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Autore: _Robertino_    16/05/2020    0 recensioni
I protagonisti di You&Me sono cresciuti, si ritrovano dopo 10 anni per condividere la vita insieme.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Marco! Ma che fai! Stai attento... guarda il tavolo... Marco non aveva respiro, fissava il cellulare ed era in pratica assente. Che cosa dire o fare ora? Si accorse di aver fatto un disastro quando la colla che gli colava sulla mano destra gli bruciò un dito e torno in se. - Eh? Cosa? Ma... – Buttò la pistola sul tavolo si alzò di scatto, mise il cellulare in tasca e usci dalla stanza. Anna lo guardava perplessa. Marco arrivò in camera, si cambiò velocemente e usci sbattendo la porta. Non disse una parola. Nella testa, negli occhi solo quella frase “Ore 23. Giardini pubblici. Ricordati il grano. TUTTO”. Il freddo di quel dicembre lo avvolgeva lungo quei suoi passi svelti e quei suoi affanni incontrollati e incontrollabili. La città brulicava di musica e luci natalizie, nella piazza del duomo alcuni ragazzi sfidavano quel clima rigido scivolando da una parte all’altra della pista di ghiaccio. I proprietari delle bancarelle alimentari, versavano punch caldo ai pochi coraggiosi che quel venerdì sera avevano deciso di fare serata. Marco tirò dritto, non rivolse sguardi o parole a nessuno. Più raggiungeva in fretta il suo appuntamento, più avrebbe fatto prima a tornare da Anna. Attraversata la piazza davanti a Marco, si parò il lungo viale acceso solo dalle luci delle vetrine dei negozi e di quei pochi lampioni dalla luce fioca. A metà viale, prima che una macchina giungesse da verso opposto e lo travolgesse, Marco girò a sinistra e salì le scale in pietra. Venti metri più avanti ed era arrivato all’appuntamento. Un appuntamento fatto di zero parole e molti gesti. L’uomo dell’appuntamento alle parole preferì mostrare una lama affilata. Marco deglutì affannato e disse solamente “Non ce l’ho!” per tutta risposta arrivò un “ma stiamo scherzando? Sono già tre mesi!” Marco ripeté che non aveva portato nulla. L’uomo non parlò più, con il fondo del coltello a serramanico colpì Marco allo stomaco e al volto. Marco cadde a terra e rotolò indietro dopo che aveva provato a difendersi sferrando anche lui qualche pugno finito però all’aria. Pieno di lividi e sporcizia rimase a terra. Pioveva. L’uomo dell’appuntamento, come ultima cosa stampò il suo piede contro il fianco di Marco che non riuscì ad alzarsi. Perse i sensi. Si riprese solo dopo mezz’ora, si alzò e cercando di nascondersi da non si sa chi o che cosa. La città, quel vicolo e quella zona soprattutto, dormiva già da qualche ora. Con passo lento e pieno di dolori tornò verso casa. Non aveva il coraggio di farsi vedere da Anna, sperava fosse già a letto. Avrebbe pensato lui, con calma a rimediare al guaio della colla sul tavolo. Prima però, doveva rendersi meno malconcio possibile se lei fosse rimasta sveglia. L’altro problema, ben più grave da risolvere era spiegare tutto l’accaduto. Nel frattempo trovò nel fondo del piumino fradicio una sigaretta e un accendino. La accese e la fumò lentamente: doveva avere tempo di calmarsi e trovare le parole adatte. Alla terza boccata di fumo non c’era altro da pensare, le uniche parole da riferire ad Anna erano fatte di verità. Verità fatta dal suo passato, fatta da quell’incontro di tre mesi prima con quell’uomo che gli aveva garantito una mano e che quella sera, una mano glie l’aveva stampata in faccia. Quando anche gli “aiuti “ dei suoi ragazzacci erano terminati e si era reso conto di aver salassato il salvadanaio, si rivolse perciò ad altro ma questo altro era arrivato alla conclusione di quella sera. Sovrastato da pensieri e parole arrivò a casa. Fece scattare la chiave e davanti a se si spalancò il buio. Anna dormiva già da un’ora. Marco accese la luce. Il tavolo era compromesso dalla colla a caldo e da alcuni segni di coltello con cui Anna aveva tentato di pulirlo. Non fece nulla. Assonnato all’inverosimile si spogliò al centro della stanza e si trascinò sotto la doccia. Si fece cadere l’acqua calda addosso, si asciugò, tirò fuori dalla cesta dei panni da lavare una tuta e la indossò, tornò nella sala, raccolse i suoi indumenti sporchi che gettò nella lavatrice, tornò di nuovo in sala e si lasciò cadere sul divano rapito dal sonno.
   
 
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