stati al chiuso tutto il giorno, una boccata d’aria ci farà bene-, fu invece tutto quel che scelse di dire. -E comunque volare piace a tutti e due-.
-Non volerò sotto questo acquazzone torrenziale-, si oppose il Serpeverde.
-Staremo qui ad aspettare che finisca e poi voleremo-, sentenziò lapidario Harry, rigettando di porre la parola fine alla giornata, mentre guardava l’ampio giardino illuminato dalle torce che magicamente ardevano anche sotto la pioggia. La stretta su Draco si allentò abbastanza da permettergli di liberare il polso, anche se lo fece lentamente.
-Come desideri: sei tu che comandi, almeno per poco ancora, goditela-, replicò Draco atono allontanandosi da lui fino al limite del porticato coperto, dove rimase voltandogli le spalle, gli schizzi che si infrangevano sulle scarpe e sui pantaloni.
Harry rimase inchiodato dov’era, colpito dall’ironia della situazione: con Draco non era mai stato tanto lontanamente al comando come negli ultimi mesi. Aveva fatto il grosso e l’aggressivo, lo strafottente e il superiore, ma la realtà è che si sarebbe venduto un rene per poter semplicemente restare in quel salotto a condividere lo spazio e il tempo senza nessun vincolo contrattuale. A quel punto avrebbe preso il pacchetto completo: irritante spocchia, lingua tagliente, sorrisi e ironia, mani affusolate e sopracciglio alzato, gomiti, pelle, arroganza, vulnerabilità e crudeltà…
-Dio, sono proprio nella merda-, mormorò lievissimamente, sapendo che gli scrosci di acqua avrebbero coperto quella sua ammissione.
 
-Ginny, allontanati da quella finestra, o ti vedranno!-, le raccomandò Hermione.
-Tanto stanno solo parlando…-, si lamentò la rossa.
In sottofondo si potevano sentire i lamenti di Ron, che si difendeva debolmente dalla reprimenda di Pansy riguardo a quanto fosse appena stato un idiota totale. Inoltre, pareva che Megan si fosse assunta il compito di spiegare la situazione a Terry Boot, e lui non pareva molto contento di quello che stava udendo, anche se alla fine fece spallucce in un gesto rassegnato.
Michael Corner raggiunse la sua ragazza, circondandole le spalle con un braccio e avvicinandosi anche lui al vetro della finestra.
-Toh, ha smesso improvvisamente di piovere! Harry e Malfoy stanno decollando con le scope!-, annunciò lui.
Blaise e Luna, con due sorrisi gemelli, rinfoderarono le bacchette con cui avevano allontanato il temporale.
Ognuno degli occupanti della casa a quel punto andò a lavarsi e cambiarsi di abito, poi si concessero un torneo di Sparaschiocco e si dimenticarono di Harry e Draco per la successiva ora e mezza.
 
-Ah, finalmente-, esclamò Draco passando attraverso il portone di ingresso. E poi attaccò subito a lamentarsi e a inveire contro il moro.
-È tutta colpa tua, stupidissimo imbranato! “Ma no, dai, allontaniamoci ancora un po’, dai, vediamo cosa c’è più in là, dai, facciamo due passaggi ad Aingingein (*)”-, lo scimmiottava. -Cretino! E poi ricomincia questo temporale furioso e lui fa: “lascia fare a me, Hermione mi ha insegnato un incantesimo per impermeabilizzare!” e BAM!, mi ritrovo a essere travolto da un’onda anomala di fango! Si può essere più deficienti di questo qua?-
Harry lo superò e gli si parò di fronte. Non era stata sua intenzione sommergere Draco con una mareggiata fangosa.
-Mi hai rotto le palle, hai capito? Se invece di criticare tanto tu avessi impiegato questi anni a imparare a volare su una scopa come si deve avresti evitato la… Sì, insomma, l’incantesimo senza problemi!-
Le urla stavano richiamando all’entrata di casa tutti gli altri abitanti della casa che si trovavano ancora a tavola dopo la cena.
-Ah! Potter! Bella schifezza provare a dare la colpa a me quando sei tu a essere un incompetente in fatto di magia! Altro che Salvatore del Mondo Magico! Basterà che Voldemort ti lasci abbastanza tempo con la bacchetta in mano e ci penserai tu stesso a devastare l’Inghilterra e a ucciderti accidentalmente!-
-Bastardo! Io tentavo solo di aiutarti!-
-Ma guardami: altri aiuti così e finirò al San Mungo! E, Merlino, i miei capelli…-
In effetti, Draco sembrava il mostro della palude: aveva fango sui vestiti, fango nei capelli che colava lentamente… Un po’ meno sulla faccia, che si era ripulito alla meglio, ma dove spiccavano grossi graffi per via dei rami che lo avevano investito durante lo tsunami di melma innalzato da Harry; aveva perso le scarpe e tremava vistosamente, anche se non si sarebbe potuto stabilire se per il freddo e l’acqua presa o se per la violenta incazzatura che lo stava attraversando.
Non che Harry fosse ridotto meglio: anzi, in realtà era persino più ridicolo, visto che era stato investito alle spalle: se da davanti appariva normale, dietro era totalmente marrone di terra: un cremino, insomma.
Da lontano, alcune paia di occhi li osservavano: Blaise stava valutando chi dei due dovesse andare a salvare, Ron sghignazzava smodatamente dell’aspetto di Malfoy, ma prudentemente nascosto dietro Pansy e Hermione, che a loro volta non sapevano bene come comportarsi in bilico tra un femminile riserbo e la voglia di sganasciarsi dalle risate; Ginny veniva trattenuta a viva forza da Terry e Michael, che le impedivano di andare a sbeffeggiare pubblicamente il Serpeverde, evitandole così una morte atroce e l’innesco di una faida familiare. Luna, osservava tutto con aria trasognata, la testa inclinata da una parte… Come se stesse vedendo due Nargilli.
-Sì, sì confermo, sei proprio un’idiota! Idiota maghetto da strapazzo! Dico io, ma con tutto quel tempo passato attaccato al mantello di Silente, proprio niente hai imparato?-
-Che cazzo vai blaterando? Era l’incantesimo di Hermione a essere sbagliato! Si sarà confusa quando me l’ha insegnato!-
La appena citata fanciulla cercò di scavalcare un tavolino per andare a cavare gli occhi al suo amico, bloccata solo dalla prontezza di riflessi di Blaise, che l’agguantò per la vita; Hermione allora si risolse a insultare pesantemente Harry, ma i suoi improperi a getto continuo furono sovrastati dalle urla dei due nell’ingresso.
-Ora sì che hai toccato il fondo, patetico avanzo di mago! Quando mai la Granger ha sbagliato un incanto?-, sbraitò il biondo essere coperto di fango, guadagnandosi un’occhiata di gratitudine della Grifondoro. -Sei tu che sei incapace! Vergognati!-
-Io? Vergognarmi io?! Ma senti da che pulpito viene la predica! Viziatissimo figlio di papà! La tua sola occupazione è maltrattare i più deboli e leccare il culo ai più forti! Con che coraggio ti guardi allo specchio la mattina?-
-Per tua informazione io non lecco il culo! Io metto a frutto le mie innate doti diplomatiche! E certo che mi guardo allo specchio! E con soddisfazione, anche! Sono bello, io, piacevole da guardare, io, e non ho un gatto morto sulla testa come te!-, ribatté l’altro gonfiando il petto sotto strati di fango.
-Piacevole da guardare…-, lo schernì Harry. -In questo momento non credo proprio!-
Harry girò i tacchi e fece per entrare nel salone, convinto di aver avuto la meglio nella discussione.
Draco era sul punto di ribattere ma quel vedersi ignorato mentre reputava che la lite non fosse finita gli fece andare il sangue alla testa: lo seguì a grandi passi.
-Come osi, Potter! Pagherai con la vita! Io ora… Oh, Avada Ked…-
-STUPEFICIUM!-, tuonò Harry voltandosi e puntando la bacchetta contro Draco, agendo di riflesso alle parole che tanto avevano minacciato e minacciavano la sua vita: aveva reagito senza pensare che il contratto magico impediva loro di lanciarsi magie; allora forse si sarebbe ricordato che Draco non avrebbe potuto fargli del male.
Il colpo catapultò il malcapitato attraverso il salone addosso a un muro, per fortuna contro una rara porzione spoglia e non adorna di armi o cristalli, mentre tutti gli altri ragazzi si precipitavano verso i due urlando all’unisono.
-Harry, NO!-
In effetti il contratto era scaduto, le magie potevano essere lanciate e uno Stupeficium di grandissima potenza aveva beccato Draco in pieno, cogliendolo del tutto alla sprovvista.
 
-Ridillo-.
-Il mio gatto. Il mio vecchio gatto. Draco ci è molto affezionato. Era sparito da mesi, pensavamo fosse morto-.
-Hai chiamato il tuo gatto “Avada Kedavra”?-
-Sì-, confermò Blaise, chino sul biondo per esaminarne e ripulirne la faccia, senza mostrare l’adeguato pentimento che Harry immaginava dovesse esibire per aver battezzato il proprio animaletto domestico con il nome di una magia mortale.
-Hai chiamato il tuo gatto “Avada Kedavra”?-, ripeté Potter, con un tono lievemente isterico, sbattendo le palpebre in maniera quasi udibile.
Pansy si trovò a riflettere, per l’ennesima volta, che ogni tanto quel ragazzo non sembrava troppo sveglio. Dall’espressione di Hermione, dedusse che pensava la stessa cosa; tuttavia era anche probabile che lo stesse ancora odiando per quell’insinuazione sull’incantesimo sbagliato.
Forse, però, potevano volgere quel piccolo disastro dello Stupeficium a vantaggio del loro piano…
-Potter-, si risolse a dire prendendo la parola, girandosi verso il diretto interessato, che in quel momento era seduto su una sedia nella propria camera, dove avevano trasportato il corpo di Draco svenuto: non solo per l’incantesimo, ma anche per via della botta contro il muro.
Tutti la osservavano: ok, forse aveva calcato un po’ troppo disprezzo Serpeverde in quel cognome, ma doveva giocare pesante sul senso di colpa.
-Potresti aver fatto seriamente del male a Draco-, proseguì imperterrita.
-Ma lui stava per…-
-No, mio caro. Tu credevi che lui stesse per. In realtà il mio amico non ti ha aggredito in alcun modo. E tu l’hai scaraventato contro la pietra attraverso un salone. Lui non aveva neanche messo mano alla bacchetta. Tu l’hai aggredito mentre era disarmato-.
-Ma…-
-Pansy ha ragione, Harry-, s’intromise Hermione dopo averle rivolto una rapida occhiata obliqua e significativa. -Quello che hai fatto è stato scorretto e pericoloso. Inoltre, anche se abbiamo curato tutte le ferite visibili, non è detto che non sorgano problemi quando Draco si sveglierà. La pietra su cui ha sbattuto è mooolto dura…-
-Già-, rincarò la dose Ron prendendo per mano la sua ragazza. -Mi scoccia dirtelo, amico, ma potresti avercelo veramente sulla coscienza. Va bene che è Draco Malfoy e io non tengo a lui, manco mi piace, anzi lo detesto abbastanza, ma hai esagerato-.
-!-
-Ci pensi se davvero avesse riportato dei danni alla testa?-, rilanciò di nuovo Hermione. -Danni di cui tu saresti responsabile-.
-…-
“Bravi Grifondoro. Brave piccole serpi”, pensò Pansy.
-Il meno che tu possa fare, Harry-, tirò le fila del discorso Blaise mentre versava una fiala di Pozione Soporifera tra le labbra di Draco, dopo avergli lanciato un Innerva: Pansy ringraziò il cielo che lui si trovasse alle spalle del ragazzo: niente e nessuno avrebbe potuto mascherare il ghigno di trionfo e allegro sadismo con cui stava parlando. -È stare qui con lui questa notte a vegliarlo, assisterlo e accudirlo da vicino nel caso si svegliasse: è vero che il contratto magico è scaduto, ma glielo devi, avendolo ferito. Gli dovrai cambiare gli impacchi e le medicazioni, controllare che non insorgano complicazioni. Noi ora andremo a dormire; se ci fossero peggioramenti, potrai avvertirci. Su ragazzi, auguriamo tutti la buonanotte a Harry-.
-Buonanotte Harryyyy!-, dissero in coro.
-Ma mi lasciate qui da solo?-, mormorò il giovane in tono sconsolato, senza sapere più che pesci prendere per uscire da quel casino. Non era sicuro di riuscire a trattenersi con un Draco indifeso sotto i suoi occhi, dovendolo osservare per tutta la notte. Si sentiva orribile per averlo pensato, e tuttavia non riusciva a smettere di pensarlo: era l’ultima occasione e Draco era inerme sotto le sue mani. Era evidentemente un pervertito a immaginare di allungare le mani sopra un ragazzo indifeso (termine che in condizioni normali non si poteva certo accostare a Draco Malfoy). -Che devo fare?-, chiese perché qualcuno gli spiegasse come affrontare il viso rilassato di Draco senza desiderare baciarlo.
Luna, l’ultima della fila, tornò indietro e gli sfiorò una guancia con il dorso della mano.
-Io credo che tu abbia già la risposta, quella vera, se solo saprai guardare nel posto giusto -, sussurrò convinta e incoraggiante, annuendo.
Dopo di che, uscì saltellando e si chiuse la porta alle spalle.
-Merda, Luna, io ignoro persino la domanda, quella vera…-
Ma la stanza era silenziosa e nessuno rispose.
Draco dormiva, grazie alla pozione somministrata da Blaise: se avesse riposato, si sarebbe ripreso prima dalla tremenda capocciata che aveva battuto.
Harry non credeva che avesse picchiato poi così forte, ma era abituato a sentirsi in colpa per tutti i casini che succedevano alle persone a lui care… Sapeva di essersi affezionato a quel biondino, da quando lo aveva visto piangere di frustrazione e rabbia appeso a una guglia; affezionato in una maniera contorta e burrascosa. Già prima della metà del sesto anno aveva iniziato a guardarlo con interesse e non si era fatto troppe illusioni sul perché i suoi boxer diventassero improvvisamente stretti se nelle vicinanze c’era Malfoy: Draco Malfoy che si sporgeva al di sopra della sua spalla soffiandogli in un orecchio e non appena Harry si voltava, confuso e distratto, lanciava una radice di Campanula Assassina nella sua Pozione Deturpante e gliela faceva esplodere; Draco Malfoy che lo aspettava alla fine della lezione di Astronomia, gli si avvicinava conturbante… Lo spingeva dentro una rimessa per le scope… E ce lo chiudeva dentro! Draco Malfoy che trangugiava lecca-lecca giganti a tutte le ore con lussuriosa applicazione e quando Harry si trovava a passare nelle vicinanze faceva uscire lentamente il lecca-lecca dalla bocca, lascivo… E glielo tirava contro!
Draco Malfoy era uno stronzo!
E allora perché Harry Potter gli stava accarezzando i capelli, scostandoglieli dal viso pallido?
Perché si stava abbassando a baciarlo?
Perché era smanioso di strofinare il suo naso contro quella pelle diafana, là, dove la giugulare batteva velocemente?
Velocemente???
Merda! Era sveglio! Maledette le pozioni inefficaci di Blaise!
-Cosa è che stai facendo di preciso al mio collo?-, domandò una voce strascicata.
-Ti trovo bene, Malfoy-, esordì Harry controvoglia, tirandosi su. Non avrebbe negato, ma non avrebbe neanche risposto.
-Non essere parco di parole, Potter: io sono me-ra-vi-glio-so! A dispetto dei tuoi interventi di rovinare la mia immagine-, ribatté arrogante Draco. -Cosa che in tutta onestà non si può dire di te-.
-Benissimo-, replicò acidamente il Grifondoro. -Se riesci a stronzeggiare, vuol dire che stai alla grande-, aggiunse girando il culo per andare al suo letto.
-Ehi, dove vai? Non mi assisti?-, chiese il biondo con un’impercettibile nota sconsolata nella voce. Nota che Harry evidentemente non colse.
-No-.
-Harry!-
-Senti, Draco-, proruppe il moro voltandogli le spalle, non rilevando l’uso del suo nome, ma reagendo comunque in maniera inconscia. -Sono stufo marcio di essere preso in giro. Voglio andare a dormire e considerare questa vacanza solo come un sogno. Tu stai bene, il nostro stracazzo di contratto è terminato, nessuno ti obbliga a starmi accanto; domani mattina ce ne andiamo via da qui, ognuno se ne torna a casa propria e chi si è visto si è visto: ci rincontriamo a settembre a Hogwarts per il settimo anno se Voldemort non mi ha ammazzato prima-.
-Harry…-
Il moro si maledisse perché sapeva che quel tono di richiesta lo avrebbe fermato, lo avrebbe fatto girare. Lo avrebbe fatto tornare indietro.
Tornò indietro.
Appoggiò le ginocchia al materasso, passandosi le dita nella frangia, scompigliandosela ulteriormente. Quando parlò, gli uscì una voce demoralizzata.
-È una dichiarazione che vuoi, Draco? Vuoi essere il vincitore di questa assurda nostra competizione su chi la darà vinta all’altro? Vuoi che mi sputtani? Ok. Mi piaci, mi piaci da così tanto tempo che neanche me lo ricordo quando ho iniziato a fantasticare su di te e poi su di te e su di me insieme. Contento?-
Fece di nuovo per andarsene.
-Harry…-
-Draco, per Morgana e le sue gonne, vuoi lasciarmi in pace?-, chiese, sull’orlo dell’esasperazione. -Hai vinto, vuoi che vada a dichiararlo alla Gazzetta del Profeta? Vuoi che ti consegni la mia bacchetta? Vuoi portarmi legato da Voldemort? Vuoi…-
Il Serpeverde non fece assolutamente caso al tono iroso dell’altro, ne ignorò lo sproloquio.
-Harry, qual è la domanda, quella vera?-
Il Grifondoro oramai era molto al di là della sua soglia di rassegnazione: considerò che, sputtanato come si era mezzo minuto prima, tanto valeva seppellirsi del tutto e dare a Draco materiale buono per sfotterlo fino ai cinquanta anni davanti all’intero Mondo Magico.
Draco aspettava, sperando che quella domanda fosse la risposta ai suoi pensieri del pomeriggio.
-Mi chiedevo se anche io ti piaccio-.
Trattenne il fiato. In attesa della risata.
E Draco scansò il lenzuolo, rivelando di essere quasi del tutto nudo.
Perché Blaise lo aveva spogliato prima di metterlo a letto? Quei Serpeverde non ci sapevano davvero fare con le Arti Curative.
Aveva visto Draco già abbondantemente discinto, ma c’era qualcosa di nuovo nella sua postura… Qualcosa di invitante, qualcosa… una sorta di senso di anticipazione. Un invito.
A Harry venne una sincope. Non riuscì a dire niente, o pensare niente, a fare nessun movimento, neanche quelli spontanei come respirare o far battere il cuore o le palpebre. Le sinapsi improvvisarono qualche salto mortale per cavarsi d’impaccio, inciamparono negli assoni e morirono lì soffocate. Elettroencefalogramma piatto: l’utente da lei contattato non ha al momento attività cerebrale, si prega di riprovare più tardi.
-Che ne dici-, chiese il biondo, totalmente privo di sarcasmo, -di venire qui a trovare la risposta, quella vera?-
Poi fece un timido e vulnerabile accenno di sorriso, inclinando la testa di lato: la luce di una delle candele giocò a baluginare sulle sue ciglia chiarissime e quel particolare preciso riavviò il cervello del Grifondoro, che recuperò il suo proverbiale coraggio, le sue proverbiali tempra e determinazione: attraversò veloce i pochi passi che lo separavano dal Serpeverde, gli prese saldamente il volto tra le mani e senza una briciola di esitazione cominciò a baciarlo come se lo avesse fatto da sempre.
Ignorava se la risposta si trovasse nelle mutande di Draco… Ma forse si poteva di certo fare un tentativo.
 
Harry venne a sua volta, gemendo forte, in maniera incontrollata. Venne tra le mani di Draco, che lo avevano accarezzato e toccato fino allo sfinimento, esattamente come lui aveva deliziato il corpo di Draco. Harry si era trovato a supplicare con voce tremante che Draco ponesse fine a quel delizioso supplizio e gli concedesse quell’orgasmo tanto agognato: non se ne vergognava neanche un po’. Poteva implorare senza vergogna sotto le mani e le labbra di Draco.
Il quale, gli diede il tempo di riprendere fiato, dopo di che li pulì entrambi e puntellandosi su un gomito gli pose un bacio leggero a fior di labbra, di quelli che ci si scambia quando ormai si ha confidenza con il corpo dell’altro, e indicò con un cenno della testa la porta: lì dietro, un po’ distante in realtà, si sentivano urla di giubilo e bottiglie stappate. Evidentemente i rumori delle loro, ehm, attività ricreative erano arrivati ben oltre la loro camera. Harry sperava solo che non ci fossero di mezzo le Orecchie Oblunghe dei gemelli Weasley.
-Li senti, quei cretini?-
Ma Harry era in pace con il mondo e bendisposto verso tutti, in particolare con i loro amici che avevano organizzato tutto quel casino per farli finire insieme.
-Lasciali festeggiare-.
-Che avranno da fare tutto questo casino, poi?-
-Questo-, rispose Harry attirandoselo vicino per riprendere a baciarlo.
Dopo poco, la foga era tornata a scorrere in entrambi: nuovi intrecci gambe e braccia, ancora pelle da assaporare, ancora odori, sapori, sospiri, altre parti del corpo desiderose di essere esplorate, e vezzeggiate, e compiaciute.
-Dio… Harry… sì…-, mugolò Draco.
 “In fin dei conti”, si trovò a riflettere Harry prima che la razionalità lo abbandonasse, travolta e annullata da quel concentrato di sensualità che il biondo era, “pareva proprio che la risposta si trovasse nelle mutande di Draco”.
 
 
 
 
 
 
 
(*)
Definizione presa da http://www.potterpedia.it/?v=Aingingein#ixzz5qLyXRqML:
in Irlanda fiorì il gioco dell'Aingingein, soggetto di tante ballate irlandesi (si dice che il leggendario mago Fingal il Focoso fosse il campione di Aingingein).
A uno a uno i giocatori prendevano il Dom, o palla (si trattava della cistifellea di una capra), e sfrecciavano attraverso una serie di botti incendiate disposte in alto su pali. Il Dom doveva essere scagliato attraverso l'ultima botte. Il giocatore che riusciva a far passare il Dom attraverso l'ultima botte nel minor tempo possibile, senza bruciare vivo lungo il percorso, era il vincitore.
 
 
Bene, siamo davvero agli sgoccioli.
Inizialmente la storia doveva concludersi così, senza troppe pretese. Però pare che non riesca proprio a lasciarla così, quindi probabilmente aggiungerò un capitolo che tiri un po’ le somme, magari con una scena più piccante… Che ne dite?
Sto anche continuando a lavorare su “L’Ottavo Anno”, purtroppo in maniera alquanto discontinua, perché entrare nel mood giusto per quella storia è un pochino più complicato.
 
 
  
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