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Autore: pamina71    11/05/2020    8 recensioni
1777. Oscar è ancora alla Guardia Reale, Fersen è ancora in Svezia (dalla cronologia del manga).
Tutto procede come di consueto, sino al giorno in cui cominciano ad giungere messaggi molto particolari.
Qualcuno da aiutare, oppure da salvare.
Talvolta Oscar deve agire da sola, talaltra con André, ed altre ancora in cui è lui solo a dover sbrogliare la matassa.
Vagamente noir, ma molto più leggero delle mie ultime storie.
Credits: L'Assommoir – Io sono il messaggero
Genere: Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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27. Il piano

     

Oscar si defilò dalla discussione, mentre André si rivolse conciliante agli altri domestici, facendosi versare dell'altro vino. Quando la conversazione venne accentrata da un cocchiere alto e magro, decisamente belloccio, che raccontava le sue ultime conquiste amorose, anche lui si trasse poco a poco in disparte.

Era ora di agire. Si infilarono nella cucina. Non erano certi di passare del tutto inosservati, poiché, se era vero che talvolta i lacchè vi accedevano, non era una cosa del tutto usuale. Infatti, il cuoco, diede loro l'ordine di sloggiare in fretta, ma senza prestare eccessiva attenzione alla direzione presa una volta scacciati. Solo Henriette, nella fumosa confusione della cucina, si rese conto che stavano andando verso l'interno del palazzo, dopo aver afferrato al volo una candela poggiata su una bugia ammaccata.

Si ritrovarono un un piccolo disimpegno, dal quale si dipartivano una scala di servizio che saliva verso i piani alti, una rampa in discesa che evidentemente portava alla cantina, ed un piccolo uscio. Lo aprirono. Un piccolo corridoio nascosto, di quelli che percorrevano le magoni nobiliari per permettere ai domestici di andare e venire inosservati, si allungava alla loro sinistra.

Senza nemmeno parlare, si incamminarono per quella via, era un'opzione che avevano già considerato in fase di elaborazione del piano. Le scale di servizio erano rischiose, le possibilità di incontrare un cameriere erano troppo elevate.

Percorsero l'angusto corridoio sino a che non trovarono una scala, che percorsero silenziosamente. Dopo due strette rampe si trovarono all'altezza del piano nobile, che superarono. Già avevano supposto che la stanza di Madame Marguerite non avrebbe potuto trovarsi su quel livello, e il gesto di Henriette, che aveva accennato verso l'alto, era stato una conferma. Quindi salirono ancora. Al piano superiore, uscirono e si trovarono lungo un corridoio sul quale si aprivano le stanze della servitù. Il palazzo era basso, sul quale svettava la torre, l'antico mastio medievale che era stato lasciato quasi come in origine.

Sentendosi abbastanza sicuri di non incontrare nessuno, si avventurarono lungo il passaggio, cercando l'armadio nel quale venivano tenute le divise da cameriera. In fondo al corridoio, un armadio massiccio, con un'anta socchiusa faceva bella mostra di sé. Lo aprirono. Era stipato di abiti grigi da donna, ,mentre nel cassetto inferiore giacevano le cuffiette ed i grembiuli.

Ne presero due, e ripercorsero all'indietro il cammino sino alla scala, che ridiscesero. Si ritrovarono nuovamente al piano nobile, e dovettero uscire dalle scale di servizio. Si ritrovarono nella biblioteca, e guardando dalla finestra compresero che si trovavano a sinistra della torretta centrale. Il banchetto si stava svolgendo ancora più a sinistra, quindi si sentirono relativamente tranquilli. Erano convinti che Madame si trovasse in una stanza proprio nel grande torrione, residuo delle prime edificazioni del castello, che incombeva con la sua mole tozza sulla leggerezza delle ali rinascimentali.

Si avviarono, lentamente, in quella direzione.

Attraversarono altre due sale, controllando sempre che nessuno vi si fosse appartato con una delle ragazze. Non dovevano rischiare essere scoperti, anche perché quasi del tutto disarmati, non avendo potuto agganciare la spada con la divisa da lacchè, ed affidandosi solo ad uno stiletto ciascuno, nascosto nelle capienti tasche della giacca.

Si ritrovarono davanti alla vecchia scalinata medievale, che saliva avvitandosi verso i piani più alti dell'antico mastio. Non era chiusa da alcuna porta, ed Oscar, ansiosa di ritrovare la madre, si avviò per prima, seguita da André, che prima di avviarsi a sua volta, diede un'ultima occhiata circospetta. Dovettero però rallentare considerevolmente l'andatura, poichè la loro salita, sugli scalini di pietra locale, si stava dimostrando più rumorosa del previsto.

Giunsero dapprima ad un pianerottolo con una piccola porta in legno scuro, ancora socchiusa. La candela che avevano portato non faceva che un piccolo cerchio di luce. Da quel poco che illuminava, si accorsero che non vi era molto da vedere. Un piccolo salotto, che di giorno doveva essere un meraviglioso punti di vista sul giardino che si estendeva ampio attorno al palazzo, e nulla di più. Se Madame si trovava nella torre, sicuramente era più in alto.

Si ritrassero e ricominciarono a salire. Al piano di sopra, la porta era chiusa, e la serratura appariva nuova. Oscar trattenne il fiato. Estrasse lo stiletto dalla tasca, lo tolse dal fodero e lo introdusse nel foro. Non ci volle molto per farla scattare. Il rumore fu debole, ma nel silenzio del luogo risuonò come uno sparo.

Madame Marguerite si svegliò di soprassalto. Un suono forte l'aveva sorpresa nel sonno leggero che, in quei giorni, riusciva a concedersi. Vide la porta socchiudersi, ed una fiammella che tremolava oltre il legno del battente.

Trattenne il fiato, timorosa di quanto sarebbe potuto accadere. Un braccio abbigliato con una giacca azzurra si sporse reggendo una bugia. Strano, pensò, i domestici di casa indossavano un grigio perla. Due colori che, però, potevano facilmente confondersi, La cameriera, Constane, non si era accorta di nulla.

La Contessa si sollevò a mezzo, allarmata. Una figura snella entrò in silenzio, guardandosi attorno, subito seguita da un secondo personaggio, che, seppure nella luce fioca della candela, pareva vestito nella stessa maniera.

Li vide avvicinarsi poco alla volta, lentamente. La preoccupazione la stava attanagliando in maniera sempre più forte, sino a che non incontrò lo sguardo della persona che era entrata per prima. E lei quegli occhi li conosceva.

- Oscar...

La figlia sorrise, annuì e poi si mise l'indice davanti alle labbra, suggerendole il silenzio. André si fece avanti, sorridendo a Madame, Le porsero i due abiti da cameriera, sussurrando che erano lì per portarla via. Fu Marguerite a svegliare Constance, per non spaventarla. Poi si ritirarono dietro un paravento, per indossare le divise che avevano ricevuto.

Appena furono pronte, in un tempo che ad Oscar parve lunghissimo, perché temeva che non sarebbero riusciti a defilarsi prima che partissero i primi ospiti, iniziarono la discesa. Prima Oscar, poi la madre seguita dalla cameriera, ed infine André.

Silenziosi e cauti, arrivarono sino al piano nobile. Ritornarono di stanza in stanza sino alla biblioteca, dove si fermarono. Risalire come all'andata o accelerare, restando sullo stesso piano, ma rischiando di farsi scorgere?

Questo era il piano originario, ma Oscar iniziava a temere che non fosse la cosa migliore.

- Nessuno fa caso alla servitù. Fidati.

Constance annuì.

- Madame, perdonatemi – riprese poi, recuperando da un tavolino un piatto colmo di mirabelle profumate e mettendoglielo in mano. Accese un candeliere a tre bracci, e lo diede alla ragazza.

- Andate, rapide, decise, come se foste molto indaffarate e prendete la porticina nascosta.

Constance sapeva come riconoscere le aperture dedicate al passaggio di cameriere e valletti. Si avviarono, con l'aria indaffarata, superarono una stanza la cui porta aperta lasciava scorgere la sala del banchetto. Nessuno fece caso a loro. La ragazza aprì la porta, ed entrambe si infilarono in quello stretto uscio.

André sospirò di sollievo, e mise una mano sulla schiena di Oscar. Toccava a loro. Presero l'andatura rapida di quando a Corte non volevano essere disturbati. Anche loro poterono raggiungere l'uscita. Il colore delle loro livree avrebbe potuto essere scambiato per il grigio del Palazzo, e nessuno fece caso al loro passaggio.

Madame Marguerite e Constance li stavano aspettando. Ripresero la formazione precedente, con Oscar in testa ed André alla retroguardia. Con cuore più leggero iniziarono a percorrere il corridoio poco illuminato. Superarono una prima porta sulla sinistra, poi Oscar, Madame e Constance oltrepassarono la seconda, che aveva di fronte una seconda apertura alla loro destra. Mentre André vi passava accanto, l'uscio si aprì, ed una ragazza che rideva con toni acuti irruppe nell'angusto passaggio, separandolo dalle tre donne. La giovane, spinse il battente che aveva di fronte, e vi entrò a mezzo. Un uomo con un candeliere in mano la seguiva, anche lui allegro, e probabilmente leggermente ubriaco.

Osservò senza vederle davvero quelle che credeva due cameriere, poi il suo sguardo si soffermò su André. Non sarebbe corretto dire che lo riconobbe. Un vago pensiero, una rimembranza. Lo aveva già visto, e la sua mente lo posizionava altrove, non tra i propri valletti.

Ma forse non sarebbe accaduto nulla, se lo stesso André non avesse compreso di trovarsi di fronte al Duca stesso. Si bloccò di colpo. Non si inchinò, non tenne la porta. Non recitò completamente il suo ruolo.

Si osservarono vicendevolmente per un lungo momento, mentre la ragazza si voltava a chiedere con insistenza di fare in fretta. Madame Jarjayes si avvide di qualcosa. Si fermò. André le fece cenno di andare. Il Duca guardò nella sua direzione, la riconobbe e comprese.

Mosse un passo verso la Contessa, e venne strattonato sul braccio destro.

- Lasciami, tu!

André gli rispose pacatamente. - Non ci penso nemmeno. - Poi alzò la voce – Andate, forza! -

Le tre donne affrettarono il passo, per quanto potevano.

La mano sinistra del giovane bloccava il braccio del Duca in una stretta potente. Nella mano destra comparve invece lo stiletto. Glielo puntò alla carotide, mentre lo sospingeva indietro, dentro la stanza.

- Noi ce ne andremo, e voi non farete nulla per trattenerci.

De Guiche non era certo in soldato, non sapeva maneggiare agevolmente un'arma, né era coraggioso. Ma l'ira è un potente alleato. Cercò di ribellarsi, di afferrare la mano che stringeva l'affilato pugnale. Non vi riuscì, invece del manico o del polso dell'avversario strinse la mano, cosicché fu solo capace di ferirsi il muscolo adduttore del pollice, che iniziò a sanguinare copiosamente.

- Tu...tu...cosa...tu, cosa hai fatto?

André guardò il sangue colare sul prezioso marmo del pavimento. Poi si diede alla fuga. Entrò nel corridoio, scese la scale a precipizio. Attraversò la cucina, ed uscì.

Madame e Constance erano già nella carrozza senza insegne, che li attendeva verso il cancello di servizio. Oscar era già in piedi sul piano degli staffieri. Corse, e saltò su il più in fretta possibile. Il cocchiere era già pronto. Partirono rapidamente, mentre da una carrozza del tutto identica scendevano due figure, una estremamente magra, con l'aria allampanata di un adolescente ed una più robusta. Jacques e Lennart, coloro che davvero si chiamavano così, fecero un cenno di intesa e si avviarono per mescolarsi alla servitù in attesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

   
 
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