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Autore: _Trixie_    15/05/2020    3 recensioni
[AU, niente magia]
Prima di tornare a casa dal lavoro – Emma era rimasta appostata per ore fuori da un appartamento in cui credeva che si nascondesse il ricercato che stava inseguendo – aveva controllato l’ora: Regina Mills era una donna abitudinaria e lasciava il palazzo ogni mattina alle sette e mezza precise, dopo aver controllato la posta ed aver lanciato un ultimo sguardo al proprio riflesso nello specchio appeso dietro il bancone della portineria. Come se quel viso non fosse già perfetto.
«Assessore Mills» disse Emma, sorridendo e fermandosi accanto alla sua vicina, che stava leggendo il retro di una busta con aria di profonda disapprovazione.
«Signorina Swan. Buongiorno» ricambiò la donna, un sorriso di circostanza sulle labbra. Emma la considerò una vittoria. «Nottataccia?» aggiunse poi l’assessore.
Emma si strinse nelle spalle, infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans. «Qualcuno deve pur occuparsi della feccia di Boston, no?»
«La città le è grata per i suoi servizi, signorina Swan» rispose la donna, prima di rivolgerle un cenno di saluto con il capo, che Emma ricambiò.
La ragazza trattenne a stento un sorriso mentre osservava l’assessore allontanarsi.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE III

La sposa
 
 


 
La prima notte trascorsa a dormire accanto a Regina fu, per Emma, un inferno. Non solo faticò ad addormentarsi, a differenza dell’assessore il cui respiro si regolarizzò in pochi minuti, ma Emma si svegliò più e più volte a causa delle ultime parole di Regina. Non è una tortura. Non in quel senso. Che cosa dannazione voleva dire? Una tortura è una tortura, a parere di Emma. E l’unica conclusione a cui giunse fu che fingersi una coppia era stata davvero una pessima idea, se riusciva a privarla del sonno.  
Si svegliò per l’ennesima volta poco prima dell’alba e, nonostante l’irritazione, non poté trattenere un sorriso non appena distinse il viso di Regina nella penombra. Fece per accarezzare la guancia dell’assessore, quando si rese conto di due cose: prima di tutto, che il viso di Regina le era più vicino di quanto avrebbe dovuto perché durante la notte l’assessore aveva in qualche modo abbracciato i cuscini posti a mo’ di muraglia tra loro e, seconda cosa, che non solo la mano di Regina era appoggiata sul guanciale della signorina Swan, ma questa vi aveva appoggiato sopra la propria.
Emma ritrasse il braccio repentinamente, il cuore che batteva all’impazzata. Doveva aver disturbato Regina, perché l’assessore mugugnò qualcosa nel sonno prima di girarsi dall’altra parte, portando con sé uno dei cuscini.
Emma si passò una mano tra i capelli, prima di girarsi e dare a propria volta la schiena a Regina.
Fingersi la fidanzata di Regina Mills era stata davvero la peggior idea che avesse mai fino a quel momento, compresa la volta in cui aveva messo un cucchiaio di metallo in un microonde.
 
 
*
 
 
Quando Emma si svegliò per l’ultima volta era ormai mattina e gemette infastidita per il sole che le colpiva il volto.
«Ma guarda, la Bella Addormentata si è degnata di aprire gli occhi».
In tutta risposta, Emma gemette di nuovo. Suo malgrado, sorrise quando sentì lo sbuffo divertito di Regina accanto a lei, nel letto.
«Non addormentarti di nuovo, Emma» disse l’assessore.
«Solo cinque minuti».
«Cinque minuti non faranno la differenza» disse Regina. «E poi ho ordinato la colazione in camera, sarà qui a momenti».
Emma gemette ancora, ma aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per abituarsi alla luce. Infine, con un altro, baritonale, catartico gemito, si mise a sedere. «La mattina è fatta per dormire».
Regina, seduta accanto a lei sopra le coperte, con la vestaglia nera stretta ai fianchi, le gambe stese e le caviglie incrociate, si limitò a scuotere la testa e a girare il foglio che stava leggendo.
Emma ne studiò il profilo per qualche secondo, un’espressione contrariata in viso. «Perché sei sveglia? Perché stai leggendo?»
Regina alzò lo sguardò su di lei, si strinse nelle spalle. «Perché è mattina, ecco perché sono sveglia. E sto leggendo per rimanere al passo con le ordinan-»
«Mi stai prendendo in giro?»
Regina la guardò, confusa.
«Ti sei portata il lavoro al matrimonio di tua sorella?»
Lo sguardo di Regina non mutò di una virgola e Emma si limitò a fissarla, incredula, per una buona decina di secondi, prima di decidere che non valeva la pena iniziare una discussione in un’ora così malsana per l’umanità. A fatica, buttò le gambe fuori dal letto. Pipì, le scappava la pipì. Ed era troppo insonnolita per accorgersi dello sguardo di Regina che la seguì fino a quando non si chiuse la porta del bagno alle spalle.
 
 
*
 
 
Emma si era quasi addormentata seduta sul gabinetto, quando un bussare alla porta e il profumo di caffè che era filtrato in bagno la rianimarono. Nel tentativo di scacciare definitivamente il sonno dal proprio corpo, la ragazza si gettò dell’acqua gelida sul viso dopo essersi lavata le mani. Quando tornò nella stanza, Regina l’aspettava seduta a un piccolo tavolino rotondo, sistemato sotto la finestra che dava su un campo sterminato e dove una gran quantità di dolci sembrava impaziente di gettarsi nello stomaco di Emma.
L’assessore stava di nuovo leggendo, ma questa volta aveva tra le mani un foglio con il logo dell’hotel in filigrana e la sua espressione sembrava a dir poco contrariata.
«Tutto bene?» domando Emma, lasciandosi cadere sulla sedia davanti a Regina. Prese un muffin al cioccolato e lo morse all’istante. Regina non rispose e si limitò a porgere il foglio a Emma, che si mise in bocca ciò che rimaneva del muffin prima di afferrarlo con entrambe le mani.
«Oh, che carina, vuole conoscermi prima del matrimonio!» esclamò la signorina Swan, sorridendo, dopo aver ingoiato il muffin e aver letto le poche righe scritte sul foglio, firmate con uno svolazzante ghirigoro in inchiostro verde da Zelena Mills in persona.
Regina la guardò nauseata. «Vuole torturarmi, prima del matrimonio».
«Dici? A me non sembra. Qui dice che sarebbe deliziata di incontrare la tua ragazza. E hai letto? È sicura che sarò adorabile. Beh, non si sbaglia» fece Emma, posando il foglio sul tavolo, ora macchiato da impronte di cioccolato, e prendendo un altro muffin. «Io sono adorabile» dichiarò, mordendolo.
«Emma» fece Regina, guardandola dritta negli occhi. «Hai conosciuto mia madre e mio padre. Sappi solo che Zelena non ha nulla, ma davvero nulla di mio padre, eccetto il cognome».
Emma si accasciò, contrariata. «Allora possiamo fingere di non aver ricevuto nulla?»
«Il cameriere ha insistito per una risposta. Dobbiamo essere da mia sorella tra un’ora» la informò Regina, prendendo una fetta di pane e un coltello da burro con aria truce. Non era affilato, ma Emma preferì comunque non aggiungere altro in quel momento.
 
 
*
 
 
Mancavano ancora diverse ore al matrimonio, che sarebbe stato celebrato poco prima del tramonto, così Emma infilò un paio di jeans e un maglione bianco, raccolse i capelli biondi in una coda disordinata e si sdraiò sul divano, con i piedi a penzoloni, ad aspettare che Regina uscisse dal bagno in cui era andata per cambiarsi.
Aprì la chat con Ruby e, senza preamboli, digitò: “Avevi ragione. Ma puoi biasimarmi? È mozzafiato”.
“Te l’avevo detto” fa la risposta di Ruby, quasi immediata. “Qualsiasi donna in grado di farti alzare prima di mezzogiorno ti tiene in pugno”, era scritto nel secondo messaggio e, infine, nel terzo: “Sei fottuta, Em. E non come vorresti”.
Puoi non essere così disgustosa per cinque minuti?
Facts only” rispose la cameriera. “Ma puoi resistere ancora per qualche ora. E poi, magari, cambiare palazzo”, un altro messaggio: “Città”, e poi: “Stato”, ancora: “Continente” e, infine: “Mondo”.
Molto spiritosa. Non mi trasferirò proprio da nessuna parte”.
Probabilmente lo farà lei”.
Ricordami ancora perché siamo amiche
Perché faccio la miglior cioccolata alla cannella con panna che tu abbia mai assaggiato” fu la pronta risposta di Ruby e Emma, in tutta onestà, non poteva negarlo.
Come sta August?” domandò perciò la ragazza, per cambiare discorso. Funzionò, così Emma rimase stessa sul divanetto per i seguenti venti minuti a discutere di August e a leggere screenshots delle sue conversazioni con Ruby, analizzandole in ogni aspetto, per concludere infine che l’interesse del ragazzo per la cameriera era autentico e, forse, era persino più che un interesse.
Più che preso” aveva appena scritto Emma, quando sentì la porta del bagno aprirsi e la ragazza si mise a sedere sul divano. Regina aveva scelto un paio di pantaloni neri, a vita alta, e un maglioncino rosso scuro attillato, con scollo a v. Si era truccata, aveva sistemato i capelli e Emma la vide indossare i tacchi del giorno prima.
«Io credo che tu abbia un concetto distorto di vestire casual» commentò Emma. «Hai mai indossato, non lo so, un paio di jeans?»
«Sì, certo» rispose Regina. «Da adolescente».
 
 
*
 
 
Per raggiungere la suite di Zelena, Emma e Regina dovettero percorrere un lungo corridoio per prendere l’ascensore, in cui la signorina Swan riuscì a sgusciare poco prima che si chiudesse. Regina aveva marciato attraverso l’albergo e Emma aveva faticato a non perderla di vista.
«Ma spiegami» fece Emma, guardando Regina in cagnesco, «cosa ti infastidisce dell’idea di prendere l’ascensore con me?»
L’assessore non rispose, ma a Emma sembrò che i suoi occhi si fossero spostati per pochi secondi sulle labbra della signorina Swan. Certo, doveva essere stato un gioco di luci.
Sono sempre strane, le luci degli ascensori.
 
 
*
 
 
Zelena Mills non somigliava in nulla alla sorella, come fu chiaro ad Emma fin da subito. Aveva i capelli di un rosso vivo e due grandi occhi verdi, tanto luminosi da sembrare smeraldi. Aveva la carnagione chiara, il viso cosparso di lentiggini e il suo sorriso parve più un ghigno, alla signorina Swan.
«Oh, sorellona!» esclamò, con voce così acuta da essere fastidiosa, non appena vide Regina.
«Zelena» fece l’assessore, sopportando pazientemente l’abbraccio della sorella, ostentazione di un affetto tra le due che Emma era sicura mancasse.
«E questa deve essere la tua ragazza» aggiunse poi, spostando gli occhi sulla signorina Swan e pronunciando l’ultima parola come se fosse un insulto. Emma arricciò il naso e, prima che Zelena avesse la fastidiosa idea di abbracciare anche lei, tese la mano. «Sì. Piacere, Emma Swan».
«Oh, lo so, lo so» fece Zelena, stringendole la mano. «La mamma mi ha detto tutto, ma proprio tutto!»
«Immagino» commentò Regina freddamente.
«Ma sedetevi, prego» squittì immediatamente Zelena, come se non si fosse accorta del tono della sorella, indicando alla loro destra. Emma e Regina presero posto sul divanetto di velluto verde, mentre Zelena si accomodò sulla poltrona davanti a loro, sempre sorridendo esageratamente. Emma era tentata di chiedere a Regina, con un sussurro, se sua sorella fosse affetta da una paresi o qualcosa del genere, ma lo giudicò maleducato, perciò rimase in silenzio, con le mani in grembo e la schiena rigida.
«Ah, Emma! Non sai quanto sono stata felice di sapere che Regina non sarebbe venuta sola, al mio matrimonio. Immagino lo saprai, che mio marito- Pardon, futuro marito, ma è come se fossimo già sposati da tempo, per me» fece Zelena, portandosi una mano al petto. «Ma insomma, sono sicura tu sappia che Regina e Robin sono stati insieme, sì? Questo giorno è sicuramente difficile, per lei».
Emma non ebbe bisogno di guardare l’assessore per sapere che Regina stava stringendo la mascella nel tentativo di trattenere qualsiasi insulto le fosse appena affiorato alle labbra. Allungò una mano e intrecciò le proprie dita a quelle di Regina, ma prima che potesse rispondere, venne anticipata dall’assessore.
«L’unica cosa difficile di questo matrimonio è avere a che fare con te» sbottò.
«Ma si parlerà di me abbastanza, oggi, perché invece non mi parlate di voi?» domandò Zelena, senza cambiare tono, come se Regina non avesse nemmeno parlato. «Da quanto state insieme?»
«La mamma non ti aveva detto tutto, Zelena?» domandò Regina.
«Oh, sai come è la mamma. Mi ha detto tutto quello che conta, secondo lei» rispose Zelena.
Emma era sicura che Regina avrebbe di nuovo risposto acidamente, così, dopo aver appoggiato una mano sul ginocchio dell’assessore nel tentativo di rassicurarla, decise di intervenire. «Circa un anno. Ci siamo conosciute nell’ascensore del nostro pal-»
«Ah, lo so, questo» la interruppe Zelena. «Me lo ha raccontato papà» e Emma sentì il ginocchio di Regina scattare, nervoso, sotto la sua presa. «Quando è il vostro anniversario?» continuò Zelena.
«Il sei di ottobre» rispose Regina e Emma nascose la propria sorpresa, limitandosi a sorridere e lanciare uno sguardo all’assessore. Il sei ottobre era il giorno in cui aveva visto Regina per la prima volta in ascensore e Emma lo ricordava bene, perché fu la prima notte che trascorse nel suo appartamento. Ma che Regina lo ricordasse…
«Emma, quale è il colore preferito di Regina?» domandò poi Zelena, ignorando completamente la sorella.
«Come?» fece Emma, confusa. «Cosa?»
«Il colore preferito di Regina. State insieme, immagino tu lo sappia».
Emma fece una smorfia. «Rosso» rispose, ripensando al colore dominante nel guardaroba di Regina. In ogni caso, l’assessore avrebbe potuto confermare anche se avesse sbagliato, no? Ma Emma doveva aver dato la risposta giusta, a giudicare dal ghigno infastidito sul viso di Zelena.
«E come prende il caffè?»
«Amaro» rispose Emma e questa la sapeva di per certo, aveva osservato il sindaco fare colazione quella mattina.
«E come si chiamava il suo cavallo preferito da bambina?»
«Rocinante».
«Il tuo accento spagnolo lascia un po’ a desiderare» commentò Zelena. «E quale è la più grande paura di Regina?»
Emma esitò, perché non aveva alcuna idea di quale fosse la più grande paura di Regina. Non ne avevano mai parlato.
«Zelena, basta così» si intromise fortunatamente l’assessore, forse percependo la difficoltà di Emma e, prima che sua sorella potesse tornare alla carica, Regina si alzò in piedi. «E forse è meglio che io e Emma andiamo. Oggi ti aspetta una giornata importante, sorellina».
Anche Zelena si alzò in piedi e Emma fece altrettanto. Le bastò uno sguardo al viso di Regina per intuire come l’assessore stentasse a trattenere parole d’astio, così Emma le cinse il fianco e la attirò a sé.
«Allora ci vediamo più tardi, Zelena» disse Emma, con un sorriso di cortesia.
«Ma certo».
Regina non aggiunse altro, prima di uscire dalla stanza con Emma.
 
 
*
 
 
«Però te l’avevo detto» azzardò Emma, in ascensore, mentre tornavano al loro piano.
Regina, che non aveva ancora pronunciato parola da quando avevano lasciato la stanza di sua sorella, la guardò minacciosa.
Emma si strinse nelle spalle. «Che mi avrebbero fatto un interrogatorio» spiegò Emma. «Io te l’avevo detto».
Regina si limitò a rispondere con una smorfia, il che divertì molto la signorina Swan, la quale, fortunatamente, ebbe abbastanza presenza di spirito per non mettersi a ridere apertamente di fronte a Regina.
 
 
*
 
 
Emma indossava un vestito lungo fino al polpaccio, con la gonna plissettata e stretto in vita da una vistosa cintura, in cui terminava la profonda scollatura a V. Era smanicato e le spalline era decorate con piccoli fiorellini ricamati, a cinque petali. Non era certo qualcosa che avrebbe comprato in un negozio volontariamente, preferendo qualcosa di più attillato e meno appariscente, ma era decisamente più che adatto a un matrimonio e le stava anche molto meglio di quanto si fosse aspettata, mettendo in evidenza le braccia muscolose e la schiena, lasciata scoperta da una scollatura gemella a quella frontale. Infilò le scarpe, della stessa tonalità di grigio chiaro del vestito, prima di tornare di fronte allo specchio a figura intera della camera e scattare una foto per Ruby, ringraziandola di nuovo. Ripose il telefono nella pochette abbinata e controllò che il leggero trucco che aveva scelto fosse ancora in ordine, prima di sedersi sul divano quanto più compostamente fosse in grado di fare per aspettare Regina.
L’umore dell’assessore era migliorato nel corso del pomeriggio, di questo Emma era sicura perché Regina aveva ripreso a parlare un paio d’ore dopo aver lasciato la stanza della sorella, ma era chiaro che la donna non vedesse comunque l’ora di tornare a Boston. «Andremo via dal ricevimento non appena saranno tutti abbastanza ubriachi da non notarlo» aveva detto a Emma, mentre pranzavano in camera. La ragazza aveva annuito. La famiglia di Regina era… odiosa, ecco. Con l’esclusione del signor Mills, naturalmente.
Emma era sul punto di addormentarsi sul divano, la testa appoggiata a una mano e i lunghi capelli biondi lasciati sciolti che le solleticavano la pelle nuda del braccio, quando finalmente Regina uscì dal bagno. La signorina Swan si era preparata a questo momento, perché aveva visto il vestito che Regina aveva scelto per il matrimonio, lungo e rosso, con uno spacco vistoso. Tuttavia, Emma era stata proprio un’idiota a credere di potersi preparare a Regina Mills, con i capelli raccolti in un basso chignon a lato, stretta in un vestito che pareva fosse stato cucito su misura per lei. E, rifletté Emma, probabilmente era proprio così.  
«Qualcosa non va, signorina Swan?» domandò l’assessore. notandola.
«Come? Perché?» rispose Emma, con voce strozzata. «Sto benissimo. Andiamo. Sì» aggiunse poi, alzandosi in piedi e marciando verso la porta della camera per precipitarsi nel corridoio, dove sperava di trovare aria più fresca che potesse schiarirle la mente. Sentì Regina raggiungerla a passi veloci, i tacchi che risuonarono attutiti prima sulla moquette della camera e poi distintamente sul pavimento di legno del corridoio. A Emma sembrava di essere appena riuscita a riconquistare il controllo sui suoi neuroni quando la mano di Regina si appoggiò sulla sua schiena nuda, facendola rabbrividire.
«L’ascensore è di qui, Emma» disse e la signorina Swan si accorse di aver imboccato la direzione opposta.
Quel matrimonio diventava sempre più difficile.
 
 
*
 
 
«Sul serio, Regina?» bisbigliò Emma all’orecchio dell’assessore. Erano sedute in seconda fila e godevano di un’ottima visuale della cerimonia. Non che Regina non avesse provato a rimanere sul fondo della sala, ma in quanto sorella della sposa, anche se non particolarmente amata, Cora Mills aveva insistito perché si sedesse con il resto della famiglia.
Regina guardò la signorina Swan, confusa.
«Sei stata con quello?» domandò poi, accennando con il mento allo sposo, dritto all’altare, in attesa di Zelena.
Regina si strinse nelle spalle. «E quindi?»
«Hai un pessimo gusto per gli uomini, lo sai?»
L’assessore stirò le labbra in un’espressione di rimprovero. «Anche per le donne, a quanto pare» rispose in un sussurro.
Ma prima che Emma potesse rispondere, il piccolo quartetto d’archi iniziò a suonare annunciando l’arrivo di Zelena e la signorina Swan fu costretta al silenzio.
 
 
*
 
 
Con la coda dell’occhio, Emma vide Regina terminare il secondo calice di champagne prima ancora che fossero serviti gli antipasti, ma la ragazza non avrebbe potuto biasimarla. Dopo la cerimonia, durante la quale Emma era riuscita a non addormentarsi solo perché Regina le pizzicava il braccio di tanto in tanto, il ricevimento era stato allestito in una grande salone al piano terra dell’hotel, occupato per la maggior parte da numerosi tavoli circolari con l’esclusione di un ampio spazio al centro, che Emma immaginò fosse stato adibito a pista da ballo. Con suo grande rammarico, Emma si era ritrovata seduta accanto alla signora Mills. Dall’altro lato aveva Regina, le cui gambe non trovavano pace, sotto il tavolo. Continuava ad accavallarle e poi scavallarle, accavallarle di nuovo, incrociare le caviglie, stenderle, piegarle. Emma allungò una sotto il tavolo per farla stare ferma e la posò sulla pelle lasciata scoperta dallo spacco, con il risultato che la signorina Swan si sentì mancare. A Regina non sembrò importare molto, tuttavia smise di muovere le gambe e fece segno al cameriere di passaggio di versarle un altro bicchiere di champagne nonostante l’occhiata truce di Cora Mills. All’altro lato di Regina, il signor Mills non si accorse di nulla, impegnato a congratularsi di nuovo con Zelena e Robin, gli ultimi due convitati.
«Forse dovresti sedere a un altro tavolo» disse la signora Mills, guardando Emma. «Non sei parte della famiglia, dopotutto».
«Oh, via, Cora» intervenne bonariamente Henry Mills. «Certo che fa parte della famiglia, è la ragazza di Regina».
«Forse dovremmo cambiare tavolo entrambe» fece Regina.
«Niente scenate» sibilò Zelena in direzione della sorella con tono minaccioso pur sorridendo amabilmente, il che colpì molto Emma.
«Regina» fece il signor Mills, ammonendo dolcemente la figlia. «Nessuno cambierà tavolo. È un giorno felice, oggi, in cui non faremo altro che brindare all’amore che ci unisce. Tutti quanti, nessuno escluso».
Emma si limitò ad annuire con il capo, convinta che non ci fosse solo un grammo di amore nel cuore di Cora Mills. Ammesso che quella donna lo avesse, un cuore.  
 
 
*
 
 
«Allora, di cosa si occupa, la tua famiglia?» domandò la signora Mills a Emma, rendendo chiaro dal tono che avrebbe preferito togliersi la vita piuttosto che sostenere una conversazione con la bionda ragazza di sua figlia.
«Emma è la miglior cacciatrice di taglie di tutta Boston» intervenne Regina, prima che Emma potesse rispondere. Fino a quel momento, la conversazione a tavola si era mantenuta civile, con il signor Mills che si era assunto il compito di pilotare la conversazione, evitando ogni argomento che potesse generare attriti o ostilità. La signorina Swan era sicura che l’uomo fosse abituato a questo ruolo, vista l’abilità con cui vi si destreggiava. Emma aveva anche scoperto che Robin, il marito di Zelena, non era poi così male. Certo non si sarebbe potuto dire avesse carattere o personalità, ma nonostante questo non lo trovò sgradevole. Persino Zelena, che Emma aveva giudicato una copia-carbone della signora Mills dopo il loro incontro mattutino, risultava piacevole quando il suo sarcasmo non era rivolto a lei. Notò anche delle somiglianze con Regina: entrambe si irrigidivano e raddrizzavano la schiena non appena la signora Mills rivolgeva loro la parola, mentre non avevano che tenero affetto negli occhi quando si rivolgevano al padre; avevano lo stesso modo di stirare le labbra in una linea sottile quando venivano contrariate e sorridevano solo con l’angolo destro della bocca quando una battuta non era particolarmente divertente; e avevano gli stessi gusti in fatto di cibo, perché ciò che rimaneva nel piatto di una, rimaneva anche nel piatto dell’altra.
«Ma davvero? È un lavoro duro, Emma?» domandò il signor Mills, affascinato.
«A volte» rispose Emma, stringendosi nelle spalle. «Gli appostamenti sono la parte peggiore, dovendo passare ore e ore in auto senza fare nulla».
«Non è quello che ho chiesto» si inserì la signora Mills. «Di cosa si occupa, la tua famiglia?»
Regina fece per intervenire nuovamente, ma Emma la fermò. «Non ho una famiglia, signora Mills. Sono orfana».
E Cora Mills sorrise trionfante, una morsa dolorosa alle viscere della signorina Swan. «Quindi non hai nulla, alle spalle? Nessuna famiglia, nessun sostegno. Niente. Ed è per questo che vuoi circuire mia figlia-»
«Cora» provò a fermarla il signor Mills.
«Emma non mi sta circuendo» fece Regina.
La signora Mills scosse la testa. «Sei solo troppo ingenua per vederlo, Regina» disse solo, prima di alzarsi da tavola. «Torno subito» aggiunse, come se nulla fosse.
Nessuno parlò, nemmeno Zelena, e Emma rimase lì a fissare il proprio piatto, il cuore dolorante, come se la signora Mills vi avesse appena stretto le sue dita ossute senza pietà. Alzò gli occhi su Regina solo quando la mano dell’assessore venne dolcemente appoggiata sulla sua.  
 
 
*
 
 
Erano rimaste tra i pochi ancora seduti ai tavoli, mentre il resto degli invitati si era riversato sulla pista da ballo. Non che Emma se ne fosse accorta: lei e Regina parlavano fitto fitto, le sedie vicine e le gambe che si sfioravano l’una con l’altra.
«Quello è Robert Gold» disse l’assessore a Emma, indicando un uomo che certo doveva aver superato la sessantina, appoggiato a un bastone in oro massiccio. «Socio in affari».
«Avete lo stesso taglio di capelli» commentò Emma, dopo aver osservato per qualche secondo l’uomo.
«Cosa?!» esclamò Regina, sorridendo. «Non essere ridicola, Emma, non è assolutamente vero!»
«Sì che lo è» rispose Emma. «Ma non preoccuparti, a te stanno comunque meglio».
Regina alzò gli occhi al cielo. «Questo non era nemmeno in discussione».
«E quello chi è, invece?» domandò Emma, indicando un uomo alto e brizzolato, dagli occhi chiari che ricordavano il ghiaccio.
«George Nolan» fece Regina. «Un imprenditore. Un uomo disgustoso, a dire il vero. Una volta l’ho visto pulirsi il naso. Senza fazzoletto».
«No!» esclamò Emma, spalancando gli occhi. «Ti prego, dimmi che hai fatto una foto!»
«Certo che no! Perché avrei dovuto?!»
«Perché è divertente».
«Non è divertente. È rivoltante» sentenziò Regina.
«Non ti sei mai scaccolata?»
«Emma!» esclamò l’assessore, pur ridendo. «Come puoi pensare di chiedermi una cosa del genere?!»
La signorina Swan si strinse nelle spalle. «Sei tu che hai aperto l’argomento».
«Sei un’idiota».
«A volte» concesse Emma, gli occhi fissi in quelli di Regina. Forse era lo champagne, ma non aveva mai visto l’assessore così… felice e spensierata e le guance lievemente arrossate e quel piccolo ricciolo all’altezza della tempia sfuggito allo chignon.
«Oh, siete così adorabili insieme» le interruppe in quel momento il signor Mills. «Ma cosa fate ancora qui?!»
Sia Emma sia Regina decisero di ignorare il primo commento dell’uomo e lo guardarono, confuse. E dove altro dovevano essere? Zelena e Robin non avevano ancora tagliato la torta, non potevano sgattaiolare via dalla festa senza attirare l’attenzione.
«Dovreste ballare!» esclamò il signor Mills, sbalordito. «Tu adori ballare!» aggiunse, guardando la figlia.
«Ma Emma lo detesta, quindi-»
«Ma con te ballerei fino all’alba» si inserì la signorina Swan, sorridendo all’assessore.
Il signor Mills rise prima di dare una poderosa pacca sulla spalla di Emma, mozzandole il fiato. Sul serio, dove trovava tutta quella forza?
«Ma sentila! Ora non hai più scuse, tesoro» fece il signor Mills.
Regina sorrise e, riluttante, si alzò, subito seguita da Emma, che le strinse la mano.
«Emma, la devi smettere di dare corda a mio padre!» sibilò Regina dopo pochi passi.  
«Ma ha detto che ti piace ballare» protestò Emma. «E poi non riesco proprio a contraddirlo, tuo padre».
Giunte sulla pista da ballo, però, la signorina Swan dovette ammettere almeno che tra sé e sé che forse Regina aveva ragione. Doveva smetterla di parlare prima di pensare, perché stringere le mani sui fianchi di Regina, le mani di Regina intorno al collo, era più di quanto potesse gestire. Forse anche Ruby aveva ragione e sarebbe stato meglio per tutti se, finita la farsa per il matrimonio, si fosse trasferita in un altro Stato. Ma poi Emma sorrise, divertita dall’ironia dell’Universo, non appena riconobbe la canzone che stava iniziando in quel momento e, dall’espressione dell’assessore, Emma capì che anche Regina la conosceva. Le sorrise, arrossendo appena.
Regina sciolse le braccia dal collo di Emma, posò una mano sulla sua spalla e intrecciò le dita dell’altra a quella di Emma, prima di guidare la signorina Swan, seguendo il ritmo della canzone. Emma avvicinò l’assessore a sé, gli occhi fissi in quelli di Regina.
«For I can't help…» cantava in sottofondo il solista, «falling in love…» e Emma prese un respiro profondo, chiedendosi come Regina non sentisse il cuore che le batteva furiosamente nel petto, «with…», Emma sorrise, «you» sussurrò alla fine.
 

 



NdA
Buongiorno e buon venerdì <3

Alcune note. La data del primo incontro / “anniversario” di Emma e Regina non è casuale: forse alcuni di voi ricorderanno che il sei ottobre è un giorno cruciale della storia di Emma e Regina in The secret’s in the telling (Fanfiction.net / Ao3), che è una fanfiction meravigliosa. Il sei ottobre è anche il compleanno di una persona molto speciale, quindi direi che per me è un giorno importantissimo durante l’anno (tipo il Natale **).
 
La canzone su cui ballano Emma e Regina alla fine del capitolo invece è un grande classico: Can’t help falling in love with you .
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto (e che questa fase due stia andando bene <3).
A venerdì!
T. <3  
 
   
 
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