Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Marti Lestrange    10/05/2020    2 recensioni
Dal testo:
❝ «Non muoverti», disse Barty in un soffio. «Ti guarderò molto, d'ora in avanti.»
«E ti piace quel che vedi?» gli chiese lei prendendogli una mano e mettendosela sul cuore. Barty osservò il suo petto ansante spostarsi su e giù, affannato. Si avvicinò a lei e la baciò, percorrendo le sue labbra rosee con la lingua, mentre Alexandra si stringeva di più a lui, sentendo la sua eccitazione farsi palpabile.
«Mi piace tutto ciò che vedo di te.»
«Baciami, allora. Sulle labbra, Barty.» ❞
[ oneshot su Barty Crouch Jr. e Alexandra Turner, OC; la storia ripercorre alcuni passaggi importanti della relazione tra Barty e Alexandra, fino ad un inevitabile epilogo; mi piace pensare che Barty abbia conosciuto l’amore, prima della morte ]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[ Premessa: questa storia risale a parecchi anni fa ma, non so perché, è rimasta confinata nel mio computer fino ad oggi. SeveraBartySha me ne ha ricordata l’esistenza e mi ha invitata a pubblicarla, per cui eccola qui. Altre note tecniche in fondo al testo. Grazie. ]
 

 
 
Baciami allora. Sulle labbra, Barty.
 
 
"Se tu ti allontani, anche un poco, rinascono in me le bufere”.
P. Verlaine
 
 
 


Hogwarts, giugno 1980
Quel giorno di giugno un sole alto e caldo splendeva in un cielo color pervinca. Tutti i fiori del prato erano sbocciati e la grande quercia in riva al lago nero aveva rimesso a nuovo i suoi antichi rami, protesi verso l’acqua calma e profonda, le foglioline verdi luccicanti della rugiada del mattino. Qualche uccellino solitario fendeva la fitta trama della Foresta Proibita, sfrecciando tra gli arbusti e perdendosi nel fogliame.
Alexandra era uscita presto. Il dormitorio di Serpeverde era diventato all’improvviso troppo stretto e angusto. Aveva bisogno di aria; aveva bisogno di luce. Nonostante amasse la vita passata sui libri, nonostante amasse la ricerca e anche quel brivido freddo che il rischio le procurava, a volte necessitava che il sole le riscaldasse la pelle chiara, per lasciarsi le ombre alle spalle.
«Non puoi scappare da quello che sei», le sussurrava sempre Barty all’orecchio, segretamente soddisfatto del brivido che riusciva a provocarle. «Non si scappa dal proprio destino».
Alexandra non sarebbe scappata, non quel giorno. Non il giorno in cui tutta la sua vita si stendeva davanti a lei come un foglio bianco, pronto solo per essere scritto. Dopo sette lunghi anni, la sua vita di studentessa avrebbe lasciato posto al suo futuro, cioè un brillante incarico al Ministero, in qualche prestigioso ufficio, proprio come il suo cognome richiedeva, e poi chissà, magari anche lei avrebbe dato un importante contributo alla causa del Signore Oscuro. Non vedeva l’ora di mettere in pratica tutte le nozioni rubate ai libri del Reparto Proibito, durante quelle notti di tempesta in cui lei e il suo migliore amico Regulus Black sgattaiolavano via dal dormitorio e si nascondevano con alcuni libri proibiti in qualche classe ignota e remota.
«Quello che c’è tra voi è malsano, lo sai, vero?» le diceva Regulus, con quella franchezza che gli era innata e che sapeva tirare fuori solo con lei. «Sei diversa quando sei con lui. Ti trasformi quando c’è Barty nella stanza, è come se una strana luce si accendesse nei tuoi occhi. Mi fai quasi paura».
Alexandra era solita distogliere lo sguardo e agitare una mano distrattamente, per poi replicare: «Ma che dici, Reg. Sono tutte impressioni tue».
Regulus alzava sempre le spalle e continuava a leggere. Non insisteva mai, con lei. Ripensare al suo amico la rendeva infinitamente triste. Preferiva non guardarsi indietro, preferiva non rivivere il passato, ché era troppo doloroso.
Quello sarebbe stato un giorno speciale. Il giorno del diploma. I suoi genitori sarebbero arrivati con il treno delle dieci. Tutto si sarebbe svolto in maniera ordinata, senza affanni. Avrebbe ricevuto la sua pergamena decorata, tutti avrebbero applaudito e lei si sarebbe andata a sedere tra i diplomati, per poi sorridere per le foto della Gazzetta del Profeta. Odiava tutto questo. Odiava i convenevoli, tutti gli inutili pro-forma richiesti dal mondo degli adulti. Nel suo universo, tutto era molto diretto, e rapido, e crudo.
Barty non aveva chiesto il permesso di baciarla, quella volta. L’aveva fatto e basta, ben sapendo quello che sarebbe successo, cosciente del suo effetto su di lei. E Alexandra non aveva esitato a rispondere a quel bacio vorticoso con tutta se stessa. In quel momento, l’unico pensiero che la faceva andare avanti (che le dava la forza per affrontare quella giornata), era Barty, il suo Barty, che si sarebbe seduto poco distante da lei su quelle sedie rigide, che ogni tanto le avrebbe lanciato qualche occhiata obliqua e maliziosa, che la faceva ridere e tremare, che le faceva accapponare la pelle e fremere di eccitazione. Lui era il suo pensiero fisso, lui era la sua ossessione più viva e impellente, lui era suo. E così sarebbe stato. Per sempre.


 
 
 
Hogwarts, ottobre 1979
La pioggia scendeva copiosa da un cielo burrascoso. Alexandra sedeva al suo solito tavolo nella sala comune di Serpeverde, il libro di Pozioni aperto davanti, e un piccolo volume polveroso dedicato alle più comuni radici velenose del nord Europa a fianco, il foglio di pergamena scritto per metà e la testa ciondolante sulla mano sinistra, mentre cercava di elaborare una teoria decente per quel tema. Non vedeva Barty da quella mattina, a lezione di Incantesimi. Si chiese dove fosse finito, quando una mano fredda si posò sulla sua spalla. Alexandra sussultò sulla sedia rigida, facendo cadere metà del suo calamaio sul piano in legno. Barty stava accanto a lei, e la guardava con sguardo attento e furbo.
«Basta studiare, Turner», sussurrò piano. Le prese la mano - il contatto con la sua pelle la face rabbrividire di eccitazione - e lei lo seguì fuori dalla sala comune.
«Dove stiamo andando?» chiese lei ridendo. L'imprevedibilità di Barty la faceva sempre sorridere. Era capace di stupirla anche con le cose più banali e stupide, anche se, per lei, Barty era tutto tranne che banale.
«Ho voglia di stare con te, Turner», spiegò lui, spingendola dietro una vecchia statua polverosa. Alexandra sentì il respiro di Barty farsi più rapido nel buio del corridoio deserto.
«Non si rapiscono le ragazze così, non te l'hanno detto?» rise lei cercando le sue labbra.
Barty la baciò con leggerezza, per poi premere di più le sue labbra su quelle di lei, il suo respiro caldo che sapeva di mistero. Il profumo di Barty la faceva andare fuori di testa. Era come un veleno, per lei. Un veleno buonissimo e paradisiaco.
Il bacio fu troppo breve. Barty la trascinò di nuovo con sé lungo il corridoio buio, e lei non poté fare altro che seguirlo, trascinata in un vortice di emozione e turbamento.
Salirono una ripida rampa di scale, per poi sbucare su un pianerottolo illuminato dalla luce della luna, che filtrava debole attraverso la finestra polverosa, in parte nascosta dietro la coltre di nuvole scure che occupava il cielo.
«Dove siamo?» chiese lei guardandosi intorno.
«Nella vecchia torre est», rispose lui avvicinandosi piano, un lampo di malizia a illuminargli lo sguardo. «È in disuso, praticamente abbandonata. L'ho scoperta un mese fa, ma ci ho messo un po' per entrare. Ne vale la pena, vero?»
Alexandra guardò il cielo buio e tempestoso, e sorrise a Barty.
«È un peccato non poter uscire…» disse.
«Già…» concordò Barty a bassa voce. «Avremmo potuto studiare le stelle. E invece mi sa che dovremmo occupare diversamente il nostro tempo…»
Alexandra si avventò sulle labbra di Barty, decidendo di rispondere a quel forte impulso che, dal basso ventre, la spingeva verso di lui, le ordinava di baciarlo, ancora e ancora.
Barty rispose al bacio con prontezza, inchiodandola contro il freddo muro di pietra della torre. Alexandra rabbrividì dentro la camicia leggera della divisa, e il gelo le penetrò nelle ossa, scuotendola. Un altro impulso le ordinò di accelerare quel bacio, di scuotere fino in fondo le sue stesse fondamenta, di lasciarsi andare, di perdersi in quel momento di profonda eccitazione e turbamento. Si aggrappò alle spalle di Barty, premendo il suo corpo contro quello di lui.
Per Barty fu come un invito sussurrato e gridato al tempo stesso, come se lei gli avesse appena dato il permesso di osare. Infatti la sua bocca morbida trovò la via per il liscio collo di lei. Alexandra strinse gli occhi, accecata da mille e più sensazioni che in quel momento la pervadevano. Voleva Barty, lo desiderava con tutta se stessa.
Guidata da un coraggio che non immaginava di possedere, cominciò ad aprirgli i bottoni della camicia, senza fretta, gustando il percorso passo dopo passo, e sentendo sotto le dita i tremori che lo scuotevano. Non aveva mai visto Barty così sconvolto. E nemmeno lei lo era mai stata, prima di quella sera.
Dopo che anche l'ultimo bottone venne aperto, Barty si liberò della camicia, e Alexandra si perse per un momento ad osservarlo, gli occhi socchiusi, ma Barty non le lasciò il tempo di riprendere fiato, baciandola di nuovo, con forza. Alexandra cominciava ad adorare quei baci quasi brutali, che Barty rubava alle sue labbra e che lei gli concedeva.
Barty non si preoccupò di fare il delicato: aprì la camicia di lei con impeto, liberandola della rigida stoffa bianca e lanciandola chissà dove lungo le scale buie. Alexandra rabbrividì, e tremò quando la sua schiena nuda venne a contatto con la pietra gelida.
Le mani di Barty vagavano con esperienza sul seno di lei, procurandole dei brividi talmente profondi che le sue mani strinsero forte la schiena di lui, ed entrambi si lasciarono sfuggire dei profondi e tremanti gemiti, prima che la mano destra di Barty cominciasse ad allentarle il gancio della gonna, per poi lanciare via anche quella.
Alexandra gli aprì la cintura, slacciando il bottone dei suoi pantaloni. Non sapeva da dove venisse quell'ardire ma, in quel momento, non le importava. Un cieco istinto la guidava. E lei lo seguiva.
Ritrovarsi nudi in una notte di tempesta, con la pioggia che spingeva sui vetri e il freddo di novembre che li faceva tremare non era nulla, in confronto a quello che sentivano dentro; a quello che Alexandra sentiva, in quel momento, in quell'istante perfetto ed inebriante in cui Barty dapprima l’accarezzò piano, aprendole le gambe con delicatezza, come se avessero tutto il tempo del mondo, e poi le entrò dentro, deciso, con quell'impeto e quella smania che lo caratterizzavano, con quella passione che si sforzava di nascondere e che fuoriusciva solo con lei, con quella superbia che lo spingeva a fare suo tutto ciò che il mondo poteva offrirgli. Alexandra aveva deciso di svelarsi, di mostrare a Barty il suo vero volto, di spogliarsi davanti a lui e rivelargli la sua anima. Barty aveva riversato in lei la sua oscurità, il seme della sua pazzia, la parte più nascosta ma allo stesso tempo vera e sincera, il frutto di quell'unione che li aveva cambiati, sconvolti, lasciandoli assetati e affamati di vita.
Alexandra si abbandonò a lui, le gambe allacciate alla sua vita, a quel corpo forte e bellissimo, di quell'uomo che era suo, e soltanto suo. Anche lei era sua, e per davvero, ora. Il respiro di Barty era irregolare, e le sue grida di piacere risuonarono per un lungo istante tra le pareti ricurve, impresse a fuoco nelle loro menti confuse. Alexandra non vedeva nient'altro che lui, e non desiderava che altre sere come quella.
Barty infilò una mano tra i suoi capelli scuri, sfinito dall’orgasmo, e Alexandra gli baciò la fronte, e gli occhi, e poi la bocca. Il respiro di lui stava tornando regolare, e il sapore del suo fiato era il suo, un misto di eccitazione e paura, tremore e passione, possessione e desiderio.
«Sei bellissima, lo sai?» le sussurrò all’orecchio, baciandole il collo e lasciando una scia di saliva fino alla sua scapola.
Lei rabbrividì e chiuse gli occhi, per poi riaprirli e puntarli su quelli di Barty, che la osservavano bramosi.
«Non muoverti», disse Barty in un soffio. «Non ancora. Ti guarderò molto, d'ora in avanti».
«E ti piace quel che vedi?» gli chiese lei prendendogli una mano e mettendosela sul cuore. Barty osservò il suo petto ansante spostarsi su e giù, affannato. Si avvicinò a lei e la baciò, percorrendo le sue labbra rosee con la lingua.
«Mi piace tutto ciò che vedo di te.»
«Baciami, allora. Sulle labbra, Barty.»


 
 
 
Hogwarts, giugno 1980
Il grido soffuso di un gufo in lontananza riscosse Alexandra dai suoi ricordi. La cerimonia dei diplomi si era svolta in modo ordinato e semplice, proprio come si era aspettata. Sua madre si era commossa mentre lei ritirava il foglio di pergamena che certificava i suoi risultati ai M.A.G.O. dalle mani di Silente, e aveva pianto anche dopo. Odiava vedere sua madre piangere, e non per tutte le contrastanti emozioni che la pervadevano, ma perché così si rivelava essere proprio la fragile donna che ad Alexandra era sempre apparsa. Suo padre, invece, da uomo tutto d'un pezzo qual era, aveva mantenuto il suo cipiglio severo per tutta la cerimonia. Quasi non aveva battuto ciglio, anche se Alexandra si era ben presto stufata di osservarlo.
La ragazza sedeva sulle rive del lago, ora, e osservava le calme acque placide vivere i loro eterni giorni di immutata tranquillità. Il sole estivo stava lentamente scomparendo dietro le chiome degli alberi, e le montagne in lontananza erano verdi di giunchiglie. Alexandra si voltò verso il castello, da dove proveniva un'alta figura pallida. Poteva quasi sentire i cadenzati passi di Barty sull'erba del prato, centimetro dopo centimetro. Teneva le mani in tasca e fischiettava. Era strano vederlo così allegro. Le si sedette accanto e la guardò.
«Come mai qui tutta sola?» le chiese. «Ti stai perdendo tutto il divertimento.»
Con la testa indicò il castello, dove si stava svolgendo il banchetto di fine anno. Alexandra non aveva voglia di sorbirsi tutte le grida commosse e strozzate delle sue compagne di dormitorio, non aveva voglia di ascoltare stupidi discorsi e di ricordare vecchi aneddoti. Voleva solo che quell'eterna giornata finisse per poter finalmente tornare a respirare. Voleva sdraiarsi nel suo letto per un'ultima notte a Hogwarts e dormire fino a che il sole non fosse sorto dietro le colline. Voleva prendere Barty per mano e fuggire via.
«Scappiamo?» propose lei sorridendogli. «Che ne dici? Solo tu e io. Fuggiamo lontano, dove nessuno ci troverà.»
Barty la osservò per un momento e poi fece vagare il suo sguardo oltre le acque del lago. Sembrava guardare lontano, ma lo faceva davvero? Oppure si limitava a vivere quella giornata?
«Lo vorrei», rispose tornando a guardarla. «Potremmo fuggire via per qualche giorno, ma poi cosa succederebbe? Non possiamo scappare, e tu lo sai. I nostri fantasmi ci raggiungerebbero ovunque.»
Alexandra gli accarezzò un mano, mentre Barty continuava a guardarla. Adorava toccarlo, sentire il contatto con la sua pelle, e tremava sotto lo sguardo di lui, assettato e bramoso.
La mano di Barty andò al suo viso, imprigionandola nella sua stretta. Le labbra di lui la baciarono con forza, e la sua lingua si introdusse nella sua bocca con desiderio e superbia. Alexandra rispose al bacio con ardore, premendo i palmi delle sue mani sul petto di lui, da dove poteva sentire il suo cuore battere forte.
«I tuoi fantasmi sono i miei fantasmi, ricordatelo», sussurrò lei sulle labbra di Barty, per poi baciarlo dolcemente. Le sue labbra indugiarono su quelle di lui, tremanti.
«Io andrò dove andrai tu, e vedrò ciò che tu vedrai…» continuò lei avvicinandosi lentamente e cingendogli il collo con le braccia.
Barty la osservava rapito, e in silenzio. Nei suoi occhi, Alexandra poteva scorgere quella scintilla che aveva imparato a conoscere, e ad amare, e che per lei significava tutto il mondo.
«Sei sempre stata una testarda, Alexandra Turner», disse depositandole un bacio alla base del collo e risalendo poi verso la sua bocca.
Lei sospirò, chiudendo gli occhi, e premendo di più il suo corpo a quello caldo di Barty. Lo sentì tremare addosso a lei.
«Prometti che sarà sempre così?» disse lui al suo orecchio. «Prometti che non cambierà niente, tra noi? Perché ti ho desiderata dal primo momento in cui ti ho vista, Turner, e sei mia, e niente e nessuno potrà cambiare questo fatto. Nemmeno il destino.»
«Nemmeno il destino», ripeté lei in un soffio. «Lo prometto.»


 
 
 
 
Londra, novembre 1981
Alexandra correva. Correva in un bosco fitto di rami spogli e contorti. Correva in mezzo a vecchi alberi ghignanti e spettrali, mentre strani animali la rincorrevano. I suoi passi scricchiolavano sul terreno brinato e la luna si nascondeva dietro spesse nubi nere.
Correva da ore. O forse giorni. Aveva il fiato corto e la mente annebbiata. Sentiva le gambe farsi pesanti ad ogni passo e le faceva male la testa. I passi alle sue spalle erano sempre più vicini, quando inciampò e cadde in avanti, atterrando accanto a un cespuglio secco e spinoso. Il dolore le si propagò in ogni parte del corpo, facendola gemere. Era stanca e spoglia di ogni speranza. Voleva solo fermarsi e riposare e forse dormire. E sognare.
I passi rallentarono e Alexandra poté vedere un'alta figura ammantata in una veste scura farsi sempre più vicina a lei, mentre il dolore aumentava. La vista le si annebbiò e per un momento desiderò poter solo morire, piuttosto che provare ancora quel dolore. La figura le si accovacciò accanto e le scostò i capelli sudati dalla fronte accaldata. Alexandra non riusciva a vedere chi si nascondeva dietro il cappuccio scuro, ma poteva sentire il respiro dell'altro sul suo viso. Era il respiro della morte? Era venuta a prenderla, alla fine?
Alexandra chiuse gli occhi, serena. Avrebbe tanto voluto rivedere Barty ancora una volta, prima di lasciare il mondo. Avrebbe voluto baciarlo e abbracciarlo. Avrebbe voluto averlo accanto.
Alexandra aprì gli occhi all'improvviso e scattò a sedere. La sua vecchia stanza nella casa dei suoi genitori la circondava, placida e scura. La luce velata delle stelle colpiva una pila di giornali proprio accanto alla finestra. Era notte e aveva appena fatto un incubo. Non c'era nessuna foresta ostile a circondarla. Non c'era nessuno ad inseguirla. Era stato tutto un sogno. Alexandra ricadde sui cuscini, sospirando. Era da qualche giorno che faceva sempre lo stesso, identico incubo. Non era ancora riuscita a scoprire chi si nascondeva sotto il mantello, si risvegliava sempre troppo presto.
Il sonno l'avvolse nuovamente, e lei si perse in quel mondo ovattato e senza incubi. Dormì fino al mattino dopo, quando il pallido sole di novembre le diede il buongiorno. Sentiva una strana sensazione ancorarsi alla sua pelle, come un morbo infettivo. La testa le doleva e le pulsava leggermente, e si sentiva confusa e spaesata. Dopo colazione le venne la nausea, e vomitò accovacciata sul water, sulle candide piastrelle bianche del bagno di casa. Vomitò anche l'anima, finché non sentì la pancia svuotata e la vista debole.
Tornò in salotto, dove trovò un passero morto proprio sul davanzale della finestra, le piccole ali spezzate e il corpo piumato gelato per il freddo. Una morsa le strinse le viscere, e avrebbe molto probabilmente imbrattato il tappeto persiano di sua madre se solo avesse avuto ancora qualcosa da espellere. Si sedette per terra, accanto alla pietra fredda del camino spento. La fronte scottava, e le mani le tremavano. Quella strana sensazione non voleva abbandonarla.
Un frullare di ali la riportò però alla realtà. Un gufo parecchio esagitato svolazzava fuori dalla finestra, in attesa di recapitarle l'edizione mattutina della Gazzetta del Profeta. Alexandra si alzò e, lentamente, aprì la finestra, sganciando il giornale dalla zampa del gufo. Una folata di aria gelata penetrò in salotto, facendola rabbrividire. Il gufo postino volò via, una figura sbilenca nel grigiore del cielo di novembre.
Alexandra aprì il giornale e il suo sguardo venne immediatamente catturato dall'immagine di copertina. Tre maghi e una strega si agitavano furiosamente, mentre parecchi Dissennatori li scortavano lungo un vialetto spoglio e brinato. Alle loro spalle, da una piccola casetta a schiera dei sobborghi londinesi, si alzava un sottile fumo grigiastro, che andava a confondersi con il nero fondo della notte. Alexandra si lasciò cadere a terra, atterrando sul pavimento duro con un tonfo. Il giornale le scivolò di mano, mentre non riusciva a distogliere gli occhi dalla fotografia. Un grande titolo campeggiava al centro della prima pagina, inciso a fuoco sulla carta: "I Lestrange e Crouch Jr arrestati nella notte".
Dalla fotografia in bianco e nero, Barty si agitava furiosamente tra le braccia di un Dissennatore, una luce folle negli occhi e il suo solito sorriso impresso sul volto, ora deformato da qualcosa di molto simile all’odio. Alexandra fissò quella foto per delle ore, o almeno così le parve. Non aveva la forza di leggere il resto dell'articolo, non quando ne aveva già intuito il contenuto. Barty arrestato.
“Era questo, allora”, pensò Alexandra. “Era questo che doveva fare ieri sera: incontrarsi con i Lestrange e scovare qualche membro della resistenza.”
La ragazza dispiegò il giornale e si sforzò di leggere.

 
 
Arrestati ieri nella notte Rodolphus, Rabastan e Bellatrix Lestrange che, in compagnia di Bartemius Crouch Jr, sono penetrati nella villetta a schiera dei Paciock. La notizia stona con il clima che in questi giorni si respira nel mondo magico, dopo il ben noto epilogo di Colui-che-non-deve-essere-nominato, sconfitto dal tragico sacrificio dei Potter e dalle misteriose circostanze che hanno determinato la salvezza del piccolo Harry e la morte del suo aggressore.
Al momento, la prognosi dei coniugi Paciock è strettamente riservata. Gli Auror sono intervenuti appena in tempo per evitarne la morte, ma Alice e Frank sono attualmente ricoverati all'Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite mMgiche, e nessun dipendente del reparto di Terapia Intensiva ha voluto e potuto rilasciarci una dichiarazione sulle loro condizioni, che sembrano però parecchio gravi. Il piccolo Neville Paciock è stato affidato alle cure della nonna paterna, e sembra essere uscito illeso dallo scontro.
I quattro maghi sono stati subito arrestati dagli Auror e consegnati ai Dissennatori, che li hanno condotti nella prigione di Azkaban in attesa che venga svolto un regolare processo. I Lestrange non sono nuovi a questo genere di vicende, ma la presenza ingombrante del figlio di Bartemius Crouch sembra aver sconvolto profondamente tutti gli animi, al Ministero della Magia. Resta da vedere come il vecchio Crouch gestirà lo scandalo e per quanto ancora riuscirà ad evitare qualsiasi dichiarazione.

 
 
 
A quanto pareva, Barty aveva torturato i Paciock, senza però provocarne la morte e senza ucciderli. Alexandra sentiva il suo cuore rallentare, come se ogni battito, seppur lieve, risuonasse nella sua cassa toracica come un presagio dell'avvento della morte, con il suo passo calmo e cadenzato e imbrattato di dolore. Il battito divenne lento e irregolare. Alexandra si lasciò cadere sul pavimento, poggiando la testa sul legno fresco del parquet del salotto, mentre quella strana sensazione all'altezza dello stomaco sembrava opprimerla e schiacciarla in una morsa d'acciaio. Risaliva lungo il petto, fino a bloccarle la gola, il respiro strozzato e la mente in subbuglio. Non sentiva più le gambe, e davanti a lei scorrevano immagini di celle scure e malsane, di Dissennatori svolazzanti per corridoi altrettanto bui, di aule di tribunale alte e solenni, di uomini torturati e urla strazianti. Si coprì il volto con le mani e un singhiozzo strozzato le fuoriuscì dalla gola. Lacrime calde e lente le colavano lungo le guance, mentre il pianto le scuoteva il petto e le sconvolgeva l'anima. Era la prima volta che piangeva da tanto tempo. In quel momento si accorse di quanto le fosse mancato. In quel momento, piangere le sembrò l'unica soluzione possibile a quella situazione, l'unica consolazione in quel dolore incessante e paralizzante.
Non era pronta, Alexandra. Non era pronta a tutto quello che la sua vita le richiedeva e le avrebbe richiesto di sacrificare. I progetti fatti con Barty non erano mai sembrati tanto difficili, nelle loro menti. Il futuro era solo un altro giorno come tanti, fatto di grandi aspettative e piani di conquista. Tutto era stato elaborato, progettato, sognato e messo in pratica, quasi come se l'atto in sé non fosse davvero importante, non dove la volontà giocava la sua carta vincente. Niente sembrava impossibile, non per loro. In quel momento, distesa su quel pavimento freddo, in quella giornata grigia, con quelle immagini impresse nella mente, Alexandra non sapeva più niente. Lei che si vantava di sapere tutto, non sapeva niente. Non sapeva più niente del sacrificio, della vita, dell'amore, della morte, della vittoria e dell'esaltazione cieca che aveva guidato tutti loro. Non sapeva nulla nemmeno di se stessa. Non sapeva dove quel dolore l'avrebbe condotta, se verso un baratro profondo e senza luce o se nella direzione opposta, in un limbo accecante di luce riflessa. L'unica cosa di cui era cosciente era quel pezzo di carta maledetto tra le mani, quelle lacrime salate a solcarle le guance, quel cuore abbattuto e sanguinante che perdeva forza, secondo dopo secondo, in una danza incalzante che non le lasciava scampo. Era cosciente di quel momento, del suo corpo stordito e accecato dal dolore, della pioggia che era cominciata a cadere oltre i vetri, del passero morto sul davanzale.
Subitaneo e impazzito, un pensiero le attraversò la mente: non si scappa dal proprio destino. Nessuno può farlo. Puoi fuggire via per qualche ora, per un giorno o un anno, ma alla fine, il fato ti trova sempre. Il destino aveva trovato Barty. E aveva trovato lei. Non sarebbe riuscita a scappare, non più. Non da sola.

 
 
 
* * *

 
 
 
Inghilterra, agosto 1994
Barty correva. Correva da minuti interminabili. Minuti che però gli sembravano ore, un tempo imprecisato che aveva imparato a chiamare abitudine, quella falsa sensazione di sicurezza mista a incoscienza nella quale era vissuto per tutti quegli anni, fatti di sprazzi di lucidità e giorni di buio infinito. Correva come non aveva mai fatto prima, conscio solo del vento che gli sferzava le guance - e l'anima - del cielo scuro sopra la sua testa, carico di stelle silenziose, e delle foglie degli alberi che, irrequiete, dondolavano nella notte.
Forse correva per dimenticare, Barty. Forse, correva via da un passato incredibilmente doloroso e popolato di ricordi, di vecchi fantasmi aleggianti nella sua testa, volti e figure sbiadite nella nebbia del tempo. Correva via da quel presente troppo vero - e vivo - dentro di lui, da troppi rimpianti a cui non sapeva dare voce, a immagini vivide e infuocate che non lo avrebbero mai abbandonato. Correva verso un futuro scuro e ottenebrato da un'unica, dolorosa convinzione: niente sarebbe mai tornato come prima. Niente era più importante. Anche respirare era diventato riduttivo. Andare avanti in quella vita era come essere sospinti da un fiume in piena verso delle alte cascate spumeggianti e furiose: era come essere in caduta libera in un mondo confuso.
Dopo aver letto di lei, a Barty sembrava che quella luce - che lo aveva sostenuto durante quegli interminabili anni vissuti in un limbo - si fosse spenta all'improvviso. Quella luce lo aveva condotto alla fine di quel cammino tenebroso e accidentato, lo aveva spinto a cercare quella parte di sé - della sua anima - che, cosciente e viva, era rannicchiata da qualche parte in fondo alla sua mente, forse sedata, forse inattiva, pronta solo a prendere nuovamente il controllo. Quella luce era lei. Alexandra.


 
 
 
Londra, 2 agosto 1994

 
 
 
È avvenuta ieri sera in tarda serata la morte di Alexandra Turner, figlia di Edward Turner, noto Pozionista ormai in pensione, e di Clara Turner, famosa redattrice di saggi e testi scolastici di magia avanzata.
Alexandra Turner era stata ricoverata nel reparto Janus Thickey dell'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche nel novembre del 1981, in seguito ad un forte shock. Non siamo a conoscenza né delle cause del ricovero (attualmente ancora sconosciute ai più), né delle condizioni della Turner al momento del decesso, avvenuto ieri sera, nella sua stanza.
I signori Turner non hanno voluto rilasciare dichiarazioni, quando stamattina li abbiamo intercettati all'uscita dall'ospedale. Sembra che il famoso "caso Turner" debba rimanere per sempre un mistero. C'è da chiedersi come mai la ragazza sia stata ricoverata proprio nel reparto Thickey, e in seguito a quale shock. Rimangono senza risposta le domande che in molti si sono fatti nel corso degli anni davanti alle parecchie indiscrezioni - "o voci di corridoio" - corse intorno al caso. Si dice che l'unica figlia di Edward Turner passasse i suoi giorni seduta in una poltrona accanto alla finestra, dondolandosi e sussurrando sempre le solite parole, come una poesia senza senso logico: "passero, pioggia, giornale, buio". Certo, tutto rimane avvolto nel più fitto mistero, e temo che nessuno mai saprà la verità su cosa abbia spinto la brillante studentessa Serpeverde Alexandra Turner sull'orlo del baratro.

 
 
 
Barty scosse la testa, a voler ricacciare le immagini che vi si rincorrevano giù nel profondo, in quella stanza della sua mente - e della sua memoria - che si sarebbe sempre rifiutato di riaprire. Decise di prendere la chiave e di nasconderla, perché nessuno gli avrebbe mai potuto rubare quei ricordi, quella vita che aveva creduto di possedere e che invece era stata solo un'effimera illusione. Nessuno avrebbe potuto portargli via ciò che una volta era stato suo, e che sentiva gli sarebbe sempre appartenuto. Niente e nessuno avrebbe potuto fargli dimenticare quello che aveva provato, e vissuto, e assaporato. Era tutto impresso lì dentro, nella sua mente, come una fotografia sbiadita e polverosa appesa a una parete in una cornice sbilenca, in una casa antica e piena di fantasmi in cui non sarebbe mai più tornato, ma che restava impressa dentro di lui come il più vivo dei ricordi.
Amare Alexandra era stato come respirare senza temere di fare rumore, quasi che il cuore battente nel suo petto potesse in qualche modo rimbombare tra quelle pareti ed esplodere. Ricordava fin troppo bene quei tempi, a Hogwarts, quando tutto sembrava possibile e anche la morte non appariva loro come l'invincibile, e ineluttabile, e vicina presenza che avevano sempre immaginato nei loro incubi. Sembrava tutto possibile, come scrivere un tema di Pozioni nero su bianco, seguendo un vecchio schema e qualche appunto.
Il presente era come una doccia di acqua fredda. Anzi, gelata. Niente era andato per il verso giusto. Niente si era evoluto come previsto. Barty non si sarebbe arreso, però. No, sarebbe andato avanti per lei, per l'unica persona al mondo che gli aveva fatto conoscere l'amore, lui che faceva della morte il baluardo della sua esistenza e della sua morale. Combatteva una guerra fatta di morte, e perdite, e ineluttabili conseguenze. Era pronto a morire per essa, a sacrificare quella sua carne tiepida, quel corpo esangue, solo per veder realizzato quel sogno. E non gli importava niente del futuro, della vita, della fame di esistenza che lo aveva posseduto un tempo. Avrebbe dato anche la sua anima, per la causa. Avrebbe sacrificato ogni singolo cuore - e corpo, e anima, e mente - per vedere realizzato il suo progetto. In fondo, aveva imparato a vedere la morte come una naturale conseguenza della grandezza. Non si costruisce niente senza sacrificio. E Barty era pronto.
I suoi occhi saettarono per un attimo a osservare la luna, pieni di una strana luce che mai li aveva illuminati prima. Forse era cambiato, sì. Forse era diverso dal Barty di un tempo. Forse aveva imparato a sotterrare i sentimenti e a fermare il cuore prima che quello potesse tradirlo.

 
 
 
«Sei sempre stata una testarda, Alexandra Turner», disse depositandole un bacio alla base del collo e risalendo poi verso la sua bocca.
Lei sospirò, chiudendo gli occhi, e premendo di più il suo corpo a quello caldo di Barty. Lo sentì tremare addosso a lei.
«Prometti che sarà sempre così?» disse lui al suo orecchio. «Prometti che non cambierà niente, tra noi? Perché ti ho desiderata dal primo momento in cui ti ho vista, Turner, e sei mia, e niente e nessuno potrà cambiare questo fatto. Nemmeno il destino.»
«Nemmeno il destino», ripeté lei in un soffio. «Lo prometto.»

 
 
 
Erano sprazzi. Sprazzi di una vita passata, lontana nel tempo e nello spazio. Sprazzi di un passato fatto di attimi e sospiri, baci e speranze. Sprazzi di un ricordo sospeso, forse nascosto, forse sempre presente. Sprazzi di vita, morte, amore, passione.
Barty continuava a correre, ricordando che non aveva mai sentito nulla di così giovane come quelle labbra, ricordando la pioggia come lacrime versate per lui su quelle guance di porcellana dolcemente splendenti. Continuava a correre.


 
 
 
 
"The lights go out, I am all alone
All the trees outside are buried in the snow
I spend my night dancing with my own shadow
And it holds me and it never lets me go".
 
 
 
 


NdA:
  1. Alexandra Turner sta in Serpeverde, ed è dello stesso anno di Barty; si tratta di un OC, che potete ritrovare qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3890097&i=1
  2. Regulus Black era il migliore amico di Alexandra; Regulus è già morto, in quel momento, visto che siamo nel 1980 e la morte del più giovane dei fratelli Black è collocata nel 1979.
  3. Quest’ultimo scambio di battute tra Barty e Alexandra è liberamente tratto da un passaggio de “Tenera è la notte”, capolavoro del mio amato Francis Scott Fitzgerald, che riporterò qui di seguito: «Non muoverti», disse. «Ti guarderò molto, d’ora in avanti.» […] «Ti piace quel che vedi?». «Mi piace tutto ciò che vedo di te.»
  4. La battuta conclusiva di Alexandra è anch’essa ispirata ad una battuta di “Tenera è la notte”: «Baciami, sulle labbra, Tommy.»
  5. Qui faccio riferimento all’arresto di Rodolphus, Rabastan e Bellatrix Lestrange e di Barty Crouch Jr in seguito alle torture inflitte ad Alice e Frank Paciock tramite maledizione Cruciatus; ho idealmente posto l’accaduto nel novembre del 1981, poco dopo l’assassinio dei Potter a Godric’s Hollow, avvenuto il 31 ottobre.
  6. Ovviamente, le figure di Edward e Clara Turner sono inventate.
  7. Anche queste ultime righe sono tratte da “Tenera è la notte”; qui di seguito riporto la frase originale: «[…] ricordando che non aveva mai sentito nulla di così giovane come quelle labbra, ricordando la pioggia come lacrime versate per lui su quelle guance di porcellana dolcemente splendenti…»
  8. La citazione finale è tratta da “Slow and Steady” dei “Of Monsters And Men”.
     
 
Un’ultima considerazione sulle date: le vicende hanno inizio nel giugno del 1980, anno del diploma di Alexandra e Barty. La ragazza ricorda alcuni episodi della sua storia d’amore con Barty, come quello avvenuto nell’ottobre del 1979. Dopo questa specie di flashback torniamo nel giugno del 1980. Alexandra racconta della cerimonia dei diplomi (dettaglio da me inventato, per la cronaca) e Barty la raggiunge in giardino. Da lì ci spostiamo al novembre 1981, momento da me scelto per collocare la tortura ai Paciock. Alexandra viene a sapere dell’arresto di Barty leggendo l’edizione mattutina della Gazzetta del Profeta. Dal 1981 passiamo all’agosto 1994, mese e anno della Coppa del Mondo di Quidditch, quando Barty scappa dal controllo del padre. Apprende la notizia della morte di Alexandra il 2 agosto, morte avvenuta proprio la sera prima, dopo che la ragazza era stata ricoverata al San Mungo già nel 1981, in seguito a un forte shock dovuto alla notizia dell’arresto di Barty. Il finale ci riporta alle successive vicende che riguardano Barty e che ben conosciamo. Diciamo che Alexandra Turner potrebbe benissimo essere esistita, nel mondo del giovane Crouch. Mi piace pensare che lui abbia conosciuto l’amore, prima della morte.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange