Ormai sveglio, andò dagli altri conti e li scrollò, ottenendo ben magri risultati. Il vino di quella sera doveva essere stato più pesante del solito. Fortunatamente lui lo aveva a malapena toccato. Non volle invece svegliare monsieur Daniel e il giovane ragazzino accanto a lui, che parevano dormire come ghiri.
Decise quindi di andare a cercarlo da solo. Vicino al suo letto c‘erano delle tracce.
“E’ diretto al fiume…”
Proseguì lentamente e con cautela su quella strada. Dopo dieci minuti giunse infine al torrente, dove trovò la figura di Sancerre posata accanto a un albero.
“Anche tu sveglio, Etienne?”
L’altro trasalì e si voltò.
“Henri!”
Lo raggiunse e si sistemò vicino, tra due rami. L’acqua scorreva velocemente sotto i loro piedi.
“Facciamo un bagno, piccolo Henri?”
Lui la toccò con i piedi. Era gelida.
“E’ notte, Etienne. Dovremo essere entrambi a dormire.”
“Non ho sonno.”
“Nemmeno io.”
“Chi arriva per ultimo in acqua riordina il campo domani.”
“E va bene.”
Dopo essersi spogliati dei vestiti si gettarono entrambi in acqua, schizzandosi l’un l'altro e bagnandosi i capelli. Henri rabbrividì: era davvero fredda, nonostante l’aria fosse calda per una notte di fine maggio.
“Io vado fino al centro del fiume. Vieni?”
“E’ pericoloso… La corrente…”
“Sei o non sei un cavaliere?”
“Sono un cavaliere, non un imbecille.”
“Che mammoletta.”
Lui gli diede un pugno sulla spalla.
“Stai attento.”
“Ti ricordo che stai parlando con un Sancerre, piccolo Henri. Questa roba è aria per me.”
E si tuffò.
Henri lo seguì con lo sguardo, poi decise di tornare a riva altrimenti sarebbe morto ghiacciato. Si rivestì con calma e annodò tutti i lacci, poi con il mantello si asciugò fugacemente i capelli e infine si sedette. Guardò Etienne guadagnare lentamente il terreno con i capelli lunghi grondanti d’acqua. Quando arrivò si distese a pancia in su e respirò. I due non parlarono per un po’.
“E così Jean si sposa.”
“E che sposa! Un angelo.” Ribattè Etienne.
“Fortunato lui.”
Henri lo sentì rimestare accanto a sé. Si era rimesso la tunica e stava estraendo da una sacca una bottiglia.
“E quella dove l’hai recuperata?”
“Segreti del mestiere.”
“Etienne, non l’avrai mica rubata!”
“Mi deludi, non sono un ladro. L’ho solo presa dalla locanda di questa mattina senza che voi lo vedeste.”
Il giovane conte si rilassò e prese la bottiglia che Etienne gli offriva, poi si attaccò al suo collo. Si sentì stordito.
“E’ forte questa roba.”
“Non è certo per le dame.”
Anche lui afferrò il vino e ne tragugiò velocemente metà.
Si distesero sull’erba e osservarono le stelle, appena oscurate dalle fronde sopra di loro.
“Forse dovremo tornare di là. Magari sono preoccupati per noi.”
“Rilassati, non avranno nemmeno aperto gli occhi. Si sta bene qui.”
Henri non si mosse, seppure teso. Passarono minuti interi senza che nessuno parlasse.
“Etienne, tutto a posto?”
“Si, perché?”
“E’ strano il fatto che tu non dica una parola.”
L’altro si sollevò e si sedette.
“E’ che… non so spiegare.”
Questo era l’effetto che il vino faceva su Etienne de Sancerre? Lo rendeva quieto, quasi da rasentare la malinconia?
“Henri.”
“Dimmi.”
“Girati verso di me.”
Lo stava fissando. Il buio rendeva meno nitidi i contorni, ma lo sguardo era inequivocabile.
“Cosa…?” Deglutì.
“Sei ubriaco, Etienne.”
Lui non rispose, ma si avvicinò lentamente. Aveva un pesante odore di alcol. Allora il ragazzo intuì tutto.
“Che stai facen… no… non dobbiamo… è peccato… andremo al rogo...”
Lui non lo ascoltò e in un attimo le sue labbra furono su quelle del giovane conte. Henri era stupefatto e, prima di realizzare quello che stava succedendo, l’altro si staccò. Tutto era successo in una frazione di secondo. Alzò gli occhi e vide che Etienne era già in piedi, con la spada in mano.
“Allora, andiamo?”
Si diresse con passo traballante e sbandando un po’ verso il campo, e dopo un po’ Henri lo seguì.
Il giorno dopo Etienne pareva non ricordarsi di nulla.