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Autore: fool_dynosaur    15/05/2020    1 recensioni
Melania si trovava in una bolla di sapone. Mentre il mondo girava veloce intorno a lei, il suo cervello inciampava.
La ragazza più derisa della classe per la sua malattia si ritrovava ad affrontare la vita con più ostacoli degli altri. Dall'altro lato, un ragazzo chiamato "problema" attirava tutte le attenzioni della scuola.
Due poli opposti, tre punti di vista e quattro storie intrecciate.
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( Questa storia è ispirata a fatti e persone reali )
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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C a p i t o l o

U n o

  

 

 


 

La campana suonò e tutti i ragazzi uscirono per godersi i loro venti minuti fuori da quella classe tranne Melania che posò la testa sul banco sospirando. L’ultima volta che uscì per la pausa, Sephora le fece “accidentalmente” cadere il succo addosso, facendo ridere tutti i spettatori. Fu una cosa stupida ridere di un incidente, o di una persona che si macchiava di succo di pesca. Ma ciò rendeva superiore agli occhi di quei idioti. Melania odiava il succo di pesca, aveva un odore pungente per il suo olfatto. Da allora si promesse di rimanere in classe, senza rischiare più, se non la sua libertà. Lisa dopo tre tentativi non ci provò più a tirarla fuori.

Come ogni volta, in quei venti minuti, Melania si maledì per la sua esistenza in quell’umanità troppo perfetta per lei. Perché i commenti a lungo inculcati nella sua mente l’avevano resa fragile, tanto da credere ad ogni singolo insulto che le veniva rivolto.

Cos’era per gli altri la sua presenza? Uno sbaglio. Uno scherzo della natura.  Sembrava una persona normale, perché non poteva davvero esserlo per gli altri? Lisa passò davanti alla sua classe e aprendo la porta guardò dentro, notando l’amica completamente immersa nei suoi pensieri. Richiuse la porta e continuò a camminare nei corridoi. Sapeva che sarebbe risultato inutile provare a smuoverla dalla classe. Ma qualcosa lo fece quel giorno.

Quando la porta si riaprì di scatto, qualche minuto più tardi, Sephora e un ragazzo molto alto entrarono dentro ridendo. La ragazza notò subito la presenza della compagna, così come lo fece anche lui.

“Chi è lei?” - sussurrò il ragazzo all’orecchio della mora.

Melania lo riconobbe quasi subito. Tutte nella sua classe ne parlarono nonostante non fosse molto popolare. Era Kim Alonsi, del quarto anno. Si trasferì dall’Austria con la zia, nessuno seppe perché. Non era il tipico cliché maschile che le ragazze adoravano, ma stava riscuotendo successo. Uno che aveva tanta intelligenza quanto bellezza. Per quanto sembrasse innocuo ai professori e ai parenti, con i suoi occhioni castani, Kim sapeva il fatto suo. Fu bocciato alle medie ben due volte. Si vociferò fosse per le sue scappatele dalle finestre e le risposte agli insegnati. Ma ovviamente, furono solo voci. Sephora ghignò prima di avvicinarsi alla rivale in modo minaccioso. Batté le mani verso di lei come se fosse un cane da ammaestrare.

“Vattene da qui! E non dire che ci hai visti a nessuno.” - aveva detto, dando un calcio al suo banco.

Non capì perché tanta violenza da parte di una ragazza come lei. Sephora nonostante il suo aspetto da ninfa - tutta falsa - era molto violenta nei confronti delle ragazze che non facevano parte della sua cerchia e quello, stranamente, piaceva ai ragazzi. La piccola vittima - data la sua altezza - sospirò, lasciando l’aula in silenzio. Melania osava sospirare più che parlare con le altre persone semplicemente perché non capiva cosa dovesse dire. Con Sephora ancor meno; capì che la ragazza si sentisse sotto minaccia da tutto il popolo femminile in quella scuola. Di sicuro la sua autostima la calpestava con i suoi tacchi dieci che portava a scuola. Dall’altra parte Sephora non si aspettava che le ragazze le rispondessero e non eseguissero ciò che diceva.

“A volte penso sia davvero stupida.” - esaltò incamminandosi per i corridoi semi vuoti.

Solo i ragazzini del primo anno sedevano sulle banchine poste all’interno dell’edificio o ai distributori a parlare. Si riteneva molto più in voga il giardino dietro la scuola o il terrazzo del terzo piano che veniva frequentato per lo più da quelli del quinto anno o così detti “popolari”.

“Hey tu!” - gridò qualcuno.

Melania si voltò, notando una ragazza ferma in mezzo al corridoio.

“La signora Ferri mi ha chiesto di portare questo in sala docenti, ma non so dove si trova. Puoi aiutarmi?”

Si guardarono per alcuni secondi, prima che la ragazza annuisse.

“Sei… nuova, vero?”

“Sì. Sono Tara Martini, della classe prima, sezione D.”

La piccola sorrise mostrandosi ancor più giovane.

“Io mi chiamo Melania, della 3C.”

“Sei in classe con Sephora Agnesi vero? - la mora annuì sospettosa, aprendo la porta della sala docenti. - Io sono sua cugina, anche se mi parla poco dato che la mia famiglia è da parte di sua madre, quindi non ricchi quanto loro.”

La ragazzina sventolò la mano in aria, come se non ci volesse pensare a quei pregiudizi in famiglia.

“Mi dispiace.”

“E di cosa? Quella è una ragazza così antipatica ed egoista. Alcune volte mi vergogno a sapere che è mia parente. - La ragazza posò il libro sopra uno dei tavoli. – Grazie per l’aiuto.”

“Perché hai chiesto a me di aiutarti?”

“Eri l’unica nel corridoio.”

Melania abbassò lo sguardo, sentendosi stupida. Tara iniziò a ridere.

“Scherzo, non te la prendere.”

Tara le sorrise uscendo dalla sala professori. Melania la seguì come se fosse la sua ombra.

“Insomma… non hai paura? Paura che ti possa contagiare con la mia malattia?” - si azzardò a dire.

“Malattia? - Per un attimo Tara sembrò non capire, poi le tornarono in mente le chiacchiere delle sue compagne che cercarono di entrare nella cerchia di Sephora e spalancò la bocca. - Oh, sei tu quella dislessica?”

Melania annuì, pronta a ogni insulto. Tara scoppiò a ridere.

“Ma se la dislessia non è una malattia!”

La ragazza sussultò sorpresa.

“Ma tutti…”

“Sai, penso sia più contagiosa la stupidità che quello che hai tu, mh? - le diede un piccolo schiaffo sulla guancia, come per svegliarla dall’incubo che aveva vissuto fino a quel momento. – Non dovresti dare retta alle loro parole.”

La mora si domandò se sapesse che l’artefice di tutti quei commenti fosse proprio sua cugina, ma poi decise di rimanere in silenzio e annuire. Forse quella era l’unica cosa che riusciva a fare davvero bene.

“Grazie, almeno una persona non la pensa così, oltre mia madre.”

Forse non in tutta l’umanità c’era sporcizia e cattiveria.

 

 

“Ue dislessica! Che ore sono?” - disse Marco indicando il proprio orologio costoso in pelle legato al polso.

Un gruppetto di ragazze sghignazzò guardandola con superiorità. L’ora della mensa era decisamente la peggiore. Melania inspirò fino a sentire i polmoni dolere. Ebbe tanta voglia di rispondere, ma sprecare ossigeno per qualcosa di ancor più inutile non ne valeva la pena.

“Hai gli occhi Palmieri, puoi vederlo da solo o sei diventato miope?” - commentò Lisa.

Il ragazzo fece un piccolo sorriso avvicinandosi alle due ragazze. Le quattro ragazze che lo affiancarono misero il broncio, fulminando con lo sguardo le due amiche.

“Voglio saperlo da lei. Questa qui non sa scrivere nemmeno il proprio nome.”

“La vuoi smettere?”

Tutt’e tre si girarono e Melania sorrise notando fosse stata Tara. La ragazza dai capelli tinti si avvicinò affiancando la “vittima”.

“Ma farti i cazzi tuoi no?”

Sephora si mise una mano fra i capelli, distogliendo lo sguardo da quella scena ormai patetica mentre la cugina si rendeva, a parer suo, ridicola.

“Non è bello trattare così una ragazza, lo sai maleducato?”

Marco sorrise prima di fare un passo indietro alzando le mani in segno di resa e poi allontanarsi. Palmieri era un semplice bruco della società che cercava notorietà, prendendo in giro quelli più fragili per piacere a quelli come lui. Le tre ragazze rimasero stranite e per la prima volta Melania si sentì davvero protetta e amata. Non che non lo fosse mai stata. Sua madre e Lisa le volevano bene come nessun altro, eppure Tara le aveva accesso una fiamma di speranza che sembrava ormai morta. Passarono l’ora di pranzo tutt’e tre insieme in un piccolo punto appartato, cercando di conoscersi.

“Senti… Tara, no? - La ragazza rossa annuì, continuando a mangiare. - Grazie per aver difeso Melania e me. Sei davvero una tipa bassa ma tosta.”

“Potevi anche non difendermi. Cioè, per carità, è stato molto bello perché nessuno oltre Lisa mi aveva mai difesa; ma non devi scomodarti tanto, perché puoi rischiare anche tu. Sono abituata agli insulti di quelli come Marco, non mi toccano.”

“Marco?”

“E’ il ragazzo biondo con cui abbiamo battibeccato prima. Uno dei popolari, lì. - Lisa le indicò il tavolo al centro della sala mensa, dove sia Sephora che Marco sedevano. - Però è la prima volta che vedo Kim lì.”

“Tutti quelli che passano sotto le unghie laccate di Sephora siedono a quel tavolo.”

“Oh. Penso già di odiarlo a morte. - commentò la più piccola scatenando una risata generale. - Non mi piace la gente che se la prende con quelli più deboli o indifesi. Penso siano solo poveri stupidi. - Si girò verso Melania sorridendole. - E non mi interessa nemmeno se sei dislessica. Io ti vedo come una ragazza normalissima, e per me l’importante è questo. Ci siamo noi al tuo fianco, no?”

Lisa rimase spaesata dalle parole della ragazza. Aveva ragione sua madre, le apparenze ingannavano gli occhi. Melania pur sembrando normale, aveva i suoi “problemi” e Tara, per quanto sembrasse piccola, era davvero forte. Rispetto a loro, lei sapeva solo che cercasse di mostrarsi forte, ma era molto più debole. Si morse il labbro tirando i bordi della sua maglietta per nascondere meglio i lividi che aveva sull’addome.

“Giusto.” - sussurrò.

 

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