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Autore: Ray Wings    12/05/2020    0 recensioni
Non c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'altro lato portava solchi indelebili, segreti che mai sarebbero dovuti uscire da quelle mura. Fairy Tail era nata anche per quello: proteggere, curare, perché la felicità, talvolta, non è altro che una maschera di ferro fusa sulla carne.
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«Sai cosa significa il mio nome?»
«Conoscendo tuo padre, penso non sia qualcosa come "fiore di campo", vero?»
«Sai bene che non ha mai avuto tutto questo riguardo nei miei confronti. Priscilla... è un nome così freddo».
«Qual è il suo significato?»
«Prova a pensare a qual è il mio significato»
«Che ne dici se invece io ti chiamassi Pricchan?»
Una risata candida e timida, gli occhi adornati di una dolce malinconia, imbrattata di un amore che neppure il tormento di quegli anni era stato in grado di sradicare.
«Sembra il verso di un animaletto».
~ Priscilla deriva dal latino Priscus il cui significato è: "antico" ~
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luxus Dreher, Mistgun, Nuovo personaggio, Wendy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Storie di dolci





«E poi Cana-san mi ha fatto provare addirittura un abito da sposa. Ero così agitata!» esclamò Wendy con un sospiro, entrando nella gilda. Priscilla svolazzava al suo fianco e non appena la sentì raccontare di quella disavventura scoppiò a ridere fragorosamente. «Scommetto però che ti stava da dio! Che peccato non averti potuta vedere» sospirò.
«Cana-san ha detto che se fossi venuta anche tu non saresti riuscita a mantenere il gioco e avresti subito fatto capire che stava scherzando» disse Wendy e Priscilla si imbronciò, bofonchiando: «Malfidata!»
«Diceva che mi avrebbe portata da un vecchio a cui piacevano quelle cose. Priscilla-nee io ho veramente avuto paura» confessò Wendy, ancora pallida in viso per l'orribile esperienza anche se poi il tutto si era rivelato uno scherzo di cattivo gusto. Wendy si sarebbe aspettata una punizione, come d’accordo per l’aver perso contro il Team B dei giochi magici, e invece si era ritrovata a vivere una bellissima esperienza. Stare l'intero pomeriggio con quei bambini dell'orfanotrofio, bambini della sua stessa età che la guardavano come un'eroina, era stato veramente incredibile ed emozionante. 
«Che crudele» rise ancora Priscilla, avvicinandosi insieme a Wendy al bancone oltre al quale c'era come sempre Mirajane. Seduti lì di fianco Happy e Charle stavano bevendo un succo di frutta mentre Asuka, la figlioletta di Bisca e Alzack, supplicava Natsu di comprarle della torta.
«Mi spiace Asuka-chan, l'abbiamo già terminata per oggi» disse Mirajane, dispiaciuta.
«Allora Natsu, vai in città a comprarne un pezzo!» disse la bambina.
«Devo andare fino in città per un po' di torta?! Dai, te la compro la prossima volta» lamentò Natsu e la bambina rispose con un lamento deluso.
«Natsu-san» intervenne Wendy. «Se vuoi posso prepararne una io».
«Sai fare le torte?» chiese Mirajane, sorpresa, e Wendy sorrise orgogliosa mentre al suo fianco Priscilla ondeggiava come una barca ridacchiando. Non ci fu bisogno di spiegazioni, si leggeva sui loro volti il reciproco favore che si facevano con quella passione nata chissà quando. Wendy preparava torte per divertimento e Priscilla se le spazzolava tutte con gioia.
«Ne ho preparate tante da quando sono arrivata qua» disse Wendy. «Farò del mio meglio!» sorrise poi, determinata.
«Bene!» esclamò Erza, pochi tavoli più in là, e si alzò in piedi. «Se insisti allora ti aiuterò!»
«Insisti?»  mormorò Priscilla, inarcando un sopracciglio e chiedendosi quando esattamente l'avessero tirata in causa. 
«Prepareremo insieme la miglior torta di tutta Fiore, Wendy»  disse Erza, avvicinandosi.
«Io l'assaggerò per voi, così da assicurarmi che sia perfetta per la piccola Asuka» disse Priscilla, sghignazzando, senza riuscire a nascondere il suo secondo fine.
«Servono delle fragole d'oro! Sono le fragole di qualità migliore  al mondo» spiegò ancora Erza. 
«Fragole d'oro?» chiese Priscilla curiosa e già con l'acquolina in bocca.
«Esatto! Sono rarissime, crescono una volta ogni mille anni» rispose Erza.
«E sono buone?» chiese ancora Priscilla, sempre più su di giri.
«Le migliori» annuì Erza e Priscilla non si trattenne più. Alzò le braccia al cielo e urlò, entusiasta: «Allora andiamo! Andiamo a cercare le fragole d'oro!»
«Bene, allora! Andiamo a caccia di fragole!» esclamò Erza e cominciò a camminare a passi pesanti e decisi verso l'uscita. Priscilla, dietro di lei, canticchiava e saltellava a braccia sollevate, allegra come poche volte lo era stata. L'idea di andare a caccia di fragole la entusiasmava non solo perché sembrava una cosa divertente, ma anche perché non vedeva l'ora di mettere le mani su quelle deliziose fragole così rare. Uscirono e incrociarono i Raijinshuu sulla soglia che invece stavano entrando. Si voltarono a guardare curiosi Erza e Priscilla che uscivano insieme, chiedendosi dove fossero dirette, e Priscilla ancora saltellando e ridendo allegra si voltò ed esclamò: «Andiamo a cacciare fragole preziose!» 
Salutò con una mano, continuando ad andare dietro ad Erza, e disse: «A più tardi!»
«A caccia?» mormorò Bickslow cercando di immaginarsi fragole con le gambe che scappavano via.
«È sempre la solita» ridacchiò invece Evergreen, felice di vederla così di buon umore. 
«È bello essere di nuovo tornati a casa. Quest'atmosfera mi era mancata» disse Fried, camminando dietro Laxus. 
«Speriamo solo non combini qualche guaio» sospirò il biondo, rassegnato e nervoso nonostante fosse una così bella giornata.
«Chissà perché non riesco a tranquillizzarti in merito» ridacchiò nervoso Fried. 
«Andiamo, sta andando a raccogliere fragole! Cosa potrebbe mai succedere?» alzò le spalle Bickslow e scoppiò a ridere.
Fuori dalla gilda Erza e Priscilla salirono su di una carrozza che in neanche mezz'ora riuscì a farle arrivare a destinazione. Il paesaggio sconfinato mostrava una vera e propria catena montuosa davanti ai loro occhi, l'aria fresca di montagna non era nemmeno troppo fredda, in un clima adatto a far crescere fragole. Scesero dalla carrozza e si guardarono attorno, vedendo montagne ovunque lo sguardo si posasse.
«Bene! Dove sono queste fragole epiche?» chiese Priscilla, tornando a svolazzare e guardandosi attorno emozionata.
«Qui da qualche parte su queste montagne» rispose Erza. 
«Qui... da qualche parte?» mormorò Priscilla, cercando di interpretare quelle parole. «Aspetta! Dovremmo cercare su tutte queste montagne?! Sono troppe, come facciamo?» sussultò, ma Erza sogghignò con orgoglio e decisione. Aveva in mente un piano infallibile e ne andava enormemente orgogliosa, glielo si leggeva negli occhi. 
«Requip!» esclamò e un fascio luminoso l'avvolse per pochi secondi. Quando finalmente se ne liberò, al posto dei vestiti aveva un enorme costume da fragola, tanto grosso che era possibile per lei muovere all'esterno solo le mani e a malapena i piedi. 
«Avevi davvero una cosa simile tra le tue scorte?» chiese Priscilla, guardandola con imbarazzo. Dire che era ridicola, all'interno di quel costume, era dir poco.
«Bisogna sempre essere pronte a tutto» rispose Erza con orgoglio.
«E a cosa serve? Attirerai le fragole spacciandoti per una di loro?» la provocò Priscilla, chiedendosi come quel costume avrebbe potuto aiutarle.
«Non essere sciocca!» l'ammonì Erza. «Quest'armatura...»
«Armatura...» mormorò Priscilla sempre più imbarazzata, interrompendola, ma Erza proseguì come se non l'avesse sentita: «Questa armatura mi da un dolce aroma di fragola».
«E quindi?» incalzò Priscilla.
«Usa il tuo vento e spargi questo profumo ovunque nei dintorni» ordinò Erza e Priscilla, sempre meno convinta, decise comunque di assecondarla. «Speri che l'odore attiri le fragole a te?» chiese, sempre più dubbiosa.
«No, non le fragole» ridacchiò Erza. «Vedrai».
E neanche pochi minuti dopo poterono sentire la voce gutturale di bestie che si avvicinavano trafelate, battendo a terra i piedi tanto forte che quasi sentirono il suolo tremare. Spostando lo sguardo verso destra poterono poco dopo veder arrivare un branco di scimmie gigantesche, dal pelo verde a macchie rosa a forma di cuore sulle braccia, con lo sguardo eccitato e famelico. 
«Una donna che sa di fragola!» esclamò uno di questi ansimando e correndo verso di loro.
«Scimmie pervertite!» sussultò Priscilla, guardandole con timore. 
«A loro piacciono molto le fragole, possiamo chiedergli dove si trovino le nostre fragole d’oro» spiegò Erza e Priscilla, finalmente capito il suo piano, sorrise e si poggiò una mano sul bicipite gonfio in segno di forza. «Bene, allora, non ci resta che catturarne un-» si interruppe quando vide con sorpresa quanto veloci arrivarono. L'averle finalmente trovate aveva dato loro uno sprint inaspettato e Priscilla si ritrovò per un attimo paralizzata, guardandole allucinata mentre le si lanciavano addosso. 
Urlò quando venne afferrata da una delle scimmie che se la strinse praticamente al viso, schiacciandola tra le proprie braccia. Piantò le mani in faccia a questa e cercò di allontanarla, arretrando col busto mentre lei schiacciava invece il proprio viso contro il suo seno e rideva con perversione. Stufa e umiliata, caricò indietro il pugno e lo colpì in pieno naso con tale forza da fargli perdere i sensi, ma altre le furono di nuovo addosso. La presero per i piedi, per le braccia, qualcuno le mise addirittura le mani sulle cosce nude tra le parigine e i pantaloncini e altre ancora azzardarono ad afferrarle la maglia. 
«Donna, donna, donna» continuavano a pronunciare con lo sguardo sempre più pervertito, intenti a prendersi ognuno la propria parte di corpo.
«Perché ce l'hanno tutte con me se quella che odora di fragola sei tu?!» ruggì Priscilla verso Erza, mentre cercava di dimenarsi e di liberarsi da quelle fameliche mani. 
«Probabilmente è per via del vento» mormorò Erza, per niente turbata ma affrontando la questione con un'eccessiva serietà. «La magia del vento che parte dal tuo corpo ha fatto sì che il profumo si concentrasse intorno a te, piuttosto che me. Approfittane, Priscilla! Prendile!»
«Sono loro ad aver preso me!» rispose lei, furiosa. 
«Sta' tranquilla! Vengo ad aiutarti!» disse facendosi comparire in mano una spada con l'elsa a forma di fragola. Camminò goffa e lenta nel suo enorme costume, cercando di avvicinarsi a Priscilla presa d'assalto, e tentò di colpire qualcuna di quelle scimmie. Per quel poco che riusciva a fare fu anche utile, non aveva certo perso le sue capacità nonostante il costume non l'aiutasse minimamente nei movimenti, ma le scimmie continuarono ad essere troppe e troppo accanite. Fino a che una di essa non riuscì a strappare a Priscilla il lembo superiore della maglia, scoprendo così il suo seno. Parvero impazzire, con le guance rosse cominciarono ad urlare estasiate, ma Priscilla, ormai al limite, decise che non avrebbe fatto prigionieri e perciò non ci sarebbe più andata piano. Un tornado scese dal cielo e li colpì tutti, senza risparmiare nessuno, persino Erza. Con lei furiosa al centro, si ritrovò scimmie e Erza roteare tutti intorno a una velocità tale da mandare KO la quasi totalità dei loro assalitori. Infine, ansimante più per l'agitazione che per la fatica, tenendosi le braccia strette al petto per coprirsi, fece cessare il turbine di vento e permise a tutti loro di ricadere a terra. 
«Hai esagerato» disse Erza, rialzandosi come se niente fosse successo. 
«Non mi interessa!» ruggì Priscilla, spettinata, scomposta e soprattutto furiosa. 
«Ora a chi chiederemo dove si trovano le fragole?» chiese Erza, cercando di afferrare una delle scimmie e provando a schiaffeggiarla per farla riprendere. Priscilla si avvicinò a passi pesanti verso la prima di loro che aveva accanto e gli piantò un piede nello stomaco, facendolo svegliare per il dolore del colpo.
«Dove sono le fragole dal massimo sapore» chiese in quello che era più un ordine che una richiesta. La scimmia mugolò qualcosa di insensato, in un misto tra l'eccitato per essere preso a calci da una donna senza maglietta e lo spaventato per quanto fosse pericolosa. Alzò una mano e indicò una direzione, continuando a fare versi indecifrabili.
«Portateci lì!» ordinò ancora Priscilla e con rapidità la scimmia balzò in piedi e cominciò a dare colpetti a tutti i suoi compagni per risvegliarli. 
«Ben fatto, Priscilla» sorrise Erza e usando il suo requip fece materializzare una corta canotta senza spalline su di una mano. «Tieni, mettiti questa per il momento» disse porgendola a Priscilla che ancora a braccia conserte cercava di coprirsi. Questa accettò volentieri la maglia offerta da Erza, anche se più che una maglia sembrava un reggiseno tanto era scoperto, e salì infine sulle spalle di una delle scimmie ormai rianimate. Erza, al suo fianco, si mise invece a sedere sulle braccia di un'altra ed entrambe così trasportate vennero condotte sotto la loro scorta ad un enorme campo di fragole.
«Wow!» esclamò Priscilla, puntando gli occhi sulle gigantesche fragole che scendevano a grappoli dalle piantine rigogliose che avevano di fronte. Era un campo infinito, pieno di fragole enormi e succose, con alcune di queste che erano addirittura più grosse di angurie. «Devono essere buonissime!»
«Dunque è questo il famoso giardino di fragole» commentò Erza.
«No, queste sono delle normalissime fragole giganti. Le fragole dal massimo sapore sono qui, ai nostri piedi» spiegò la scimmia che portava Erza in braccio e indicò con un gesto del capo il terreno ai loro piedi. Piccole e nascoste, sorgevano come pepite alcune fragole dorate più minute e meno numerose, ma dalla bellezza eterea. 
«Bene, ne raccoglieremo una per la nostra torta!» esclamò Erza scendendo dalle braccia della scimmia.
«Una sola?!» sussultò Priscilla, contrariata. 
«Sarà una torta speciale, la migliore di tutte, prenderemo solo quella necessaria e che sembra più gustosa delle altre» disse Erza, cercando infervorata tra le fragole quella che le sembrava la migliore. 
«Ma così basterà solo per Asuka» piagnucolò Priscilla, ancora seduta sulle spalle della scimmia che aveva deciso di schiavizzare. «Non me ne andrò a mani vuote, no Signore! Scimmia! Raccogli una di quelle gigantesche e portiamola alla gilda!» ordinò e la scimmia, con un verso accondiscendente, prese tra quelle che avevano di fronte la più grossa, tanto che Priscilla potè abbracciarsela come un cuscino al petto. Erza nello stesso istante emerse dal fogliame del sottobosco brandendo la sua bramata fragola dorata e chiudendola di una minuscola teca di vetro tornò a sedersi sulle braccia della sua scimmia.
«Bene! Possiamo fare ritorno!» disse, puntando un dito di fronte a sé. «Alla gilda!»
A Fairy Tail, intanto, Wendy aveva da poco finito il pan di spagna e Charle stava terminando la panna montata quando proprio in quel momento le porte si aprirono. Il branco di scimmie dei monti fece il loro ingresso, capitanate da Erza seduta come una nobil donna sulle braccia di una e Priscilla che cavalcava le spalle di un'altra al suo fianco. 
«Siamo tornate in groppa alle scimmie perverse!» esclamò, ridendo divertita dal loro ingresso trionfale e certamente inusuale, visto che spesso in realtà quelle scimmie erano più una minaccia e un problema che una nota positiva. Averle nel pieno centro di Magnolia non era assolutamente una buona idea, infatti poco dopo molte di quelle che si trovavano in coda al corteo, e che quindi non erano sotto la vista delle due donne, sparirono e cominciarono a seminare il panico per la città andando in cerca di donne. Erza corse rapidamente da Wendy, pronta a terminare la loro torta con quell'incredibile fragola che aveva raccolto esclusivamente per quell'evento mentre Priscilla ancora se la rideva e sventolava la sua enorme fragola vittoriosa. Addosso aveva un top che non era quello con cui era uscita, mentre il suo era possibile vederlo a brandelli, ancora tra le dita della scimmia che cavalcava. Non sapevano cosa fosse successo, ma era facilmente intuibile. 
«Cosa potrebbe mai accadere, eh?» disse Fried tirando un'occhiataccia a Bickslow. 
«Questo è un vero talento» rise invece lui, trovando divertente la capacità di Priscilla di creare il caos da cose così insignificanti come l'andare in cerca di fragole. 
«Ci toccherà sistemare le cose in città» sospirò Evergreen. «Verranno di sicuro a cercare noi per quanto sta succedendo».
«Laxus!» chiamò Priscilla, saltando giù dalle spalle della sua scimmia. «Guarda cosa ho trovato!» esclamò correndo verso di loro con l'enorme fragola tenuta sopra la propria testa. 
«Fermatela!» esclamò Fried, già terrorizzato da cosa avrebbe potuto ancora combinare.
«Pricchan, non correre!» tentò di dirle Evergreen, ma esattamente come previsto e come accadeva praticamente sempre, quando Priscilla poggiava i piedi per terra finiva con l'inciampare. Non c'era niente contro cui avesse potuto inciampare, né un dislivello del terreno né un oggetto tra i suoi piedi, lei semplicemente inciampò nel nulla perché non era in grado di far andare i piedi come avrebbe dovuto. E cadde in avanti, facendosi sfuggire dalle dita la fragola che volò verso una traiettoria ben precisa. L’enorme frutto atterrò dritto sulla testa dello stesso Laxus, verso il quale Priscilla stava correndo, e nell'impatto si frantumò ed esplose in una pioggia di succo e polpa. Laxus non si mosse nemmeno di un centimetro, benché avesse tutti i capelli completamente appiccicati e fradici di fragola, con gocce e pezzi che cadevano sul viso e sulle spalle. Restò immobile, per niente sorpreso e senza neanche la forza di arrabbiarsi perché dentro sé l'aveva saputo fin dall'inizio che lei avrebbe combinato qualcosa. Quella era solo l'ennesima riprova che non era in grado di fare niente senza combinare guai, perciò si limitò a fissarla infastidito ma rassegnato. 
«La mia fragola» piagnucolò Priscilla, tirandosi in ginocchio e guardando Laxus con le lacrime agli occhi. «Hai rotto la mia fragola».
«Io ho rotto la tua fragola?» mormorò Laxus, sempre più irritato.
«Tanta fatica per trovarla. Doveva essere buonissima» pianse ancora lei, avvicinandosi gattoni e raccogliendo con tristezza da terra alcuni brandelli ora immangiabili. 
«Laxus, aspetta! Ti ripulisco io!» disse Fried, armato di tovagliolo e le guance già rosse per l'emozione di poter essere utile al suo amato Laxus -e persino toccarlo con quella semplice scusa.
«Adesso saprai di fragola per tutto il giorno» commentò Evergreen osservando il succo che gocciolava dai suoi capelli. Un pezzo di polpa scivolò lungo la sua tempia, fino allo zigomo e sarebbe probabilmente caduta a terra se Priscilla, colta da un inspiegabile e irrazionale raptus, dettata solo dalla golosità, non si fosse sollevata da terra fino a raggiungerla... e mangiarla raccogliendola dalla sua guancia direttamente con la bocca. Labbra e lingua scivolarono sulla pelle di Laxus delicatamente, raccogliendo e intrappolando quel piccolo pezzo di fragola che infine Priscilla ingoiò con la gioia di una bimba che aveva appena dato una leccata al suo gelato preferito. Neanche notò la paralisi che aveva colto non solo Laxus, tanto rigido che era diventato praticamente una statua, ma anche i Raijinshuu al suo fianco sconvolti per l'innocenza e la naturalezza con cui Priscilla aveva appena compiuto un gesto dalla sensualità così accentuata. 
«Era buona davvero!» esclamò innocentemente.
Poggiò una mano sulla gamba di Laxus e si sporse in avanti per raggiungere nuovamente il suo volto. Raccolse con le dita un altro pezzo di fragola che stava scivolando dalla fronte del ragazzo e se lo portò allegra alle labbra, mangiando anche quella sotto lo sguardo dei Raijinshuu troppo sconvolti per riuscire a intervenire. Laxus, dal canto suo, sembrava aver persino smesso di respirare e forse neanche si stava accorgendo che ancora Priscilla raccoglieva brandelli di fragola dalla sua faccia per mangiarli. Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione umida e delicata della sua bocca contro la propria pelle, e probabilmente non ci sarebbe riuscito mai più. Aveva da poco ripreso il controllo delle sue emozioni dopo il ballo a Crocus, era stato finalmente in grado di rimetterle al loro posto, di dimenticarsene, ed ecco che lei tornava ad essere così innocentemente equivoca e lui finiva di nuovo col perdere la ragione. 
Le piantò finalmente una mano sulla fronte dopo qualche secondo di accecante black out, fermandola dal procedere oltre, e la allontanò con una certa irruenza.
«Piantala!» le ruggì contro, stranamente poco pacato per uno come lui. Era palese la sua agitazione che, più di altre volte, non riuscì a controllare. Era raro vederlo così poco composto, di solito il suo orgoglio e il suo senso di superiorità lo rendevano sempre molto silenzioso e controllato, tanto che mai aveva preso parte a una rissa se non per porne fine. Ma non quella volta, quella volta Priscilla era riuscita a disintegrare persino la sua dignità e pareva averlo fatto arretrare di almeno una decina di anni, rendendolo un ragazzino rumoroso come tanti altri. Era un evento eccezionale e non era nemmeno difficile comprendere come fosse stato possibile: Laxus aveva decisamente raggiunto il limite.
«Sto solo raccogliendo ciò che è mio!» si giustificò lei, dimenandosi per liberarsi dalla sua presa e tornare a raccogliere pezzi di fragola dalla sua faccia. Ma lui, corrucciato e tremante di agitazione, non le rispose e continuò invece a fare di tutto per tenerla lontana da sé. Fried al suo fianco era ora scosso da fremiti di imbarazzo e probabilmente di rabbia nel aver visto Priscilla letteralmente leccare Laxus, ma tornò lo stesso silenzioso nella sua operazione, cercando di ripulire la testa del ragazzo come meglio riusciva, mentre quest’ultimo immobile, frustrato e imbarazzato, si impegnava solo nel placare l'agitazione della ragazza al suo fianco con l'unico metodo che conosceva: la forza fisica. Lottò contro il suo continuo agitarsi, fino a che Priscilla infine non si stancò. Rattristata all'idea di non aver potuto godere della bontà di quella fragola, si accasciò sul tavolo e cominciò a giocherellare nervosamente con un bicchiere. In silenzio… per il resto della giornata. 


Erano passati alcuni giorni dal loro ritorno a Magnolia dopo l'avventura a Crocus con Eclipse e i draghi. Priscilla uscì dalla sua stanza di Fairy Hills canticchiando allegra, tutto sembrava tornato alla normalità ed era persino riuscita a fare qualche missione e racimolare qualche soldo nel frattempo. Si portò entrambe le mani dietro la testa e camminando spensierata lungo il corridoio si avvicinò alle scale per scendere nella hall e infine uscire, ma già da quei primi passi sentì qualcosa di strano. Una presenza, una sensazione, come se qualcuno la stesse seguendo. Si voltò curiosa e un po' intimorita, ma con stupore e una certa inquietudine non vide nessuno. Uscì da Fairy Hills e percorse le strade di Magnolia con ancora quell'inquietante sensazione addosso. Arrivò alla gilda e alzò una mano, salutando con allegria: «Buongiorno a tutti!» 
«Buongiorno Priscilla» salutò Mirajane, guardandola con un sorriso. «Buongiorno Lluvia» aggiunse poi dopo qualche secondo.
Priscilla si voltò sorpresa, chiedendosi quando la maga dell’acqua fosse arrivata e rabbrividì nel vederla  rannicchiata, incredibilmente vicino a lei. «Lluvia!» sussultò per la paura. «Mi... mi hai seguita?» chiese poi, cominciando a dare una forma e un significato a quella sensazione che le aveva fatto venire i brividi per tutto il tempo.
«Ecco...» mormorò Lluvia, arrossendo imbarazzata. «Lluvia ha bisogno di farti una domanda».
«E non potevi farmela e basta senza pedinarmi?» mormorò Priscilla.
«Lluvia è imbarazzata, voleva trovare il momento ideale» confessò Lluvia, arrossendo.
«Imbarazzata?» chiese Priscilla, inclinando la testa da un lato in segno di curiosità.
«Ecco... Priscilla-san, che cosa hai regalato a Laxus-sama per il vostro anniversario?» chiese infine, arrossendo violentemente. 
«Anniversario?» mormorò Priscilla, arrossendo a sua volta di fronte all'idea che loro avessero potuto avere un anniversario.
«Del giorno che vi siete incontrati» specificò Lluvia.
«Si chiama compleanno» provò a difendersi Priscilla, trovando ancora imbarazzante l'idea che venisse considerato come un anniversario. Ma Lluvia ignorò il suo disagio  e facendo un passo in avanti le afferrò entrambe le mani, supplicando: «Per favore, Priscilla-san, so che puoi aiutare Lluvia!»
«Perché vuoi fare un regalo a Laxus?» si informò Priscilla, sentendo anche un lieve fastidio nascerle alla bocca dello stomaco. 
«Non essere sciocca, Priscilla-san, Lluvia non ti ruberebbe mai il fidanzato» arrossì Lluvia e Priscilla insisté, sempre più a disagio: «Cominci a irritarmi, lo sai?»
«Il fatto è che oggi è il 413esimo anniversario dell'incontro tra Lluvia e Gray-sama» spiegò Lluvia, continuando a ignorarla.
«413esimo? Che data sarebbe?» chiese Priscilla, sempre più confusa.
«Oggi sono 413 giorni che Lluvia e Gray-sama si sono incontrati, è un giorno speciale! Lluvia aveva deciso di festeggiarlo come il 412esimo e il 411esimo, ma Erza-san le ha suggerito di festeggiare facendo a Gray-sama un regalo. Purtroppo Lluvia non ha idea di cosa regalargli però» sospirò infine, affranta.
«Hai bisogno di un consiglio, ho capito!» sorrise Priscilla, finalmente felice di riuscire a capirci qualcosa. 
«Lluvia ha già chiesto a Erza-san, Levy-san, Laki-san e persino a Evergreen-san che è più adulta ed esperta ma nessuno ha saputo darmi un buon consiglio. Poi Lluvia ha pensato che tu sei l'unica che conosce che abbia una vera storia d'amore, perciò sarai sicuramente più esperta in fatto di regali agli uomini!» spiegò Lluvia e Priscilla tornò a corrucciarsi, nervosa. «Continui a fraintendere la situazione, vero?»
«Hai fatto regali a Laxus-sama in passato?» chiese Lluvia, illuminandosi e preparandosi a ricevere qualche idea. 
«Regali...» mormorò Priscilla e d'istinto voltò la testa, in cerca del ragazzo che aveva già visto essere all'interno della gilda, in compagnia di Fried. Seduto, mangiava e beveva in silenzio, con la sua solita compostezza e il cappotto scuro appoggiato sulle spalle. 
«Beh, sì...» sorrise infine, arrossendo. Ne erano successe talmente tante in quegli anni che neanche ci aveva pensato più: quel cappotto che gli aveva comprato un po' anche per gioco, per vederlo pavoneggiarsi di essere un Dio, ancora lo portava con sé. Aveva visto momenti migliori, ne aveva veramente subite di tutti i colori tra strappi e bruciature, eppure continuava a essere in buone condizioni a segnalare l'attenzione che Laxus gli riponeva nel portarlo tutte le volte a riparare o lavare. 
«Che cosa gli hai regalato?» incalzò Lluvia, curiosa ed eccitata all'idea di poter avere un buon suggerimento. Priscilla tornò a guardare la ragazza di fronte a sé con un sorriso luminoso ed emozionato, per poi indicarsi semplicemente le spalle. Lluvia si affacciò per guardare Laxus seduto poco lontano e arrossì di colpo, portandosi le mani al volto: «Il suo cappotto!»
«Già» ridacchiò Priscilla, incamminandosi per mettersi a sedere al bancone e ordinare per sé qualcosa da bere. «È stato per festeggiare il giorno che è diventato mago di Classe S. Al tempo non era proprio nel suo stile, ci abbiamo scherzato a lungo quando l'abbiamo visto nella vetrina del negozio, però alla fine glielo presi perché mi era sembrato di capire che era comunque sia qualcosa che apprezzava. Aveva già iniziato a ponderare un cambio di stile, si sentiva importante e forte e voleva qualcosa che lo rappresentasse. Così il giorno che superò quell'importante traguardo glielo regalai» raccontò Priscilla, con un pizzico di nostalgia nella voce.
«È stato facile, è stato lui alla fine a dirti che lo voleva. Gray-sama non ha mai detto a Lluvia se c'era qualcosa di particolare che desiderava» ragionò Lluvia. «Però sarebbe bello se fosse qualcosa da indossare ogni giorno, in ricordo dell'amore di Lluvia proprio come Laxus-sama!» arrossì portandosi le mani al volto emozionato.
«Lo indossa ogni giorno perché gli piace, non certo per quelle scemenze sull'amore...» mormorò Priscilla, sempre più a disagio. 
«Però non credo che un cappotto possa piacere a uno come Gray-sama» bofonchiò Lluvia, sconsolata.
«Considerato che non perde occasione per spogliarsi, no, direi di no» ridacchiò Priscilla. «Potresti regalargli un paio di mutande, magari almeno quelle così facendo si ricorda di tenerle» aggiunse poi Priscilla, divertita dal difetto incorreggibile di quel ragazzo che, bizzarramente, tutti avevano persino imparato ad accettare. 
«È imbarazzante!» sussultò Lluvia, prima di ondeggiare e portarsi le mani al volto arrossato. «Regalare delle mutande è troppo intimo, potrebbe contenere dei significati nascosti, significati perversi!» poi si voltò, guardando Priscilla sconvolta. «Laxus-sama ti ha mai regalato delle mutandine?!» chiese, mettendo insieme i pezzi e trovando in quello il motivo per il quale a Priscilla era venuta in mente una simile idea. Priscilla per poco non si strozzò col bicchiere di succo che stava bevendo e con ancora qualche goccia che le cadeva dalla bocca e colpi di tosse per liberare le vie respiratorie, urlò: «Ma come ti salta in mente?!»
«Un completo intimo sexy!» urlò Lluvia, in preda a un raptus fatto di fantasie romantiche ed erotiche su quel famigerato amore incestuoso che ultimamente la faceva palpitare tanto. 
«L-L-Lluvia!» ruggì Priscilla tanto imbarazzata da non riuscire neppure più a respirare, mentre per colpa dell'amica nella sua mente compariva ora un seducente Laxus che le porgeva un paio di slip in pizzo e le sussurrava suadente: «Perché non lo indossi per me?»
Parve che del fumo le uscisse dalla testa, mentre in preda alle urla e alla vergogna si dimenava e si tirava i capelli, sperando che così facendo quell'assurda fantasia le sparisse dalla mente. 
«Ohy» la voce di Laxus comparve alle sue spalle appena prima che la sua mano si posasse sulla spalla della ragazza. Priscilla urlò come mai aveva fatto prima e saltò via, lanciandosi addosso a Lluvia, finendo entrambe col cadere a terra. Lluvia era con ancora il volto arrossato ed entrambe le mani vicino alla bocca, emozionata, mentre Priscilla era completamente disordinata e le guance che sembravano avrebbero potuto prendere fuoco. Si voltò a fulminare Laxus, chiedendosi come diamine avesse fatto ad avere un simile tempismo tanto irritante, e lui semplicemente alzò un sopracciglio, confuso per quell'eccessiva reazione. 
«Che c'è?!» ruggì Priscilla, ancora stesa sopra Lluvia e per niente intenzionata ad alzarsi. 
«Abbiamo preso un incarico. Saremo di ritorno entro domani. Non combinare niente mentre non ci siamo» le disse, minaccioso. 
«Starò buona» sibilò lei, ancora troppo turbata per quanto era appena accaduto per riuscire a prenderlo sul serio. In quel momento sperava solo che se ne andasse il prima possibile. 
«Perché non vieni con noi, baby?» disse Bickslow inginocchiandosi vicino alle due. 
«Penso che starò qui, devo aiutare Lluvia con una faccenda» ridacchiò Priscilla nervosa trovando in quello la scusa perfetta. In altre occasioni avrebbe pagato oro per potersene andare in giro con Laxus come ai vecchi tempi, ma in un momento come quello aveva solo bisogno di restare sola e eliminare quell'assurda immagine dalla sua testa. Averlo intorno l'avrebbe costretta a ripensarci in continuazione, sarebbe potuta impazzire. Lluvia, ancora bloccata sotto di lei con le mani vicino alla bocca e lo sguardo emozionato, annuì semplicemente dando corda all'amica. 
«Andiamo» disse Laxus, incamminandosi per primo. 
«Cerca di non combinare guai mentre non ci siamo, ok?» l'ammonì Fried e insieme al resto dei Raijinshuu uscì infine dalla gilda. Priscilla sospirò finalmente rasserenata quando non li vide più e rimase accasciata su un'ancora paralizzata Lluvia.
«Avete legato molto voi due» squillò la voce di Lucy al loro fianco, pochi minuti dopo.
«Ah! Lucy!» si illuminò Priscilla nel sentirla. Tornare al discorso regalo per Gray era la cosa migliore da fare per liberarsi l'anima da tutta quella sovraeccitazione, perciò finalmente si sollevò da dosso Lluvia e restando inginocchiata disse: «Ottimo tempismo! Tu cosa regaleresti a un uomo per conquistare il suo cuore?»
«Cibo!» esclamò Natsu, sbucando al suo fianco con un paio di cosciotti arrosto tra le mani. 
«Ti sei decisa a dichiararti apertamente a Laxus?» ridacchiò Lucy, portandosi una mano alle labbra, e Priscilla tornò ad arrossire e agitarsi, gridando: «Piantatela tutti con questa storia! Si tratta di Lluvia! Parlo in vece di Lluvia, chiaro?!»
«Ho capito, non ti scaldare» ridacchiò Lucy.
«Oggi è l'anniversario di Lluvia e Gray-sama e Lluvia sta cercando un'idea per un regalo» spiegò Lluvia, rialzandosi da terra. Priscilla al suo fianco restò invece seduta a gambe incrociate e semplicemente si sollevò, volando, restando nella sua posizione ma arrivando almeno ad altezza delle ragazze. 
«Regalagli un pesce!» esclamò Happy, seduto vicino a Natsu e impegnato a mangiare del pesce fresco.
«Non credo che Gray-sama sarebbe felice di ricevere del pesce» rispose Lluvia candidamente.
«Questo non è vero!» disse Happy e Natsu gli diede corda confermando: «Io sarei felice di ricevere del pesce per cinque persone tutto in una volta».
«Gray non ha certo il tuo appetito» disse Lucy, ridacchiando imbarazzata per la risposta dei suoi amici. In quel momento Priscilla notò passare Elfman accompagnato da Gajeel, che cercavano entrambi un posto dove sedersi e mangiare la propria porzione. «Elfman, Gajeel!» li chiamò Priscilla. «Voi cosa vorreste ricevere come regalo?»
«Cosa vorrei ricevere?» chiese Elfman prendendosi una pausa per riflettere. «Io vorrei ricevere... uomo!» esclamò poi, fiero, e Priscilla sospirò un: «Dovevo aspettarmelo».
«Non riesco a capire cosa voglia dire» si unì Lucy.
«A me piacerebbe un vestito bianco e una chitarra» disse Gajeel, sorridendo già all'idea di poterne avere una. «E una rosa rossa, sarebbe perfetto!»
«Una rosa rossa? Fai il romantico?» ridacchiò Priscilla, tirando al ragazzo un paio di sgomitate.
«È per creare l'atmosfera!» ruggì Gajeel, offeso di non essere compreso. 
«Ho la sensazione che gli starebbero bene» disse Lluvia, cercando di immaginarsi Gray sotto quelle sembianze. 
«Ma non credo che siano proprio adatti a Gray» disse Lucy, che non riusciva a immaginarsi uno come Gray conciato in quel modo. 
«Per un regalo penso che sarebbe carino qualcosa di fatto a mano» intervenne Mirajane, attirata dalla loro chiacchierata. 
«Ma sì! Sembra una buona idea!» esclamò Priscilla, convinta. 
«Per esprimere i propri sentimenti, qualcosa di fatto a mano è la via giusta» annuì Mirajane.
«Una chitarra fatta a mano non mi dispiacerebbe riceverla» disse Gajeel, confermando così che quella poteva essere una buona via.
«Un completino fatto a mano» mormorò Lluvia, spostando lo sguardo su Priscilla che di nuovo torva in volto ruggì furibonda: «Basta con questa storia!»
«Io voglio del cibo!» esclamò Natsu, sventolando il suo cosciotto arrosto.
«Smettila! Non ci interessa cosa vuoi tu!» lo rimproverò Lucy.
«L'idea di Natsu invece è buona» disse Mirajane, sorridendo. «Questo mi ricorda la deliziosa torta che Erza e gli altri hanno preparato per Asuka la settimana scorsa».
«Ma certo! Una torta fatta a mano, Lluvia!» disse Priscilla, illuminandosi e battendosi un pugno sull'altra mano per enfatizzare la buona idea avuta.
«Una torta...» mormorò Lluvia, cominciando a sorridere convinta. «Sì! Ci proverò!» esclamò infine, decisa. 
«Ce la fai da sola?» chiese Priscilla, già pregustandosi i vari assaggi che avrebbe sgraffignato con la scusa di aiutarla.
«Certo! Lluvia farà un tentativo!» disse lei, felice e convinta. 
«Quando hai finito fanne un po' anche per noi!» disse Happy.
«Non posso! È tutta per Gray-sama» rispose Lluvia e Priscilla le diede corda, aggiungendo: «Una torta fatta a mano è il simbolo dell'amore, non può certo condividerlo con chiunque!» 
Sia Natsu che Happy sospirarono, dispiaciuti, e Lluvia stringendo i pugni vicino al volto con determinazione infine disse: «Bene! Vado a mettermi subito al lavoro!» e scappò via, diretta rapidamente a Fairy Hills. Dopo una buona mezz'ora Priscilla, accompagnata da Lucy, Charle e Wendy decisero di andare a controllare come stesse andando, ma quando arrivarono al dormitorio tutte le loro speranze andarono in fumo. Dalla finestra di Lluvia era proprio del fumo quello che usciva e bastò quello a dar loro un indizio su come stesse andando la sua operazione. Le sue urla di rabbia erano la ciliegina sulla torta, era come se stesse lottando contro qualcuno. 
«Ohy ohy» sospirò Priscilla. 
«Proprio come avevamo pensato» disse Wendy preoccupata.
«Andiamo a vedere!» disse Lucy e le ragazze corsero verso l'interno del dormitorio, per dirigersi rapidamente alla stanza di Lluvia. Non c'era niente che si fosse salvato dal suo attacco, c'erano pezzi di torta e ingredienti ovunque, parte della stanza era addirittura bruciata, una finestra rotta, ogni cosa era sottosopra. E Lluvia ansimante per la fatica le accolse con in braccio un pupazzo Gray e un grosso sorriso sul volto. 
«Lluvia ce l'ha fatta!» esclamò, indicando un piatto sul tavolo dove sopra era poggiata una torta bruciata, terrificante e dalla decorazione pessima. 
«No, non ce l'hai fatta» sospirarono in coro le quattro ospiti.
«Non è venuta bene?!» sussultò Lluvia, cadendo dalle nuvole. 
«Beh... c'eri quasi...» mormorò Priscilla, imbarazzata all'idea di rivelarle apertamente che era terribile.
«Sicuramente ti sei impegnata molto» disse Lucy, altrettanto incoraggiante.
«Ma anche le parole sono scritte male» sospirò Wendy, leggendo la decorazione che recitava "Lovery" invece che "Lovely" e  “SamaGa” invece di “Gray-sama”.
Tutto totalmente sbagliato.
«Fa schifo» disse più diretta Charle e Lluvia, abbattuta, cadde a terra colta da un attacco profondo di depressione. 
«Forse la torta non era la scelta giusta» disse Priscilla, poggiando una mano sulla spalla dell'amica.
«Però forse è buona da mangiare!» esclamò Wendy, cercando una via d'uscita da quel disastro. Si avvicinò alla torta e con un dito raccolse un po' di glassa al cioccolato, portandosela alle labbra. Non disse niente, ma la sua espressione schifata e rattrappita lo fece per lei. Era decisamente immangiabile. 
«Eppure ho usato normali ingredienti» sospirò Lluvia.
«Potrebbe essere un qualche tipo di talento, il tuo» disse Charle.
«Cosa dovrei fare?» mormorò Lluvia, affranta, stringendosi al petto il pupazzetto a forma di Gray che si era tenuta tra le braccia fino a quel momento.
«Magari puoi provare con qualcosa di diverso, più adatto alle tue capacità» suggerì Priscilla.
«Magari qualcosa che non abbia a che fare con la cucina» disse Charle. 
«Penseremo noi a pulire qui, così tu potrai pensare a qualcos'altro per Gray-san» disse Wendy.
«Facile a dirsi... ma cosa potrebbe andare bene?» mormorò ancora Lluvia, sempre più abbattuta.
«Che ne dici di un accessorio? O qualcosa che possa indossare?» provò a suggerire Charle e Priscilla si illuminò, esclamando: «Mi sembra un'ottima idea!»
Persino Lluvia riuscì a sorridere di nuovo, colta da un nuovo ottimismo, ed esclamò: «Ha senso! Lluvia farà un tentativo! Vado subito a mettermi al lavoro» disse e si alzò, uscendo dalla cucina e andandosi a mettere su di un divanetto in camera. Prese ferri e lana e cominciò a lavorare a maglia, concentrata su quella che sembrava l'inizio di una sciarpa. 
«Ce la sta davvero mettendo tutta, eh?» sorrise Lucy, buttando nel cestino la torta mostro immangiabile. 
«Ci tiene davvero molto» sorrise Wendy, prendendo una scopa e mettendosi a pulire. 
«Anche se l'occasione non ha alcun senso» disse Charle, prendendo un panno e andando verso un mobile lercio. Priscilla, in silenzio, prese le ciotole e gli utensili sporchi e si avvicinò al lavandino per poterli ripulire e rimettere a posto.
«Ma per lei resta molto importante. È una bella cosa» sorrise Wendy, prima di affacciarsi verso Priscilla e chiedere: «Non è vero, Priscilla-nee?»
«Certo» rispose lei, distrattamente. Improvvisamente assorta nei suoi pensieri, aveva chissà quando iniziato a smettere di ascoltare ciò che le sue amiche avevano da dire. Wendy la guardò curiosa, ma non si preoccupò dal momento che il suo viso, anche se assorto, sembrava stranamente sereno.
"Un regalo..."


Laxus tornò dalla sua missione il giorno dopo, come previsto. Non fece rientro direttamente alla gilda, ma preferì prima passare da casa sua per potersi  lavare e cambiare. Oltretutto avevano passato tutte quelle ventiquattro ore in viaggio e impegnati, senza neanche il tempo di riposare, e aveva davvero bisogno di farsi una lunga dormita. Grattandosi la nuca pigramente e mugolando già per la fatica, aprì la serratura di casa sua ed entrò nell'appartamento. La sua attenzione fu catturata nell'immediato dalla luce nella sua camera accesa, ma più che preoccuparsi si infastidì all'idea che qualcuno fosse potuto entrare in sua assenza. Priscilla si voltò a guardarlo nell'istante in cui lo sentì aprire la porta della camera. Era stesa sul suo letto, i piedi sollevati per aria che ciondolavano come fosse una bambina pigra, i gomiti erano piantati sul materasso e aveva un libro che teneva sotto di sé e che l'aveva tenuta assorta talmente tanto che non aveva fatto caso alla serratura che veniva aperta. Si illuminò nel vedere Laxus e sollevandosi col busto, mettendosi poi in ginocchio sul letto, esclamò allegra: «Bentornato! Com'è andata la tua missione?»
«Che ci fai a casa mia?» le chiese, vagamente irritato. Quando e soprattutto come era entrata? Chi le aveva dato il permesso? Era incredibile come non perdesse mai occasione per violare i suoi spazi, non aveva la minima idea di cosa fosse la privacy e il pudore. 
«Ti aspettavo» sorrise candidamente e per quanto lui trovasse irritante quel suo modo di fare invasivo, non rimase immune alla dolcezza di quella scena. Morbidamente appoggiata al proprio letto, inginocchiata, con i piedi nudi, stretta nelle spalle e il viso candido e allegro mentre gli dava quella dolce accoglienza. Per un istante provò il desiderio di averla sempre lì, a dargli il benvenuto tutti i giorni.
Si tolse la giacca dalle spalle e la lasciò cadere su di una sedia vicino all'ingresso della camera, prima di cominciare a rimboccarsi le maniche della camicia per dare più libertà alla pelle. 
«Come sei entrata?» si informò, trovando divertente quella sua incredibile capacità di intrufolarsi ovunque.
«Dalla finestra! Dovresti chiuderla almeno quando sei via, qualcuno potrebbe intrufolarsi in casa tua, lo sai? È pericoloso» lo ammonì  con severità e preoccupazione e lui non poté che sghignazzare divertito e ammettere un: «Me ne sono accorto».
Priscilla inclinò la testa da un lato, senza dire niente, assumendo semplicemente un'espressione incuriosita e confusa. Probabilmente non le era chiaro che l'intrusa era lei, forse sentendo come tutto quello fosse normale. 
«Ecco io...» mormorò poi, arrossendo lievemente e lasciando subito da parte il discorso della finestra. «In verità, sono venuta qui perché volevo darti una cosa» confessò e Laxus, che era già andato all'armadio a cercare un cambio d'abito pulito, si voltò a guardarla con curiosità.
«Ti ho portato un regalo!» esclamò, sorridendo allegra.
«Un regalo?» chiese li, arrossendo lievemente per l'imbarazzo.
Priscilla annuì e si allungò ora sul comodino, dove notò solo in quel momento che c’era appoggiato un piatto vicino anche a un pacchetto. Priscilla prese prima il piatto e lo porse a Laxus, togliendo da sopra la pellicola trasparente usata per proteggerne il contenuto. 
«Biscotti al limone! Li ho fatti io!» disse felice. «Assaggia!» invitò e Laxus, dapprima esitante, si lasciò alla fine convincere. Si avvicinò a lei, le si sedette pesantemente a fianco facendo sobbalzare un po' il letto su cui lei era ancora inginocchiata e osservò il piatto ricolmo di biscotti. Lei continuò a sorridere e con un gesto lo invitò ancora a prenderne uno, cosa che lui fece poco dopo. Se lo portò alle labbra e lo assaggiò, sotto lo sguardo emozionato di Priscilla che attendeva con fervore l'esito. 
«Sono buoni» confessò Laxus, dopo qualche secondo in cui non aveva fatto altro che cercare le parole adatte per evitare che trapelasse l'emozione di quel momento. Era stato un gesto inusuale, di una dolcezza infinita, persino una statua di marmo come lui non poteva non trovarla deliziosa nelle sue attenzioni. Priscilla allargò maggiormente il sorriso, felice di sentirglielo dire, e infine spiegò: «Da quando sei tornato sono successe così tante cose che non abbiamo nemmeno avuto il tempo quasi di rendercene conto. Prima Acnologia, i sette anni, il torneo a Crocus... ti ho aspettato così a lungo e oggi, visto che era un giorno tranquillo e felice, mi è solo tornato in mente che non ti ho ancora dato il bentornato come si deve. È un grande momento, finalmente abbiamo messo un punto a tutta questa faccenda che è durata fin troppo, ho solo pensato che dovessimo festeggiare! Siamo di nuovo insieme» e le guance presero a colorarsi di rosso, sotto una palese emozione che faticava a nascondere. Per Laxus era stato imbarazzante trovarla improvvisamente a casa sua, con tutte quelle gentilezze che sembravano senza ragione e servivano solo a riempirla di una dolcezza forse anche esagerata. Ma ora era tutto così chiaro che la vergogna venne spazzata via in un attimo, lasciando posto solo a un felice benessere. 
«Già» mormorò lui semplicemente, lasciandosi sfuggire a sua volta un sorriso. Erano di nuovo insieme, dopo tutto quel tempo, tutto quel dolore e quella follia, erano di nuovo insieme. Era stato tutto spazzato via, anche se ci avevano messo decisamente troppo tempo, ogni cosa era sparita e lasciava spazio solo al futuro che avrebbero d'ora in avanti percorso insieme. Di nuovo. 
«Oh! E ho un'altra cosa!» disse lei, lasciando il piatto con i biscotti sulle ginocchia di Laxus e tornando ad allungarsi a prendere anche il pacchetto che era stato lasciato sul comodino. Laxus si portò alla bocca un altro goloso biscotto e la guardò ora con curiosità, chiedendosi cos'altro avesse ideato per celebrare quel momento. 
Priscilla poggiò il pacchetto sulle proprie gambe e ne sollevò il coperchio, mostrando al suo interno le vecchie cuffie che erano appartenute a Laxus un tempo. Cuffie a cui era stato talmente legato che si era portato dietro ovunque, in qualsiasi occasione, per anni interi da quando era ragazzino. 
«Si erano rotte...» confessò lei, arrossendo un po' forse per l'imbarazzo o forse per il dolore nel ricordare quel momento. «Durante il nostro scontro alla cattedrale di Caldia, quando sei stato poi esiliato. Le avevi lasciate lì, si erano rotte. Le ho prese con me... e le ho fatte aggiustare» spiegò, sentendosi in imbarazzo nell'ammettere che aveva avuto quell'attenzione. 
«Dovrebbero funzionare, adesso» disse prendendole tra le mani e porgendogliele. Per quanto fosse un gesto come un altro, anche se incredibilmente dolce e premuroso, a colpirlo fu principalmente l'attenzione che riportò a quel famigerato giorno. Il giorno in cui avevano combattuto, il giorno in cui lui si era ricordato e si era reso conto di tutti gli errori fatti, di tutto il male che le aveva recato. Quell'orrendo giorno, che non aveva fatto che tormentarlo. Le mani di Priscilla si allungavano nella sua direzione a porgergli quell'insignificante oggetto che lei aveva preso a cuore, le stesse mani che si erano preoccupate di risanare ciò che era rimasto di quel giorno. Quelle ferite, riportate anche su quelle cuffie, ormai erano sparite grazie alla cura che lei aveva avuto nei loro confronti. Non era un semplice regalo, era qualcosa di molto più grande. Il dolore di una ferita che spariva, il rendersi conto che tutte le sue cure e le sue attenzioni erano state in grado di disinfettarlo e richiuderle, eliminarle per sempre. Quel giorno sembrava ora così distante da sembrare... solo un incubo.
Quella sera avrebbero festeggiato il loro ritrovamento, la loro di nuovo unione, ma soprattutto avrebbero festeggiato tutte le sofferenze che finalmente avevano abbandonato definitivamente alle spalle. Quella sera loro erano lì per ricominciare da capo. Guardare solo avanti perché niente di quello che era stato aveva più bisogno di essere riparato... persino quelle cuffie.
Poggiò una mano sulle sue, abbassandole per potersi fare spazio e spingere da parte quelle cuffie che ora non avevano più così importanza. Allungò infine le braccia dietro la  schiena della ragazza e se la tirò contro, stringendola con tutto il desiderio che aveva trattenuto dentro sé per tutto quel tempo. Una mano dietro la nuca, con le dita che si incastravano tra i suoi capelli, vi affondò il volto tra quei capelli dal profumo così familiare. Il profumo di casa. Finalmente a casa.
«Pricchan» sussurrò, scaricando in quell'abbraccio tutto se stesso.
«L-Laxus...» mormorò lei, rossa per l'imbarazzo e l'emozione che il suo tocco e la sua vicinanza le davano. Non era difficile giocare all'amata sorellina, ormai c'era abituata, le riusciva bene, ma talvolta accadeva che quel ruolo le stesse stretto e tornasse in lei l'unico sentimento che sapeva ora essere reale. L'amore che provava nei suoi confronti, non l'avrebbe più negato anche se consapevole di non averne il diritto, avrebbe comunque continuato a tenerlo nascosto. Momenti come quello, dove la barriera del gioco veniva sfondata e lei poteva avvicinarsi così tanto a lui, le facevano perdere il controllo di tutto quello e per un attimo diventava una semplice ragazza innamorata piuttosto che una sorellina affezionata. Quell'abbraccio valeva così tanto, eppure proprio per questo aveva lo stesso sapore amaro del sangue. Era bello poterlo avere così vicino, ma ricordarsi qual era in realtà il suo posto e costringersi sempre a tenere un passo indietro era così doloroso. Ma aveva imparato ad accontentarsi... già molto tempo prima. Prese timidamente la sua camicia tra le dita e tentò un goffo abbraccio di ricambio, rilassandosi sotto la sua ferrea e disperata presa. Restò immobile, permettendogli di prendersi tutto il tempo che desiderava.
«Grazie» sussurrò lui, infine. Una parola che andava ben oltre il semplice regalo, che avvolgeva anni e anni di sacrificio che lei aveva fatto solo per amor suo. «Grazie» ripeté più deciso e lei semplicemente sorrise e arrossì, non riuscendo a trovare le parole adeguate a rispondergli. Attese fintanto che non fu lui ad ammorbidirsi e allontanarsi nuovamente, anche se non lo fece mai del tutto. Le poggiò una mano sulla guancia e si allungò, cedendo al desiderio di un contatto, stampandole un deciso bacio sulla fronte. Prese poi le cuffie dalle mani di Priscilla, si portò la destra al proprio orecchio destro mentre la cuffia sinistra la poggiò all'orecchio sinistro della ragazza. Fece partire la musica e socchiudendo gli occhi restò rilassato ad ascoltarla, con la testa poggiata su quella della ragazza al suo fianco. Prese un altro biscotto dal piatto e poi ancora un altro. Priscilla, restando incastrata sotto al suo braccio, con la testa poggiata alla sua, mangiò insieme a lui. E solo ore dopo, nel silenzio se non per la musica che risuonava nelle orecchie, riuscirono a finirli.
   
 
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