Sirius era ritornato a casa. Ma lo aveva fatto in uno stato di abbandono che faceva tenerezza solo a guardarlo.
Si era inginocchiato davanti alla porta di casa sua e aveva iniziato a tempestarla di pugni.
“Aprimi! Mamma! Aprimi, sono io! Sirius”
gridava alla porta.
Ma nessuno li rispondeva.
Nessuna luce si accese ai piani superiori.
L’intera casa restò al buio.
E nessuno venne ad aprire quando i pugni contro la porta si fecero più forti.
 
Sirius, in lacrime, picchiava la porta come se fosse un viso, un volto a lui caro.
 
Voleva solo tornare a casa. Tra le braccia di sua madre. Sapeva bene che lei non l’aveva mai ripudiato. Quello che lo aveva ripudiato, era stato suo padre.
Sua madre non lo avrebbe mai fatto. Lei lo amava. Lei lo aveva sempre amato.
Sicuramente stava arrivando, con la sua vestaglia color porpora, avrebbe aperto la porta e poi lo avrebbe stretto a sé come quando era bambino.
Alle sue spalle una macchina passò e continuò per la sua strada.
Sirius, in lacrime, si asciugò il naso con la manica della camicia.
 
Perché nessuno li apriva?
 
Voleva solo tornare a casa, mangiare le crostate di more e bere il caffè la domenica. Correre per i prati durante i loro tanti pic-nic e scherzare con suo fratello.Suo padre era solito dire che nessun Black restava indietro e lui non era un Black?Posò una mano sulla fredda porta della casa che un tempo era anche sua.
Restò fino all’alba. Poi se ne andò. Con il cuore a pezzi.