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Autore: wittyy_name    15/05/2020    2 recensioni
Lance e i suoi amici sono da anni frequentatori assidui dell’Altea Dance Studio. Non solo per i corsi, ma anche per trovarsi, allenarsi e passare il tempo con altre persone che amano ballare. Partecipano ogni anno all’audizione per rappresentare Altea alle regionali di ballo. Lance tenta sempre l’audizione da solista, ma quest’anno non ce l’ha fatta a partecipare e la sua unica possibilità è andata in fumo. Lo stesso accade al suo ignaro rivale, Keith.
*
Per fortuna, Shiro ha un piano geniale: convincere Lance e Keith a fare un’audizione di coppia.
*
Con un po’ di convincimento, e molto impegno, quei due potrebbero riuscirci e andare alle regionali… oppure rovinare tutto.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Allura, Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto del capitolo:

“Perché non vuoi ammettere che vuoi una scusa per parlargli ancora?”

Keith spalancò gli occhi e alzò la testa di scatto per fissarla. “Che-” Le sue braccia cedettero e i suoi muscoli si rilassarono. Cadde sulle ginocchia, tenendosi su appena in tempo per evitare di fracassarsi il mento.

 


 

Note dell’autrice: Okay, dunque… Ho una scaletta di cose che voglio che succedano per ogni capitolo e scrivo fino a quando non escono tutte le cose di quel capitolo. Fino a quando non mi sembra… giusto, capite? Questo capitolo l’ho chiuso con 16.5k di parole, ma porca merda, non posso garantirvi che succederà sempre. Voglio dire, di solito scrivo capitoli lunghi, ma questo capitolo…! Non vi prendevo in giro quando dicevo che quello che scrivo è “più lungo del dovuto” lmAO

Note della traduttrice [DanceLikeAnHippogriff]: Eccoci tornate con un nuovo capitolo! Ringrazio come sempre la mia super beta CrispyGarden per il suo infaticabile lavoro nel scovare i miei errori! Buona lettura, fateci sapere cosa ne pensate nei commenti! <3

Se scalpitate dalla voglia di leggere un'altra klance, date un'occhiata alla traduzione di Operation: Time Out fatta da andreanighteye. Non ve ne pentirete!

 


 

Keith stava per finire l’ultimo giro del secondo chilometro quando sentì la presenza di suo fratello maggiore alle spalle. Continuò a guardare avanti e non si curò di togliersi le cuffiette. “Shiro, no.”

Lo vide accelerare la corsa ed entrare nel suo campo visivo, facendogli segno di togliersi le cuffiette. Keith sbuffò e alzò gli occhi al cielo, ma lo accontentò. “Non ho detto niente.” Disse Shiro appena si fu tolto una cuffietta, lasciandola penzolante.

Keith gli scoccò un’occhiata gelida. “Mi stai per chiedere di Lance, non è vero?” Il sorriso di Shiro si fece imbarazzato. Aprì la bocca per parlare, ma Keith lo interruppe. “No.” Riprese a guardare in avanti e aumentò il passo per superarlo. Non ci volle molto prima che Shiro gli si affiancasse di nuovo.

“Keith, ascoltami-”

“Non ci ballo con lui.”

“Sarebbe un’ottima opportunità per entrambi.”

Keith strinse le labbra con disapprovazione, ma dentro stava gemendo. Shiro stava usando quella voce. Tutti la chiamavano la sua voce da padre, ma per Keith era sempre stata quella di suo fratello maggiore. La voce che usava quando Keith faceva scenate. La voce che usava quando Keith voleva arrendersi. La voce che usava quando Keith aveva bisogno di gentilezza e di una mano che lo guidasse. Era morbida, così gentile, piena di una preoccupazione genuina e incondizionata, ma con quella sfumatura seriosa che gli faceva mordere la lingua.

Keith sapeva che voleva solo aiutarlo, ma non intendeva cedere. Quindi evitò il suo sguardo e continuò a fissare davanti a sé.

“Keith.” Dolcezza e pazienza. Ugh, Keith a volte lo odiava.

“Non mi interessano le regionali, Shiro.”

L’uomo sospirò, e Keith lo intravide mentre scuoteva la testa. “So che dici così-”

“E sono serio.”

“-ma, penso che dovresti ripensarci.”

“E perché dovrei farlo?” Chiese, arido. Non sapeva perché gli stesse dando corda. Aveva fatto un buon lavoro cercando di evitare l’argomento. Non era la prima volta che Shiro tentava di metterlo alle strette dopo che lui e Lance avevano ballato insieme il giorno prima. Poteva semplicemente andarsene, lasciar perdere il suo allenamento in palestra e andare via. Ci era venuto con il suo mezzo, dopotutto. Ma… qualcosa lo teneva fermo lì. Testardaggine, probabilmente. Sapeva che Shiro sarebbe ritornato sull’argomento fino a quando non si sarebbero chiariti. Aveva quella luce negli occhi che Keith conosceva fin troppo bene. Shiro poteva essere testardo tanto quanto lui.

“Dovresti esibirti, Keith. Sei bravo. Molto bravo. Potresti andare lontano se solo te ne dessi la possibilità.” Eccolo lì. L’inizio del suo discorso per farlo sentire in colpa. Shiro era un maestro in quello. Lo manipolava con quella sua voce gentile e premurosa perché sapeva che Keith odiava deluderlo. Era crudele e ingiusto.

“Non vedo come una gara mi possa aiutare.” Ringhiò e, non appena lo disse, capì di aver commesso uno errore. Il sorriso di Shiro era quello di chi aveva appena individuato una breccia nella sua armatura, uno spiraglio nella sua determinazione.

“Tu ami ballare, no?”

“Che razza di domanda è? Sai che mi piace.”

“Vuoi farci qualcosa con questa tua passione, giusto? Costruirci un qualche tipo di carriera?”

Keith scrollò le spalle e superò dei corridori più lenti per nascondere il volto. “Non saprei. Forse. Non ci ho pensato.”

Il tono di Shiro era di rimprovero. “Sappiamo entrambi che ci hai pensato. Il modo migliore che hai per iniziare è di farti conoscere. Fatti vedere. Sei davvero bravo, Keith, ma non andrai da nessuna parte se rimani a ballare in una stanza da solo.”
“Questo lo so, Shiro, ma-”

“E le regionali sono una perfetta occasione per dimostrare chi sei.” Keith fece il broncio e distolse lo sguardo. Sapeva che aveva ragione, ma questo non significava che ne fosse felice. Shiro aveva passato abbastanza tempo con lui da percepire che si era irrigidito. La sua voce si ammorbidì e inclinò la testa, facendogli un sorriso. “Sei bravo abbastanza da andare alle regionali, se ci provi. È un buon modo di farti un nome in qualcosa che ami.”

Per tutta risposta, Keith grugnì e afferrò la cuffietta a penzoloni per evitare che rimbalzasse selvaggiamente. “Sto per fare i miei sprint. Mi vieni dietro, vecchietto?”

Shiro inarcò un sopracciglio, un sorriso che gli tirava le labbra. “Non puoi scappare dai tuoi problemi, Keith.”

“Guardami.” Disse impassibile, reprimendo il tic che gli tirava l’angolo della bocca. Si fermò appena dopo la curva della pista coperta e dondolò sui piedi, lo sguardo fisso sulla fine del rettilineo.

“Quanti giri?”

“Tre di sprint e uno di jogging. In serie.” Sciolse le spalle facendo scrocchiare il collo da entrambi i lati. La canzone che stava andando nelle sue cuffiette era quasi alla fine.

“Quando avrai finito potremo parlare?”

Keith scrollò le spalle e si rimise la cuffietta nell’orecchio. “Ci penserò. Se avrai ancora fiato in corpo, vecchietto.”

Shiro aggrottò la fronte. “Non sono così vecchio.”

Keith si tirò una ciocca di capelli, un sorrisino che gli tirava le labbra. “Ti stanno già diventando grigi.”

Shiro si scostò automaticamente la ciocca bianca di capelli dalla fronte. Gli ricadde nello stesso punto. Aggrottò le sopracciglia e borbottò: “Allura mi ha detto che mi donano.” Era un’affermazione, ma Keith vi percepì una domanda imbarazzata.

Alzò gli occhi al cielo e si abbassò, mettendosi in posizione pronto a partire. “I tuoi capelli sono belli. Ti stanno bene.”

Shiro si illuminò. “Lo pensi davvero?”

La canzone che sentiva nelle orecchie finì, e Keith rivolse un ghigno a suo fratello. “Certo, perché sei vecchio.” E poi la sua playlist per lo sprint partì, tutte canzoni con un ritmo veloce che pompava, e prese il volo.

Keith amava correre. Da sempre. Era catartico e lo aiutava sempre a liberargli la mente. Amava quel bruciore nei polmoni e quel piacevole dolorino nel corpo. Era una delle sue vie di fuga preferite. Prima che Shiro lo iniziasse al ballo, era la sua via di fuga principale. Era come se niente potesse ferirlo fintanto che continuava a correre. Non doveva affrontare niente mentre si muoveva.

Non gli ci volle molto per acquistare velocità, muovendo il suo corpo più veloce che poteva. Respirava veloce, le gambe lo spingevano e le braccia che si muovevano ai lati. La musica lo spingeva ad andare avanti, lo faceva continuare a correre. Il ritmo andava a tempo con il cuore che gli martellava nel petto. Schivò abilmente le altre persone sulla pista, sfrecciando tra loro. I suoi talloni quasi non toccavano il suolo. Il sangue gli cantava nelle vene, il vento schioccava intorno a lui e si sentì vivo.

Cercò di non pensare a come quella sensazione fosse molto simile a quando aveva ballato con Lance.

Per un attimo, si permise di dimenticare. Si dimenticò di Shiro. Si dimenticò delle regionali. Si dimenticò di Lance e del dolore malcelato nella sua voce quando se ne era andato frettolosamente il giorno prima. Si dimenticò della sua schiena che si allontanava. Si dimenticò del grido di rabbia che aveva sentito nel parcheggio. Si dimenticò del modo in cui gli si era stretto il petto quando Lance aveva detto che non avrebbe mai ballato con lui. Era stato Keith a iniziare. Non aveva motivo di sentirsi ferito perché Lance gli aveva dato ragione.

Si dimenticò tutto e si concentrò solo sull’andare avanti e spingere il suo corpo ad andare più veloce che poteva.

Dopo due giri, sentì che stava rallentando e Shiro gli si affiancò. Non parlarono. Aveva il fiatone ed erano troppo concentrati sullo schivare gli altri corridori. Ma continuarono a correre insieme.

Quando terminarono il terzo giro, Keith rallentò in una corsetta. Ansimava e il suo cuore stava ancora martellando nel petto e la musica gli squillava nelle orecchie, spingendolo a non fermarsi. Ma si concesse una breve pausa. Shiro gliene sembrò grato e rallentò a sua volta. Keith lo guardò di sbieco e Shiro gli rivolse un ghigno indicando il suo orecchio. Keith si tolse la cuffietta con una certa riluttanza.

“Un giorno di questi finisce che investi qualcuno.” Cercò di sembrare serio, ma il suo sforzo si dissolse nel suo tono scherzoso e nel fiatone.

Keith scrollò le spalle. “Non è ancora successo.”

Erano quasi a metà giro e il loro respiro stava tornando a un ritmo più regolare. Shiro parlò di nuovo. “Non è così male, sai.”

Alla faccia di voler calmare i battiti del suo cuore. “Non so di chi tu stia parlando.”

“Lance.”

Keith sentì il suo cuore battere più forte e ne diede la colpa alla musica e allo sprint. Non era possibile che solo il nome di quel ragazzo lo emozionasse così tanto. “Stiamo pensando allo stesso tipo? Perché il Lance a cui penso io è decisamente pessimo.”

“Ha solo… ha una personalità molto forte.”

Keith proruppe in una risata breve e tagliente prima di rispondere. “Se lo dici tu.”

“Dovresti dargli una possibilità.”

Keith si stava già rimettendo la cuffietta nell’orecchio, assicurandosi che fosse ben inserita. “Scusa, Shiro, non ti sento. Devo correre.”

E fece di corsa la curva della pista, lanciandosi di nuovo in uno sprint. Sentì che Shiro urlava il suo nome, ma non si girò. Rimase in testa con facilità quella volta. Poteva sentire i suoi passi pesanti risuonare alle sue spalle e a volte lo intravedeva con la coda dell’occhio mentre schivava altre persone, ma non rallentò né gli diede occasione di raggiungerlo.

Quando finì i suoi giri di sprint rallentò in una corsetta un po’ più lenta di quella precedente. Iniziava a sentire il bruciore nelle gambe e si sentiva alla grande. Quando Shiro gli si affiancò non dovette dire neanche una parola perché Keith si togliesse una cuffietta. Non si dissero niente per mezzo giro, accontentandosi di riprendere fiato. Stavano bene in quel silenzio e, per un breve momento, Keith pensò che forse Shiro aveva finalmente lasciato perdere.

Figurati se era così fortunato.

“Vincere le regionali e andare alle nazionali è un ottimo modo per farsi scoprire.” Disse Shiro, ansimando tra una parola e l’altra, e si voltò per rivolgere a Keith un sorriso trionfale. “Ci starebbe bene sul tuo CV.”

Keith gemette e girò la testa per scoccargli un’occhiata piatta. “So di averti preso in giro perché sei vecchio, ma ora sembri davvero un padre.”

Shiro ridacchiò, massaggiandosi la nuca. “Però non sbaglio, no?”

Keith distolse lo sguardo e borbottò: “No…” Poteva quasi sentire quel suo sorrisino di merda e decise di ignorarlo. “Ti stai limitando a elencare una lista precompilata di cose da dirmi per convincermi?”

“È così ovvio?” Keith gli scoccò un’occhiataccia, ma Shiro rise e basta. “Ho pensato che non era male prepararmi qualcosa.”

“Non sono uno a cui fare i tuoi discorsi, Shiro. Non hai bisogno di copioni per parlare con me.”

“Con quanto testardo sei? Ne ho proprio bisogno. È meglio che mi pianifichi i punti più importanti in anticipo così che possa rispondere al fuoco quando cerchi di abbattermi.”

Keith grugnì e distolse lo sguardo, afferrando la cuffietta in vista dell’ultima curva. Il suo corpo ronzava di energia, pronto a sprintare di nuovo. Pronto ad allontanarsi da Shiro prima che avesse la possibilità di fargli scomparire ancora di più la sua determinazione. Si era indebolita e la cosa non gli piaceva. Questa voleva spuntarla.

“Almeno non ho un copione sul serio.” Incalzò Shiro con una nota divertita nella voce. “Come facevo quando eravamo bambini.”

Keith lo guardò di sbieco, incapace di nascondere il sorrisino che gli aveva curvato le labbra. “E vedo che non te lo sei neanche scritto sul braccio. Stai crescendo.”

“Che tu ci creda o meno, sono capace di tormentarti anche senza una lista scritta.”

“Te lo sei imparato a memoria, vero?”

Il suo sorriso si fece imbarazzato e abbassò lo sguardo per poi distoglierlo, prima di guardare Keith di sbieco. “Già, Allura mi ha aiutato.” Potevano anche starsi allenando e la loro pelle essersi arrossata per lo sforzo, ma Keith sarebbe dovuto essere cieco per non vedere il rossore che gli colorava le guance.

Capì che era la sua occasione di ribaltare la situazione e lasciò che il suo sorrisino si allargasse. “A proposito della tua ragazza, dov’è ora?”

Shiro fece scattare lo sguardo su di lui, il sorriso svanito e le labbra strette in un piccolo broncio. Il suo rossore era ancora più intenso. “Non è la mia ragazza.” Cercò di sembrare deciso. Keith lo sapeva. Ed era un tentativo adorabile. Ma gli uscì più come un broncio.

Keith non riuscì a trattenersi e gettò la testa all’indietro, ridendo. “Come vuoi, campione. Non inganni nessuno qui.”

Shiro fece il muso e distolse lo sguardo, fissando davanti a sé. “Perché pensi che sappia dov’è?”

Keith sbuffò ridendo. “Perché venite sempre in palestra insieme. Se tu sei qui, c’è anche lei.”

“Dopo aver fatto sollevamento pesi è andata al vogatore…” Borbottò, girandosi. Forse per nascondere il suo rossore, ma Keith poteva vedere che gli aveva preso anche il collo.

Keith rise di nuovo. “Oddio, ma che sciccheria. Era forse nella squadra di canottaggio della sua lussuosa scuola privata inglese?” Shiro lo guardò, le labbra strette in una linea sottile, le sopracciglia aggrottate. Aprì la bocca, la richiuse, e nel suo volto si dipinsero tutta una serie di emozioni. Keith alzò le sopracciglia, ghignando. “Ho indovinato, vero? Oddio, che figata.”

“Keith.” C’era un piagnucolio esasperato nella sua voce. Keith non si sentiva in colpa neanche un po’. Se non riusciva a reggere qualche presa in giro, non avrebbe dovuto punzecchiarlo, tanto per cominciare.

“Scusa, Shiro, non ti sento.” Disse, ficcandosi di nuovo la cuffietta nell’orecchio. Fecero la curva e si trovarono di fronte il rettilineo. Keith alzò lo sguardo e si ritrovò subito a guardare la donna che era appena entrata dalla porta. Allura si mise una ciocca ribelle di cappelli bianchi dietro l’orecchio e fissò la pista. Keith fece un sorrisino a Shiro. “Sembra che sia arrivata la tua ragazza. Non vorrai perdere contro il tuo fratellino. Sarebbe imbarazzante.”

Rise davanti all’espressione terribilmente imbarazzata e orripilata di Shiro e partì di scatto per poi sentirlo urlare ancora il suo nome. Quella volta gli diede del filo da torcere. Non sapeva se Shiro voleva fare colpo su Allura per davvero, dimostrargli che poteva tenere il passo o se stava solo cercando di inseguirlo per placcarlo e sottometterlo con una presa al collo. In ogni caso, non sarebbe rimasto lì fermo per scoprirlo.

Si sforzò ancora più di prima, l’adrenalina che gli ruggiva nelle vene per l’inseguimento. Volò oltre Allura e le rivolse un sorriso selvaggio che le si riflesse sul volto mentre la superava. Quando affrontò la prima curva lanciò un’occhiata da dietro la spalla e si sorprese di vedere Shiro dietro di lui. La sua faccia era tirata per la concentrazione. Le braccia si muovevano velocemente mentre lo caricava.

Keith lanciò un urletto che si trasformò subito in risata mentre ritornò a guardare di fronte a lui, tagliando la curva il più stretto possibile evitando la gente senza perdere velocità. Sentiva i polmoni bruciare, i piedi che quasi non toccavano il suolo e il fianco che gli pulsava. Non gli importava. Andò avanti. Alla curva successiva, guardò indietro di nuovo e notò che Shiro non aveva recuperato di molto, ma non lo aveva neanche seminato.

Quando superarono di nuovo Allura, la ragazza si era appoggiata al muro vicino alla porta, le braccia incrociate al petto e un piccolo sorriso divertito sulle labbra. Gli fece un piccolo saluto con la mano e lui alzò la mano in risposta.

Non aveva mai rallentato in tre giri di corsa. Si sentiva vivo. Non facevano un inseguimento del genere da anni. Capitava molto più spesso quando erano piccoli e di solito succedeva quando spingeva Shiro oltre il limite della sua pazienza. Il che, a dirla tutta, era un limite molto difficile da raggiungere e Keith era orgoglioso del fatto di essere uno dei pochi che poteva far soffrire suo fratello a quel modo.

Quando affrontò l’ultima curva si concesse un’andatura più lenta e si rilassò con una corsetta. Si girò e ghignò da dietro la spalla, notando che Shiro aveva rallentato molto prima di lui. Teneva le mani sui fianchi e la testa all’indietro mentre il petto si sollevava per il respiro pesante. Keith prese a camminare e poi si fermò, aspettando che lo raggiungesse.

Aveva il respiro in fiamme e gli arti che vibravano di energia ancora da sfogare. Sentiva il bisogno di continuare a muoversi, ma non si poteva far sfuggire quell’occasione. “Stai perdendo colpi.” Disse, togliendosi una cuffietta mentre Shiro gli si affiancava. Continuarono a camminare sulla pista, ma Keith si sentiva le gambe di gelatina e quell’andatura era un cambio troppo drastico dal suo precedente scoppio di energia.

“Uno di questi giorni…” Ansimò.

Keith alzò gli occhi al cielo. “Certo, continua a sognare.”

Shiro aveva sempre avuto più resistenza di lui. Poteva andare avanti per chilometri e chilometri anche dopo che le gambe di Keith avevano ceduto, sempre che tenesse un’andatura regolare. Ma Keith l’aveva e l’avrebbe sempre battuto in velocità. Quando si trattava di sprint e schivare ostacoli, Keith era più veloce. Poteva resistere di più. Il suo corpo era fatto apposta per quel tipo di sforzo. Shiro si stancava troppo velocemente cercando di raggiungerlo.

Keith non intendeva che il suo piano era quello di stancare suo fratello con gli sprint perché non gli rompesse più con quella storia delle regionali, ma ehi, gli andava bene.

Diede una pacca sulla spalla a Shiro. “Io continuo a correre. Perché non vai a salutare la tua ragazza?”

Shiro aggrottò la fronte. “Keith, avevi detto che avremmo parlato.” Disse, ancora ansante.

Keith gli rivolse un sorrisino. “Ho detto che ci avrei pensato.” Si rimise la cuffietta e si allontanò con una corsetta, intenzionato a completare il suo giro prima di fare un ultimo sprint. Giusto per dissuadere Shiro dal seguirlo.

“Keith-”

Ciao, Shiro!” Lo sentì chiamare il suo nome dietro di lui. Allura scosse la testa quando le passò di fianco.

Completò il suo giro di corsa leggera e iniziò gli sprint. Non era divertente quanto avere Shiro che lo rincorreva e si era stancato abbastanza da non riuscire più a raggiungere la sua velocità massima. Però aveva fatto abbastanza giri da far capire agli altri corridori che dovevano togliersi dalla sua strada, anche se si beccava comunque delle occhiatacce da parte loro quando li superava. Quando passò di fronte alla porta, notò che Shiro e Allura si erano spostati nello spazio tra la pista e la stanza dei pesi. Stavano parlando, e la mano di lei era sul braccio di Shiro, che teneva in mano una bottiglietta d’acqua.

Resistette all’impulso di scuotere la testa. Non capiva come mai suo fratello provasse anche solo a negarlo.

Sprintò solo per due giri prima di rallentare la corsa nel terzo, poi si abbandonò a una corsetta tranquilla nel quarto e terminò con un giro di camminata. Mentre camminava, mandò avanti la sua playlist per gli sprint e fece partire delle cover di canzoni pop con la chitarra acustica. Finito il giro si fermò in uno degli angoli a lato della pista e iniziò a fare stretching. C’erano già un po’ di persone lì che facevano yoga su dei materassini o che facevano stretching prima o dopo una corsa.

Stava allungando il braccio tenendolo vicino al petto quando sentì un picchiettio sulla spalla. Si girò con la bocca già aperta per dire a Shiro di piantarla una buona volta, ma la richiuse di scatto alla vista di Allura. Lei gli camminò intorno per pararglisi di fronte, il braccio esattamente nella sua stessa posizione. Sorrideva, i capelli raccolti in una coda pazzesca che le ricadeva a cascata lungo la schiena, e indossava dei semplici pantaloni da yoga e un tank top largo. Anche se la sua pelle scura luccicava di sudore, la sua bellezza oscurava tutti i presenti.

Keith sarà anche stato un gay fatto e finito, ma non era cieco e Allura era davvero bella, anche dopo aver passato parecchie ore in palestra. Non era per niente giusto.

Keith aggrottò la fronte, sospettoso e guardingo. “È Shiro che ti ha mandata, vero?” Guardò dietro la spalla e, come previsto, vide Shiro camminare sulla pista con una bottiglia d’acqua in mano. Quando incontrò lo sguardo truce di Keith, gli sorrise e sollevò il pollice. Il ragazzo gli fece il muso, ma riportò la sua attenzione su Allura quando lei gli tolse una cuffietta dall’orecchio.

“Ti dispiace se mi unisco a te?” Chiese, ed era così dolce e falsamente innocente che Keith non riuscì a dirle di no.

“Te ne andresti se ti dicessi di sì?”

Il sorriso di lei si allargò. “Nope.”

Scrollò le spalle e passò all’altro braccio. “Allora immagino che non abbia importanza.”

“No, immagino di no.” Fecero un po’ di stretching in un silenzio che era quasi una benedizione, poi lei parlò di nuovo. “Quindi… Shiro mi ha detto che pensi di fare le audizioni per le regionali.” Disse mentre erano entrambi seduti a terra, le gambe allungate, cercando di toccarsi le punte dei piedi. Keith si sentì leggermente orgoglioso quando riuscì ad afferrare la punta delle sue scarpe, andando un po’ oltre il limite di Allura.

Sollevò lo sguardo, le sopracciglia aggrottate. “Per niente. Le ho saltate.” Disse in tono piatto, non lasciandole spazio per replicare.

Allura, però, non sembrava colpita. “Mi ha detto che ha suggerito a te e a Lance di andarci come duo.” La sua voce era innocente, ma indagatrice.

Keith piegò la gamba destra verso l’interno, premendo il piede contro la coscia e piegandosi in avanti fino a quando il petto non fu quasi a contatto con la gamba. Sfruttò la nuova posizione per evitare di guardarla. “Ed è la peggiore idea che mio fratello abbia avuto da quando ha deciso di mettere lo sciroppo al cioccolato su una fetta di formaggio di Kraft Single.”

Allura si abbandonò a una risata. Non era una risata cristallina. Non tintinnava come delle campanelle in una radura con uccellini cinguettanti e il sole che brillava nel cielo. Era una risata profonda e di pancia. Una vera risata che veniva da dentro e senza freni, con dentro il suo cuore e la sua anima. Le prendeva tutto il volto ed era comunque bellissima. Capiva perché suo fratello era così perso di lei.

A dire il vero la sua risata… assomigliava molto a quella di Lance. Quella risata incontenibile e prorompente, rumorosa e implacabile. Sarebbe potuta essere brutta, poco raffinata, irritante… ma non lo era. Li faceva brillare ancora di più. Era contagiosa e ti faceva voglia di sentirla ancora, di farla continuare, di non fargli sparire quel sorriso dalle labbra.

Eeeee ora stava comparando la risata di Lance a quella di Allura e quella era sicuramente una cosa che non avrebbe dovuto fare. Perché l’aveva già detto prima, Allura era bella e Lance era… beh, Lance.

“Beh, in sua difesa, penso che sia un’ottima idea.” Disse quando la sua risata si affievolì.

Keith evitò il suo sguardo e il suo sorriso cambiando gamba e quasi buttandosi faccia a terra facendo allungamenti. “È un’idea terribile, Allura. Non incoraggiarlo.”

“Aww, non fare così, Keith! Pensaci-”

“Ci ho pensato, e la risposta è no.”

“-vi siete persi entrambi le audizioni, ma le prossime sono quelle di coppia. Come ha detto Shiro, siete entrambi molto più che capaci di mettere insieme una routine per allora. Siete pieni di talento e non ho dubbi che riuscirete ad andare lontano. Avete così tanta chimica.” Keith sollevò la testa abbastanza da rivolgerle una smorfia e lei ridacchiò, facendogli l’occhiolino. “Fidati, io queste cose le so.” Il suo sguardo si spostò automaticamente da lui alla pista, e si fece più tenero. Non serviva che si girasse per sapere che stava guardando Shiro. Immaginò che avesse ragione a quel proposito. Lei e Shiro avevano una chimica pazzesca fuori e sulla pista da ballo. Ma si sbagliava decisamente sul suo conto.

Keith grugnì, richiamando la sua attenzione. “Scusa Allura, ma se c’è della chimica tra noi è quella che ti fa scoppiare il laboratorio e fa morire tutti in un incendio.”

Il sorriso di lei si allargò e c’era una scintilla di divertimento nei suoi occhi che Keith non apprezzò. “Il tipo migliore. Se riusciste a concentrare le vostre energie, so che potreste formare un’ottima squadra.”

Keith stava già scuotendo la testa. Riportò entrambe le gambe di fronte a sé, i piedi uniti, e appoggiò le mani sulle caviglie usando i gomiti per spingere le ginocchia verso il basso. Si piegò in avanti, sentendo le cosce che tiravano.

“Shiro ha detto che avete ballato insieme ieri. Che eravate molto bravi!”

Keith le rivolse un’occhiataccia da sotto i capelli stringendo le labbra in una linea sottile. Poi distolse lo sguardo, tenendolo fisso a terra. “Non c’eri, Allura.” Brontolò. “Era… poco professionale. Tutto era iniziato alla grande, ma poi lui… Non lo so, ha detto che stava improvvisando o roba simile e ha smesso di fare i passi giusti. Può andare bene quando si balla da soli, ma quella roba non ci porterà da nessuna parte. Non se non riesce o se non vuole seguire le istruzioni. Non è neanche così bravo!” Allura stava ridacchiando e lui sollevò la testa, scuro in volto. “Che c’è?”
“Okay, l’ultima parte so che è una bugia. Lance è un ballerino fantastico. È solo che ha… una personalità forte.”

Keith alzò gli occhi al cielo. “È quello che ha detto anche Shiro ed è riduttivo. È borioso, competitivo a cazzo e insopportabile.”

“Okay, lascia stare com’è andata a finire e raccontami di quando tutto è cominciato alla grande.”

Keith gemette e si piegò in avanti fino ad appoggiare la fronte a terra.

“Keeeith, andiamo, a me puoi dirlo, sai.” Si allungò per dargli un colpetto sulla testa. “Non lo dirò neppure a Shiro, promesso.”

Gemette di nuovo. “È stato… grande. È riuscito a starmi dietro e facevamo tutto con un’angolazione perfetta ed era… Non lo so, divertente, circa…”

“Ah ha-”

“No!” Scattò Keith tirandosi su a sedere e scoccandole un’occhiataccia. “No, non capisci. È andato tutto bene per circa trenta secondi prima che mandasse tutto a puttane. Non posso lavorare con qualcuno che non riesce a stare dietro a una coreografia.”
“Ma lui ce la fa. L’hai detto tu stesso.”
“Ma non lo fa, è questo il problema.”

“Quindi mi stai dicendo che se riuscissimo a fargliela prendere più seriamente non ci sarebbero problemi?”

“Io-” Sbatté le palpebre. “Non è quello che-”

“E che se riusciamo a farlo collaborare, faresti l’audizione per le regionali con lui?”

“Non ho detto questo.” Si scurì e arricciò le labbra appoggiandosi all’indietro. “Sei subdola.”

Il sorriso di lei non si spense e piegò la testa di lato. “Non so di cosa tu stia parlando.”

“Ho paura per mio fratello.”

Lei alzò gli occhi al cielo e si mise sul fianco, le ginocchia raccolte sotto di lei. “Sai che ti dico? Facciamo una scommessa.”

Inarcò un sopracciglio, improvvisamente sospettoso. “Che tipo di scommessa?” Chiese lentamente.

“Una sfida di plank.” Si mise le mani sui fianchi, guardandolo seria. “Facciamo un plank tutti e due, il primo che si arrende, perde. Se vinco io mi devi promettere che penserai davvero, sul serio, di dare a Lance una possibilità.”

“Allura, io non-”

Lei sollevò un dito, zittendolo. “Lascia che mi spieghi. Devi parlargli. A proposito di ballare insieme, per essere precisi. Avere un dialogo civile.”

Keith ebbe la sensazione che non ne sarebbe mai uscito. Shiro sarà anche stato testardo, ma Allura era implacabile. Se voleva fare di testa sua doveva stare al suo gioco. Si mise in ginocchio e incrociò le braccia al petto. “E se vinco io?”

“Non succederà.” Disse con un ghigno e un luccichio nei suoi occhi azzurri.

“Dammi corda.” Disse impassibile.

Lei scrollò le spalle. “Che cosa vuoi?”

“Se vinco, né tu né Shiro menzionerete più le regionali o il ballare con Lance. Il che include cercare di convincere gli altri a convincere me.”

Gli offrì la mano. “Fatta.”

Quando le afferrò la mano, le dita sottili di lei si strinsero attorno alle sue con una forza sorprendente. Keith diede una rapida occhiata alle sue braccia scoperte e il suo sguardo si spostò sul suo volto. Non gli piacque il ghigno che vide. Indossò una lugubre maschera di determinazione e sciolse la stretta. “Facciamola finita.”

Si misero entrambi in posizione per il plank, tenendosi sulle punte dei piedi e sulle mani, la schiena dritta. Keith sapeva che la sua posizione era perfetta. Conosceva bene i plank e gli addominali e aveva resistenza per dimostrarlo. Sentì quella tensione familiare, lo sforzo nelle braccia, e ci si abituò. Gli era tanto familiare quanto gli sprint e si sarebbe goduto quel bruciore quando Allura avrebbe ceduto. E poi non avrebbe più sentito parlare di audizioni o di regionali o di duetti o di Lance.

Dieci minuti dopo, Keith realizzò che forse Allura non avrebbe ceduto così facilmente o velocemente come aveva sperato.

Teneva la testa leggermente sollevata e guardò storto Allura da sotto i capelli. Lei ricambiò il suo sguardo con ancora quel suo sorrisino sicuro di merda sulle labbra. Teneva gli occhi leggermente socchiusi, ma brillavano di determinazione, accesi dal fuoco della sfida.

Keith si pentì della sua decisione.

Poteva sentire un tremolio nelle viscere, e il leggero ondeggiare delle ginocchia gli diceva che stava per raggiungere il suo limite, ma rifiutò di arrendersi. Non quando Allura gli stava ghignando in faccia come se avesse già vinto. Le scoccò un’ultima occhiataccia e guardò in basso, tenendo la schiena dritta per alleviare un po’ della pressione. Almeno erano in silenzio, e gliene era grato. Si concentrò sulla sua respirazione e sgombrò la mente, ignorando le proteste del suo corpo.

Non sapeva quanto tempo fosse passato. Dieci persone intorno a loro arrivarono e se ne andarono. Inclinò la testa di lato quanto bastava per vedere le persone in pista. Qualunque cosa pur di tenere la mente distratta da quello che stava facendo. Li osservò correre. Il centro della pista era aperto e si poteva vedere il campo da basket del piano di sotto. Lo scricchiolio delle sneakers sul pavimento della palestra e il rumore delle palle che rimbalzavano rimbombavano e si confondevano con le grida e il chiacchiericcio. Sentiva ancora la musica che andava in un orecchio, il che gli forniva un altro motivo di distrazione.

“Come va?” La voce di Allura lo raggiunse, indesiderata.

“Bene.” Grugnì, stringendo i denti.

“Sicuro? Mi sembri un po’ tremolante.”

“Sto bene.” Ripeté, la voce dura. Non stava bene e lo sapeva. Le braccia gli tremavano e anche le gambe. Il bruciore che sentiva nella pancia si era trasformato da piacevole a insopportabile. Ma rimase in posizione.

“Se devo essere sincera, sei durato molto più di quanto mi aspettassi. Sono colpita.” Sembrava genuinamente colpita, per niente spocchiosa o beffarda. Ma Keith grugnì comunque e sollevò la testa per guardarla storto, le labbra strette per la concentrazione. Vide che anche le sue braccia tremavano, ma la sua espressione era sicura e per niente preoccupata e, in tutta onestà, sembrava molto più stabile di come si sentiva lui.

Porca merda, avrebbe dovuto saperlo. Si aspettava che fosse brava, ma era sicuro di essere meglio di lei.

Lei incrociò il suo sguardo e il suo sorrisino si fece malizioso. “Pronto ad arrenderti?”

“Neanche un po’.” Disse, e non stava mentendo. Non era pronto ad arrendersi. Se il suo corpo fosse pronto ad arrendersi, invece, era una domanda completamente diversa. Forse poteva ancora farcela per qualche minuto però, se si concentrava bene e la ignorava. Doveva solo concentrarsi sul suo respiro, che si stava facendo corto. Si concentrò per inspirare con il naso ed espirare con la bocca. Chinò nuovamente la testa e chiuse gli occhi. Ispira… Espira… Inspira.
“Perché non vuoi ammettere che vuoi una scusa per parlargli ancora?”

Keith spalancò gli occhi e alzò la testa di scatto per fissarla. “Che-” Le sue braccia cedettero e i suoi muscoli si rilassarono. Cadde sulle ginocchia, tenendosi su appena in tempo per evitare di fracassarsi il mento. Si mise a sedere con la schiena dritta, lo sguardo spiritato. “Allura, che cazzo dici?!”

Si appoggiò sulle ginocchia con un leggero sospiro, sedendosi con molta più grazia di come aveva fatto lui. Incrociò le braccia al petto e inclinò la testa di lato. “Dico che ho appena vinto.”

“Che- tu-” Boccheggiò, agitando le mani e afferrando l’aria come alla ricerca di parole. “Hai barato!”

Lei rise. “E come avrei barato? Ti ho solo fatto una domanda! Perché? Solo a parlare di lui ti imbarazzi tutto?” Si sporse in avanti, abbassando di poco il mento e muovendo le sopracciglia.

Keith premette le labbra chiuse con forza, sentendo quel calore rivelatore salirgli su per il collo e raccogliersi nelle guance. Non aveva niente da dire. Non c’era niente che potesse dire senza peggiorare tutto. Sbuffò e distolse lo sguardo, mettendosi in piedi. “Fa come vuoi, io me ne vado.”

Sentiva le gambe tremare mentre si allontanava e fece del suo meglio per non inciampare o cadere di faccia marciando verso la porta. “Non dimenticarti della nostra scommessa!” Disse lei da dietro. “Dovresti parlargli!”

“Ci penserò.” Disse senza voltarsi.

“So che lo vuoi anche tu!”

“Per niente!” Sbottò, forse a voce un po’ troppo alta. Aprì malamente la porta e si incamminò lungo il corridoio. Poteva sentire l’eco della risata di Allura alle sue spalle e le sue orecchie in fiamme.

Scese le scale a passi pesanti aggrappandosi al corrimano per tenersi in piedi mentre le sue gambe protestavano per il movimento. Si sentiva la pancia in fiamme e ne diede tutta la colpa al plank. Non c’entrava niente con quello che aveva detto Allura perché si rifiutava di considerarlo una possibilità. Stava solo cercando di irritarlo per vincere. E aveva funzionato.

Era serio quando aveva detto che aveva paura per suo fratello.

Lo spogliatoio era praticamente vuoto e ne fu felice. Andò al suo solito armadietto, incastrato in un angolo, e lo aprì con violenza, prendendo la sua bottiglietta d’acqua. Inclinò la testa all’indietro e bevve fino a quando non sentì l’acqua ruscellargli giù per il mento. Si pulì la bocca e prese una lunga boccata d’aria, abbandonandosi sulla panca di fronte al suo armadietto. I suoi muscoli stavano ancora urlando in protesta. Di solito era il segno di un buon allenamento, ma non sentiva quella piacevole sensazione. Sapeva che avrebbe dovuto fare un po’ più di stretching, ma voleva solo allontanarsi da Allura il prima possibile e lo spogliatoio maschile era il posto che faceva al caso suo.

Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si sporse in avanti, lasciando ciondolare la testa. Si fissò le scarpe con fare assente. Aveva fatto quella scommessa con Allura e aveva perso. Ma non voleva proprio parlare con Lance. Non era neanche sicuro di poterci intrattenere una conversazione civile. Quel ragazzo era così… strafottente e arrogante e quel suo sorrisino di merda gli faceva uno strano effetto. Lo irritava. Non era sicuro che Lance si sarebbe comportato civilmente e sapeva per certo che lui non lo sarebbe stato.

Ma… se ci avesse parlato e avesse appurato che era uno stronzo, allora nessuno gliene avrebbe potuto fare una colpa né dirgli che non ci avesse provato. Dopotutto, non aveva accettato di ballare con lui, ma solo di pensarci e, forse, di parlargli.

Ugh, da quando andare in palestra era diventato così complicato? Ci andava per dimenticare i suoi problemi per un po’ e invece ora ne spuntavano di nuovi. Intanto doveva scoprire quando Shiro e Allura andavano in palestra così da potersi assicurare di non incontrarli.

Emise un gemito e si passò una mano tra i capelli, appoggiando la fronte sui palmi. Come diavolo doveva avvicinare Lance, poi? Che cazzo doveva dirgli? Entrambi avevano espresso le loro opinioni in merito in modo decisamente chiaro e non pensava che Lance volesse vederlo tanto presto. O vederlo affatto…

La stretta che sentì allo stomaco era certamente dovuta a quella sessione da 20 minuti di plank con Allura. Ne era sicuro.

“Non ho mai visto nessuno resistere così tanto contro Allura.”

Ah, ma certo. Se lo sarebbe dovuto aspettare. Lo spogliatoio maschile lo poteva salvare da Allura, ma non da suo fratello. Emise un forte gemito, ma non sollevò la testa. “Vattene, Shiro.”

“Nope.” Si sedette pesantemente sulla panchina di fianco a lui, appoggiando la schiena contro gli armadietti. “Davvero però, per un attimo ho pensato che l’avresti battuta.”

“La tua ragazza è un mostro e me l’hai aizzata contro. Che razza di fratello sei?”

“Il tipo che cerca di farti superare la tua stessa testardaggine.”

Keith grugnì. “Sfruttando la tua.”

“È per il tuo bene.”

“L’ho già sentita questa.”

“Mi sono mai sbagliato?”

Keith rimase in silenzio per un momento, poi sospirò ed emise un riluttante: “No…” Si sedette dritto e si appoggiò agli armadietti, piegando la testa all’indietro per fissare il soffitto, le mani in mezzo alle gambe.

“Quindi ammetti che potrei avere ragione su questa storia? Che ballare con Lance possa farti bene?”

Keith assottigliò lo sguardo, sempre fissando i pannelli del soffitto. Aggrottò la fronte. “Stai distorcendo le mie parole.”

“Lo ammetti?”

Sospirò. “Forse.”

Shiro si sporse verso di lui e gli diede un colpetto con la spalla. “Quindi lo farai? Terrai fede alla scommessa che hai fatto con Allura?”

Keith abbandonò la testa di lato, tenendola appoggiata agli armadietti, e gli scoccò un’occhiataccia. “Sapevo che c’entravi anche tu.”

Shiro non provò neanche a nascondere il suo sorriso. Scrollò le spalle, strusciando contro la spalla di Keith. “Ha detto che se non sarebbe riuscita a farti ragionare, avrebbe usato la tua competitività contro di te.”

“È subdola.”

Shiro annuì. “Lo so.”

“Temo per te.”

Rise a quelle parole. “Anch’io ho paura per me a volte. Quindi lo farai?”

Keith sospirò e abbassò lo sguardo sulla bottiglietta d’acqua che teneva in mano. “Non lo so…”

“È un bravo ragazzo, Keith. Se solo imparassi a conoscerlo, sono sicuro che andreste d’accordo.” Keith grugnì, ma Shiro continuò. “Non balla bene con gli altri, ma nemmeno tu.” Disse con fare gentile, ma c’era un che della sua Voce da Fratello Maggiore patentata. La sentiva filtrata nelle sue parole. “Sarebbe un’ottima opportunità per entrambi di dimostrare che potete lavorare con altre persone. Ne avrete bisogno se vorrete andare da qualche parte con il ballo.”
Keith espirò profondamente dal naso perché sapeva che Shiro aveva ragione. Shiro aveva sempre ragione. Gli aveva dato delle motivazioni valide che, in altre circostanze, sarebbero state anche abbastanza convincenti, ma… perché doveva trattarsi di Lance tra tutti?

Shiro si alzò in piedi, allungando le braccia sopra la testa. Poi appoggiò una mano sulla spalla e fece ruotare il braccio. “Bene, se decidi di andare fino in fondo, dovresti trovarlo al parco con Hunk e Pidge nelle prossime ore.”

Keith alzò lo sguardo, sollevando un sopracciglio. “E tu come lo sai?”

Shiro scrollò le spalle e gli rivolse un ghigno, incrociando le braccia al petto. “Oggi è martedì.” Disse, come se fosse stata una risposta ovvia.

Keith aggrottò le sopracciglia. “Shiro, quello che hai detto non ha senso.”

Shiro scrollò di nuovo le spalle e diede un colpetto leggero alla scarpa di Keith. “Vai a dare un’occhiata. Sono divertenti da guardare.”

“Ma di cosa stai parlando?”

“Vedrai.”

“Anche no. Forse non ci andrò.” Disse Keith, incrociando le braccia al petto e imbronciando le labbra.

Shiro lo guardò con quella sua espressione dolce e fiduciosa, un piccolo sorriso sulle labbra. “So che prenderai la decisione giusta.” E fantastico, ecco che arrivava anche il Senso di Colpa del Fratello Maggiore. Non ci sarebbe cascato. Stava cercando di manipolarlo e lui era più forte.

“Non ci vado.” Disse, categorico.

“Keith, per favore.” E poi Shiro cambiò espressione: imbronciò le labbra, spalancò gli occhi e- oh, col cazzo. Non avrebbe ceduto ai suoi occhioni da cucciolo. Quel trucco l’aveva praticamente inventato lui.
“Shiro.” Disse, impassibile. “Il trucchetto degli occhi da cucciolo non funziona su di me. Lo uso su mamma e papà da quando avevo cinque anni. Lo uso sempre anche su di te. Non attacca.”
“Keith…” Non poteva essere legale che lui unisse la sua voce da Senso di Colpa del Fratello Maggiore con gli occhioni da cucciolo. Non era giusto. Realizzò che suo fratello era tanto subdolo quanto Allura. Forse avrebbe dovuto temere per lei. No, al diavolo. Avrebbe dovuto temere per tutti gli altri. Soprattutto per sé stesso. Erano un team a cui era impossibile dire di no.

Keith emise un gemito e piegò la testa all’indietro, sbattendola sonoramente contro l’armadietto. “Va beeeene, ma se gli parlo e si rivela uno stronzo devi darci un taglio e accettare che non succederà mai.”

“Fatta.” Stava ghignando come se avesse già vinto, e Keith lo odiava. Gli rivolse un’occhiata truce che non sortì alcun effetto. “Vai al parco. Non te ne pentirai.”

“Chissà perché, ma ne dubito.”

 ***

Lance premette play e appoggiò il telefono vicino alle casse. Stava già muovendo le anche a ritmo, la testa che dondolava, quando vide una piccola mano tendersi verso il telefono. La allontanò prontamente con uno schiaffo. “Pidge, no.”

Pidge ritirò la mano di scatto, tenendogli il muso, e incrociò le braccia al petto. Gli rivolse un’occhiataccia, spostando il peso su un’anca. “Lance, quello è il mio telefono.”

“E noi non cambiamo canzone finché c’è Shakira.” Lo rimbrottò, tenendo una mano sul fianco e l’altra tesa in direzione di Pidge, muovendo un dito a tempo di musica.

Pidge alzò gli occhi al cielo. “Uno di questi giorni mi farai saltare una sua canzone.”

Lance fece un ghigno e abbandonò le braccia lungo i fianchi muovendo le anche, iniziando lentamente a camminare in tondo, facendo un calcetto a ogni colpo di batteria. “Mai, Pidge. Mai. Shakira è una tradizione.” Si allontanò lentamente dalle casse. Pidge ci provava ogni volta, ma si arrendeva dopo che Lance aveva iniziato.

“È una tradizione solo perché insisti a farlo ogni volta.” Disse Hunk. Era in piedi a qualche passo di distanza. Allungò un braccio, tenendolo appoggiato al petto, e mise un piede contro una panchina, piegandosi in avanti per allungare anche il polpaccio.

“È il mio riscaldamento, Hunk.” Disse Lance, allontanandosi da loro a passi di danza.

Pidge grugnì, regolando il volume delle casse. “E da quando tu faresti riscaldamento?”

Lance ghignò. “Hai ragione, sono già fin troppo caliente. Grazie, Pidge.” Alzò le braccia al cielo e poi le abbassò verso Pidge, scuotendo le anche selvaggiamente a ogni downbeat. Poi si schiaffò le mani sulle anche e girò la testa per guardare Pidge da dietro la spalla. “Dance or die.” Cantò, la voce esageratamente bassa e roca.

“Oddio.” Pidge sospirò con fare drammatico, alzando gli occhi al cielo e piegando la testa all’indietro. Ma aveva un sorriso sul volto che tradiva la sua esasperazione. E quando Lance allungò una mano, dondolando le sopracciglia e iniziando a cantare in spagnolo, Pidge fece un passo avanti e la afferrò.

Lance lo fece piroettare e si ritrovarono faccia a faccia. Ballarono insieme mentre Lance snocciolava le parole di Loca. Si tennero per mano e Lance lo guidò in una serie di passi veloci, avanti e indietro, di lato. Di tanto in tanto lo faceva girare e Pidge era bravo e l’aveva fatto così tante volte da riuscire a seguire le sue mosse. Ondeggiò le anche e non gli ci volle molto per farsi prendere dalla musica tanto quanto Lance. Era diverso dallo stile che prediligeva, ma Pidge era molto adattabile, e quelle mosse veloci e scattose di piedi e anche uniti a un movimento fluido delle braccia erano proprio il suo campo.

Stavano già attirando una piccola folla e sguardi curiosi. Erano ben conosciuti da quelle parti. Fintanto che non pioveva, andavano lì ogni martedì. E presumendo che gli impegni di tutti lasciassero un buco libero, ci andavano anche un sacco di weekend per un’oretta o due. Di solito si prendevano un posto intorno alla grande piazza pavimentata in pietra con una fontana al centro. C’era un sacco di spazio per muoversi senza intralciare troppo i pedoni.

Avevano posizionato come al solito le loro casse su una delle panchine intorno alla piazza e avevano collegato il telefono di Pidge con un cavo ausiliario. Mentre ballavano, Lance notò con la coda dell’occhio che Hunk si era spostato e aveva sistemato per terra il loro secchiello, con un motivo a galassie e stelle e leoni volanti dai colori sgargianti. Era ridicolo, ma a Lance piaceva. Hunk lo mise un po’ distante dallo spazio in cui ballavano assieme a un cartello che diceva ‘Si gradiscono offerte’.

La canzone stava per finire. Lance fece fare un’ultima drammatica piroetta a Pidge e girò a sua volta perché si ritrovassero schiena contro schiena, le braccia incrociate al petto. La musica terminò e si sentirono un paio di applausi dalle persone che stavano guardando. Lance si esibì in un inchino teatrale.

“Grazie a Dio è finita.” Disse Pidge, staccandosi da Lance per dirigersi verso il suo telefono.

“Ti sei divertito, Pidge.” Disse Lance, raddrizzando la schiena e girandosi sui talloni per guardarlo. Teneva le mani sulle anche e aveva un grande sorriso in volto.

“No.” Rispose, toccando il telefono con il pollice.

“Ammettilo. Ti piace ballare Shakira con me.”

“Ti stavo dando corda.” La musica riprese, e Lance immaginò che fosse la nuova playlist che gli aveva fatto il fratello di Pidge. Rimise a posto il telefono e si girò verso Lance.

“So che ti sei divertito.” Il suo sorriso si fece raggiante e dondolò le sopracciglia. “Le tue anche non mentono, Pidge.”

Pidge gemette e si schiaffò una mano in faccia con fare drammatico, trascinandola lungo la guancia. “Perché sei così?”

“Mi ami.”

“Sì, sì, ora levati così posso ballare.” Disse, e lo spinse via dallo spazio che si erano scelti.

Rise, incespicando. “Perché inizi tu?”

Pidge si sistemò, dando la schiena alle casse e sciogliendo le spalle e gli arti. Poi gli rivolse un sorrisino strafottente da dietro la spalla. “Perché è tradizione.”

Okay, l’aveva fregato. Lance si fermò di fianco a Hunk e incrociò le braccia al petto, piegando la testa all’indietro in una risata. “Come dici tu, principessa!”

Hunk ridacchiò. “Lance, per favore, sappiamo tutti che sei tu la principessa qui.”
Lance emise un verso esagerato e rumoroso fingendosi offeso, e si allontanò da Hunk stringendosi il petto. “Scusami?” Hunk lo guardò di sbieco, un sorriso che gli tirava le labbra. Lance riuscì a mantenere la sua faccia offesa per tre secondi buoni prima di ridacchiare e tirare una gomitata al braccio dell’amico. “Sono decisamente il principe bellissimo e affascinante.” Hunk ridacchiò. “Non volermene per la mia bellezza, Hunk.”

“Che poi.” Disse Pidge, allungando le braccia sopra la testa. L’intro stava per raggiungere il suo apice e Pidge stava già battendo il tallone a ritmo. “Sappiamo tutti che sarei il mago nella torre che ha potere su tutti.” Il luccichio che aveva negli occhi quando li guardò da dietro la spalla era folle.

Lance si sporse verso Hunk e sussurrò ad alta voce: “Non hai sentito un brivido?”

Hunk gli rispose con lo stesso tono di voce: “Non farti sentire. Si nutre della nostra paura.”

Pidge inclinò la testa all’indietro e rise, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Poi il ritmo si fece incalzante, più forte, e Pidge iniziò.

Lance amava guardare i suoi amici ballare. Poteva veder emergere la loro personalità e il loro spirito. Pidge, poi, era particolarmente divertente da guardare. I suoi movimenti erano così… precisi, eppure fluidi. Si muoveva come se i suoi arti fossero robotici, con mosse rigide e scattose, e Lance faceva fatica a credere che un essere umano potesse farlo a quel modo. Poi, dopo un paio di beat, iniziò a ballare come se le sue ossa fossero diventate liquide, per poi tornare a quei movimenti secchi e brevi. Faceva movimenti ampi e movimenti circoscritti, incastrando il tutto come un ingranaggio.

Pidge gli aveva insegnato un paio di cosette e gli piaceva pensare di essere anche bravo. Poteva incorporare un sacco di mosse nel suo stile di ballo. Ma non sarebbe mai arrivato al livello di Pidge.

Ci furono delle grida di incitamento da parte della loro piccola folla quando Pidge si esibì in mosse più sorprendenti, quelle che non avrebbe dovuto essere capace di fare, e poté intravedere un sorrisino sul suo volto. Non era arrogante come Lance, ma sapeva di essere bravo e si crogiolava nei complimenti. Lance sapeva che dal quel momento in poi la folla si sarebbe fatta sempre più numerosa. Le persone andavano e venivano, ma più ballavano e più attiravano persone. A fine giornata ci ricavavano anche abbastanza offerte.

Non lo facevano per i soldi, però. Lo facevano per divertirsi. Avevano iniziato semplicemente ballando al parco. Erano all’aperto ed era un modo per fare qualcosa di nuovo, per non rimanere sempre ad Altea; e poi gli piaceva avere un pubblico. A quale ballerino non piacerebbe? Le persone avevano iniziato a lasciargli delle offerte, quindi si erano procurati un secchio. Era stato Lance ad avere l’idea per le decorazioni. Leoni nello spazio? Geniale.

La musica era proprio da Matt. Un sacco di musica pop e di altre canzoni famose mixate insieme e con più dubstep del normale. Propendeva decisamente per il dubstep, quindi aveva senso. A Pidge piaceva ballare su quel ritmo e a Matt piaceva creare musica per lui. Probabilmente avevano sviluppato i loro gusti musicali crescendo insieme, ed erano finiti così. A Lance e Hunk non importava. Matt di solito faceva buona musica e gli creava una buona serie di playlist per quando facevano freestyle nel parco.

“Fai il robot!” Urlò Lance da bordocampo.

Pidge rollò un braccio verso l’esterno, puntandolo verso di lui, simile a un’onda liquida. Si fermò di scatto e gli fece il medio. Lance si piegò in due dal ridere per poi sfruttare quel momento per inciampare in avanti di qualche passo.

“Okay, iRobot, rimangiatelo.” Disse, riprendendo l’equilibrio e strisciando verso Pidge con passi molto più eleganti e a ritmo con la base. “Ti faccio vedere io come si fa.” Si fermò di fronte a Pidge, e si esibì in una serie di movimenti scattosi fingendosi un robot, cacciando Pidge a calci.

Pidge ridacchiò e smise di ballare, barcollando e lasciandogli spazio.

E ragazzi, se si prese la pista.

Era questo quello di cui aveva bisogno Lance. La sensazione di potersi rilassare con gli amici e ballare. Ballare per sé stesso, senza seguire una routine, senza fare audizioni. Aveva un pubblico, certo, e voleva fare colpo, ma lo faceva comunque per sé. Sapeva che molte delle persone che stavano guardando non ballavano sul serio, quindi sarebbero rimaste colpite da qualunque cosa avrebbe fatto. Si nutriva di quell’adrenalina, di quel brivido.

Questa volta ballò in maniera molto diversa da quel suo movimento di anche durante il riscaldamento con la sua bella, Shakira. Riprese il tema di Pidge, ma ci mise dentro molto del suo tocco personale. Movimenti più ampi, saltelli, scivolate e più movimenti con le braccia che non avevano niente a che fare con quelli da robot. Ricevette un paio di incitamenti da un gruppo di teenager di passaggio e gli rivolse un ghigno, inserendo un piccolo saluto nel suo ballo.

Iniziava a sentirsi molto più leggero dei giorni precedenti. E sicuramente più leggero del giorno prima. Non sentiva più quella stretta al petto e il volto di Keith aveva smesso di ossessionarlo. Keith, con quel suo atteggiarsi da superiore, da santarellino, e con quel suo stupido mullet e quei begli occhi. Quel modo in cui il suo corpo si muoveva in maniera perfetta seguendo la coreografia come se fosse nato per farlo. Non ci si perdeva dentro come faceva Lance. Lui manteneva la concertazione e il suo corpo si muoveva in libertà, ma esattamente nel modo in cui doveva farlo.

Forse anche Keith era un robot.

Se Lance avesse dovuto ammetterlo, avrebbe detto che Keith era un bravo ballerino. Probabilmente non l’avrebbe mai detto a lui, ma forse a… Shiro o Allura o Hunk. Sicuramente non a Pidge. Keith era un bravo ballerino. Lance non era cieco. Ma quello che gli aveva proposto Shiro… Lance aveva dei precedenti per quanto riguardava il non lavorare bene in coppia. Ballare con i suoi amici nel parco era un conto. Cazzeggiare era un conto. Ma coordinare una routine per una vera e propria gara? Non era il suo punto forte. Preferiva prepararsi una linea guida per un ballo e poi lasciarsi lo spazio per improvvisare e nutrirsi delle urla del pubblico.
Gli avevano detto che non funzionava molto bene nel lavoro di coppia. E ora, con Keith, aveva avuto anche la prova che non funzionava proprio.
Poteva ancora vedere lo sguardo ostile che gli aveva scoccato Keith e sentire quella nota di irritazione nella sua voce. L’aveva sentita… più forte del solito. E sì, Lance aveva fatto un casino e si era perso le audizioni, ma non era stata colpa sua! E a Lance sicuramente importava molto più che a Keith. Keith aveva avuto la sua possibilità di fare le audizioni e l’aveva mandata a puttane perché… perché… al diavolo, Lance non sapeva neanche il perché, ma anche solo pensarci lo faceva incazzare così tanto. Keith lo faceva incazzare. Quando pensava a lui gli si annodava lo stomaco e sentiva una stretta al petto di cui non riusciva a liberarsi. Ogni volta che non era occupato, si ritrovava a pensarci. Lo scombussolava fin troppo e voleva solo- solo- tirare un pugno al muro o qualcosa del genere.

La parte peggiore di tutte, onestamente, era che Lance pensava che… sarebbe stato divertente ballare con Keith.

Ma non l’avrebbe mai ammesso. A nessuno e a malapena a sé stesso. E di solito, quando lo ammetteva a sé stesso, veniva subito travolto da tutti motivi per cui non sarebbe stato affatto divertente. Tipo che Keith era uno stronzo. Che pensava di essere migliore di lui. Che pensava che Lance non fosse un ballerino abbastanza bravo da stare al passo con lui.
Quei… quei pensieri gli facevano male e la parte peggiore era che sapeva il perché. Non avrebbe dovuto importargli di quello che Keith pensava di lui. Di solito non gliene importava quando si trattava di persone a caso che avevano zero impatto sulla sua vita. Ma Keith… odiava il fatto che l’unica impressione che gli aveva lasciato era stata negativa. Odiava il fatto di voler fare colpo su di lui, di dimostrargli che era bravo abbastanza da essere suo rivale. Ma ogni volta che ci provava mandava tutto a puttane.

Continuava a mandare tutto a puttane quando era con Keith, e lo odiava.

E ora Keith lo credeva solo un bastardo qualunque che non sapeva ballare. Aveva messo bene in chiaro che non voleva avere niente a che fare con lui. E sai cosa? Gli andava bene. Decisamente bene. A quel gioco si giocava in due, e ci avrebbero giocato, perché anche Lance non voleva averci niente a che fare. Non aveva bisogno di aggrapparsi a un ragazzo che non lo capiva. Tanto aveva un palo piantato in quel suo perfetto culo da Adone. Non sarebbero riusciti a lavorare insieme, quello era chiaro, e avevano perso l’occasione di affrontarsi nel ballo da singoli.

Quindi ora Lance se ne sarebbe dimenticato e avrebbe lasciato fottutamente perdere. Keith lo odiava e Lance non aveva bisogno di negatività nella sua vita. Keith era uno stronzo e Lance lo odiava. Che se ne andasse a fanculo.

Solo che in quel momento Lance stava pensando a lui e sentiva di nuovo quella strana sensazione nel petto, e il suo sorriso stava svanendo e il suo stomaco era tutto un nodo. Stava ancora ballando perché non poteva fermare la musica. Ne era schiavo. Ma meno di prima.

Però Hunk, grandioso e benedetto Hunk, gli venne in soccorso. Lance non sapeva se il suo migliore amico avesse percepito il suo cambio d’umore o se avesse semplicemente deciso che era il suo turno di ballare, ma se lo ritrovò lì. Lo agganciò per un braccio e ruotò fino a quando non furono schiena contro schiena. Mosse l’altro braccio e Lance era già pronto con il suo in modo che Hunk potesse agganciarsi anche con l’altro.

Hunk si inclinò all’indietro e Lance si sporse in avanti.

“Pronto, amico?” Gli chiese Hunk.

“Fammi decollare!”

Hunk si piegò in avanti e Lance saltò nello stesso momento. Fece un flip sopra alla schiena di Hunk, sentendosi senza peso per un attimo, per poi atterrare sicuro sui piedi, guardando l’amico. Si misero entrambi a ridere e alzarono le braccia in difesa come se dovessero combattere. Si spostarono da una parte all’altra seguendo il ritmo, mettendoci gambe e piedi, incrociando gli avambracci. Una volta, due volte, e poi Lance saltellò all’indietro indicando Hunk e fece una piroetta su un tallone, l’altra gamba tesa all’infuori e la braccia piegate con le mani verso il cielo.

La canzone cambiò e, in pieno stile Matt Holt, ci fu a malapena un attimo di pausa tra i due brani. A dirla tutta, se non ci fosse stato un cambio nel ritmo, Lance non se ne sarebbe neanche accorto che la musica era diversa. Questa, però, ci stava troppo per Hunk. Energia al massimo e un beat assordante. Lance iniziava a sospettare che l’amico sapesse di quel cambio nella playlist.

Quando ci si metteva, Hunk sembrava il completo opposto di Pidge. Fisicamente, era molto più grande, più alto e più robusto. Ma c’era molto di più. Lo stile di Pidge era controllato e contenuto. Ogni suo movimento era intenzionale e ponderato. Tutta l’energia che usava era indirizzata con precisione millimetrica nell’eseguire la mossa che si figurava in testa. Hunk non aveva problemi di controllo. A dirla tutta, si controllava tanto quanto Pidge, ma con un po’ più di… quel tocco scatenato alla Lance.

I suoi movimenti erano grandi e ampi e ci metteva tutto sé stesso. Gran parte dei suoi balli erano costruiti su come estendeva braccia e gambe, piegandole a un ritmo costante e ripetitivo. Il suo corpo era il centro del suo movimento, un pannello di controllo che si muoveva e oscillava a tempo di musica, dondolando lateralmente e ondeggiando con una mobilità e una flessibilità che molti non si sarebbero aspettati guardandolo. Aveva un’energia prorompente e selvaggia, si muoveva con rapidità e intenzione, ma tenendo sempre tutto sotto controllo e riuscendo subito a cambiare, eseguendo la mossa successiva.

Dove Pidge si muoveva con spontaneità, tenendo il pubblico con il fiato sospeso per cosa avrebbe fatto dopo, Hunk manteneva una certa linearità. Gli piacevano le mosse che si potevano prevedere, che si ripetevano per qualche beat prima di cambiarle. Ma riusciva sempre a renderle interessanti. Grazie al sorriso che aveva in volto, ai piccoli tocchi personali che aggiungeva qua e là, alle mosse creative che erano tutte sue. Attirava le persone, manteneva alta la loro attenzione, faceva sì che lo incitassero e che ne volessero di più. Era una persona accogliente e solare e, inoltre, era il migliore tra loro a riuscire a far ballare la folla.

A Lance piaceva ballare con lui. Si divertivano un mondo e Lance riusciva a rivaleggiare con la sua energia, la sua spontaneità, i suoi sorrisi e la sua goffaggine. Però, proprio come per Pidge, a Hunk non piaceva granché ballare in coppia con lui. Quando si trattava di gare, gli piacevano gli schemi e le coreografie.

Nonostante lui e Pidge avessero degli stili completamente opposti, lavoravano bene insieme. Nonostante i loro punti di forza, si adattavano entrambi. Hunk tirava fuori l’energia di Pidge. Pidge aiutava Hunk a contenerla. Hunk poteva far volare in giro Pidge e si fidavano abbastanza l’uno dell’altro da poter fare delle cose assurde. Riuscivano sempre a fare colpo sul pubblico e, anche quando non si guadagnavano un posto tra i vincitori, di solito erano i preferiti dai fan.

Lance non avrebbe mai avuto quel tipo di chimica con Keith…

Ma non stava pensando a Keith in quel momento perché quello era un momento con gli amici e i momenti con gli amici non li si passava a pensare agli stronzi.

Dopo un paio di minuti, Pidge si catapultò nello spazio che si erano creati. Si era già formato un blando cerchio di persone attorno a loro. Pidge si fermò di fronte a Hunk e si esibì in un paio di passi veloci per poi girare e fare scivolate da un lato all’altro come se le sue scarpe non facessero alcun attrito con la pietra della piazza. Hunk gli concesse la pista da ballo e arretrò per sistemarsi di fianco a Lance.

Le ore successive passarono così. Fecero a turno spingendosi fuori dal cerchio, ma senza un ordine preciso. Di solito succedeva quando sentivano che la musica li chiamava. Alcune canzoni erano più adatte ai loro stili che altre, ma in generale la nuova playlist di Matt era oro. Gli fecero anche alcune domande a proposito della musica e poterono dare loro il suo biglietto da visita da DJ.

Ci furono un paio di volte in cui alcuni spettatori si lasciarono coinvolgere, e il trio rideva e li incitava a ballare. Non gli dispiaceva e rendeva il tutto molto più divertente. Non era quasi mai successo che qualcuno avesse cercato di ridicolizzarli; le persone di solito si lasciavano prendere dallo spirito del momento e si divertivano. Ad un certo punto, Hunk riuscì a coinvolgere uno stormo di bambini e lasciò che si appendessero ai suoi bicipiti per poi farli girare. Accalappiarono una coppia di tipi che conoscevano qualche mossa di breakdance che si divertirono a mostrare a Lance mentre lui mostrava le sue. Perfino un bambino piccolo si unì a Pidge per ballare, coordinandosi perfettamente al suo stile e scontrandosi con lui in una breve battaglia dal vivo mentre Lance inneggiava “Rock ‘em Sock ‘em Robots” di sottofondo.

Si erano anche guadagnati un buon gruzzolo con le offerte. E per mettere la ciliegina sulla torta, Lance non aveva pensato a Keith da chissà quanto tempo ormai. Per niente. Keith era lontano dalla sua mente. Stava semplicemente ridendo e divertendosi con gli amici, lasciando che quella nuova musica gli scuotesse l’anima e gli facesse muovere il corpo. Interagiva con la folla perché era una persona fatta così, socievole, e perché rendeva il tutto più divertente. Amava le piccole battaglie di ballo. Amava quando i bambini si emozionavano. Amava farsi ammirare dalla folla che apprezzava sul serio quello che faceva. A differenza di un certo individuo con il mullet che avrebbe potuto menzionare.

Aveva appena spinto Hunk fuori dal cerchio per lanciarsi in un paio di passi veloci laterali, mettendoci le anche, quando scorse uno sprazzo di capelli neri.

Il cuore gli si fermò subito nel petto, gli si strinsero i polmoni e il suo battito cardiaco schizzò a mille. Alzò lo sguardo di scatto e finalmente respirò di nuovo. Non era Keith. Non che pensasse che fosse Keith. Non che stesse pensando a Keith perché quella era stata dichiarata Zona Anti Keith. Adocchiò una ragazza con i capelli neri alle spalle che stava vicino al cerchio di folla con altre due sue amiche. Erano tutte e tre attraenti e carine e eeeeehilà.

Indosso il suo sorrisino più accattivante e mezzo saltò mezzo ballò verso di loro. Si esibì in una veloce serie di mosse terminando con una piroetta, rivolgendo loro un sorriso trionfante e facendo il gesto della pistola. La prima si incupì, la seconda nascose il volto tra le mani e la terza ridacchiò. Beh, una su tre non era male. Porse loro la mano, ballando, e fece cenno di unirsi a lui. Le ragazze si scambiarono un’occhiata, e Lance riconobbe quello sguardo. L’ennesimo rifiuto. Non era strano, però. Non tutti erano abbastanza sicuri di sé da ballare di fronte a una folla a quel modo, soprattutto con uno sconosciuto.

Dopotutto, in una situazione del genere, rifiutare un ballo non significava che gli avessero dato un due di picche definitivo. Quindi ci riprovò, giusto per essere gentile, e quando venne rifiutato con decisione anche la seconda volta si schiaffò una mano al petto, dipingendosi sul volto un’espressione sorpresa, e barcollò all’indietro. Cadde volutamente sul culo e sfruttò la spinta per rotolare sulla schiena. In quello stesso istante, mise le mani dietro di lui e trasformò quel movimento all’indietro in una verticale.

La folla proruppe in un coro di oo e aa, e Lance se li bevve tutti. Mantenne la posizione per un po’ di secondi, tanto per dimostrare che poteva farlo, e poi piegò le gambe e si rimise in piedi con grazia.

Nell’istante in cui fu di nuovo in piedi, riprese a ballare. Decise di lasciarsi trascinare dal tema breakdance per cui si era già preparato con quella verticale. La musica era quella giusta. Si abbassò rapidamente, preparandosi a sostenersi con le mani per una serie di veloci manovre con mani e piedi. Poteva sentire la folla che lo inneggiava e lo amava. Il pubblico amava sempre un po’ di break dance. Vide un paio di bambini appesi alle mani dei loro genitori che stavano letteralmente saltando su e giù, gli occhi pieni di emozione. Lance ghignò e rise perché amava vedere le persone che si godevano le sue mosse, così come amava intrattenerli con un ottimo spettacolo e rendergli la giornata una figata.

Al diavolo Keith e il suo comportamento insensato. Non aveva bisogno di fare colpo su di lui. Aveva un pubblico esultante proprio lì!

Le ragazze lo stavano ancora guardando e ne approfittò per fare loro il gesto della pistola e un occhiolino, ghignando alle loro risatine. Non sapeva se stessero ridendo con lui oppure di lui, ma se la fece andare bene comunque. Si lasciò cadere alla sua destra, piazzando una mano a terra e calciando le gambe oltre il corpo. La sua gamba destra rimase piegata, e Lance si toccò le punte della gamba sinistra, tesa, con la mano libera. Era un classico e la folla era in visibilio. Non erano molti quelli che riuscivano a tenere quella posa su una mano sola, e Lance lo sapeva. Rivolse un sorriso al pubblico.

Ma in quei pochi secondi in cui rimase in posa, in quei pochi secondi in cui scrutò la folla, ghignando e nutrendosi delle sue reazioni, lo vide. Fu in quei pochi secondi che individuò una testa di capelli neri con un inconfondibile mullet. E avrebbe riconosciuto quel mullet tra mille.

Lo perse di vista e ritornò in sé, spalancando gli occhi e sentendo il sorriso svanire.

Keith. Quello lì in piedi era definitivamente e indiscutibilmente Keith. In quel cerchio di persone. Con le braccia incrociate al petto e il peso su un fianco. Ma non aveva per niente quel suo solito muso impassibile, sorrideva. Beh, sorridere era una parola grossa. Ma aveva un’espressione tenera, una postura rilassata, e le labbra leggermente curvate insù. Il tutto mentre teneva gli occhi su Lance.

Gli mozzò il fiato. Letteralmente. Per un attimo sentì una stretta al petto e si dimenticò come respirare, imprigionando l’aria in gola. Probabilmente il suo cuore aveva perso un battito, ma non lo notò nemmeno. Non capiva se il suo stomaco si era annodato oppure se si sentiva leggero, e non capiva se era piacevole o meno.

Il loro sguardo si incrociò per un secondo intero. Riconobbe il momento in cui Keith si rese conto che era stato beccato. Vide i suoi occhi spalancarsi appena, il sorriso che si rilassava e le labbra appena dischiuse. L’espressione di vago divertimento che aveva in volto svanì, sostituita dalla sorpresa. Lance non era sicuro di che faccia avesse, se la sentiva insensibile, ma era sicuro che fosse simile a quella di Keith. Anche se, probabilmente, aveva una sfumatura di orrore perché in quel secondo sentì che aveva perso il controllo. Distraendosi aveva spezzato il suo equilibrio e poté sentire che stava per cadere da come il suo stomaco ebbe un sussulto.

Scollò lo sguardo da Keith e cadde di schiena, chiudendo gli occhi con un grugnito sommesso. Non era caduto male. Sapeva come smorzare una caduta. Sapeva come farlo senza farsi male anche se poteva sembrare doloroso da fuori. Ballare poteva essere pericoloso e non poteva assolutamente permettersi di pagare l’ospedale. Ci fu una serie di versi di dolore da parte del pubblico, ma li sentì appena. La sua mente era stracolma di caos e pensieri talmente rumorosi da sembrare grida. Keith. Keith è qui. Allarme rosso, è QUI. E ho appena fatto un’altra cazzata. Ha visto tutto. Ottimo, fighetto. È ora di scappare. Scappare LONTANO da qui, dove nessuno conosce il tuo nome, ricominciare, farsi nuovi amici, una nuova vita, vai.
Aprì gli occhi, fissando il cielo del tardo pomeriggio puntellato di soffici nuvole bianche. Era una giornata così bella. Non vedeva l’ora. Voleva uscire con gli amici e lasciarsi andare e dimenticarsi di Keith per una buona volta. E aveva funzionato! Fino a un certo punto. Ma eccolo lì. A rovinare tutto. E ora tutti quei terribili sentimenti che era riuscito a lasciarsi alle spalle erano tornati.
Cazzo, ma perché era ? E perché Lance riusciva sempre a fare qualcosa di imbarazzante quando ce l’aveva intorno? Perché l’universo lo odiava così tanto? Non era poi così cazzo difficile da credere che Keith lo vedesse come un idiota.

Di solito, quando cadeva, lasciava che accadesse e si riprendeva esibendosi in un’altra mossa o facendo una posa, sorridendo per il pubblico. Quella volta, però, tutto quello che riuscì a fare fu giacere sulla schiena con le ginocchia piegate e le braccia ai lati del corpo. Si sentiva il volto in fiamme.

Fortunatamente, Pidge venne in suo aiuto. Dolce, dolcissimo e angelico Pidge. Dolce, stupendo, bellissimo Pidge. Pidge era un vero amico. Uno dei migliori. Migliore Amico per la Vita.

Vide una macchia indistinta di verde e di capelli ramati con la coda dell’occhio mentre Pidge scattava verso di lui. Pidge saltò prima della sua testa e sorvolò il suo corpo, atterrandogli in mezzo ai piedi. Gli offrì una mano, rivolgendogli un piccolo e discreto sorriso. Lance gli rispose con un sorriso di gratitudine e prese la mano. Pidge lo tirò in piedi con una forza che lo sorprendeva ogni volta. Una volta che fu di nuovo in piedi, si prese un giocoso calcio in culo da Pidge e si allontanò dalla pista in modo da lasciargli spazio.

Lance rise e incespicò verso Hunk, ma in modo  forzato. Quando raggiunse l’amico, incrociò le braccia al petto, osservando Pidge e aspettando di raccogliere abbastanza coraggio da guardare Keith di nuovo.

Quando riuscì a far scattare lo sguardo da Pidge al punto in cui sapeva esserci Keith, non era sicuro se sentirsi sollevato o deluso dal fatto che non stesse ricambiando il suo sguardo. Il ragazzo teneva gli occhi su Pidge e quel suo piccolo sorriso era tornato, ma Lance non riuscì a fare a meno di notare che il suo volto non era così tenero ed espressivo come prima.

“Che cosa ci fa lui qui?” Chiese Lance, sporgendosi verso Hunk.

Hunk, che stava ridendo e applaudendo insieme al pubblico per incoraggiare Pidge, sbatté le palpebre a quelle parole e cercò di seguire il suo sguardo, cercando tra la folla. “Chi?”

Lui.” Sibilò Lance, sollevando il mento per indicare Keith.

Hunk sembrava ancora confuso. “Scusa, amico, ma non capisco chi stai-”

Keith!

Hunk seguì il suo sguardo ancora una volta prima di fermarsi. Spalancò gli occhi e aprì la bocca in un piccolo cerchio, facendo cenno di aver capito, e sussurrò: “Oooooh, Keith, giusto. Lui.”

“Sì, lui.” Lance si strinse ancora di più le braccia e si incassò nelle spalle. “Che cosa ci fa lui qui?”

“Forse si sta godendo il parco.”

“C’è un sacco di parco che non sia proprio qui!”

“Attiriamo leggermente l’attenzione, amico.”

“E quindi?”

“È lui il motivo per cui sei caduto?”

Lance abbassò le spalle e si scostò da Hunk, scollando il suo sguardo truce da Keith per girarsi verso l’amico e spalancare la bocca. Lo stupore sul suo volto era palese. “Che- Uh, no. Ho solo perso l’equilibrio!”

Hunk gli diede un colpetto sulla spalla e annuì. “Uh huh, ti credo, amico.”

Lance gli fece il muso. “Hunk! Dovresti essere dalla mia parte!”

L’amico annuì di nuovo. “Sono dalla tua parte.”

Lance non ne fu convinto. Assottigliò lo sguardo. “Se sei dalla mia parte, allora mandalo via da qua! Mi sta rompendo il ritmo!”

Hunk gettò la testa all’indietro e rise. Poi alzò entrambe le mani, tenendole di fronte a sé con fare difensivo, e si allontanò da Lance. “Oh no! Attenti al ritmo!”

Lance alzò gli occhi al cielo e gli tirò uno schiaffo sul braccio. “Sono serio! I suoi capelli orrendi e quella sua stupida faccia stanno rovinando le mie vibrazioni positive! Ho bisogno delle mie vibrazioni positive, Hunk! Mi hai visto ieri! Ero tutto vibrazioni negative!”

“Già, e a me lo dici? Ti sei mangiato metà delle enchiladas che ho fatto e poi hai tenuto il muso sul divano con una confezione di gelato.”

“Quando sono arrabbiato, mangio!”

“Ehi, se così la pianti di brontolare per Keith per tutta la notte, allora a me sta bene. Mangiami la casa intera e lasciami senza un tetto.”

“Non brontolo per lui.”
“Amico.” Hunk gli scoccò un’occhiata inespressiva. “Probabilmente riuscirei a dirti esattamente come gli stavano i capelli ogni singolo giorno delle scorse due settimane nel più minimo dettaglio. Giuro che conosco il suo armadio intero e la sua playlist a memoria, e se sento ancora una volta come aggrotta le sopracciglia o come gli si arriccia il naso o come gli luccicano gli occhi-”

“Non è vero che ne parlo!” Scattò Lance, tirandogli un pugno sul braccio. Non troppo forte, ma l’amico si afferrò il braccio come se gli avesse fatto male e rise. Lance sbuffò e distolse lo sguardo. “Liberati di lui e basta, Hunk. Fallo per me.” Inclinò la testa verso la spalla, guardandolo con occhi grandi e il labbro imbronciato nel classico Broncio da Cucciolo di Lance McClain.

Hunk si limitò a rivolgergli uno sguardo divertito e scosse la testa, mettendogli una mano sulla spalla per confortarlo. “Non posso, amico. Questa canzone è super e sto per buttare fuori Pidge.”

Dopodiché, fece un paio di passi in corsetta e si fermò di fronte a Pidge con le mani al petto e i gomiti all’infuori. Gli girò intorno scuotendo le braccia e i fianchi, muovendo il petto indentro e infuori, fino a quando Pidge non si mise a ridere e alzò le braccia in segno di resa, arretrando per raggiungere Lance. Hunk conquistò la pista come un uragano, sostenendosi con mani e piedi per esibirsi in una serie di mosse e ruotando sulle pietre. Non faceva le stesse mosse di breakdance acrobatico di Lance, ma accidenti se riusciva a cavarsela.

“Che ti ha arrotolato le mutande?” Gli chiese Pidge, fermandosi di fianco a Lance. Incrociò le braccia al petto e lo colpì con l’anca.

“Le mie mutande sono anti-arrotolamento, prego.” Sbuffò, sollevando il mento.

“Uh huh, e quindi è per questo che sembra che tu abbia ingoiato un limone.” Lance brontolò qualcosa di incoerente. “Laaaance.” Gemette Pidge, esasperato, e gli colpì di nuovo l’anca, questa volta abbastanza forte da farlo inciampare.

Lance sospirò e poi fece un cenno con la testa verso la folla. “Keith è qui.” Brontolò.

Pidge seguì il suo cenno e individuò Keith molto più velocemente di Hunk. “Oooh, questo spiega tutto. Ecco perché sei caduto.”

“Non è vero!”

Pidge canticchiò in risposta e sollevò una mano con una piccola onda. Lance sollevò la testa di scatto giusto in tempo per vedere Keith sollevare una mano a sua volta. Stava guardando Pidge e Lance ebbe la sensazione che stesse evitando testardamente di incrociare il suo sguardo. Il che lo irritava ancora di più. Aggrottò la fronte e si incassò ancora di più nelle spalle. “Guardalo, quel bastardo. Non mi guarda neanche! Che c’è? Forse non sono abbastanza bravo da essere graziato dai suoi stupidi occhi grigio-viola-”

“Sai di che colore ha gli occhi?” C’era del divertimento nella sua voce. Lance lo ignorò.

“-ma so che è una bugia perché sono bravo e bello.” Sbuffò. “Voglio dire, guardami, sono talmente figo- Pidge, che stai facendo?”

L’amico stava facendo senza ombra di dubbio un gesto con la mano per richiamarlo lì. Lance spalancò gli occhi e sollevò la testa di scatto. Ovviamente, Keith annuì e si allontanò dal cerchio, facendosi strada dietro le persone.

“L’ho invitato a venire.” Disse con noncuranza.

Lance abbassò lo sguardo su di lui, la bocca aperta e gli occhi spalancati. “Che- Pidge, perché?”

Pidge scrollò le spalle, ma sulle labbra aveva un sorrisino che a Lance non piacque. “Pensavo solo che sarebbe stato carino salutare.”

Lance boccheggiò, incapace di trovare le parole adatte per esprimere il panico che gli stava sorgendo in gola. “Che- perché- Pidge-”

“È qui.”

Lance si girò sentendo la schiena irrigidirsi e farsi dritta come un bacchetto. Keith si era fatto strada attorno al cerchio e stava puntando ovviamente verso di loro. Però si fermò davanti al loro secchiello e tirò fuori una mano dalla tasca lasciandoci cadere dentro un paio di banconote. Lance non voleva sentirsi né felice né commosso da quel gesto. Strinse le labbra in quella che pensava essere una smorfia e cercò di plasmare la sua espressione in un qualcosa di intimidatorio.

Era sicuro di avercela fatta al… 80% circa.

Si portò le braccia al petto, cincischiando con le dita sugli avambracci, e spostò il peso su un’anca. “Che cosa ci fai tu qui?” Chiese, facendo una meravigliosa imitazione di Keith del giorno prima. Ne fu molto orgoglioso.
Keith si fermò di fronte a loro, le mani nelle tasche della sua giacca di pelle. Non avrebbe dovuto stargli così bene. A dire il vero, non gli stava bene. Non gli stava bene per niente. Nope. Sicuramente non delineava le sue spalle larghe e la sua vita sottile. E di certo non completava quel suo look da cattivo ragazzo impassibile. Nope. Lance non notò come i suoi capelli si arricciavano contro il collo della giacca.

Il piccolo sorriso che gli aleggiava sulle labbra era scomparso. Le sue labbra si strinsero in una smorfia alle parole di Lance. Aggrottò leggermente le sopracciglia quando i loro occhi si incontrarono in una breve gara di sguardi. Lance non voleva tirarsi indietro per primo e Keith si rifiutò testardamente di cedere. Ebbero entrambi un tremito. Sembrava che Keith volesse dire qualcosa, mosse le labbra e arricciò il naso, e Lance poté quasi vedere le rotelle muoversi dietro ai suoi occhi, concentrandosi per prendere una decisione che Lance non capiva.

“Ehi, Keith.” Disse Pidge, catalizzando subito l’attenzione del ragazzo su di sé. Gli occhi di Keith si concentrarono oltre la spalla di Lance e in basso per guardare l’amico.

E per la terza volta in assoluto, Lance vide l’espressione di Keith addolcirsi in un qualcosa che a lui era estraneo. Rilassò le sopracciglia e la tensione che aveva nel volto si asciugò, rivolgendogli un ghigno. Un vero e proprio ghigno. Le labbra erano tese abbastanza da mostrare un po’ di denti e Lance ne fu abbagliato. Gli occhi di Keith si illuminarono alla vista di Pidge e, per un momento, il suo volto si fece così aperto e genuino che Lance poté sentire subito il calore farsi strada lungo il collo e accoccolarglisi nelle guance. Non aveva mai visto da vicino quell’espressione. Faceva… quasi male.

Per la seconda volta nell’arco di dieci minuti, Lance si dimenticò come respirare.

“Ehi, Pidge.” Perfino la sua voce era più dolce di quella a cui era abituato, e la situazione si stava facendo insostenibile troppo velocemente.
Prima che Lance potesse dire qualcosa, come se avesse una qualche idea di cosa dire, il suo cervello si era praticamente spento. Pidge gli passò oltre. Gli rifilò una spallata sul braccio, facendolo incespicare di lato, e Lance, con orrore crescente, guardò Pidge e Keith che si abbracciavano. Si abbracciavano. Pidge mise le braccia intorno alla vita di Keith, e il ragazzo gli cinse le spalle, abbracciandolo in un modo che era fin troppo intimo per dei semplici conoscenti.

“Da quanto tempo.” Disse Pidge, facendo un passo indietro. Incrociò le braccia al petto, l’uno il riflesso dell’altro. Stavano entrambi sorridendo, e il cervello di Lance era andato in cortocircuito.

“Già, non ci si vede da un po’.”

“Troppo impegnato per uscire con il tuo vecchio amico Pidge?”

“Pidge, sei tu che sei sempre impegnato. Non ti vedo da due mesi.” Rispose, impassibile.

“Neanche un messaggio o una telefonata. Mi ferisci, Keith.”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, ma il suo sorriso si fece timido. “Sì, beh, non è che tu mi abbia contattato.”

Pidge rise. “Okay, okay, onesto. Facciamo schifo a tenerci in contatto. A dirla tutta, ero impegnatissimo. Il master mi prende un sacco di tempo e poi devo badare a questi idioti.” Gesticolò disinvolto in direzione di Lance, e gli occhi di Keith si fermarono su di lui. Lance era ancora talmente sotto shock da non avere il tempo di reagire, e Keith distolse lo sguardo.

“Io, uh, non sapevo che vi conosceste.”

Pidge alzò gli occhi al cielo, un sorrisino sulle labbra. “Con chi pensi che vada a lamentarsi quando lo fai incazzare o quando si mette in imbarazzo da solo?”

“Ehi!” Obiettò Lance, riscuotendosi dal suo stupore. Rivolse a Pidge uno sguardo truce, che lui ricambiò senza battere ciglio per poi rivolgersi a Keith.

“Frequenti Altea da non so neanche quanto tempo e com’è che non ci siamo mai beccati lì?”

Keith scrollò le spalle, distogliendo lo sguardo. “Non è che… mi trovi con qualcuno lì.”

Pidge alzò gli occhi al cielo e sventolò una mano. “Sì, sì, lo so. Entri, balli e te ne vai da bruco asociale quale sei.” Keith gli scoccò un’occhiataccia, ma assomigliava più a un broncio rispetto a quelle che rivolgeva a Lance.

Che-” Lance riuscì finalmente a ritrovare la sua voce, e urlò. Gli altri due si girarono per guardarlo, e il ragazzo si rese conto che il suo tono era più alto del normale, ma non riusciva a controllarlo in quel momento. “-cosa sta succedendo?”

A quell’interruzione, il broncio di Keith si indurì in uno sguardo truce, ma Pidge non batté ciglio. “Sto parlando con Keith.”

“Tu conosci Keith?!” C’era accusa nella sua voce mentre indicava il ragazzo col mullet in questione.

“Sì.”

“Tu conosci Keith?!” Gesticolò con entrambe le mani.

“Già.”

“Il ragazzo con cui ho rivaleggiato per le due scorse settimane?!”

“La mia risposta non cambia, Lance.”

“Il ragazzo che ho sfidato per le audizioni? Il mio rivale? Lo stronzo col mullet?”

“Per quanto ancora vuoi andare avanti?”

Sapevi chi era e non me l’hai detto?”

“Sapevo che avresti reagito così.”

“Certo che avrei reagito così!” Alzò le braccia al cielo. “Uno dei miei migliori amici fraternizza con il mio rivale! Come dovrei comportarmi?”

“Come una persona normale?”

“Quindi ogni volta che mi lamentavo di lui, tu sapevi?”

“Credevo che avessimo già chiarito questo punto?”

“Oh mio Dio. Oh mio Dio. Oh, mio Dio. Oh mio-” Si passò una mano tra i capelli, afferrandoli e tirandoseli mentre camminava lentamente in cerchio. Era come un disco rotto, e parte di lui ne era consapevole ma quella stessa parte era stata spazzata via dalla parte di lui in panico.
Pidge conosceva Keith. Pidge lo conosceva da sempre. Pidge non gli aveva mai detto che conosceva Keith. E poteva vedere dalla sua faccia che Pidge se la stava ridendo. Si stava godendo Lance rendersi di nuovo ridicolo di fronte a Keith. Cos’era quella cosa che aveva detto su Pidge definendolo un dolce, dolcissimo angelo? Ritirava tutto. Oh cazzo, ritirava tutto. Pidge era un demone sotto mentite spoglie. Una creatura dell’inferno che adorava guardarlo soffrire.

“Sta… Sta bene?” Udì a malapena la domanda di Keith.

Pidge scrollò le spalle. “Sì, è solo un po’ drammatico. Una volta che si sarà sfogato starà meglio.”

“Drammatico?” Circondò Pidge, una mano sul fianco e l’altra tesa con il palmo verso l’alto e le dita piegate. “Non sono drammatico. Uno dei miei migliori amici mi ha tradito.”

“Vedi cosa intendo?”

“Ugh!” Lance alzò le braccia al cielo.

“E a dirla tutta, Keith era mio amico da prima.”

Ugh!

“Lance, sei ridicolo.”

“Non posso credere che-” Alzò di nuovo le braccia, gesticolando selvaggiamente in mezzo a loro. Keith non lo stava più guardando male. Lo fissava con un sopracciglio inarcato e un’espressione piatta. Ma Lance ebbe l’impressione che fosse divertito. “Sai cosa? Non posso affrontare questa cosa ora.” Si fece largo tra loro, le braccia tese all’infuori. “Hunk! Spostati! Ho dentro un fuoco che non può essere domato!”
Hunk gli lasciò la pista, e Lance si lasciò andare. Fece del suo meglio per ignorare tutto e ballare e basta. Cercò di farsi caricare dalla folla e di sorridere come prima. Ma non se la sentiva più. La sua attenzione era costantemente attirata dal posto in cui si trovava Keith, la fonte di tutte le sue angosce più recenti, che stava parlando e sorridendo e ridendo con i suoi due migliori amici. Non sapeva di cosa stessero parlando, ma sentiva un disperato bisogno di saperlo. Sapeva anche che non ce l’avrebbe fatta a stargli intorno in modo civile, non ancora.
Era solo che… aveva così tante cose per la testa. Neanche nei suoi incubi peggiori avrebbe immaginato che Keith conoscesse Pidge. Era abbastanza chiaro che conoscesse Shiro, ma Shiro non era uno dei suoi migliori confidenti al mondo. Non era la persona con cui Lance si era sfogato per due settimane su Keith. E Pidge non gli aveva mai detto niente! Lance stava cercando disperatamente di ricordare tutto quello che gli aveva detto su Keith, ma la sua mente era vuota. Sapeva che aveva detto un milione di cose imbarazzanti, certo.
Era stato un bel colpo. Voleva solo che Keith se ne andasse dalla sua vita così da non dover pensare a lui né sentire mai più quelle strane sensazioni nel petto. Voleva respirare normalmente per una volta. Ma no, ovviamente Keith aveva dovuto trovare il modo di infiltrarsi nel bel mezzo della sua vita conoscendo uno dei suoi migliori amici.

E non era neanche riuscito a mantenere la calma. Aveva fottutamente panicato e quando aveva finalmente capito che cosa stava facendo era stato troppo tardi per controllarsi.

Merda, perché riusciva sempre a comportarsi come un idiota di fronte a Keith? Quel tipo non lo avrebbe mai visto come un suo pari.

Ballò facendo un sacco di piroette e mosse di sbieco in modo da poter tenere d’occhio il piccolo gruppo che chiacchierava dietro di lui. Più li guardava, più si sentiva agitato. Quello era il ragazzo che l’aveva fatto sentire uno schifo nonché l’unica ragione per cui Lance era distrutto il giorno prima; ed eccolo lì, a chiacchierare con i suoi amici come se niente fosse.

Poi incontrò lo sguardo di Keith.

Lo stava guardando ballare da sopra la spalla di Pidge, e prima che si accorgesse di essere stato scoperto, Lance scorse di nuovo quel suo sguardo tenero. Non sapeva se fosse rivolto a lui o se era solo un effetto secondario di aver sorriso a Pidge e Hunk, ma… a Lance andava bene così. Forse non era troppo tardi per… non era neanche sicuro di cosa volesse. Fare colpo su di lui? Fare un’impressione migliore? Dimostrargli che era bravo? Salvare la sua reputazione?

Più per riflesso che per altro, gli rivolse un sorrisino, sentendo la sua arroganza e disinvoltura tornargli in modo naturale alla vista di un’espressione ammirata. Keith spalancò appena gli occhi, le labbra semiaperte dalla sorpresa, prima di farsi scuro in volto, espressione che gli era ben familiare. Prima di girarsi, Lance era sicuro di averlo visto arrossire.

Ora che sapeva di avere un pubblico su cui voleva fare colpo, ci mise un po’ di pepe. Gli venne facile. Niente di troppo stravagante, ma di sicuro qualcosa che potesse piacere. Saltellò con passi veloci, coinvolgendo anche le braccia nel movimento. Ci mise pure un mezzo backflip, facendo un salto all’indietro e portando le braccia dietro le spalle, le mani salde al suolo. Si mantenne dritto per un momento prima di lasciare che lo slancio lo trasportasse, i piedi che quasi non toccavano il suolo, per poi mettersi a ballare di nuovo.

Nel mentre, continuò a lanciare occhiate di nascosto a Keith per assicurarsi che stesse guardando. Lo stava guardando.

La canzone cambiò e Pidge e Hunk arrivarono subito lì per spingerlo fuori dal cerchio. Si era a malapena allontanato che i due avevano già iniziato a ballare una routine che avevano creato un paio di anni prima. La riconobbe immediatamente. Capita quando vedi i tuoi amici fare la stessa cosa quasi tutti i giorni per un paio di mesi.

Ritornò al suo posto che era, sfortunatamente, proprio di fianco a Keith. Rimase vicino a lui, le braccia abbandonate lungo i fianchi, e si tamburellò le cosce a ritmo di musica. Keith teneva le mani in tasca e Lance notò che stava spostando il peso da una gamba all’altra. Rimasero in un silenzio imbarazzante per quasi un minuto prima che Keith dicesse qualcosa.

Lance lo sapeva. Aveva tenuto conto dei secondi mentre cercava di controllare il suo respiro.

“Quindi… venite qui spesso?” Chiese, tirando una mano fuori dalla tasca per indicare il punto in cui Hunk e Pidge stavano ballando.

Lance scrollò le spalle, battendo con le mani un doppio tempo. “Ogni settimana, di solito.”

“Sembra, uh… divertente?”

Lance lo guardò di sbieco; Keith continuava a fissare un punto di fronte a lui. Teneva le labbra leggermente strette, ma non sembrava un segno di rabbia o irritazione o qualunque altra emozione che gli aveva sempre riservato. Non gli diede neanche l’impressione che li stesse prendendo in giro. Sembrava solo… impacciato e fuori luogo, ma determinato.

“Sì.” Disse infine. “Sì, è molto divertente.” Keith non disse niente, ed entrambi continuarono a tenere lo sguardo incollato sui due ballerini. “Quindi…” Perfetto, ora era lui che si sentiva impacciato. Fortuna che poteva tenere il ritmo della musica, altrimenti avrebbe gesticolato molto di più. Era la prima volta che aveva una vera e propria conversazione con Keith e si sentiva… strano. Nervoso? Chissà. Sicuramente lui non lo sapeva. “Come conosci Pidge?”

Ecco, giusto. Poteva mantenere la calma in quella situazione. Il suo sangue freddo. Freddo come il ghiaccio, Lance McClain.

Vide Keith scrollare le spalle con la coda dell’occhio. “Ci conosciamo da quando eravamo piccoli.”

“Oh, davvero?” Ricordava vagamente che Pidge aveva accennato a un amico di infanzia, il suo migliore amico per tutte le superiori, ma in tutta sincerità non si ricordava molto altro. Pidge non l’aveva mai invitato a uscire con loro.

“Già, i nostri fratelli maggiori sono amici. Di solito Shiro mi portava con lui quando andava a casa loro-”

“Aspetta, Shiro?” Disse Lance, girandosi con gli occhi spalancati.

Keith incontrò il suo sguardo e sbatté le palpebre. Sollevò un sopracciglio. “Sì? Shiro è mio fratello.” Disse lentamente, come se fosse sorpreso dal fatto che Lance non lo sapesse già.

Ma come faceva a saperlo se nessuno gliel’aveva mai detto! Sentì il panico tornare alla carica, minacciando di soffocarlo. Chiuse le mani a pugno, ma non smise di tamburellarsi le cosce. “Oh.” Disse, e la sua voce suonò di nuovo innaturalmente alta. Cercò di schiarirsi la voce senza farsi sentire, cercando di non emettere versi strozzati.
Non stava andando in panico. No. Stava mantenendo il sangue freddo. Senza dubbio. Non stava certo per dare di matto perché il ragazzo che si era impegnato a sconfiggere, il ragazzo che lo irritava, il ragazzo di cui si era lamentato per settimane, il suo rivale, non solo era un vecchio amico di Pidge, ma anche il fratello minore di Shiro.
Perché nessuno gliel’aveva mai detto?

“Tutto bene?” Keith lo stava guardando, mezzo girato verso di lui.

“Benissimo!” Disse, inorridito dalla sua stessa voce.

Keith non sembrò convinto, ma lasciò perdere. Lance rimase in silenzio, cercando di metabolizzare quelle nuove informazioni il più silenziosamente possibile. Per fortuna, Pidge e Hunk erano una buona distrazione e gli davano la possibilità di non guardare Keith.

Poi, Keith si schiarì la voce e Lance lo guardò d’istinto. Aveva le guance leggermente arrossate, le labbra serrate e le sopracciglia aggrottate. Vide che stava muovendo le mani senza posa nelle tasche. “A proposito di Shiro… è lui il motivo per cui sono qui. Mi ha chiesto di… parlarti… a proposito della storia del duo.”

Guardò Lance con la coda dell’occhio, e Lance sbatté le palpebre. Una, due, tre volte. Oh. Un sorrisino gli curvò lentamente le labbra e sentì l’agitazione scemare, sostituita da un’ondata di sicurezza. Incrociò le braccia al petto e spostò il peso sull’anca. Socchiuse gli occhi e gli rivolse un sorriso radioso.

“Oh, capisco di cosa si tratta.” Disse lentamente.

Keith lo guardò sospettoso, gli occhi che studiavano il suo improvviso cambio di espressione. “Lo sai?” Sembrava scettico.

Lance scrollò le spalle. “Certo!” Alzò le mani e le tenne di fronte a sé a mo’ di difesa. “Non che ti possa biasimare.”

Keith aggrottò le sopracciglia. “Di che stai parlando?”

Lance appoggiò una mano sul fianco e si girò a guardarlo, sporgendosi in avanti e punzecchiandogli il petto con l’altra. Stava ghignando. “Hai cambiato idea e sei qui per ammettere che sono un bravo ballerino e per supplicarmi di diventare il tuo partner.” Raddrizzò la schiena e si portò la mano al petto. “Non ti posso biasimare. Sono decisamente bravo.” Gli rivolse un sorriso vittorioso. “Saresti fortunato ad avere qualcuno di così brillante e talentuoso al tuo fianco.”
Keith gli rivolse un’occhiataccia e il suo volto si indurì. Aggrottò le sopracciglia, e quella era l’espressione di Keith che Lance era abituato a vedere. Era confortante vedere quell’elemento di familiarità. Sembrava che Keith avesse ingoiato qualcosa di aspro. Poi sospirò e si voltò. “Sai cosa? Dimentica tutto. È una perdita di tempo.”

“Oh, andiamo, Keith! Non fare così!” Prima di accorgersi di quello che stava per fare, fece un passo in avanti e lo afferrò per il braccio. Il ragazzo rivolse uno sguardo truce alla sua mano per poi alzare gli occhi e incontrare quelli di Lance, inarcando un sopracciglio con fare interrogativo. Lance sentì un brivido percorrergli il corpo, ma lo ignorò. Keith era così vicino, che lo guardava speranzoso, e sentì il cuore raggiungere velocità pazzesche. I suoi capelli sembravano leggermente umidi, come se si fosse fatto una doccia da poco. E quando li accarezzò una brezza gentile, Lance sentì il profumo strano ma piacevole di shampoo e deodorante insieme. Ne fu così sconcertato che disse la prima cosa che gli venne in mente. “Già che sei qui potresti anche sbrigarti e chiedermi scusa.”

Keith alzò le sopracciglia di scatto e aprì la bocca. “Chiedere scusa?”

“Uh, sì, amico, sei stato uno stronzo ieri. Non ci ballo con te finché tiri su casini solo perché voglio divertirmi un po’.”

Keith si liberò dalla sua presa con uno strattone e si girò per guardarlo. “Io non ho motivo per chiederti scusa. Ho detto che avevi scazzato il ballo ed era vero. E poi, sei tu quello che si è perso le audizioni dopo avermi praticamente supplicato di andarci.”

Il sorrisino di Lance svanì. Incrociò le braccia al petto e si tirò indietro, aggrottando le sopracciglia. “Avevo le mie buone ragioni.”

Keith alzò gli occhi al cielo, mettendosi nella sua stessa posizione. “Tipo quali? Non aver scelto una canzone?”

Lance sentì il calore lambirgli le guance. “Sai cosa? Non ho bisogno di te.” Fece un passo avanti e si portò vicino a Keith, cercando di ignorare quanto quella vicinanza gli facesse annodare lo stomaco. Premette con violenza un dito contro il suo petto, facendolo barcollare indietro di un passo. “Se sei così tanto bravo, avresti potuto fare le audizioni da solo invece di venire da me a supplicarmi di trascinarti alle regionali!”

“Non ti sto supplicando!”

“E allora perché sei qui? Volevi mettere il dito nella piaga? Ahah, Lance non ce l’ha fatta e non ballerò mai con lui perché ho tre metri di palo ficcati così a fondo nel culo che è un miracolo che io riesca anche solo a ballare.”
“Perché cazzo dovrei voler ballare con te se fai sempre lo stronzo?”
“Uh, perché sono bravo.”

“Non complimentarti troppo.”

“Oh, perché tu pensi di essere migliore di me, fenomeno?”

“L’anno scorso sono passato, no?”

“Ma non ci sei andato!”

“Però ho superato le audizioni. A differenza tua.”

“Sai cosa? Vaffanculo. Non ho bisogno di questa roba e men che meno di te.” Disse Lance, colpendogli il petto un’ultima volta per buona misura.
Keith gli allontanò la mano con uno schiaffo. “Davvero? Beh, vale anche per me. Gliel’avevo detto che era un’idea stupida.” Ingobbì le spalle e si ficcò le mani in tasca, allontanandosi. “Non riesci neanche a parlare normalmente con le persone, figurati a lavorarci insieme. Shiro e Allura sono pazzi se pensano che saremmo una buona squadra.” Il suo volto si era indurito in una smorfia, le labbra arricciate in qualcosa di diverso, e diede un calcio a qualcosa che era per terra. “Stavo iniziando a pensare che forse avevano ragione a dire che arrivare alle regionali in due era una buona idea, ma non ce la faccio. Ho chiuso.” Scosse la testa e tirò fuori le mani dalle tasche, tenendole sollevate. Fece qualche altro passo indietro. “Non ho bisogno di te per andare alle regionali. Troverò qualcun altro.”
Lance ignorò il suo stomaco in rivolta e il cuore che gli affondò nel petto. Percepì un cambio nel suo volto, ma non era sicuro di che espressione stesse facendo. “Bene! Non ho bisogno di te!” Sbottò. “Ci sono un sacco di altre persone che sarebbero fortunate ad avermi come partner!”

“Buona fortuna a trovare qualcuno che sia disposto a sopportare la tua merda.” Disse, girando sui talloni e rimettendo le mani in tasca per poi allontanarsi, le spalle incassate.

“Oh, davvero?” Gli urlò dietro. “Beh- buona fortuna a trovare qualcuno che sia disposto a sopportare-” Le tue coreografie complesse? Le tue abilità? Il tuo talento? Il tuo sguardo incazzato e le labbra imbronciate? Suonavano tutti sospettosamente come dei complimenti. Annaspò, cercando di trovare qualcosa da dire. Ma Keith se ne stava andando, quindi sparò il primo non-complimento che gli venisse in mente. “-il tuo mullet!”

Già, buona quella. Gemette e seppellì il volto tra le mani.

 


 

Note dell’autrice: Abbiamo quasi finito con il ricreare l’ambientazione e presto arriveremo al cuore di questa fic. Siamo così emozionat*!

In questo capitolo non ho menzionato nessun tipo di ballo in particolare, ma se siete curiosi potete andare sul blog Tumblr di Shut Up and Dance With Me e trovare i video a cui mi sono ispirata per i loro stili ^^

Inoltre, sentitevi liberi di curiosare sui nostri Tumblr e di urlarci cose! O di taggarci su cose. Noi amiamo amiamo amiamo i vostri commenti. Amo leggere cosa vi è piaciuto di più e ci da così tanta gioia e carica per continuare. Leggiamo e teniamo molto a tutti i vostri commenti e tag sotto i disegni di Sora. Siete fantastici <3

 

PER FAVORE, NON RIPOSTATE I DISEGNI DI QUESTA FIC! Rebloggateli dall’artista in persona QUI.
Il mio Tumblr
Il Tumbrl dell’artista
Tumblr di Shut up and Dance With me

   
 
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