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Autore: hilaris    16/05/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1: Spense una delle candele con i polpastrelli delle dita, vedendo quella minuscola fiammella cessare di esistere esattamente come aveva fatto il proprio matrimonio.
Non si sarebbe mai aspettato di dover entrare in quel tempio così presto, non si sarebbe mai aspettato di dover posare quel crisantemo accanto a quella bara fredda e lucida proprio in quel periodo, in cui tutto sembrava esser tornato alla normalità, in cui la vita sembrava aver preso una piega giusta.
Goku è solo, senza alcuna forza e con un figlio da mantenere, mentre la storia si sposta lentamente sui pensieri di un principe dei saiyan ancora fortemente attaccato alle proprie origini e alle proprie convinzioni, ancora lungi dal raggiungere quello stato di development del personaggio che tutti abbiamo apprezzato guardando e leggendo l’opera originale. Ma ci sarà qualcosa, nella vita di entrambi, che cambierà radicalmente il loro modo di essere; entrambi i saiyan affronteranno una dura realtà che è lontana dall’essere quella quotidianità fatta di lotte e combattimenti, ed impareranno a lottare contro qualcosa di ancora più grande, seppur incorporeo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il principe dei saiyan era tornato alla Capsule Corporation con una certa fretta e, dopo aver ignorato le continue chiacchiere della solare ed invadente Bunny Brief-maledicendosi ovviamente per essersi dimenticato di aver lasciato la portafinestra della propria camera aperta-, era salito al piano di sopra con tutta l’intenzione di togliersi di dosso gli sforzi dell’allenamento di quel giorno, ben consapevole che da poche ore a quella parte avrebbe dovuto affrontarne un altro... questa volta non insieme a Kaharoth ma insieme a quell’incosciente di suo figlio che, spinto da chissà quali manie suicide, aveva deciso di proporgli una lotta uno contro uno. Vegeta non sapeva bene perché l’avesse fatto, ma aveva come l’impressione che quella fosse una sorta di maniera per ringraziarlo per l’aiuto inconsapevole e silenzioso che stava dando a quell’inetto di terza classe, distraendolo per gran parte delle sue giornate, non facendolo pensare alla morte di quell’oca di sua moglie.

E dannazione, il principe si sarebbe maledetto in eterno per questo, perché era perfettamente consapevole di star facendo un grosso favore al suo più acerrimo nemico; ma che poteva farci se allenarsi con Kaharoth gli piaceva da morire? E poi ora avevano addirittura un’altra gatta da pelare... una sfida che il principe aveva accettato controvoglia, ma con una determinazione che probabilmente neanche sapeva di avere.

Non gli andava affatto a genio il fatto di dover condividere qualcosa di così grande con uno come Kaharoth, ma finché non si fosse trovata una parvenza di soluzione non avrebbe potuto farci niente, doveva abituarcisi e basta, e magari sperare anche che l’idiota non lo beccasse proprio nel momento in cui era nudo ed insaponato sotto la doccia, o avrebbe sul serio dato di matto, e lì sì che avrebbe messo da parte tutta la sua voglia di batterlo onestamente e sarebbe andato ad ucciderlo nel sonno, strangolandolo fin quando non avrebbe più avuto aria.

Tuttavia, tutte quelle conversazioni che stava avendo con il decerebrato ultimamente lo stavano a dir poco preoccupando: non era solito, Vegeta, aprirsi così tanto con qualcuno che non fosse sé stesso medesimo, ed il fatto che quel qualcuno con il quale si stava aprendo così tanto fosse Kaharoth gli faceva letteralmente prudere le mani e lo faceva corrodere dalla vergogna. Mentre si rilassava sotto il getto caldo della doccia, infatti, il principe si ritrovò a pensare alla conversazione avuta soltanto una mezz’oretta prima con l’inetto: ma come diavolo gli era venuto in mente di raccontargli una cosa così intima di sua madre, della regina di tutti i saiyan? Okay, era una cosa che riguardava anche la madre dell’idiota, ma questa non era di certo una giustificazione... diamine, si parlava di sua madre! Dell’unica donna che Vegeta avesse mai amato in tutta la sua misera vita, ed aveva raccontato di lei all’ultima persona che avrebbe dovuto sapere tutti quei dettagli!

Certo, però, che era alquanto strano, il destino: le loro madri erano state compagne, alleate... amiche. Ed ora loro stavano passando la maggior parte delle giornate insieme senza neanche rendersene conto; e se, in fondo in fondo, quell’antica amicizia avesse potuto continuare ad esistere?

 

«Dannazione, ma che caspita vado a pensare?!» esclamò il giovane principe a quei pensieri, dando una botta secca all’interruttore della doccia e diventando rosso come un pomodoro: no, no e ancora no. Gli veniva la nausea al sol pensiero di dover diventare amico di uno come Kaharoth. Mai, mai nella vita avrebbe accettato di abbassarsi a tanto, neanche se quella terza classe fosse stato l’ultimo uomo rimasto sulla faccia dell’universo... piuttosto la morte.

Uscì dalla doccia tutto pur che rigenerato, Vegeta, buttando la sua battle-suit nella lavatrice ed azionandola con fare distratto: ormai, dopo due mesi e mezzo sulla Terra, aveva imparato ad utilizzare quei marchingegni tanto ridicoli quanto utili, apprendendo anche le piccole cose, abituandosi a farle diventare parte della sua quotidianità, e questo lo faceva vergognare ancor di più. Come si era ridotto, il grande principe della stirpe guerriera più potente dell’universo? Come si era ridotto quel mercenario che fino a pochi mesi prima distruggeva e saccheggiava interi pianeti, sterminando popolazioni e godendo nel farlo? A fare la donna di casa, si era ridotto. A fare la lavatrice e a sopportare ogni giorno la presenza di due cornacchie che nulla facevano se non infastidirlo... a questo si era ridotto, il grande Vegeta; e non sapeva se ridere di sé stesso oppure rassegnarsi all’idea di starsi allontanando sempre di più dalla realtà alla quale era sempre stato abituato.

Eppure quella realtà era così facile, così semplice: lui la mattina si alzava, si dava una lavata, litigava con Nappa, picchiava Radish e partiva con loro alla volta di un pianeta lontano, lo distruggeva e poi tornava con il rapporto del giorno, e così via discorrendo. Non c’erano di mezzo sentimenti, dubbi, brutti sogni o altre gatte da pelare, perché semplicemente non aveva tempo per quelle cose, e quindi le evitava inconsciamente, non ritrovandosi mai a doverci fare i conti.

E ora, da quando le giornate avevano cominciato a distinguersi l’una dall’altra, il principe sentiva ogni giorno delle sensazioni nuove: aveva più tempo per pensare, per stare da solo con sé stesso, per poter riflettere sulle proprie sensazioni, senza però mai cavarci un ragno dal buco. Non sentiva la mancanza di quella vita, affatto... anzi, ora aveva molte più comodità, ma era come se lui, a quella vita, ci si sentisse attaccato come una cozza allo scoglio: non accettava l’idea di dover affrontare una cosa difficile come la crescita, come la maturazione, per lui erano cose che, fino a pochi mesi prima, non esistevano affatto; eppure ora, quel ragazzo che si stava svogliatamente infilando una tuta nera perfettamente in tinta con la sua chioma, si sentiva in dovere di diventare un uomo, di affrontare le faccende difficili, perché non poteva continuare a scappare arrivato a quel punto, e lui ne era perfettamente consapevole.

Ma non si sentiva pronto, non ancora, e probabilmente non lo sarebbe stato mai. 

Si allacciò con fare meccanico i pesanti anfibi dello stesso colore della tuta e, dopo essersi infilato un paio di guanti di un nero ancora più scuro, che tenevano scoperte le dita, uscì dal bagno, guardandosi intorno per evitare di essere colto nel fatto da quell’impicciona di Bulma, che sicuramente aveva notato i suoi spostamenti nell’ultima settimana.

 

La turchina, infatti, senza mai fare domande o impicciarsi, aveva deciso di indagare sulle continue uscite di scena di quel misterioso di un principe che, tutte le mattine, usciva di casa per dirigersi chissà dove e da chissà chi, lasciando appositamente la portafinestra della sua stanza aperta, in modo da poter entrare e uscire senza destare alcun sospetto.

Ma il perché di quel comportamento tanto bizzarro, la giovane scienziata, non era riuscita ancora a scoprirlo, ed era più che determinata a farlo: ed era per questo che quella mattina, dopo la partenza del principe, era entrata nella sua camera ed aveva cominciato a frugare come una ladruncola alla ricerca di qualcosa, di qualche indizio che la conducesse ad un punto, ma tutto ciò che aveva trovato erano mutande, calzini, guanti da combattimento e tute... e niente di tutto ciò avrebbe potuto significare un indizio a suo favore. Così, messa alle strette, l’azzurra aveva chiuso la portafinestra per evitare che il ragazzo passasse di lì, in modo da potergli fare qualche domanda al suo ritorno, ma non era stata fortunata neanche in quel frangente, perché proprio quando Vegeta era tornato, lei si trovava in laboratorio a sbrigare alcune importantissime pratiche di lavoro.

Era logorata dalla curiosità, Bulma: che cosa faceva, Vegeta, tutti i santissimi giorni? Che si fosse lanciato in una storia d’amore terrestre? Che davvero avesse trovato una donna? Che si dirigesse da lei?

Ma no, come avrebbe potuto mai trovare una pazza che avrebbe perso la testa per lui, uno così? O almeno, al di fuori di quella casa, si ritrovò a pensare la turchina arrossendo come una dodicenne alla sua prima cotta. Che lei avesse un debole per il principe dei saiyan, ormai, se n’erano accorti persino i muri, ma quel testone a quanto pareva preferiva di gran lunga sparire per intere giornate per poi tornare senza guardare in faccia nessuno se non suo padre. Perché apparentemente il dottor Brief era l’unica persona che Vegeta considerava degna del suo saluto e della sua parola, ed infatti erano quasi diventati buoni amici, con grande disappunto da parte di Bulma che, invece, avrebbe voluto essere almeno un minimo nei pensieri di quello scriteriato, senza però riuscirci, o almeno apparentemente. 

Fortuna volle però, che proprio mentre passava nel corridoio adiacente la camera del principe, la turchina si imbatté proprio in quest’ultimo che, a quanto pareva, si stava già preparando per andarsene di nuovo.

 

«Fermo lì!» esclamò, puntando le mani sui fianchi e poggiandosi con la schiena contro la porta, in modo da evitargli l’ingresso nella stanza «Te la stai svignando di nuovo, eh?»

 

E ora che diavolo voleva, quella ficcanaso?

Se c’era una cosa che Vegeta detestava era chi si faceva palesemente e senza alcun ritegno gli affari altrui, e si chiedeva per quale motivo in quella maledetta casa si interessassero tutti così tanto ai suoi, di affari. D’altronde, lui era sempre stato sulle sue, non aveva mai infastidito nessuno da quando era lì, e di sicuro non si immischiava in faccende che non lo riguardavano. Ma allora per quale motivo erano tutti così dannatamente fissati con quello che faceva e quello che non faceva?

E con tutti, si riferiva a quella rompiscatole che si ritrovava davanti in quel momento, con quella faccia da oca, credendo addirittura di esercitare un qualche tipo di potere su uno come lui, che al contrario, non la calcolava neanche per sbaglio: per lui Bulma non era altro che la padrona della casa in cui viveva, quello era tutto, quello era il punto. Ed era stato già abbastanza difficile per lui definirla padrona di qualcosa al posto suo, quindi che cos’altro avrebbe preteso da lui, quella donna petulante? 

 

«Spostati.» si limitò a dire sprezzante, senza neanche incrociare il suo sguardo «Non ho tempo da perdere con te.»

«Oh, invece di tempo da perdere ne hai eccome!» rincarò la dose lei «Non ho intenzione di continuare a farmi trattare a pesci in faccia da te! E dato che questa è casa mia, dovresti portarmi un minimo di rispetto in più!»

«Guarda che sei tu quella che mi sta infastidendo e mancando di rispetto.» puntualizzò Vegeta piatto «Non so davvero cosa tu voglia ottenere così facendo, ma se la mia presenza in questa casa ti infastidisce così tanto, io posso anche levare le tende.»

«Ah, sì? E poi chi te la costruisce un’altra gravity room, eh?!»

Lei aveva leggermente alzato i toni, spazientita: sapeva perfettamente che il principe, in fondo, non stesse facendo nulla di male, ma era troppo curiosa e troppo bisognosa delle sue attenzioni per rendersi conto di star facendo la figura della fessa.

Lui, in risposta, gli rivolse un’alzata di spalle «Ho passato una vita intera ad allenarmi senza quell’aggeggio. È utile, questo devo riconoscertelo, ma posso farne anche a meno.»

«Che cosa?!» Bulma gli puntò un dito contro, stizzita «Non sei altro che uno scimmione arrogante! Non solo fai il mantenuto in casa mia, ma ti permetti addirittura di screditare il mio lavoro?! Sei soltanto un buzzurro maleducato!»

Dal canto suo, Vegeta stava davvero cominciando a perdere la pazienza: se agli inizi quei continui battibecchi con la terrestre lo divertivano, ora avevano cominciato a stancarlo, e non solo perché quell’impicciona continuava imperterrita ad infastidirlo senza che dalla sua regale bocca uscisse una sola sillaba che la interpellasse, ma anche perché al momento aveva da fare, e l’ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata perdere del tempo prezioso con lei.

«Pensa pure quello che ti pare, donna, sai che me ne importa!» gracchiò così in risposta, trattenendosi dal disintegrarla con un Galic Gun «Adesso ho da fare, ti potresti togliere di mezzo?!»

«Ah, sì? E cos’avrebbe da fare, a quest’ora, sua maestà il principe dei saiyan?!»

«Quello che ho da fare io non ti riguarda!» senza usare troppa forza, la prese per entrambi i fianchi e, cercando di trattenere in tutti i modi la tentazione di ucciderla, la spostò dal punto nel quale era rimasta ferma fino a quel momento, per poi aprire la porta della stanza e chiudercisi dentro.

Accidenti, quella donna l’avrebbe fatto diventare scemo, Vegeta ne era più che sicuro. Ma non aveva alcuna intenzione di usare la violenza su di lei, non era così vile: certo, aveva combattuto contro delle donne, ma erano sempre state delle guerriere in grado di tenergli testa, non di certo delle indifese; quello che si divertiva ad infastidire continuamente il genere femminile era sempre stato Nappa, e il principe era disgustato dai suoi orrendi comportamenti. Un conto era sterminare un’intera popolazione senza esclusione di colpi, un conto invece era prendersela solo ed esclusivamente con le donne, magari abusando addirittura di loro.

Vegeta rabbrividì a quel pensiero: gli aveva sempre fatto ribrezzo, eppure non era mai intervenuto per fermare il proprio collega di un tempo... anzi, l’aveva sempre lasciato fare, girandosi dall’altra parte e facendo finta di niente; eppure, se solo l’avesse voluto, avrebbe potuto staccare la testa dal collo a quell’imbecille con una sola mano. 

No, non poteva certo dire di non avere colpe, perché era sempre stato complice di quegli atti riprovevoli, ma ormai non poteva farci niente, la frittata era stata fatta e di certo non poteva tornare indietro ed uccidere Nappa prima del tempo. 

Il principe scosse la testa e, cercando di liberarsi da quei pensieri, si diresse verso la portafinestra: per lo meno, quella sera, si sarebbe distratto un po’.

 

*

 

«Okay, figliolo, allora io vado!» esclamò Goku, aprendo la porta «Sei sicuro di non aver bisogno di niente?»

Il piccolo negò con la testa «No papà, tranquillo. Divertiti col nonno, ha davvero bisogno di distrarsi un po’!»

«Sei proprio sicuro di non voler venire con me?» il saiyan dai capelli a palma aggrottò un sopracciglio «Guarda che la cucina di Genio non è così male!»

«Papà, devo studiare: lo sai che tra poco ricominceranno le lezioni col maestro, e non posso farmi trovare impreparato!» esclamò Gohan, sorridendogli «Ho già ordinato una pizza, me ne starò a casa a farmi i fatti miei! Voi divertitevi anche per me, d’accordo?»

«Hahh, fai come vuoi!» lo sbeffeggiò suo padre «Sei proprio un secchione, chissà da chi  avrai preso!»

 

E detto questo, Goku sparì nel nulla, dirigendosi dal suocero. Qualche giorno prima, infatti, Giuma aveva chiamato a casa, riferendo a Goku che Muten, il loro maestro, li aveva invitati entrambi a cena sulla sua isoletta; dapprima il giovane guerriero aveva pensato di rifiutare, ma poi si era reso conto che in realtà il padre della sua defunta moglie avesse davvero un gran bisogno di passare una serata in compagnia e non pensare alla disgrazia che l’aveva colpito di recente. La perdita di sua figlia era stata più devastante e dura di quanto tutti si sarebbero aspettati da un uomo grande e grosso come Giuma. 

Il piccolo Gohan, però, era stato informato soltanto quella sera dell’imminente cena, ed avendo già preso un impegno non indifferente ed al quale non sarebbe potuto mancare, aveva bellamente rifiutato la proposta di suo padre di andare con lui sull’isola, anche se gli dispiaceva maledettamente non poter passare una serata con il suo amato nonno: d’altronde, con suo padre e suo nonno ci sarebbe potuto stare quando avesse voluto, mentre allenarsi col principe dei saiyan non era di certo cosa da tutti i giorni.

Così, senza dire la verità a suo padre, aveva semplicemente ordinato una pizza per cena e, dopo essersi infilato la sua amata tuta da combattimento viola, identica a quella del suo maestro, si era seduto sul divano, accendendo la tv e gustandosi in santa pace quella meravigliosa margherita con un bel bicchierone di bibita gassata.

In fondo, starsene un po’ per i fatti suoi non era poi così male, avrebbe dovuto farlo più spesso. 

Non ci volle molto prima che, in lontananza, il bambino cominciasse a percepire avvicinarsi un’aura ormai a lui ben conosciuta: Vegeta stava arrivando e, a quanto pareva, stava anche volando a velocità ben sostenuta, come se avesse davvero voglia di quell’allenamento insieme a lui. Questo lo rincuorò e lo incoraggiò ad affrettarsi a finire quella semplicissima cena solitaria, con un sorriso a trentadue denti sulle labbra.

 

*

 

Atterrò di fronte all’abitazione di Kaharoth con aria quasi circospetta, come se non avesse poi tutta questa gran voglia di farsi beccare dal decerebrato mentre passava del tempo con suo figlio ma, con sua grande sorpresa, il principe si accorse presto che in realtà il decerebrato non fosse affatto lì: la sua aura, infatti, era ben lontana dai monti Paoz, a parecchi chilometri di distanza.

Il giovane principe tirò un sospiro di sollievo: non gli andava affatto a genio che Kaharoth potesse scoprire che si era addirittura abbassato al punto di concedere un allenamento a quell’altro idiota di suo figlio e, nonostante non stesse effettivamente facendo nulla di sbagliato o di grave, Vegeta si sentiva comunque troppo scoperto nel fare certe cose, come se anche lui sentisse il bisogno di passare del tempo con altre forme di vita intelligenti-o almeno, questo era un modo di dire, il suo rivale era tutt’altro che intelligente. 

Scrollando le spalle, si avvicinò noncurante alla porta d’ingresso e, dimostrandosi per la persona fortemente educata che era, bussò un paio di volte, aspettando che qualcuno venisse ad aprirgli.

Ed effettivamente non ci volle molto prima che quel moccioso, già vestito di tutto punto e con la bocca completamente sporca di pomodoro, lo accogliesse con un gran sorriso che il principe avrebbe definito ‘da ebete’. Ed effettivamente era così: in quella veste, quello stupido mezzosangue somigliava dannatamente a quell’imbecille di suo padre. 

 

«Buonasera, Vegeta!» esclamò il bambino con entusiasmo «Non ti aspettavo così presto! Corro a lavarmi le mani e sono subito da te!»

«Tsk.» fu la risposta sbrigativa del principe dei saiyan «Lavati anche la bocca, sembri un idiota.»

Il piccolo Gohan, a quella frase, si ritrovò a voltarsi verso il piccolo specchio appeso alla parete del salotto e, vedendosi interamente sporco di pomodoro e mozzarella, diventò rosso dall’imbarazzo: di certo Vegeta non era il tipo di persona che si sporcava mangiando, a differenza sua e di suo padre, e sapere di essersi fatto trovare in quelle condizioni dal principe dei saiyan lo faceva vergognare come uno stupido.

Velocemente, il piccolo mezzosangue prese a salire le scale, dirigendosi in bagno, mentre Vegeta si limitò ad appoggiarsi al muro, braccia conserte ed occhi vigili: non era mai entrato in quella casa neanche per sbaglio, ma vedendola così, senza filtri e senza nessuno che potesse constatare che stava facendo un evidente apprezzamento, doveva ammettere che non era affatto male; non era niente di che, sicuramente neanche lontanamente paragonabile alla Capsule Corporation, ma era veramente... veramente carina. 

Il principe si ritrovò ad arrossire come un idiota a quel pensiero: davvero aveva appena pensato che una casa fosse carina? La casa di Kaharoth, per giunta? Se solo l’avesse visto suo padre, probabilmente si sarebbe rivoltato nella tomba che non aveva. Accidenti, si stava proprio rammollendo per poter anche solo appellare a qualcosa l’aggettivo ‘carino’. 

 

«Sono pronto!» 

 

La voce stridula ed impertinente del figlio del decerebrato lo scosse dai propri pensieri, salvandolo in corner dall’autodistruggersi per la vergogna facendo esplodere sé stesso ed insieme a lui quella maledetta catapecchia, ed il principe si drizzò, dandosi nuovamente un contegno e facendo cenno al bambino di seguirlo fuori, convenendo entrambi sul fatto che in casa non avrebbero potuto fare un bel niente.

Forse non era il caso allontanarsi troppo, d’altronde era pur sempre insieme a un moccioso, e sapeva che i mocciosi, su quel pianeta, non potessero allontanarsi da casa quando i genitori non c’erano, e lui di certo di passare delle grane per colpa di uno stupido mezzosangue non ne aveva voglia. Così, il principe si limitò ad allontanarsi dall’abitazione di qualche metro, giusto per evitare che fosse in mezzo ai piedi. 

 

«Allora, moccioso!» lo schernì il più grande, incrociando le braccia al petto «Sei stato tu a sfidarmi, quindi vedi di non deludermi! Se scopro che sono venuto a perdere tempo faccio saltare in aria sia te che quel deficiente di tuo padre, sono stato chiaro?»

Il piccolo Gohan rise di rimando: avrà pur avuto i suoi personalissimi modi di fare, ma Vegeta era veramente buffo quando si appellava al suo papà con quei termini; era come se in un certo senso gli stesse andando quasi a genio «Chiarissimo! Non ti deluderò! Allora, sei pronto?»

«Sono nato pronto, ragazzino!»

 

A quelle parole, fu Gohan a partire con la prima mossa, lanciandosi velocemente contro il proprio avversario che, con i riflessi pronti, schivò il suo primo attacco, prendendolo per la caviglia e lanciandolo in direzione di una delle montagne. Ma Vegeta si stupì oltremodo quando vide il moccioso arrestare la sua rapida caduta, roteando su sé stesso ed appoggiando i piedi contro la roccia, dandosi la rincorsa per tornare ad attaccare. 

Se c’era una cosa in cui il figlio di Kaharoth eccelleva, questa era proprio la velocità: certo, anche lui era veloce, ma Gohan possedeva una rapidità fuori dal comune, ed il principe dei saiyan era convinto che, con un bel po’ di allenamento, quell’insulso mezzosangue avrebbe potuto superare il livello sia suo che di suo padre. Ma questo l’aveva sempre ipotizzato, Vegeta: aveva sempre pensato che, in qualche modo, i saiyan mezzosangue avessero molte più abilità rispetto ai purosangue, e forse era proprio il fatto che non possedessero soltanto sangue saiyan a renderli così particolari.

Combatterono assiduamente e senza pause per un paio d’ore, fino a quando i segni della stanchezza non cominciarono a farsi vivi prima nel bambino e poi nel principe, costringendoli a mettere la parola fine a quel breve ma interessante allenamento, e fu Vegeta a decretarla, colpendo l’avversario proprio dietro al collo, in un punto che sapeva lo avrebbe arrestato dal fare qualsiasi altra cosa, mettendolo al tappeto.

 

«Ahiahiahi...» si lamentò il piccolo Gohan, mettendosi a sedere e massaggiandosi la parte lesa «Niente da fare, sei sempre più bravo...»

«Questo è ovvio, moccioso.» fu la risposta del principe «Ma anche tu non te la cavi male, devi solo rinforzarti. A velocità sei nettamente superiore sia a me che a tuo padre.»

Il bambino strabuzzò gli occhi a quelle parole: davvero Vegeta, l’orgoglioso principe dei saiyan, gli aveva appena fatto un complimento? Non credeva di averlo mai sentito esternare certe cose da quando l’aveva conosciuto, ed il fatto che quella frase fosse uscita proprio dalla sua bocca lo fece sentire onorato, perché sapeva che lui non avrebbe mai potuto dire qualcosa che non pensava soltanto per farlo contento; a Vegeta non interessava mentire per far felici gli altri, e diceva sempre quello che pensava. 

Si voltò nella sua direzione, osservando il suo viso illuminato dalla luna: sotto certi aspetti, era come vedere sé stesso, solo un po’ più grande e con uno sguardo un po’ più duro; Vegeta non gli era mai sembrato cattivo, non del tutto; gli era sembrato crudele, sadico, alle volte persino un po’ masochista, ma cattivo mai... i suoi occhi neri, esattamente come i suoi e quelli di suo padre, non erano gli occhi di una persona cattiva: quello sguardo severo, che si era incatenato al suo soltanto per qualche secondo, era lo sguardo di una persona molto triste.

«Cos’hai tanto da guardare, moccioso?» lo rimbeccò il saiyan più grande, incrociando le braccia al petto e voltando la testa in direzione della grande luna piena che sovrastava la vallata: non si sarebbe mai aspettato, fino a poco tempo prima, di ritrovarsi lì, insieme a un insulso mezzosangue, a guardare la luna in un silenzio quasi rilassante, quasi rassicurante.

«Sai...» incalzò Gohan, incupendosi improvvisamente «Prima di partire per Namecc, mi sono allenato tanto anche con la mia mamma.»

Il principe inarcò un sopracciglio: sua madre? Davvero la terrestre moglie di Kaharoth sapeva combattere? E si era allenata insieme ad un mezzo saiyan, per giunta?

Forse avrebbe dovuto rivalutare sul serio alcuni abitanti di quel pianeta.

«Non ti offendere, Vegeta, ma tu sotto certi aspetti me la ricordi!» continuò il moccioso, facendogli rimporre la saliva e costringendolo a tossire: quel ragazzino l’aveva davvero appena paragonato a sua madre? Alla moglie di Kaharoth? Alla donna con la quale Kaharoth aveva concepito un figlio? Alla femmina con la quale Kaharoth aveva... aveva... 

«Cosa... cosa diavolo hai appena detto?» sibilò, cercando di suonare minaccioso, ma dalla sua bocca uscì un tono più spaventato e sconvolto che cattivo e severo.

A quelle parole, il bambino dovette trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata: in fondo il principe dei saiyan era veramente buffo! Da una parte invidiava Bulma: averlo costantemente in casa doveva essere un’esperienza più unica che rara.

«Non ti arrabbiare!» esclamò, portando le mani avanti «Intendevo soltanto che anche lei si divertiva tantissimo a sbeffeggiare l’avversario! Era fortissima, sai? Per non essere una guerriera.»

Vegeta abbassò lo sguardo, rabbuiandosi: già, avrebbe dovuto immaginare che anche il corredo genetico materno di quel ragazzino non fosse poi totalmente comune... in fondo era veramente forte, questo c’era da riconoscerglielo; decisamente più forte di quanto non lo fosse lui alla sua età.

Che poi, quanti diavolo di anni aveva, Gohan? Sei, sette massimo? Era un portento, per un mocciosetto così piccolo.

«Vegeta...» lo chiamò nuovamente il bimbo.

«Mh?»

«Tu...» Gohan prese a tormentarsi le mani, indeciso se fare quella domanda al principe oppure no: in fondo, stava seriamente rischiando che il ragazzo di fronte a sé gli staccasse realmente la testa dal collo «Tu hai conosciuto tua madre?»

Il principe si irrigidì: il motivo per il quale quell’insulso mezzosangue figlio di un incapace terza classe gli avesse appena posto quel quesito gli era totalmente sconosciuto; ma conosciuta invece era la sua improvvisa voglia di alzarsi dalla roccia sulla quale si era poggiato, prendere quel moccioso e staccargli prima le gambe, poi le braccia, ed infine decapitarlo con tutta la dolcezza del mondo godendosi ogni lamento ed ogni fremito del suo debole corpicino.

Come aveva potuto fargli una domanda simile? Come aveva potuto pensare di immischiarsi in quel modo nei suoi affari?

Piuttosto adirato, Vegeta si voltò di scatto in direzione del saiyan più piccolo, bloccandosi di colpo: lo stava guardando. Lo stava guardando con due occhi che non poté non riconoscere come suoi: gli occhi di un bambino che stava affrontando con le unghie e con i denti la perdita della donna più importante della sua vita, gli occhi di un piccolo guerriero che stava tentando con tutte le proprie forze di sopravvivere ad una tale sofferenza, di diventare forte e rendere orgoglioso chiunque gli fosse rimasto accanto. E nel momento in cui riconobbe sé stesso in quelle grandi iridi scure, il principe dei saiyan non ebbe nemmeno il coraggio di rimproverarlo, non ebbe il coraggio di fare niente... niente, se non abbassare leggermente la testa, sbuffando sonoramente. 

«Sì...» mormorò quasi impercettibilmente «Sì, l’ho conosciuta.»

Il piccolo Gohan si stupì oltremodo: non poteva credere che Vegeta gli avesse appena risposto ad una domanda così personale senza nemmeno colpirlo con un Galic Gun... allora forse la scorza di quel principe non era poi così dura come si divertiva a mostrare «E... e com’era? Era bella?» decise di insistere a quel punto, mosso dalla curiosità tipica dell’infanzia.

«Sì, era bella.» fu la risposta del più grande «Era la donna più bella di tutto il pianeta.»

«Ooooh...» il bimbo gli si avvicinò un minimo «E tu le somigli?»

«Non ne ho idea.»

«A me hanno sempre detto che somiglio un sacco alla mamma... soprattutto il naso!» 

In fondo in fondo, Vegeta si sentì orgoglioso di quel piccolo saiyan: stava affrontando la perdita di sua madre a testa alta, senza piangersi troppo addosso e continuando ad allenarsi per portare alto l’onore della sua razza. Che poi lo facesse per sfogo o per puro divertimento non gli interessava affatto; l’importante era che lo facesse, rendendo in questo modo il principe fiero di avere almeno mezzo suddito che adempiva alla perfezione ai suoi doveri.

Sospirando, si alzò in piedi, decidendo di troncare quella bizzarra conversazione, aveva già ciarlato troppo ed inutilmente, per i suoi gusti «È tardi. Ti conviene rientrare.»

Il piccolo sembrò leggermente deluso «Già, forse hai ragione... allora ci vediamo, Vegeta. E grazie per avermi concesso un po’ del tuo tempo, l’ho veramente apprezzato.»

«Tsk.» rispose freddamente il principe, prima di spiccare il volo senza voltarsi più indietro. 

Gli era successo di nuovo. Si era lasciato abbindolare da un paio di occhi scuri e vivaci, e questa volta, non erano neanche gli occhi di Kaharoth... si stava proprio rammollendo. 

 

*

 

Aveva deciso di aspettarlo alzata, anche a costo di far le quattro del mattino. 

Non si era arresa, Bulma, neanche dopo che il principe dei saiyan le aveva candidamente detto in faccia che, volendo, se ne sarebbe potuto andare da casa sua anche subito; ed il fatto era che le rodeva, le rodeva dannatamente che quello scriteriato potesse anche solo contemplare l’idea di abbandonarla lì su due piedi. Non si rendeva neanche conto di quanto ammorbante ed invadente potesse risultare il suo comportamento, lei lo voleva fare e basta: voleva conoscere Vegeta, voleva che si fidasse di lei, voleva fargli capire che tipo di sentimenti avesse sviluppato nei suoi confronti. 

Questo voleva, la turchina, e non si sarebbe arresa fino a quando non l’avrebbe ottenuto. 

Così, dopo averlo visto volare via, si era appostata sul balcone di quella che era diventata la sua camera, seduta sulla sdraio mai utilizzata e con un pacco di sigarette in tasca. Ormai era dal suo ritorno da Namecc che aveva iniziato a fumare, un po’ perché il fatto di vedere sempre suo padre con la sigaretta in bocca aveva fatto venire il vizio anche a lei, e un po’ anche perché la rottura con Yamcha e l’inaspettato ingresso di Vegeta nei suoi pensieri l’avevano stressata non poco.

A volte si chiedeva che fine avesse fatto quel pappamolle del suo ex-che poi, tanto di pappamolle non si trattava, dato che era stato lui a piantarla su due piedi-: che se ne fosse tornato nel deserto insieme a Puar? Sarebbe stato il colmo, dopo aver passato anni ed anni nel lusso più sfrenato della città dell’Ovest. 

 

Aveva volato a velocità limitata, giusto per prendersi il tempo di pensare un po’ durante il tragitto: d’altronde non aveva alcuna fretta, ed aveva come la strana sensazione che una volta tornato in quella maledetta casa sarebbe successo qualcosa che lo avrebbe fatto molto adirare. Non che di solito non si adirasse: alla Capsule Corporation erano tutti degli impiccioni patentati, e se già la presenza di Bulma non bastasse, ci si metteva anche quella sciocca di sua madre, che però per lo meno, in cambio della sua sopportazione, gli offriva dei pasti completi niente male; l’unica persona degna di nota in quella gabbia di matti era il dottor Brief, che si era dimostrato fin dall’inizio uno svitato, ma uno svitato parecchio intelligente e che non perdeva tempo a farsi gli affari degli altri. Anzi, gli aveva spiegato moltissime cose interessanti sulla Terra e sui terrestri, ed era solo grazie a lui che il principe dei saiyan aveva potuto ambientarsi così bene... probabilmente, in caso contrario, avrebbe continuato ad uccidere il primo animale che passava per la strada per mangiarselo, esattamente come aveva sempre fatto durante le sue spedizioni per procurarsi del cibo. 

Era anche vero però che forse si stesse un po’ troppo abituando a quella vita fatta per la maggior parte di ozio e tranquillità, e dannazione, la cosa che lo faceva imbestialire era il fatto che quella vita non gli dispiacesse affatto: nessun pianeta da conquistare, nessuno spargimento di sangue, nessuna fatica, nessun tiranno che gli diceva cosa doveva e non doveva fare, e soprattutto nessun sottoposto inutile che avrebbe voluto tanto assassinare senza poterlo in realtà fare-a parte Kaharoth, ma lui era un’altra storia. Insomma, una vita fatta soltanto di piccole faide domestiche, tempo per allenarsi duramente e mocciosi che gli facevano domande personali-ed alle quali aveva addirittura iniziato a rispondere, era veramente un idiota. Ed il principe dei saiyan si convinceva ogni giorno di più che, probabilmente, se qualcuno l’indomani gli avesse ordinato di andare a conquistare un pianeta, si sarebbe messo a pensarci due volte, ed avrebbe esitato... e questo lo spaventava da morire, perché mai, mai nella sua vita Vegeta aveva mai pensato di poter esitare davanti alla distruzione di un pianetucolo qualsiasi, mai aveva pensato che avrebbe potuto cominciare a pentirsi di tutto quel sangue versato, di tutte quelle vittime mietute per mera soddisfazione personale-o, per la maggior parte, di Freezer-, mai si sarebbe pensato, Vegeta, che avrebbe potuto iniziare a vivere una realtà così diversa da quella a cui era sempre stato abituato e nella quale era cresciuto. 

Eppure eccolo lì, con davanti agli occhi quella che sembrava a tutti gli effetti una seconda possibilità regalatagli dal destino, ma con zero coraggio per poterla afferrare ed accettare; sentiva che gli mancava qualcosa, il giovane principe, quel qualcosa che lo avrebbe spinto definitivamente verso un’altra strada, quel qualcosa che l’avrebbe convinto ad accettare quella seconda possibilità servitagli su un piatto d’argento. 

Scosse la testa, Vegeta, mentre scorgeva in lontananza il profilo della buffa abitazione semicircolare, con le luci completamente spente, illuminata soltanto dal bagliore dei lampioni e della luna, che bellissima ed imponente, sovrastava la tranquillità della notte terrestre. Ora come ora doveva soltanto concentrarsi per diventare super saiyan, e soltanto poi avrebbe potuto pensare a cosa fare della sua vita. 

E fu solo quando si decise finalmente a volare in maniera più decisa verso il balcone della propria stanza da letto che bloccò repentinamente la sua avanzata: ritrovandosi di fronte, proprio a pochissimi metri di distanza da lui, seduta sulla sdraio, proprio l’ultima persona che avrebbe avuto voglia di vedere in quel momento.

Bulma se ne stava lì, ad osservarlo con fare impettito, mentre lui scendeva lentamente, atterrandole di fronte ed inarcando un sopracciglio infastidito: che diavolo ci faceva sul balcone di camera sua, quell’insulsa terrestre? Che avesse davvero così tanta voglia di morire giovane? 

 

«Finalmente sei tornato!» esclamò lei, alzandosi e puntando entrambe le mani sui fianchi «Allora, adesso vuoi spiegarmi dove caspita vai tutti i giorni?!»

Ancora con quelle stupide domande? Ma cosa diavolo fregava a quella sciocca donna che cosa facesse o dove andasse? Lei non c’entrava niente con le sue azioni, e di certo il principe non doveva renderle conto di nulla.

«Esci dalla mia stanza.» si limitò ad ordinare, con voce piatta, tentando in tutti i modi di non alzare le mani su una stupida donna indifesa.

«Sennò che mi fai? Fai saltare in aria me e questo stupidissimo pianeta?!» lo canzonò lei «Ma fammi il piacere! Non faresti del male a una mosca, non ti conviene affatto farlo!»

Lui non rispose. Al contrario, si limitò ad ignorarla, dirigendosi all’interno della propria camera e buttandosi a letto, accendendo il televisore: prima o poi si sarebbe stancata di stare lì ad aspettare risposte che non sarebbero mai arrivate, e allora finalmente lui avrebbe potuto dormire in pace.

«Smettila di ignorarmi!» lo rimbeccò la turchina «Sei impossibile!»

«A quanto pare, oltre a insultarmi, non hai niente da dirmi.» fu la pacata risposta del principe «Quindi per quale motivo dovrei starti a sentire?»

 

Bulma, a quelle parole, distolse lo sguardo in un accenno di insicurezza: era vero, non aveva nulla da dirgli, oltre a chiedergli dove fosse stato e-soprattutto-con chi, ma era anche vero che non fossero affatto affari suoi, ed era oltremodo sorpresa della maturità dimostrata da Vegeta nel parlarle in quel modo tanto tranquillo.

Ma non poteva farci niente: ogni volta che si trattava del burbero principe dei saiyan, la turchina perdeva completamente la testa, ed il fatto era che perdeva la suddetta testa per un ragazzo persino più giovane di lei, il che non era mai stato di sua abitudine. Le erano sempre piaciuti gli uomini più grandi, in fondo, e nonostante non avessero tutta quella gran differenza d’età-anzi, a dire il vero era pochissima-, l’azzurra si sentiva comunque un po’ in imbarazzo: anche se avesse avuto una possibilità, sarebbe stata comunque lei ad invecchiare per prima, e questo incideva altamente sulla sua priorità di apparire perfetta ai suoi meravigliosi occhi scuri. 

Ma, nonostante questi pensieri, la giovane scienziata non demorse e anzi, prese ad avvicinarsi con passi felpati al letto del bel principe, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso malizioso.

 

Vegeta, dal canto suo, cercò per tutto il tempo di tenere lo sguardo puntato sul programma che stavano dando in tv, in cui alcuni sciocchi terrestri si divertivano a cantare di fronte a centinaia di persone e quattro giudici, alcuni facendo anche delle morbose figuracce: era convinto che, ignorandola, quella scocciatrice avrebbe infine deciso di andarsene e lasciarlo da solo.

Ma così non fu, ed anzi, quella maledetta donna continuava imperterrita a farsi sempre più vicina, costringendolo addirittura ad indietreggiare, finché non si ritrovò bloccato allo schienale del letto, con due opzioni da valutare: avrebbe potuto starsene fermo e continuare ad ignorarla, oppure freddarla lì, con un attacco energetico che avrebbe per sempre messo a tacere le proprie sofferenze e l’insolenza della donna di fronte a sé.

E non seppe come, il principe, ma se la ritrovò davanti in men che non si dica, a pochissimi centimetri dal proprio viso, mentre lo guardava con occhi languidi. Occhi che però, non vennero affatto ricambiati.

Si gelò sul posto, Vegeta: che diamine voleva quella scriteriata da lui? Che volesse metterlo in imbarazzo? Beh, se così fosse, ci stava riuscendo alla grande.

Ma, con grande stupore ed adirazione da parte del giovane principe, la scienziata, senza neanche interpellarlo, senza neanche chiedergli se quel gesto gli avrebbe fatto piacere o meno, portò le proprie carnose labbra su quelle sottili e serrate di lui, che diventò dapprima rosso per l’imbarazzo, e poi viola di rabbia.

Ma come diavolo si era permessa? Come diavolo si stava permettendo di violare non solo i suoi spazi e la sua privacy, ma anche le sue regali labbra? Che diavolo si era messa in testa?!

La vena sulla fronte di Vegeta, che non ebbe neanche minimamente l’impulso di ricambiare quel gesto sconsiderato, iniziò a pulsare pericolosamente, mentre la sua aura si incrementava ogni secondo sempre di più, costringendo la povera Bulma ad allontanarsi repentinamente prima di venir letteralmente ustionata dalla stessa; la terra sotto i loro piedi iniziò a tremare ed i denti del principe, sempre più stretti tra loro, presero a stridere, dando vita ad un ringhio di rabbia che mai, mai la turchina l’aveva sentito fare. O meglio sì, ma non con così tanta rabbia, e di certo non contro di lei: Bulma si portò entrambe le mani alla bocca, chiedendosi che cos’avesse appena fatto, vergognandosene subito dopo, e venendo letteralmente scaraventata a terra dalla forza dell’aura del principe che, ruggendo, si era alzato dal letto, iniziando ad avanzare pericolosamente verso di lei, spaventandola esattamente come l’aveva spaventata la primissima volta che si erano incontrati, appena due mesi prima, sul pianeta Namecc. 

 

«V-Vegeta...» provò a mormorare lei, strisciando sul pavimento, tentando in tutti i modi di allontanarsi il più possibile da lui.

«Che cos’hai appena fatto?» sibilò il principe «CHE COSA TI SEI APPENA PERMESSA DI FARE, DANNATA TERRESTRE?!»

Era arrabbiato, deluso. Si sentiva violato, si sentiva tremendamente mancato di rispetto: non aveva mai avuto un contatto del genere in tutta la sua vita, non ci aveva mai neanche pensato, perché la sola contemplazione di una cosa del genere lo faceva rabbrividire dal disgusto. Un bacio. Quella stupidissima donna gli aveva appena dato un bacio, e lui non aveva neanche potuto avere voce in capitolo: certo, se al posto suo ci fossero stati Nappa o Radish sarebbero stati decisamente felici di ricevere un’attenzione del genere da parte di una donna, ma lui no, non Vegeta, non il principe dei saiyan... e non perché in quel momento provasse disgusto per un gesto del genere, ma perché diamine, lui non lo voleva, quel bacio! Non lo voleva e probabilmente non l’avrebbe voluto mai; si era permessa di spingersi a tanto, di sfidare fino a quel punto la sua già precaria pazienza, ed il ragazzo stava cercando in tutti i modi di trattenersi dal far esplodere lei, quella sua insulsa casa e quel maledetto pianeta. 

Strinse i pugni, Vegeta, mentre sentiva la rabbia montare in sé sempre di più, fino al punto di non poterla più contenere e, correndo fuori in balcone, decise di spiccare il volo, scappando per sempre da quella buffa abitazione con tutta l’intenzione di non metterci mai più piede, e poco importava se tutte le sue cose fossero ancora lì, non aveva la minima intenzione di trattenersi un minuto di più.

Volò, volò lontano, Vegeta, fino a quando non raggiunse un enorme ghiacciaio deserto, le cui uniche abitanti erano le enormi montagne di ghiaccio che, imponenti, aspettavano soltanto che arrivasse qualcuno a distruggerle.

E quel qualcuno arrivò... oh, eccome se arrivò: il principe dei saiyan, preso dalla più totale frustrazione, cacciò un potente urlo prima di fiondarsi contro una di quelle gelide pareti, colpendola con un pugno talmente forte da disintegrarla totalmente e poi, atterrando proprio al centro di quella landa desolata, prese a lanciare colpi dell’aura a raffica, distruggendo qualunque cosa gli si trovasse intorno, fregandosene altamente se qualcuno avesse potuto sentire la sua aura farsi sempre più prorompente, fregandosene altamente se, di lì a poco, qualcuno di quegli scocciatori sarebbe accorso, credendo che quell’energia tanto infuriata appartenesse ad un nuovo potente nemico da sconfiggere. 

 

Ma non arrivò nessuno di loro perché Goku, dopo aver percepito forte e chiaro l’aura del suo rivale farsi sempre più ingombrante nei propri pensieri, aveva immediatamente pensato al peggio e, preoccupandosi che qualcuno avesse potuto attaccare la Terra mentre lui si trovava a sorseggiare tranquillamente del Campari sull’isola del Genio, si era teletrasportato immediatamente nel punto in cui si trovava il principe dei saiyan, trovandolo in condizioni pietose, mentre combatteva contro un nemico invisibile, quasi sull’orlo di picchiarsi da solo.

Perché lo vide non frenarsi neanche alla sua presenza alle sue spalle-probabilmente non l’aveva neanche notata-, buttandosi di testa contro ogni iceberg che incontrava, facendosi del male e urlando come un ossesso.

Che cosa gli fosse appena capitato, Goku proprio non lo sapeva, ma era certo del fatto che avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa per fermarlo immediatamente.

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Angolo autrice:

buonasera a tutti, amici ^^ eccomi tornata con questo nuovo capitolo pieno zeppo di avvenimenti: Bulma comincia a farsi sempre più pressante fino a che, colta da chissà quale istinto suicida, decide di BACIARE il principe dei saiyan O.o la nostra Bulmona l'è completamente impazzita, a quanto pare: kosa ciera in quei fagioli di balzar???

Nel frattempo, però, il nostro principone si allena per la prima volta con Gohan, e i due si scambiano anche delle confidenze *^* MA NON SONO CARINISSIMI? Potrebbero benissimo essere zio e nipote, non trovate? Peccato che lo zietto tra poco si f-AEHM FORSE MEGLIO NON SPOILERARE PRIMA DEL TEMPO.
Goku nel frattempo se ne va a cena con Giuma e Muten, completamente ignaro di tutto ciò che sta succedendo,
ma proprio TUTTO eh, perché non sapeva neanche che il principe si fosse allenato col suo stesso figlio! xD Gohan se l'è tenuto ben nascosto, questo piccolo segreto...
Ma ora che succederà? Che farà Goku per aiutare Vegeta? E quale sarà la sua reazione una volta scoperta la verità? Mi sa che Bulma si è appena cacciata nei guai...

-hilaris

   
 
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