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Autore: katyastark    17/05/2020    3 recensioni
Quando Katsuki lo rivide mentre -come suo solito- era di ronda per le strade della città, rimase un po' di stucco. Non perché Deku avesse un aspetto diverso – ma lo aveva, poco ma sicuro. Neanche perché ora vestiva meglio, o perché sembrasse in salute, in forma e felice. Non era nemmeno dovuto a quella punta di terrore che vide nei suoi occhi quando incrociarono gli sguardi, sebbene la ritenesse ugualmente fuori luogo – anche quando Katsuki era stato meschino, violento e assolutamente spietato con lui, Deku non lo aveva mai guardato in quel modo. No, non era proprio niente di tutto quello. Era per quel bambino avvinghiato al suo fianco, un piccoletto con ginocchia scorticate e il volto coperto di lentiggini, dai ricci capelli biondi e penetranti occhi verdi.
[ KatsuDeku ]
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 11 – Catharsis


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Katsuki si svegliò sentendosi prosciugato di ogni energia. Gli sembrò quasi di avere una sbornia -disidratato, esausto e rinsecchito com'era. Gli faceva male la gola da quanto aveva urlato al telefono, e subito si sentì insolitamente a disagio per il modo in cui si era comportato. Deku... non meritava di essere trattato così. Gli ci sarebbe voluto un bel po' di tempo prima di trovare qualcuno che si meritasse effettivamente tutto quello che aveva detto nel suo scatto d'ira. Cercò a tentoni, tra i suoi immaginari frammenti di dignità, il cellulare e lo trovò quasi completamente scarico, con più chiamate perse e messaggi di qualsiasi altra occasione. Scrollò via le chiamate perse e i messaggi in segreteria, scorrendo tra le notifiche degli sms.


Ashido: mi dispiace.


Ashido: avrei dovuto essere più delicata nel trattare la situazione. Non mi rimangio quello che ho detto ma Kiri e io ci fidiamo del tuo giudizio. Sono sicura che Hisami sia un bravo bimbo e che tu sia una padre fantastico.


Ashido: per favore richiama uno di noi due. Non vogliamo lasciare la questione indiscussa per altri quattro mesi. Ti vogliamo bene e vorremo bene a chiunque abbia metà del tuo DNA Baku


Kirishima: ti sosteniamo bro. Puoi parlare con noi. Vogliamo che tu sia felice. Ci farebbe davvero piacere incontrare Hisami. Anche Deku...


A seguire molti altri messaggi -venti come minimo che dicevano essenzialmente la stessa cosa- ma Katsuki non volle pensarci troppo in quel momento. Avrebbe lasciato la questione in sospeso . C'era un messaggio da parte di Deku che si sbrigò ad aprire, pesantemente oppresso da quel senso di colpa di prima.


Deku: oggi porto Hisami a uno zoo con recinti1, se ti va di venire. Puoi dire di no... non gli ho detto che potresti esserci, perciò non si aspetta nulla. Spero che tu stia bene.


Cazzo,” mormorò, passandosi una mano giù per il volto. Il messaggio era di una mezz'ora prima. Rifletté a malapena sul decidere se volesse andare o meno. Aveva un debole per Hisami -e pensava che l'accoppiata Hisami più cuccioli di animali fosse una combinazione fantastica- ma la domanda era: sarebbe dovuto andare sì o no, dopo i fatti della notte scorsa?


Katsuki: mi dispiace per ieri notte. Sei sicuro che vada bene se vengo anch'io?


Chiedere scusa per messaggio era più semplice che farlo a voce, ma avrebbero comunque dovuto parlare prima o poi. La risposta arrivò molto più in fretta di quanto si fosse aspettato.


Deku: ma certo. Vuoi incontrarci lì o andare insieme?


Katsuki: vi incontrerò lì. Grazie Deku.


L'altro gli rispose inviandogli soltanto l'indirizzo della fiera e l'ora in cui pensavano di arrivare. Katsuki si sentì sporco e a disagio mentre si preparava per la giornata -c'erano ancora troppe cose irrisolte, troppo opprimenti.





Mr. Kacchan!” strillò Hisami, riconoscendolo immediatamente, anche con il cappello da baseball e gli occhiali scuri che stava indossando per nascondersi dai fan fastidiosi. Farsi vedere in pubblico con Hisami lo rendeva nervoso – teso, al pensare che il valoroso Ground Zero potesse essere visto con un bambino indifeso, una sfruttabile debolezza. Quella era la prima volta che andavano fuori insieme, e Katsuki immaginò quasi che fosse una sorta di assurdo premio di consolazione a cui Deku aveva pensato per farlo stare meglio. Non si sarebbe dovuto prodigare per consolarlo, proprio per niente, dopo tutto quello che gli aveva vomitato contro, ma lo fece sentire comunque meglio.


Hisami gli saltò addosso e Katsuki lo tirò su automaticamente. Fare quello -tenere in braccio Hisami- stava diventando il suo passatempo preferito in tutto l'universo. Sentì la tensione che non sapeva nemmeno di star soffrendo sciogliersi del tutto in lui.


Hey, Bubba. Ti stai divertendo?”


Il viso coperto di lentiggini si rabbuiò e Katsuki si innervosì immediatamente, domandandosi cosa avesse fatto per rattristarlo così.


Ho dato da mangiare ad una capretta. Si è seduta su di me, mi ha leccato la mano e la adoro,” gemette, prima di scoppiare in un pianto senza freni. Katsuki cercò di non ridere di fronte al figlio dal cuore tenero e propenso alle lacrime, davvero, ma non riuscì ad evitarlo. Hisami non gli aveva mai ricordato così tanto Deku come in quel momento. Lo strinse più forte, premendo il volto contro i suoi ricci.


Non piangere, Bubba. Dovresti essere felice.”


Mi sto divertendo! Papà dice che piangere è normale,” rispose, imbarazzato e sulla difensiva, stringendo le manine in due pugni che avrebbero dovuto dargli un'aria minacciosa.


E' una cosa che direbbe, sì,” disse, ruotando gli occhi al cielo bonariamente. Hisami non gli fece caso e mise su un broncio.


Mettimi giù così posso accarezzare il coniglietto,” chiese, singhiozzando ancora un po', fissando un coniglio grigio. Katsuki ubbidì, ridacchiando, e Hisami trotterellò via scoordinatamente verso il coniglio più vicino.


Katsuki andò verso Deku, che sorrideva teneramente a suo figlio, con il telefono sollevato, pronto a scattare una foto.


Hey, Kacchan. Sono contento che tu ce l'abbia fatta,” gli disse quando il biondo gli fu accanto. Prima che potesse perdere il coraggio, chiese scusa.


Mi dispiace per ieri sera,” confessò, fissando una capra lì vicino, sicuro che sarebbe stato più facile guardare quegli occhi strani piuttosto che quelli di Deku.


Non dobbiamo discuterne,” gli disse con calma Deku, a voce bassa.


Sì, dobbiamo. Non voglio più essere quel tipo di persona. Ero incazzato con i miei amici e-”


Ed è più facile urlare in faccia a me che a loro. Meno danni collaterali. Lo capisco,” disse, con un'espressione estremamente apatica. Cercò di cambiare discorso. “Hai provato a parlare con loro oggi?”


Katsuki sospirò, seccato perché Deku era lo stronzo più misericordioso del pianeta. Meno danni collaterali aveva detto, e a Katsuki diede davvero fastidio che per Deku andasse perfettamente bene pensare che a lui non importasse dell'effetto che le sue parole potessero avere sull'altro.


Ci sono un casino di danni collaterali, Deku. Siamo entrambi nella stessa barca, e non ti dovrei trattare così, non importa quanto io sia incazzato. Accetta queste maledette scuse.”


Ti ho già detto che va bene così. Scuse accettate, come sempre. Sono più preoccupato per te e i tuoi amici,” gli rispose con freddezza, scattando foto a Hisami che correva dietro a dei pulcini, sorridendo placidamente. Katsuki scosse la testa incredulo. Come faceva ad essere così imperturbabile?


Come fai?”


A fare cosa?” Deku non lo stava nemmeno guardando. Scorreva le immagini del telefono, impassibile. Freddo come un dannatissimo baccalà.


A comportarti come se andasse tutto bene.”


Deku sbirciò nella sua direzione, con un sorriso un po' meno triste.


Ti arrabbierai,” gli disse, increspando le labbra un goccio di più, e il sorriso gli arrivò agli occhi, illuminandoli in quella grigia e fredda giornata.


Pensavo che la cosa non importasse?”


Sei libero di provare qualunque cosa tu voglia. Preferirei davvero non dover litigare di fronte a Hisami, però.”


Non lo farei mai. Dimmelo e basta.”


Deku rimase in silenzio per un po', rimuginando con ogni probabilità sulle parole da usare. Si lasciò sfuggire una risata leggera -somigliante più a un colpetto di tosse, in verità- prima di parlare.


Beh, tu e Hisami siete incredibilmente simili. E' difficile assistere a delle scenate, ma se mi altero anche io per le stesse cose, tutto si complica. E' sufficiente lasciarle fare il loro corso e aspettare che finiscano, così dopo è tutto sistemato. Nessun danno, nessun affanno.”


Una scenata,” ripeté inespressivo Katsuki, seccato che l'altro non avesse torto. Ridacchiò sotto i baffi.


Sei un bravo padre, Deku.”


Lo sei anche tu,” gli rispose genuinamente con un gran sorriso.


Per lui sono solo un babysitter,” ammise l'eroe amaramente.


Non per me. Non per lui. Sei un padre, e ho il vago sospetto che tu ami essere un padre.”


E' così,” ammise, sapendo comunque che lo era soltanto per poche ore, per alcuni giorni della settimana. Odiava ammetterlo, ma non era così sicuro sicuro di poterlo fare -facendolo poi alla grande- a tempo pieno. Il pensiero lo terrorizzava, ma ciò non significava che non avrebbe voluto provare. Si sarebbe fatto massacrare più e più volte per Hisami.


Vai a fare il papà, allora. Io resterò qui per un po',” lo incitò Deku con una leggera gomitata, facendogli segno con la testa verso il punto in cui stava Hisami. Il bambino era riuscito a trovare l'unica pozza di fango fra tutti i recinti dello zoo ed era ad un passo dal saltarci dentro.


Hisami, no.”


Un nodo di sensi di colpa gli serrava ancora le viscere -Deku era troppo gentile, troppo disposto a dargli il beneficio del dubbio, ma erano riusciti a fare tutti i progressi possibili in quel lasso di tempo, perciò andò dietro ad Hisami, sentendosi sempre meglio per ogni passo in più che lo avvicinava al bimbo.





Tornarono all'appartamento con Hisami mezzo addormentato sin da quando era iniziato il tragitto inverso. Deku lasciò che Katsuki se lo caricasse fin su per tutte le scale, il faccino assonnato nascosto contro il suo collo. Tuttavia, quando cercò di metterlo giù perché dormisse nel proprio letto, fece i capricci. Finì per addormentarsi, sdraiato tra i due sul divano. Deku mise su il canale delle news sugli eroi, il volume quasi allo zero, solo per dare ad entrambi qualcosa su cui concentrarsi. Katsuki si domandò se anche Deku, nel silenzio attorno a loro, si sentisse soffocare come lui. L'unica cosa che lo bloccava dal saltare in piedi e correre via era la figura dormiente di suo figlio, e il profondo impulso di non doverlo disturbare.


Perché ti assomiglia così tanto?” si domandò Katsuki ad alta voce, studiando il piccolo. Era una domanda stupida, davvero. Perché qualcuno finisce con l'assomigliare a qualcun altro? Gli vennero in mente Mendel, i geni recessivi e il quadrato di Punnet.


C'è anche così tanto di te in lui,” Deku parlò dolcemente, accarezzando dei ricci biondo chiaro. “Ha il tuo-”


Il mio naso. Lo so,” disse, interrompendo Deku. Pensò di aver riconosciuto tutte le tracce dei geni della famiglia Bakugou in Hisami il giorno che lo aveva visto per la prima volta -il naso aquilino, piegato appena all'insù, gli occhi dal taglio affilato sormontati da sopracciglia sottili, l'esatta sfumatura di biondo che caratterizzava sia lui che sua madre. Forse era per questo che era rimasto così sconvolto quando lo aveva visto. Forse lo aveva saputo ancora prima di saperlo.


Era ancora incazzato con Deku per tutto, per avergli tenuto segreto suo figlio per tre anni, per avergli negato le sue prime parole, i suoi passi incerti, le sue candeline di compleanno. Non sapeva se sarebbe mai stato in grado di perdonare quell'ingiustizia, ma era dura non amare Hisami. Era difficile non sentirsi inspiegabilmente connesso a Deku grazie a lui, quando erano tutti e due seduti nel silenzio di un appartamento, con loro figlio che sonnecchiava nel mezzo, la testa appoggiata sul ventre di Deku e i piedini nudi nascosti sotto la coscia di Katsuki.


Katsuki voleva più di qualche ora alla settimana. Voleva più di qualche clandestina, supervisionata sessione di giochi nell'appartamento dell'altro. Voleva più che sentire suo figlio chiamarlo Mr. Kacchan e che sapesse che entrambi i suoi genitori lo amavano. Voleva che il suo amore per quel piccolo esserino, per quella creatura perfetta -creata con parti sue e di Deku- potesse manifestarsi liberamente, a prescindere dalla distanza e svincolato dalle attente regole che avevano imposto.


Katsuki si spinse ad appoggiare delicatamente il palmo sulla schiena di suo figlio, disegnando con gentilezza dei cerchi lungo le piccole protuberanze della colonna. Hisami si mosse al suo tocco, stiracchiandosi un po'.


Papà,” mormorò con voce impastata dal sonno, prima di ricadere nel mondo dei sogni. Fu una cosa banale, una semplice parola mormorata e probabilmente intesa per Deku in ogni caso, ma ebbe un effetto su Katsuki. Gli si strinse il cuore e gli occhi gli bruciarono, mentre le sue certezze e le sue insicurezze si mescolavano nella testa.


Deku,” disse, con una voce insolitamente tremula. Si sentì il corpo andare in fiamme e percorso dai fremiti, ma non trovò la forza di sentirsene imbarazzato. “Voglio di più.”

“Kacchan,” sussurrò l'altro, piano e con titubanza, come se si stesse preparando ad un litigio. Katsuki non gliene avrebbe dato la possibilità.


Voglio che Hisami abbia tutto. Due genitori e una stanza nel mio appartamento e tutte le maledette action figures di Frostfire che posso permettermi con il mio stipendio schifosamente alto, anche se mi uccide il doverle comprare. Voglio anche che sappia che io sono il suo papà. Voglio l'affidamento congiunto, e-” si fermò, conscio di stare per lanciare una sfida. “Sono disposto a lottare con te per averlo.”


Deku si irrigidì, e qualunque sorta di legame soporifero fosse stato sul punto di crearsi tra loro svanì in un istante. La mano che stava accarezzando i capelli di Hisami si strinse impercettibilmente, per poi rilassarsi nuovamente.


Non deve per forza andare così, Kacchan. Non tutto deve diventare una lotta,” disse, sulla difensiva e guardingo. Diceva così, ma il suo tono di voce profondamente ferito parlava di più e dimostrava quanto fosse altrettanto pronto a lottare.


Mi darai la custodia, allora? Senza supervisione e nel mio appartamento?”


Credi che Hisami sia pronto per questo?”


Se andiamo avanti in questo modo, non lo sarà mai,” sbroccò il biondo. Da qualche parte nella mente, in un piccolo angolino buio, si ricordò di Kirishima che lo incoraggiava a trovare un avvocato.


Credi di essere pronto tu? Pronto a dirlo alla tua agenzia, a ridurti le ore di lavoro e rischiare il tuo titolo per lui?” Deku gli parlò come se sapesse già quale sarebbe stata la risposta, non importava cosa avrebbe detto Katsuki. Deku non sapeva però come si sentisse realmente l'eroe. In parte era perché Katsuki stesso non permetteva mai a nessuno di conoscerlo al cento per cento, ma una parte di lui soffriva perché Deku pensava davvero che non avrebbe messo da parte tutto per Hisami, che non avesse già stravolto la sua vita per lui. Ma dopotutto, Deku era cresciuto con lui. Senza dubbio si ricordava di quanto era stato ostinatamente concentrato a diventare il più grande degli eroi e della sua cinica considerazione dei legami emotivi. Aveva senso che Deku fosse diffidente, anche se era bravo a nasconderlo. Prese un respiro profondo, pronto a tirare fuori tutto in un fiato. Non poteva più evitare l'altro.


Farei qualsiasi cosa per lui. Tu ed io siamo complicati, ma non lascerei mai che niente si mettesse tra me e mio figlio, se soltanto tu glielo permettessi. E' mio figlio... e nonostante né io né te abbiamo mai veramente parlato del perché tu l'abbia fatto... hai scelto me.”


Non aveva programmato di dire quell'ultima parte. Una cosa così schietta e reale faceva sorgere talmente tante domande, ma Katsuki sapeva di aver fatto centro.


Gli sembrò che Deku lo guardasse con occhi nuovi, mentre Katsuki ricambiava con uno sguardo bruciante e risoluto, tutto per farlo cedere. Senza che ci dovesse pensare troppo a lungo, Deku mise una mano sulla spalla di Katsuki - non gli sembrò esattamente la cosa giusta da fare, ma non gli sembrò nemmeno una mossa inappropriata. Non aveva nemmeno realizzato che fossero seduti abbastanza vicino da rendere possibile un simile contatto fisico. Il biondo sentì il corpo abbandonarsi al contatto, appena un po', e per motivi arcani persino a lui non si ritrasse in fretta e furia. Con il pollice, Deku disegnò distrattamente la linea della clavicola di Katsuki da sopra la camicia.


Kacchan,” cominciò, e usò quasi lo stesso tono reverenziale con cui un tempo era solito pronunciare il suo nome. “Mettiamolo a letto, e poi iniziamo a studiare nuovi piani. Sono ancora... dubbioso, ma ho fiducia in te. Voglio anch'io quelle cose per Hisami.”


Lo amo così tanto,” disse, perché non sapeva cos'altro dire e rimase davvero molto spiazzato dalla sua stessa sincerità. Non aveva mai pensato a tutto quello -una famiglia, amore, affetto- come un potenziale elemento della sua stessa vita. E anche se continuava ad essere estremamente incazzato per le subdole circostanze che stavano alla base della nascita di Hisami, era comunque grato di averlo nella sua vita. Katsuki non era mai stato propenso a provare la solitudine, ma adesso sapeva che gli era sempre mancato qualcosa nella vita. La solitudine era in pratica il suo standard di vita quando non si trovava tra le mura della casa di Deku e Hisami. Desiderava ancora essere l'eroe numero uno, quello non sarebbe mai cambiato, ma per la prima volta, voleva anche qualcos'altro -qualcosa di più. Desiderava ogni cosa, e ciò includeva Hisami. Includeva Deku, anche se non era proprio pronto a fare i conti con quel pensiero.


Magari Deku non era la persona con cui si sarebbe immaginato di vivere quell'esperienza, ma senza di lui, Hisami non avrebbe avuto quelle lentiggini, o quei ricci, o quella specifica sfumatura di verde nei suoi grandi occhi curiosi. E non poteva negare che Deku fosse più di un semplice tutore competente -era un padre fantastico e non gli veniva in mente nessuno che potesse crescere Hisami meglio di così.


Katsuki strinse la mano a Deku, quella ancora appoggiata alla sua spalla, e si sentì scosso da tremori, indifeso e ridicolo mentre esalava un sincero e avvolgente “Grazie.”






1In inglese è 'petting zoo' , ovvero lo zoo dove ci si può avvicinare a dei recinti e accarezzare gli animali.

   
 
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