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Autore: Jace94    14/05/2020    1 recensioni
«Ragazzi, non vi ho chiesto una cosa».
Nessuno dei tre aprì bocca, ma guardarono Marius in attesa che continuasse a parlare.
«Harry Potter e i suoi due amici… a che casa appartenevano?».
«Grifondoro… casa dei coraggiosi», rispose Astrid.
Marius rifletté, cullato dal battello.
«Non so dove finirò, ma spero che ci siate anche voi», disse sereno.
«Oh beh, anche a me piacerebbe», concordò Noah.
«Non so se ti potrei sopportare a lungo, parli davvero un sacco», rifletté Ruben. «Ma potrei abituarmici», aggiunse in risposta al suo sguardo di rimprovero. «Forse», terminò, facendo ridacchiare i tre compagni.
«M-mi sono trovata bene con voi oggi… S-sarebbe bello, sì. E poi Wizzy non è male», affermò Astrid imbarazzata e pensierosa.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuova generazione di streghe e maghi, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Più contesti
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Wizarding World

The Hippogriff Club

-Primo Arco-


Capitolo 1

La cerimonia di smistamento
 

 

Mentre una folla di giovani maghi si addensava sul binario 9¾, il sole di fine estate picchiava ardente sulla locomotiva rosso scarlatta dell'Espresso per Hogwarts. 
Astrid ebbe la forte sensazione che le ginocchia non l'avrebbero retta ancora per molto. Il bubolo dei gufi, i manici di scopa in mano agli studenti più grandi e il fumo nero del treno che sporcava il cielo azzurro, le procuravano un ansia e un'eccitazione che sicuramente non avrebbe mai dimenticato. 
Due mani le scivolarono sulle braccia, sostenendola dolcemente mentre gli occhi color miele incontravano quelli del padre, ora alla stessa altezza. 
«Astrid, mi raccomando, scrivimi ogni giorno, va bene?». 
«Certo papà». 
Un aeroplanino di carta seguito da un sibilo acuto le sfrecciò accanto ed esplose in una pioggia di scintille multicolori quando raggiunse il cielo. 
Il signor Wizzabeth lo seguì con lo sguardo, indispettito, poi l'attenzione tornò sulla figlia che si costrinse a spegnere il sorriso. 
«Stai sempre vicino agli insegnati mi raccomando», le disse sistemando la piega del colletto.
«Sì, papà». Il respiro le si fece più corto, anche se di ossigeno l'aria era piena.
«E non ti fidare dei compagni. Cioè…». Virò lo sguardo verso terra, come se le parole più adatte potessero essere scritte sugli stivaletti di Astrid. «Fatti degli amici ovviamente, ma non accettare nessun regalo che sembri poter parlare o pensare o agire per conto proprio… e tanto meno da bere, ok?». La guardò apprensivo, accarezzandole la guancia paffuta. «Potrebbe essere chissà quale pozione per uno scherzo di cattivo gusto».
«Va bene, Papà». 
«E niente gelatine tuttigusti+1». Scandì con severità queste ultime parole, neanche potessero essere più pericolose di collane maledette o di manici di scopa con il malocchio.
«Lo sai che non fanno bene. Tutti quei strani gusti scombussolano soltanto lo stomaco e rovinano gli altri pasti». 
Restò in attesa di un roger della figlia che, con sguardo inquieto, annuì. Non riusciva a metabolizzare alcunché. Ansia, eccitazione, desiderio e paura frullavano tra lo stomaco e il petto, senza sapere a quale emozione dare la priorità. 
«Vai a letto presto e lavati i denti dopo ogni pasto. Sai che un buon riposo è fondamentale per avere una mente concentrata e l'igiene orale migliora quel bel sorriso che hai». Le tirò delicatamente la guancia, ma il tentativo di farla sorridere fallì miseramente. 
«Dai, vieni qui». L'accolse tra le forti braccia, tenendola stretta a sé più per il desiderio di non lasciarla partire, che per rassicurarla. Nonostante ciò, Astrid si sentì più tranquilla e il respiro tornò regolare.
Al fischio del treno il Signor Wizzabeth dovette suo malgrado lasciare la presa e accompagnarla fino alle scalette. 
«Per qualsiasi motivo, se tu avessi bisogno, mandami un gufo e io arrivo immediatamente, va bene?». 
La bambina annuì. «Grazie Papà». 
E dopo avergli dato un ultimo bacio sulla guancia, salì a bordo dell'Espresso che l'avrebbe portata nella miglior scuola di Magia e Stregoneria del mondo. 

… 
 

Districandosi tra numerosi studenti più alti di lui, Marius riuscì faticosamente a farsi strada lungo il corridoio dell'Espresso fino a trovare uno scompartimento vuoto. 
Si abbandonò sul sedile e, mentre King's Cross si faceva più piccola, i pensieri tornarono per l'ennesima volta a poco meno di un anno prima. 
Un uomo alto e di bell'aspetto suonò al campanello di casa sua, nel cuore di Londra, presentandosi ai suoi genitori come Alexander Liam Lance, professore alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Chiunque gli avrebbe sbattuto la porta in faccia componendo il numero delle forze dell'ordine, invece la coppia sorrise, e con uno sguardo perso nel vuoto lo pregarono di accomodarsi. 
Il mago accennò un inchino di gratitudine e seguendo i Signori Allen in soggiorno, gettò uno sguardo al resto della casa. Marius si trovava nel sottoscala, dove era solito sistemarsi per starsene tranquillo a leggere e, quando i due sguardi si incrociarono, l'uomo gli fece l'occhiolino, sorridendogli.
Il bambino strinse Trattato di Astronomia al petto, colto da un profondo senso di curiosità e irrequietezza.
Poco dopo il padre lo invitò a raggiungerli e l'uomo lo accolse alzandosi dalla poltrona e porgendogli la mano. Marius gliela strinse, esitante, e si sedette sul divano tra il papà e la mamma. 
«Sono il Professor Lance, della scuola di Hogwarts. Una scuola speciale, per ragazzi speciali. Come te». Lo indicò con un cenno della mano.
«C-come me?», guardò i genitori, perplessi e preoccupati quanto lui. 
«Ti è mai capitato di vivere strani eventi? Magari quando sei spaventato oppure arrabbiato?». 
I suoi profondi occhi neri sembravano studiarlo attentamente, pronto a cogliere la risposta nella mente del ragazzino ancora prima che potesse pronunciare parola. Marius riflettè attentamente, ma non ci volle molto prima che i pensieri si spostassero all'estate precedente, quando durante una gita al mare, il suo compagno di scuola Thomas si ritrovò circondato da uno squadrone di grossi granchi rossi con chele pelose e ticchettanti dopo avergli rovinato un elaborato castello di sabbia. 
Chissà se questa vale, pensò il bambino abbozzando un sorriso al ricordo, e anche il Professor Lance sorrise. 
«Oh sì, vale eccome». Marius trattenne rumorosamente il fiato, sbiancando tutto d'un colpo. 
«Tu sei un mago, Marius». 
Ed ora, dopo aver acquistato una bacchetta, pile di libri di magia e una piccola gufetta chiamata Nebulosa, si trovava su un treno diretto ad una scuola per maghi. 
Poteva rivivere quel ricordo quante volte voleva, ma non gli sembrava ancora reale. 
«Ehm… posso?». 
Una bambina paffutella e con caldi occhi color miele si era fermata all'ingresso dello scompartimento, aspettando il permesso di entrare. 
«Oh, certo, è libero». Si raddrizzò sullo schienale per educazione e la seguì con lo sguardo mentre si sedette all'angolo opposto al suo, ringraziandolo. 
«Figurati». Sorrise e non sapendo cos'altro dire tornò a guardare il panorama che scorreva veloce. Non era mai stato un abile conversatore e tutto considerato nemmeno lei doveva cavarsela molto bene: si fissava le punte dei piedi grattandosi il polso. 
La porta dello scompartimento ruppe il silenzio, aprendosi. 
«Oh, alleluia, pare che qui ci sia un po' di tranquillità. Non ne potevo più di sentir parlare di grifondoro, tassorosso o serpefessa e corvoscemo». 
La voce vivace apparteneva ad un esile e spigoloso ragazzino cespuglioso che piombò sul sedile accanto a Marius. 
Dietro di lui, un bambino corvino dai profondi occhi color ghiaccio si chiuse la porta alle spalle, sedendosi educatamente accanto ad Astrid. 
«Si potesse scegliere la casa capirei tutti sti discorsi, ma non decidiamo noi dove andare, no?». Fece le spallucce sospirando. 
«Certo che per essere una persona che vuole tranquillità, parli parecchio», ironizzò il corvino. 
«Oh, hai ragione», convenne il bambino. «È che sentire tutti i primini sperare di andare da una parte o dall'altra mi mette un po' di ansia addosso». Guardò Astrid per coinvolgerla nel discorso. «Andrà alla grande ovunque finirò, questo è quello che penso. A proposito, io sono Noah Webb, piacere di conoscervi». 
«Marius Allen, piacere mio». 
«Ruben Castelli». Alzò l'indice e il medio in segno di pace.
«Castelli? Non sei inglese vero?». Noah sembrava sinceramente interessato. 
«Arguto», sospirò. «Sono italiano, il mio patrigno ha convinto mia madre a spedirmi ad Hogwarts. È convinta che qui mi possano rimettere in riga». 
«Riga? Per la mutande di merlino, che hai combinato?».
Marius trovò curioso quel modo di dire, ma non sapeva bene come chiedere. Non voleva sembrare... fuori posto. Come d'altronde si sentiva. 
Ruben comunque non rispose e si voltò verso Astrid. 
«E tu? Come ti chiami?».
«I-io sono Astrid Wizzabeth, piacere di conoscervi». 
Marius e Noah sorrisero. 
«Bel nome, ma penso che ti chiamerò Wizzy. Fa più strega, non pensate?».
I due bambini annuirono e Astrid ringraziò imbarazzata, non capendo se la stessero prendendo in giro o se risposero sinceramente. 
Noah saltò sul sedile quasi inviperito. «Io lo penso sul serio, ti dona molto!».
«Anche tu sai leggere nella mente?». Le parole gli erano sfuggite dalla bocca prima ancora di pensarci.  
«Uh? Magari», ridacchiò. «Sarebbe grandioso. No, glielo si leggeva in faccia». La indicò con il pollice e Astrid arrossì. 
«Ma tu conosci qualcuno che sa leggere i pensieri?». 
Noah, curioso, si voltò con tutto il corpo verso Marius, ora pentitosi di aver attirato così tanto la sua attenzione.
Quell'uomo, il Professor Lance, gli spiegò che ai figli di streghe e maghi veniva spedita una lettera da Hogwarts e che soltanto per i "nati babbani" si presentava qualcuno a spiegare la situazione. 
Notò anche l'interesse di Ruben e Astrid e pensò che prima o poi si sarebbe saputo che lui non era come loro, quindi tanto valeva essere sinceri fin da subito. 
«Il signore che è venuto a dirmi che sono un Mago… mi ha letto nella mente». Sospirò, evitando gli sguardi. 
«Ah, tranquillo, anche mio padre è un babbano», disse con noncuranza Noah. «Cioè, mia madre è una strega, ma mio padre non ha poteri magici. Si sono innamorati ed eccomi qua». Aprì le braccia in segno di presentazione. 
«Che fortuna», sibilò Ruben tra i denti e Marius sorrise, decisamente alleggerito. 
«A-anche mia madre». Si voltarono tutti verso Astrid, che tornò rossa. «Era una non magica. Una grande donna», terminò orgogliosa.
«Insomma, non ti devi fare problemi. Sei un mago ed è questo ciò che conta», lo convinse Ruben. 
«Grazie ragazzi». 
Restò in silenzio, dubbioso se soddisfare la sua curiosità oppure no. «È solo che…». Era più forte di lui, doveva saperlo «perché le mutande di merlino?».
Noah e Ruben scoppiarono a ridere, Astrid tentò di contenersi, ma non c'è la fece. Marius non capiva bene perché stessero ridendo, ma fu sicuro che non lo stavano prendendo in giro e gli venne naturale aggiungersi a loro. 
«Beh, tu magari è meglio se ti limiti alla sua barba, le mutande lasciale a Noah». 
Risero ancora, mentre la porta dello scompartimento si aprì nuovamente e un volto rugoso fece la sua comparsa.
«Volete qualcosa, figlioli?». 
Noah balzò in piedi eccitato. «Oh, assolutamente». 
Il carrello era pieno di tramezzini, bibite e dolci di ogni tipo. Comprò una manciata di cioccorane che posò accanto a lui, come se fosse il tesoro più grande. Ruben invece prese un tramezzino, ma fu tentato alla vista del bottino del compagno e cedette anche lui all'invito delle cioccorane, prendendone un paio. Marius non voleva niente, ma su insistenza di Noah prese delle gelatine tuttigusti+1.
«Amico mio, non puoi non provarle. Una volta ne ho trovato una al gusto di latte rancido, un'esperienza dell'altro mondo!»
Ovviamente Marius non fu per niente invitato all'idea di assaggiare, ma si fece coraggio e ne prese una color viola scuro. La faccia si dipinse di disgusto e mandò giù senza finire di masticare.
«Credo melanzane al vapore», annunciò tossendo. 
Noah ridacchiando ne prese una color rosso e allungò il pacchetto verso Ruben che ne estrasse una verde, trovando rispettivamente peperoncino e cavoletti di Bruxelles.
«Affidendi che bruddo paccheddo», sentenziò Noah sventolando le mani per rinfrescarsi la lingua in fiamme. 
Ruben invece rimase impassibile. 
«Che c'è? A me piacciono i cavoletti di Bruxelles». Finì di masticare e mandò giù. «Mia madre me li cucinava sempre. Diceva che fanno bene alla salute perché hanno molte vitamine», aggiunse in sua difesa allo sguardo poco comprensivo dei compagni. 
Noah allungò il pacchetto anche ad Astrid, ma lei rifiutò educatamente. 
«Oh, andiamo Wizzy. Magari sei più fortunata di noi». 
«È che poi mi rovinano la cena, meglio di no…»
«Mancano ancora tante ore alla cena, non ti rovini nulla», aggiunse Ruben, che nel frattempo stava già scartando la sua prima cioccorana. 
Anche Marius la guardava incoraggiante e in fondo lei aveva sempre desiderato assaggiare quelle caramelle, anche se suo padre gliele aveva sempre vietate. Titubante, ne presa una gialla. 
I ragazzini aspettarono una qualche reazione, ma gli occhi color miele avvamparono luminosi e una smorfia di piacere si distese sul volto paffuto, mentre un caldo sapore di caldarroste le scendeva in gola.
«La tipica fortuna dei principianti», disse Noah a Marius, passandogli una cioccorana. 
«Tu non hai mai fatto la collezione delle figurine dei maghi, vero?». 
«Ehm… No, non sapevo nemmeno esistessero».
«Tranquillo, puoi iniziare adesso», gli suggerì, scartando la propria.
Ruben trovò l'ennesimo Albus Silente, ma perlomeno riuscì a trattenere la rana di cioccolato prima che potesse saltare via. 
Noah invece non fu altrettanto abile e Astrid si ritrovò l'animale sul petto, irrigidita dalla paura. 
Con un secondo balzo piombò sulle gambe di Marius che rapido la afferrò tra le mani. 
«Oh grazie, non sono mai stato bravo a prenderle. Ne avrò mangiato la metà di quelle comprate». Rise e prese tra le sue mani la rana, adesso non più animata. Le staccò la testa con un morso e guardò la figurina. 
«Uffa, un altro Merlino. Ne avrò sei». E guardò deluso Marius. «Poi ti chiedi perché me la prendo con le sue mutande».
Risero e anche Marius spacchettò la sua. Riuscì ad afferrare la rana e ne morse una zampa, guardando la figurina. 
«Che hai trovato?», gli chiese Noah aprendo compulsivamente un'altra. 
«Hermione J. Granger», rispose tranquillo. Una donna castana e affascinante gli sorrise educatamente.
«Cosa?!» La voce gli si fece acuta, Ruben s'alzò per vedere la figurina e persino Astrid trattenne il respiro.
«Oh, è la versione Ministro della Magia», concluse Noah, deluso. 
La donna sparì dalla figurina e Marius si chiese se per caso si fosse offesa.
«Peccato, ne possiedo già tre di questa. La versione giovane subito dopo la battaglia di Hogwarts è quella super rara. Anche perché non sparisce», chiarì Ruben, sedendosi. 
«Battaglia di Hogwarts?»
Per la prima volta fu Astrid a rispondere prima degli altri.
«All'incirca ventisette anni fa, un mago molto cattivo tentò di prendere il potere su tutto il mondo magico. Furono in molti a combatterlo, ma fu sconfitto per merito di tre amici». 
«Il leggendario Harry Potter, colui che lo ha definitivamente battuto nel duello finale ad Hogwarts e l'unico che gli sia mai sopravvissuto», si intromise Noah eccitato. 
«Ronald Weasley, il suo miglior amico», aggiunse Ruben. 
«E Hermione Granger, che qualche anno fa è diventa Ministro della Magia», terminò Astrid, luminosa ed elettrizzata. 
«La ammiro davvero tanto, ha cambiato un sacco di leggi magiche a favore dei più deboli e continua a migliorare il nostro mondo». Gli occhi le si fecero sognanti, ma divenne rossa quando si accorse di aver monopolizzato su di sé l'attenzione. «È praticamente la mia eroina», aggiunse con un filo di voce.
Marius nel corso degli ultimi mesi si era immaginato più volte come potesse essere il mondo dei maghi, ma non aveva mai contemplato l'idea che potessero esserci persone cattive che usavano la magia per azioni brutte.
«Posso vedere la figurina?»
Astrid gli tese la mano sporgendosi verso di lui, con un gran sorriso stampato sul volto. 
«Oh, certo. Puoi anche tenerla se vuoi».
Lo guardò stupita. «Ma dici sul serio?».
«Certo». Gliela diede. «Di sicuro tu lo apprezzi più di me. Io posso sempre iniziare la collezione con un'altra figurina. Magari con il leggendario Harry Potter!». Le sorrise e prese un altro pacchetto dal mucchio. 
«Oh, grazie!». Affondò nel sedile elettrizzata, leggendo e rileggendo la breve biografia stampata sul retro della figurina. 
E così le ore passarono e il cielo s'imbrunì. 
Raccontarono a Marius vari aneddoti dei maghi e delle streghe trovati nelle cioccorane e ad un certo punto Astrid si sentì fortunata a doversi allontanare per cambiarsi, dal momento che iniziarono a parlargli del Quidditch per colpa di Roderick Plumpton, cercatore inglese divenuto famoso per aver catturato il boccino d'oro nel tempo record di tre secondi. Per fortuna si trattava dell'ultima figurina e prima di allora si divertì sinceramente con tutti loro, in un modo che non riteneva nemmeno possibile quel pomeriggio. Purtroppo tutta l'ansia e l'eccitazione per Hogwarts tornò prepotente quando si mise la divisa e tornata nello scompartimento trovò i ragazzi seduti in silenzio, anch'essi con gli abiti scuri della Scuola. All'improvviso l'aria si fece carica di tensione e fermento.
«Ragazzi, guardate». Marius schiacciò il naso contro il finestrino e fu raggiunto dai compagni. 
Una brillante luna piena accendeva il profilo di un antico castello. 
«Ci siamo», confermò Ruben.

 

… 

 

Il vento fresco e pungente della sera investì i ragazzi appena scesi dall'Espresso. 
I prefetti radunarono a sé gli studenti della propria casa, guidandoli in direzione delle carrozze, mentre quelli del primo anno si sentirono chiamare a gran voce da un enorme sagoma in prossimità del cancello della stazione. 
«Studenti del primo anno a me! Studenti del primo anno a me!», ordinò oscillando a destra e a sinistra una grossa lanterna per farsi notare, come se ce ne fosse il bisogno.
Marius, Astrid, Ruben e Noah si mossero seguendo il gruppo, nel più solenne dei silenzi.
«Ci siete tutti ragazzi?».
Un omone anziano, dalla folta criniera grigia e piccoli occhi neri, guardò dall'alto dei suoi tre metri la piazzola della stazione.
Vide che nessuno era rimasto indietro, quindi si presentò. «Io mi chiamo Rubeus Hagrid, custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts. Arriviamo nella scuola passando per il lago, quindi seguite la luce così non vi perdete».
Uscirono dalla stazione e in fila indiana percorsero un lungo e stretto viottolo cementato. 
Nessuno riusciva a proferire parola, ma un eccitato mormorio si diffuse quando raggiunsero la riva di un grande lago. 
Le acque, nere come il cielo puntellato di stelle, rispecchiavano la luna argentata.
Il castello si ergeva sul promontorio della sponda opposta, con tanti torri e torrette dalle cui finestre provenivano le calde luci dell'interno. 
«È tutto vero», mormorò Marius. 
Una flotta di piccoli battelli emerse silenziosa dalle acque scure. 
«Bello vero?» Hagrid osservò con fierezza quella che fu la sua casa per tutta la vita. «Non dimenticherete mai questo momento, quindi godetevelo».
Salì su un battello, che quasi sprofondò nel lago prima di tornare a galla reggendo il peso del guardiacaccia.
«Massimo quattro persone per battello! Non spingetevi che se cadete nel lago a quest'ora non so mica se riesco a ripescarvi, ah!». Rise per quella che doveva essere una battuta e che invece finì per inquietare i bambini. 
Marius, Astrid, Ruben e Noah salirono sullo stesso battello e non appena tutti gli studenti trovarono posto, le barche si mossero per conto proprio, seguendo quella di Hagrid alla cui prua fu appesa la lanterna.
«Ragazzi, non vi ho chiesto una cosa».
Nessuno dei tre aprì bocca, ma guardarono Marius in attesa che continuasse a parlare. 
«Harry Potter e i suoi due amici… a che casa appartenevano?».
«Grifondoro… casa dei coraggiosi», rispose Astrid. 
Marius rifletté, cullato dal battello.
«Non so dove finirò, ma spero che ci siate anche voi», disse sereno. 
«Oh beh, anche a me piacerebbe», concordò Noah. 
«Non so se ti potrei sopportare a lungo, parli davvero un sacco», rifletté Ruben. «Ma potrei abituarmici», aggiunse in risposta al suo sguardo di rimprovero. «Forse», terminò, facendo ridacchiare i tre compagni. 
«M-mi sono trovata bene con voi oggi… S-sarebbe bello, sì. E poi Wizzy non è male», affermò Astrid imbarazzata e pensierosa. 
Nel frattempo fiancheggiarono la costa, superando numerosi anfratti che collisero in un tunnel sempre più oscuro. 
Ebbero la sensazione di trovarsi sotto la superficie del castello e infatti le barche terminarono la corsa arenandosi sulla riva interna di una grotta. 
Scendendo dal battello Astrid scivolò sulla fanghiglia, ma evitò la caduta reggendosi al braccio di Ruben. 
«Attenta Wizzy, qui è facile scivolare», le disse aiutandola a rimettersi in equilibrio. 
«G-grazie. E scusami».
Una bambina lentigginosa dai capelli ricci e scuri osservò tutta la scena poco distante da loro, ridacchiando. 
«Attenta che se schiacci qualcuno ci rimette pure la bacchetta, Wizzy», le disse riferendosi al peso e superandoli.
Astrid abbassò lo sguardo, mentre Marius non se la tenne. «Grande! Tra le ore spese a contarti le lentiggini riesci anche a trovare il tempo di studiare queste battute?».
Noah e Ruben risero, mentre la bambina lo fulminò con lo sguardo e Astrid, sorridendo imbarazzata, avanzò trascinandosi dietro i tre compagni. «Dai, andiamo o resteremo indietro». Noah comunque si premurò di salutarla facendole una pernacchia. 
Hagrid li guidò su una ripida scala in pietra e tornati all'aperto si trovarono sul lato destro della scuola. 
Un breve viottolo sterrato, e il grande portone in quercia di Hogwarts si presentò ai loro occhi accesi di impazienza. 
Si aprì e un uomo affascinante, dai capelli e occhi scuri con una barbetta incolta, li raggiunse, sorridendo al guardiacaccia. 
«Ecco gli studenti del primo anno professore».
«Grazie, Hagrid. Da qui in poi li guiderò io, tu raggiungi pure il corpo insegnante». 
Marius lo riconobbe subito: era il mago che venne a trovarlo meno di un anno prima e lo trascinò in quel mondo impensabile. 
Con voce forte e chiara ordinò ai bambini di seguirlo e li condusse finalmente all'interno del castello. 
La sala d'ingresso poteva ospitare molte altre persone tanto era grande. Numerose torce appese alle pareti di pietra la illuminavano ardentemente, ma nonostante ciò i bambini riuscirono a malapena ad individuare l'alto soffitto. Alla loro destra sentivano il brusio degli altri studenti che li attendevano per la cerimonia di Smistamento. 
Il professore lasciò che si godessero quel momento, ma al terzo scalino in marmo si schiarì la voce per richiamare l'attenzione su di sé.
«Benvenuti, io sono il Professor Alexander Lance, Vice Preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts». Marius all'epoca del loro primo incontro non aveva idea che fosse una figura così importante e adesso sperò con tutto se stesso di avergli fatto una bella impressione. Essergli antipatico poteva risultare una pessima idea. 
«Vi sto per condurre nella Sala Grande, dove avrà luogo il tradizionale banchetto di inizio anno. Ma prima di ciò verrete smistati in uno delle quattro nobili case di Hogwarts: Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero.
È una cerimonia molto importante, perché è con i compagni di dormitorio che trascorrerete la maggior parte del vostro tempo. Saranno la vostra famiglia. 
Da ogni casa sono nati nobili maghi e potenti streghe, quindi siate orgogliosi ovunque andiate. 
Nel corso dell'anno vi verranno assegnati punti per ogni apporto positivo alle lezioni e detratti per ogni infrazione. La casa che a giugno avrà totalizzato più punti verrà dichiarata vincitrice della Coppa delle Case, il traguardo più importante a cui ambire. Impegnatevi al massimo per voi stessi e per la vostra casa. 
E adesso, andiamo».
Sfoggiò un sorriso sghembo e la porta della Sala Grande si spalancò. 
Tutti gli studenti erano disposti in quattro lunghe tavolate imbandite di gustose leccornie e applaudirono al loro ingresso. 
Mentre il Professor Lance li guidò fino alla quinta tavola, perpendicolare alle altre e ospite del corpo insegnanti, numerosi fantasmi -Fantasmi?! sussurrò Marius- si lanciarono in teatrali urla percorrendo in volo tutta la Sala Grande, dal pavimento di pietra fino al cielo scuro e sereno che si estendeva al posto del soffitto. 
Si fermarono su segnale del professore, che invece raggiunse uno sgabello di legno su cui poggiava un logoro cappello dall'aspetto molto stregonesco. 
«Questo è il Cappello Parlante. Sarà lui a smistarvi in una delle quattro case. Quando farò il vostro nome verrete qui e lo indosserete. Tutto chiaro?».
I bambini annuirono ansiosi. 
«Bene, ma prima…». Fece un passo indietro e una cucitura del cappello si strappò a mo' di bocca, cantando:

 

Nel mezzo del cammin di mia vita 
un incanto mi diede voce
una bocca mi fu cucita  
e a smistare iniziai precoce

Dove vi manderò miei giovani menti? 
Tra gli astuti e gli ambiziosi, culla di serpenti? 
O a superare ostacoli con il duro lavoro

come i tassorosso che non bramano l'oro? 
Oppure nei Corvonero artisti creativi
molto logici e poco emotivi? 
Se invece avete coraggio e un gran cuore
tra i grifondoro starete bene tutte le ore

Ragazzi miei io non sono che un cappello parlante
e sono le vostre scelte a rendere la vita brillante
 

Tutti gli studenti gli applaudirono e il cappello accennò un inchino con la sua punta. 
Nel frattempo il Professor Lance prese un rotolo di pergamena e tornò al fianco dello sgabello.
«Adesso possiamo cominciare». Si schiarì la voce e lesse il primo nome. «Allen Marius».
Doveva sospettare di essere uno dei primi ad essere chiamato se andavano in ordine alfabetico. Convenne che perlomeno si sarebbe tolto subito il pensiero. 
Gettò un ultimo sguardo ad Astrid, Ruben e Noah e si sedette sullo sgabello, con il cuore che gli martellava in gola.
Il Professor Lance gli posò il cappello in testa.
«Oh, interessante… Sei il primo Allen che smisto… vediamo, dove potrei collocati?». Se voleva tenere per sé che fosse un nato babbano, adesso era di dominio pubblico e un crescente fastidio si fece strada in lui. «Leggo dell'ambizione, non c'è dubbio. E scaltrezza, anche. Mmm… Mi sembri un Serpeverde perfetto!».
Dalla tavola con gli stendardi verde e argento ci furono ovazione e applausi, quindi Marius scese dallo sgabello riguardando ancora una volta i tre compagni, speranzoso, prima di raggiungere gli altri serpeverde. 
Noah guardò Ruben, dubbioso.
«Onestamente non lo avrei mai pensato serpeverde… », disse a bassa voce. «Cioè mi sembrava un tipo apposto».
«Magari perché anche tu sei un serpeverde», gli rispose il corvino, ma anche lui sembrava perplesso. Astrid si limitò ad ascoltare, mentre altri studenti venivano smistati. 
Giunti alle lettera C, fu chiamato Castelli Ruben.
«Vado», sibilò, e si sedette sullo sgabello. 
Non appena il cappello sfiorò i suoi capelli scuri, annunciò a gran voce «Corvonero!».
Noah sbuffò. Non si sentiva abbastanza intelligente per i corvonero e tanto meno voleva la brutta fama di un serpeverde. 
Ruben si sedette al suo tavolo, incrociando lo sguardo dispiaciuto di Marius. Anche lui lo era e alzò le spallucce per dirgli "è andata così". 
Alla lettera H fu chiamata Hughes Emilia, la bambina con cui ebbero da ridire nella grotta. Raggiunse lo sgabello con fredda disinvoltura e, come per Ruben, non appena il cappello parlante le sfiorò la fronte, ci fu subito il responso: «Serpeverde!».
Raggiunse Marius, ma nessuno dei due guardò l'altro.
«Ecco, lei si che è una vera serpe», disse Noah ad Astrid sotto voce. «Marius invece… non è che dopo mille anni e passa il cappello ha perso qualche rotella? Sarebbe normale, pure io impazzirei a fare questo lavoro».
Astrid ridacchiò. «Dai, magari uno di noi due finisce con loro. O noi due insieme. Meglio di niente, no?».
«Meglio di niente», convenne il cespuglioso. 
Alla fine rimasero soltanto quattro bambini, ed era il momento della lettera W. 
Il primo ad essere chiamato fu Webb Noah che trattenendo il fiato indossò il cappello. 
«Mmm noto che hai già dei legami e vorresti raggiungerli…» Se non ti dispiace, pensò il ragazzino. «Penso proprio che tu sia più adatto a Tassorosso!».
«Ti dispiace», sentenziò con un filo di voce raggiungendo i suoi nuovi compagni di dormitorio. 
Nel farlo Incrociò lo sguardo con Astrid, dandosi il cambio per lo sgabello. 
«Oh, Wizzabeth. Ricordo chiaramente tuo padre, un buon Tassorosso». Rimase più di mezzo minuto in silenzio, ma ad Astrid le sembrò molto di più. Poi lo sentì sospirare come avesse fatto un grande sforzo e annunciò trionfante «Grifondoro!».
La bambina, incredula, scese lentamente dallo sgabello. Lei una Grifondoro? Sul serio? Si sarebbe vista bene nei Tassorosso, come suo padre. Persino nei Corvonero, ma mai avrebbe potuto immaginare di essere una Grifondoro.
Dopo questo primo pensiero, il secondo fu rivolto ai suoi tre compagni di viaggio. Alla fine, nonostante lo desiderassero, erano stati smistati ognuno in una casa diversa. 
Li cercò con lo sguardo, ma tutti e tre erano stati catturati dalle attenzioni dei compagni più grandi e la stessa sorte sembrava aspettare anche lei. Un ragazzo castano con la spilla da Prefetto puntata al petto si presentò come Maxwell Harper e le diede una calorosa pacca sulle spalle offrendole il suo aiuto per qualsiasi dubbio o difficoltà. 
Terminato lo smistamento, il Professor Lance portò via il Cappello Parlante e dal tavolo degli insegnanti si alzò il mago seduto al centro.
Era alto, brizzolato e dalle spalle larghe. Si sistemò dove fino ad un momento prima c'era lo sgabello, affinché tutti poterono osservarlo attentamente. Indossava dei vecchi stivali in cuoio e un pantalone scuro a cui teneva legato un pratico fodero per la bacchetta. Si trovava all'altezza giusta per essere sfoderata rapidamente e senza impicci. 
La camicia era di un bianco sporco, con le maniche arrotolate fin sotto i gomiti e il gilet si intonava ai pantaloni. 
Marius pensò che aveva l'aspetto meno magico di tutti lì dentro, ma di sicuro faceva la sua figura. Dava l'idea di un uomo pronto a lanciarsi in un duello in qualsiasi momento, e la fantasia del bambino volò lontana, immaginando l'arrivo di un drago proprio in mezzo a quella sala e lo stregone affrontarlo a colpi di Magia, schivando lunghe lingue di fuoco. 
La sua voce, forte e profonda, lo riportò alla realtà.
«Per gli studenti del primo anno, io sono Baron Leonidas Archibald Gray, Preside di Hogwarts. Vi invito ad ascoltare i vostri professori e ad impegnarvi ogni giorno. Inoltre l'accesso alla Foresta Proibita è ovviamente… proibito». 
Guardava le quattro tavolate, calamitando su di sé l'attenzione di tutti gli studenti. 
«Per chi deve affrontare i G.U.F.O. e i M.A.G.O. è inutile che vi ricordi quanto è importante che superiate questi esami per il vostro futuro. Dateci dentro. 
E per tutti: abbuffatevi».
E a quel via libera si consumò una strage di cotolette, cosce di pollo, pasta al pomodoro, zuppe, mele caramellate, budino e tante altre leccornie, rendendosi conto soltanto adesso di quanto stavano morendo di fame.

  
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