Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: evil 65    17/05/2020    10 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccovi un nuovissimo capitolo!
Vi auguro una piacevole lettura e spero che troverete il tempo per lasciare un commento ;)


 

Time to float!
 
Una lieve brezza cominciò a calare sulla città di Harpswell. Un vento leggero che portava il respiro della morte, giunto in quella cittadina del Maine per sottrarre un’altra anima dal mondo dei viventi.
Carol rimase in ginocchio, affianco al corpo esanime della madre, incapace di credere a quello a cui aveva appena assistito. Peter si trovava a pochi passi da lei, le mani chiuse in pugni serrati e il volto abbassato in cupa rassegnazione.
Un gemito attirò l’attenzione di entrambi.
Schultz sembrava essersi ripreso dal colpo infertogli da Spider-Man pochi minuti prima, e stava cercando di rialzarsi.
La reazione di Carol fu praticamente istantanea.
Prima ancora che Peter potesse tentare di calmarla, si alzò di scatto e camminò rapidamente fino all’uomo. Questi non ebbe neanche il tempo di rendersi conto di cosa diavolo stesse per succedere.
La donna lo afferrò per il colletto e lo sollevò a mezz’aria, facendogli emettere un grido di sorpresa.
<< Chi vi ha ingaggiato? >> chiese freddamente, il volto adornato da un’espressione impassibile.
Schultz si limitò a inviarle un’occhiata sprezzante. << Se pensi che ti dirò qualcosa… >>
Non riuscì a finire la frase. Carol partì spedita in avanti e lo sbattè violentemente contro il tronco di un albero.
<< Chi-vi ha-ingaggiato? >> ripetè con maggiore enfasi, gli occhi parzialmente illuminati da un intenso bagliore.
Il criminale, tuttavia, mantenne un’espressione risoluta. Una scelta che avrebbe presto cominciato a rimpiangere.
<< Non vuoi parlare? Bene >> sussurrò Carol, per poi posare una mano sul volto dell’uomo.
Per un attimo, non accadde nulla. Poi, la donna riversò nelle dita un torrente di energia cosmica…e cominciò a bruciare la faccia di Schultz.
Questi spalancò gli occhi e urlò per la sorpresa e il dolore al tempo stesso, mentre sentiva la propria pelle squagliarsi sotto il calore generato dall’Avenger. Fu una sensazione straziante. Era quasi come se qualcuno lo avesse costretto a poggiare la guancia sopra una fornace accesa. No…era peggio. MOLTO peggio. L’uomo non ebbe alcun problema a contemplare che le fiamme dell’inferno non avessero nulla da invidiare a ciò che stava patendo in quel preciso istante.
<< Chi vi ha ingaggiato?! >> ringhiò Carol, aumentando la pressione esercitata sul suo viso.
Ben presto, l’uomo si ritrovò incapace di sopportare ulteriormente quel dolore.
<< Osborn! Norman Osborn >> urlò disperato, mentre calde lacrime cominciarono a bagnargli la tuta.
La supereroina ritrasse la mano e prese a fissarlo con un’espressione confusa. Quel nome…le sembrava familiare. Ma dove lo aveva già sentito?
La risposta a tale domanda non tardò a farsi sentire.
<< Il magnante delle industrie Oscorp? >> chiese incredulo Peter, avvicinatosi alle spalle della collega.
Carol inarcò un sopracciglio. Conosceva le Industri Oscorp…come qualsiasi altra persona di New York, del resto. Assieme alla Stark Tower, la loro sede logistica era l’edificio più alto di tutta la città.
<< Sì, lui! >> confermò Schultz, annuendo rapidamente.
La supereroina strinse ambe gli occhi in un paio di fessure.
<< Perché? >> domandò impassibile.
E quando il criminale sembrò  restio a risponderle, riversò altra energia cosmica nelle dita.
<< Perché ?! >>
<< Voleva che ti catturassimo! >> urlò impaurito , volgendo lo sguardo in direzione di Peter. Questi spalancò le lenti della maschera, visibilmente sorpreso dall’affermazione dell’uomo.
Perché mai un magnante miliardario avrebbe voluto catturarlo? Inoltre, se aveva inviato questa squadra di maniaci ad Harpswell…allora era a conoscenza della sua identità segreta! Ma come? Lui…era stato attento. O, almeno, era abbastanza sicuro di esserlo stato. Nessuno, a parte gli Avengers, sua Zia e Ned, era a conoscenza della sua identità civile. Ma allora, come…
<< Non so perché, lo giuro! >> riprese Schultz con voce supplichevole, distogliendolo da quei pensieri.
Carol fissò intensamente l’uomo, valutando l’idea di bruciargli la faccia anche solo per potersi sentire un po’ meglio nonostante la situazione attuale.
Ma in cuor suo, sapeva bene che Peter non avrebbe mai approvato un simile comportamento. Con tutta probabilità, avrebbe cercato di fermarla.
Giunta a questa conclusione, sbattè la testa del criminale contro l’albero e lo mise K.O.
Lasciò cadere il corpo dell’uomo e prese un paio di respiri profondi, nel tentativo di calmarsi. E fu in quel momento …che un pensiero inquietante cominciò a farsi strada nella mente della supereroina.
<< Joe… >> borbottò a se stessa, dopo essersi ricordata che il fratello era rimasto in casa per tutto questo tempo. Una casa che, negli ultimi minuti, era stata teatro di una battaglia che ne aveva spazzato via almeno la metà.
Voltandosi, si rese conto che parte del loggiato era crollato su se stesso. E se Joe fosse stato ferito durante lo scontro? O peggio…
Cominciò a correre in direzione dell’abitazione, rapidamente seguita da Peter.
Una volta entrati, i due Avengers si resero conto quanto la battaglia avesse pesantemente influito sulla casa. Sembrava l’ultima vittima di un bombardamento: i mobili erano a pezzi, il tetto sembrava sul punto di collassare, le mura ancora in piedi si contavano sulle dita.
Ma ciò che fece davvero gelare il sangue di Carol, una volta che i suoi occhi ebbero finito di perlustrare gli interni del loggiato…fu l’enorme scritta rossa dipinta sull’unica facciata del salotto rimasta intatta.


TUO FRATELLO È PRONTO A GALLEGGIARE!

Firmato, Pennywise :) 

 
                                                                                                                                  * * *
 
Joe Junior si sveglio dopo due giorni passati nell’immobilità più totale.
La prima cosa il suo corpo registrò…fu l’odore. Un odore di uova marce e di rame mischiato assieme, come la carcassa di un animale morto.
Sbattendo le palpebre un paio di volte, i contorni di ciò che lo circondava cominciarono a farsi più marcati. Presto, si rese conto di essere in un luogo buio e umido.
Era in una stanza di notevoli dimensioni. Il pavimento su cui poggiava il suo corpo era coperto di frammenti di porcellana. Poco lontano da lui, vi era un  serbatoio inclinato in una pozzanghera. Il resto era occupato da enormi cataste di oggetti che andavano da bici abbandonati a televisori fatti a pezzi, passando per roba più rudimentale come sacchetti di plastica e rotoli di cartai genica usati. Sembrava quasi una discarica.
<< Dove…dove sono? >> sussurrò a se stesso, mentre i ricordi dell’incidente cominciarono a inondargli la mente come un fiume in piena. << C-cosa è…cosa è successo? >>
Un ringhio alle sue spalle lo fece sussultare.
Si voltò di scatto e puntò lo sguardo in direzione di un’apertura situata lungo la parete opposta della stanza. Dapprima come scintille, vide un paio di occhi luminosi nella tenebra. Divennero velocemente più distinti, animati da un riverbero malvagio.
Ora, sovrapposto al rumore di acqua scroscianti, Joe udiva un suono nuovo... un ringhio.
 Una zaffata fetida esplose dalla bocca frastagliata dello scarico, facendolo vacillare all'indietro e tossire per trattenere il vomito.
Poi, qualcosa si fece strada oltre l’apertura…e il cuore di Joe mancò un battito.
Era lo stesso inconfondibile e terrificante Rottwailer che quasi quarant’anni prima era riuscito a mandare Joe in ospedale, dopo avergli morso la gamba. L’uomo lo aveva sognato molte volte da allora, e ancora oggi riteneva che quell’animale fosse la cosa più terrificante su cui i suoi occhi si fossero mai posati.
Il grosso cane - nero come la notte - si fermò con le zampe villose ai lati dell'apertura dello scarico.
Feroci occhi rossi lo scrutarono. Il muso si arricciò, esponendo zanne fra le quali colava una schiuma giallognola.
Mandò un ringhio paralizzante che risvegliò in Joe paure che credeva di aver superato ormai da tempo. Poi…scomparve nell’oscurità, senza lasciare traccia. E prima che l’uomo potesse domandarsi cosa stesse succedendo, ecco che una voce squillante riecheggiò alle sue spalle.
<< Fatti avanti, Junior! Fatti avanti! >>
Joe si voltò di scatto e, aguzzando la vista, si rese conto che proveniva da quello che aveva tutta l’aria di essere un fonografo.
<< Vieni a trasformarti! Vieni a galleggiare! Riderai! Volerai! Gioirai…morirai… >> continuò la voce, mentre una strana musica da carnevale iniziò a suonare in sottofondo. << Ti presento Pennywise…il clown ballerino! Ah ah ah ah ah! >>
Joe cominciò a indietreggiare…e la sua schiena tocco qualcosa che non era sicuramente un muro. Il corpo dell’uomo si tese come una corda di violino.
Deglutì a fatica, alzò lo sguardo…e i suoi occhi incontrarono quelli gialli e malevoli di Pennywise.
<< Boo! >> esclamò il clown, sorridendo malignamente.
Joe cacciò un urlo di sorpresa e tentò di allontanarsi, ma invano. La creatura lo afferrò per il collo con una delle sue mani guantate e lo sollevò da terra come se non avesse peso.
L’uomo cercò di liberarsi, ma il periodo passato come un vegetale ambulante aveva drasticamente influito sulla sua salute. Era completamente alla merce del pagliaccio.
<< Io…ugh…non ho paura di te >> balbettò con voce strozzata, mentre la presa dell’essere sembrò farsi più forte. Questi si limitò a ridacchiare, apparentemente divertito dalle parole del suo prigioniero.
<< Ne avrai, ragazzino >> commentò con una voce molto più profonda. << Ne avrai eccome! >>
Fu allora che il volto di Pennywise cominciò a cambiare. Le pupille della creatura si ridussero a un paio di linee sottili, come quelle di un serpente, e un paio di fauci irte di denti affilati, gocciolanti saliva, si materializzarono dal nulla, al posto della maggior parte del viso. 
I suoi occhi rotolarono all’indietro, la bocca iniziò a farsi sempre più larga, come le fauci di una lucertola.
Joe fu visibilmente tentata di urlare, ma i suoi istinti vennero prontamente surclassati dall’ ondata di shock che gli balenò in corpo, non appena il volto del pagliaccio prese a mutare in quell’immagine distorta e irriconoscibile.
E poi, una luce abbagliante fuoriuscì dalla gola del mostro, accompagnata da una serie di grida disperate. Per un attimo, Junior credette di essere impazzito. Non aveva la minima idea di quanto un simile pensiero fosse coerente con la realtà che stava per abbattersi su di lui.
Guardò dritto nella luce di IT…e la sua mente si spezzò.
Gli occhi dell’uomo divennero completamente bianchi. Appena un paio di secondi dopo, Il suo corpo cominciò a galleggiare verso l’alto, come una piuma.
Pennywise osservò soddisfatto la propria opera.
<< Adoro le riunioni di famiglia >> sibilò attraverso i denti.
La portata principale era pronta. Ora doveva solo apparecchiare la tavola per l’arrivo dei suoi prossimi ospiti.
 
                                                                                                                          * * * 
 
L’orologio della città segno le 19:00 in punto.
Richard Bachman chiuse il registratore di cassa e procedette a trasferire i guadagni della giornata nella piccola cassaforte che poggiava nell’angolo più interno del negozio, poco distante dalla scrivania che fungeva anche da tavolo di lavoro per l’analisi dei vari oggetti che gli venivano consegnati mensilmente da clienti o investitori dell’antiquariato.
Digitò la combinazione e rilasciò un sospiro affranto, ripensando agli eventi della giornata. Ripensando…al ragazzo che aveva condannato a morte, dopo averlo lasciato nelle grinfie del Male in persone.
Un vero peccato. Quel Peter gli piaceva, sembrava un giovane con la testa sulle spalle, molto educato. Non se ne trovavano più molti così, di questi tempi.
TRIIIN!
Il rumore del campanello d’entrata alle sue spalle lo costrinse a voltarsi.
<< Mi dispiace, ma siamo chiu… >>
Si fermò di colpo, non appena i suoi occhi incontrarono l’inconfondibile figura di Capitan Marvel.
<< Oddio >> fu tutto quello che riuscì a dire, prima che la donna lo afferrasse per il collo e lo scaraventasse oltre la scrivania.
Rotolò a terra e sbattè violentemente contro il muro opposto del negozio, lussandosi la spalla. La supereroina camminò fino a lui, rapidamente affiancata da un altro individuo che l’uomo riconobbe all’istante: Spider-Man.
Cosa diavolo ci facevano due Avengers ad Harpswell? E cosa più importante…cosa diavolo volevano da lui? Perché lo stavano attaccando ?!
Mentre la mente di Bachman cominciò ad elaborare varie ipotesi, Carol si piegò sulle ginocchia e gli afferrò una mano. L’ex soldato tentò di liberarsi, ma la presa della donna era troppo forte.
<< Te lo chiederò solo una volta. Dove si trova? >> ringhiò lei a denti stretti, ricevendo in cambio un’espressione visibilmente confusa.
<< C-chi? >>
<< Risposta sbagliata >>
CRACK!
Bachman emise un grido di dolore che riecheggiò per tutto il negozio e parte dell’isolato. Carol aveva stretto la presa sulla mano, non abbastanza da rompergliela…ma esercitando una forza sufficiente per lussargli l’articolazione del polso.
<< Riproviamo? >> chiese con un sorriso apparentemente innocente, mentre calde lacrime cominciarono a scivolare sul volto dell’uomo.
<< N-non so di chi tu stia parlando >> balbettò questi. << Ti prego, io…>>
<< Il clown, lurido figlio di puttana. Dimmi dove si trova! >> ringhiò l’eroina, ora illuminata da un intenso bagliore dorato.
Fu in quel momento che Bachman comprese finalmente la ragione per cui due degli esseri più potenti della Terra fossero entrati nel suo negozio. Loro…loro sapevano…
<< I-io non posso…mi ucciderà! >> esclamò terrorizzato.
In tutta risposta, Carol si limitò a fissarlo con aria impassibile. Rimase completamente ferma e immobile per quasi un minuto, lanciando solo una breve occhiata in direzione di Peter.
Quando quel lasso di tempo giunse al suo termine, volse nuovamente la propria attenzione nei confronti dell’ex soldato, fissandolo con una tale intensità che - anche se solo per un istante - l’uomo credette che sarebbe riuscita ad ucciderlo semplicemente guardandolo. Era una visione assolutamente spaventosa.
<< Mio padre era un uomo estremamente violento. Ogni volta che sbagliavo qualcosa... PUM! Un bel pugno >> iniziò la donna, con voce apparentemente casuale.  << Inizialmente ero una ragazza tranquilla, non facevo mai niente di male. Eppure… PUM! >>
Simulò un gesto con la mano libera, facendo sussultare Bachman.
Di fronte a quella reazione, Carol ridacchiò in apparente divertimento.
<< Al paparino piaceva molto l’alcol, capisci? E con il passare del tempo…riuscì a trasmettermi un po’ di quella passione per il menare le mani. Fu così che pure io diventai una persona estremamente violenta. Sul serio, niente mi da gratificazione quanto spaccare la faccia ad un pezzo di merda che se lo merita. E tu… >> disse indicando l’uomo, << caro il mio Bachman…hai speso l’ultimo anno ad aiutare un mostro a rapire e uccidere bambini. >>
Fece un sorriso predatorio e picchiettò la guancia dell’uomo, il quale aveva cominciato a sudare copiosamente.
<< Per quanto mi riguarda…questo ti rende un pezzo di merda di alta levatura. E questo mi fa arrabbiare. E quando mi arrabbio…alle persone capitano cose brutte >> sussurrò pericolosamente, avvicinando appena il volto a quello dell’ex soldato.  << Tu mi dirai dove si nasconde quel pagliaccio…o io ti colpiro ancora. E ancora…e ancora, fino a quando il tuo volto non sarà altro che una macchia informe spiaccicata sul muro di questo negozio. Ma forse non mi fermerò qui, no… >>
Sollevò la mano dell’uomo, ancora tenuta saldamente nella propria.
<< Forse prima ti romperò tutte le dita…e poi le mani…e i piedi >> continuò con voce apparentemente disinteressata, quasi come se stesse semplicemente discutendo del tempo. << Forse ti spezzerò le ginocchia…e solo quando avrai esalato il tuo ultimo urlo, solo quando avrai provato sulla tua stessa pelle il dolore che sto provando ora…solo a quel punto ti strapperò il cuore a mani nude e lo darò in pasto ai cani. >>
Il volto di Bacham si fece sempre più pallido. Deglutì a fatica, sentendosi la gola improvvisamente secca.
<< N-non puoi farlo…sei un supereroe…GHA! >>
Senza dargli la possibilità di terminare la frase, Carol fece pressione sul mignolo della mano e glielo spezzo, producendo un sonoro Crack!.
<< Non oggi, Bachman…non oggi >> sibilò attraverso i denti, mentre l’uomo riprendeva a piangere.
I suoi occhi si posarono sulla figura di Spider-Man, in cerca di aiuto.
<< L-le permetterai di farlo? >> domandò con voce supplichevole.
Peter si limitò a scrollare le spalle.
<< Ho le mani legate, amico. Se provassi a fermarla…beh, probabilmente mi scaraventerebbe dall’altra parte della strada >> rispose con cupo divertimento.
Fu allora che Bachman si rese finalmente conto di quanto fosse precaria la sua situazione.
“ Mi uccideranno…Oddio, mi uccideranno!” pensò disperato, mentre Carol sollevava la sua mano ancora una volta.
<< Quale dovrei rompere per prima? L’indice? L’anulare? O forse il pollice? >> chiese innocentemente. << Di solito è il preferito di tutti >>
<< I Barren! >> esclamò l’uomo, ormai troppo spaventato per poter pensare correttamente. Gli ultimi mesi sotto l’influenza di IT avevano drasticamente alterato la sua psiche, rendendolo sempre più facile da manipolare. Andato era il soldato che aveva combattuto per il suo paese nei lontani anni 70. Al suo posto…era rimasto solo un uomo impaurito.
Carol inarcò un sopracciglio e gli fece segno di continuare. Bachman deglutì una seconda volta.
<< È lì che si nasconde. Lui…usa le fogne per spostarsi >> aggiunse rapidamente.
La donna rimase in silenzio e lo scrutò attentamente, in cerca del minimo accenno di menzogna. Non ne trovò alcuno.
<< …Mostrami il suo rifugio >> ordinò freddamente.
Senza perdere tempo, l’uomo si alzò in piedi e, cercando di ignorare il dolore alla mano, camminò fino alla scrivania e aprì uno dei cassetti. Dopo qualche secondo speso ad armeggiare con i suoi interni, ne estrasse quella che aveva tutta l’aria di essere una mappa.
Solo che questa non rappresentava edifici o parchi…bensì le fognature della stessa Harpswell.
<< Ecco >> disse indicando un grosso cerchio nero che spiccava nel quadrante Nord-Est della cittadina. << L’entrata è qui, nel vecchio pozzo che si trova nel seminterrato di Neibolt Street 29. >>
Carol strinse gli occhi e fece mente locale.
Sì, ricordava bene quell’edificio. Era un’abitazione abbandonata situata nei pressi della periferia di Harpswell, spesso usata come rifugio da drogati e barboni. Un luogo che la maggior parte degli abitanti della cittadina preferivano evitare come la peste.
<< Non mi stai mentendo, vero Bachman? >> domandò con tono stucchevole, mentre afferrava saldamente il volto dell’ex soldato.
Questi scosse rapidamente la testa.
<< N-no >> balbettò, troppo impaurito per poter distogliere lo sguardo.
Carol lo fissò per qualche altro secondo…e poi, procedette a colpirlo in testa con un pugno, mandandolo a dormire.
<< Grazie per la collaborazione >> disse con tono beffardo, mentre si voltava in direzione di Peter. << Andiamo? >>
<< Purchè questa non diventi un’abitudine >> sospirò rassegnato, mentre lanciava una rapida occhiata al corpo di Bachman. Non gli era mai piaciuto ricorrere a simili metodi per estrarre informazioni, ma considerato quello che aveva passato Carol nell’ultima ora…beh, sinceramente non se l’era proprio sentita di provare a dissuaderla.
Con quel pensiero in mente, fece un cenno alla donna e fuoriuscì dal negozio. Poi, entrambi cominciarono a incamminarsi verso la loro prossima destinazione.
 
                                                                                                                             * * * 
 
Il numero 29 di Neibolt Street era esattamente come Carol lo ricordava.
Una villa di medie dimensioni dai comignoli aguzzi, consumata dal tempo e circondata da un giardino che pareva non essere stato curato da decenni, forse secoli.
Attorno ad essa aleggiava un’aria sinistra, soprattutto per le varie crepe che spiccavano lungo le pareti esterne, e anche la vista di tutte quelle ragnatele - appena visibili finestre ormai rotte - non poteva che accentuare ulteriormente la sensazione di essere stati catapultati in un film dell’orrore anni 80. 
Nessuno sapeva davvero quando fosse stata edificata, né chi fossero i suoi primi proprietari…e la donna cominciava a capire il perché.
Carol prese un respiro profondo e guardò lateralmente Peter.
<< Sei libero di non venire >> disse dopo qualche attimo di silenzio. << Non ti giudicherò per questo. >>
Il ragazzo si limitò ad inarcare un sopracciglio, fissandola con uno sguardo che lasciava trasparire una certa incredulità.
Nonostante la situazione, Carol si ritrovò a sorridere.
<< Giusto…domanda stupida >> disse con un sospiro, per poi porgergli la mano destra. << Pronto? >>
<< Come non mai >> rispose il vigilante, intrecciando le sua dita con le proprie. << Facciamo a pezzi quel bastardo. >>
A quel punto, entrambi cominciarono a incamminarsi verso l’entrata dell’abitazione.
Una volta giunti nei pressi del portico, le foglie sotto la veranda scricchiolarono e sbuffarono un olezzo acido e stantio.
Carol arricciò il naso. Aveva mai sentito foglie puzzare in quel modo? Non gli sembrava. Pareva quasi…odore di cadavere.
Aprì la porta e allungò il collo, scorgendo gli interni dell’abitazione.
<< Però, un posto davvero incantevole >> commentò Peter, mentre faceva lo stesso.
Il locale era in penombra, debolmente rischiarato da una luce sepolcrale che filtrava dalle finestre e si adagiava sul pavimento in terra battuta. Sembrò spazioso , quasi troppo, come se stesse sperimentando un'illusione ottica. S'incrociavano sopra di lui polverose travi di sostegno.
Le tubature che ne percorrevano il soffitto e parte delle pareti erano arrugginite. Dai tubi dell'acqua, in lunghi, sporchi brandelli, pendeva un vecchio straccio che doveva essere stato bianco.
C'era lo stesso odore di prima anche lì sotto, un disgustoso odore di putrescenza.
Dopo qualche minuti di esplorazione, la coppia di Avenegrs si diresse verso le scale di quella che doveva essere la cantina.
Vi si fermò davanti e guardò sotto. Allungò una gamba nel buio del sottoscala e con il piede uncinò qualcosa che trascinò fuori: era un guanto da clown bianco, ora sporco di terriccio e polvere.
Senza badarci troppo, continuò a scendere e Peter la seguì a ruota.
La cantina era altrettanto sporca quanto il livello superiore dell’abitazione.
 In un angolo erano ammassate bottiglie vuote. La donna odorò alcol etilico, soprattutto vino, e fumo stantio di sigarette. Era questo il puzzo dominante, che tuttavia si mescolava a quell'altro odore, ora più intenso.
E al centro della cantina…c’era un pozzo.
Carol guardò nell'apertura. Era larga forse un metro emmezzo, scuro come una caverna. Il bordo di pietra era incrostato di qualcosa di cui preferiva non sapere niente. Le ritmiche vibrazioni che salivano da esso avevano un potere quasi ipnotico e trasmettevano a alla bionda un senso di torpore.
Lanciò un’ultima occhiata in direzione di Peter e questi annuì in tacito accordo.
Poi, entrambi cominciarono a scendere.                                                                            

                                                                                                                            * * * 
 
Le fognature di Harpswell vennero realizzate nel 1885.
Da quell’anno in avanti, ci furono almeno una decina di diverse amministrazioni locali che avevano via via ampliato il sistema.
Durante la Depressione, la speciale amministrazione per i lavori pubblici fece costruire un intero sistema di drenaggio secondario e un terzo livello di fognatura. C'erano grossi stanziamenti per le opere pubbliche in quel periodo, ma il tizio che dirigeva tutti quei progetti restò ucciso nella seconda guerra mondiale e cinque anni dopo il dipartimento delle acque scoprì che quasi tutti gli incartamenti relativi erano scomparsi. Qualcosa come quattro o cinque chili di disegni finiti nel nulla fra il 1937 e il 1950.
Il che significava che quasi nessuno sapeva dove andavano a finire tutte quelle dannate gallerie che componevano il sottosuolo della cittadina, né perché.
Quando tutto funzionava, nessuno ci faceva caso. Quando qualcosa andava storto, invece, c’erano sempre tre o quattro poveri diavoli del dipartimento delle acque di Harpswell che dovevano andar giù a scoprire qual era la pompa che si era inceppata o dove si era verificata l'ostruzione. E quando dovevano scendere là dentro…era meglio che si portassero dietro dei viveri.
Perche le fogne di Harpswll erano un luogo buio, puzzolente e pieno di topi.
Già di per sé, queste erano tutte ottime ragioni per non entrarci, ma la più importante di tutte era che ci si poteva perdere. È spesso non si tornava più.
E ovviamente c’era l’altra questione…
<< Ugh, acqua nere >> borbottò Peter, mentre faceva del suo meglio per non pensare al fatto che metà delle sue gambe erano immerse fino al polpaccio nell’affluente fognario della cittadina.
Carol gli lanciò un’occhiata confusa. << Acque…cosa?>>
<< In poche parole? Rifiuti, piscio e merda. Stiamo letteralmente camminando nei liquami di Harpswell >> borbottò amaramente il vigilante, suscitando una smorfia ad opera della collega.
<< Grazie mille, Peter, avevo davvero bisogno di quell’immagine mentale >> commentò lei con un roteare degli occhi.
Il luogo che li circondava era immerso nell’oscurità più totale, motivo per cui la donna aveva riversato un po’ di energia cosmica nella mano destra. Abbastanza da illuminare il percorso senza rivelare la loro presenza. Anche se dubitava seriamente che la “cosa” a cui stavano dando la caccia non ne fosse già a conoscenza.
Tra quei condotti, la poca luce che giungeva fin lì filtrava dalle aperture nello zoccolo dei marciapiedi sopra di loro e qualche volta anche dalle fessure di qualche tombino. C'era del fantastico nel pensare che si trovavano sotto la città.
L'acqua si fece  più profonda. Già tre volte avevano visto galleggiare nella corrente animali morti: un topo, un gattino, un cadavere gonfio e dal pelo lucido che poteva essere una marmotta. Carol aveva sentito Peter trattenere un verso di disgusto.
L'acqua nella quale avanzavano era relativamente tranquilla, ma non sarebbe stato così ancora per molto: già si udiva non lontano un boato sordo. Man mano che procedevano, crebbe d'intensità.
Il condotto che stavano percorrendo girò ad angolo retto verso destra. Svoltarono di conseguenza e trovarono tre altri canali sotterranei che si riversavano in quello che avevano percorso. Erano allineati uno sopra l'altro, come le tre luci di un semaforo. Il loro condotto finiva lì.
La luce era leggermente più forte.
Peter alzò la testa e vide che si trovavano in un pozzo squadrato alto cinque metri circa. In cima c'era una grata dalla quale cascava loro addosso acqua a secchiate.
<< Junior! >> esclamò Carol, sperando con tutta se stessa di ricevere almeno una risposta da uno dei tre cunicoli. Tale speranza fu presto spazzata via da un silenzio inesorabile.
La donna schioccò la lingua e contemplò le bocche con aria scoraggiata. Quella di mezzo rovesciava acqua grigiastra. Da quella inferiore usciva un getto bruno di liquame semiliquido. Quella superiore, invece, rimetteva acqua quasi trasparente, sporca solo di foglie, pezzettini di legno e di rifiuti, quali mozziconi di sigarette, fascette di chewing-gum e altro del genere. E fu proprio sopra quella bocca che Carol intravide una scritta rossa a caratteri cubitali.
Recitava:
SE TUO FRATELLO VUOI RITROVARE, PER QUESTA VIA DOVRAI ANDARE.
<< Fantastico, ora si improvvisa pure poeta >> borbottò amaramente.
Entrambi gli Avengers si avvicinarono alla bocca superiore ed entrarono a carponi nel condotto con la faccia accartocciata in una smorfia.
L'odore era sì quello di fogna, odore di escrementi, ma in esso si mescolava anche un odore diverso, no? Un odore subdolo e organico. Se il cadavere di un animale avesse mai potuto avere un odore, non poteva essere molto diverso da quello che sentiva.
Questa è la direzione giusta. La cosa a cui davano la caccia era stata qui... ed era da molto tempo che girava da queste parti.
Pochi metri più avanti, l'aria divenne rancida e velenosa.
La coppia avanzò lentamente, resistendo alla pressione opposta di una sostanza fluida che non
era fango.
Infine, si trovarono in una grossa stanza.
L'oscurità era popolata di suoni, tutti amplificati ed echeggianti. C'erano gorgoglii e strani gemiti metallici.
Carol aumentò appena la luminosità delle mani, permettendo loro di distinguere ciò che li circondava.
Sembrava quasi che fossero stati catapultati nella discarica del Paese dei Balocchi. Ovunque i loro occhi si posassero, vi erano oggetti d’uso quotidiano e giocattoli accatastati l’uno sull’altro in enormi montagne fatte di spazzatura che si ergevano fino al soffitto gocciolante.
Inconsciamente, Peter sollevò la testa …e si bloccò.
<< Ehm…Carol… >> balbettò nervosamente, attirando l’attenzione della supereroina.
Questa inarcò un sopracciglio e seguì il suo sguardo. Ben presto, il volto della donna divenne una maschera di orrore.
<< Oddio >> sussurrò, non appena i suoi occhi si posarono su numerosi corpi di bambini che fluttuavano lungo il soffitto come palloncini. Avevano espressioni vuote, sembrava quasi che fossero in coma. Ma aguzzando meglio la vista, Carol si rese conto che ad alcuni di loro mancavano delle braccia…oppure le gambe…oppure la faccia…e la testa.
Deglutì a fatica e trattenne un coniato di vomito.
<< Quanti pensi che ce ne siano >> chiese Peter, il cui tono di voce aveva assunto una cadenza a dir poco sconsolata.
<< Ne conto…ne conto almeno una ventina >> rispose la compagna, incapace di sostenere ulteriormente quella vista.
Abbassò lo sguardo e sentì una mano stringerle la spalla con fare rassicurante.
<< Stai bene? >> chiese Peter, visibilmente preoccupato.
Carol annuì esitante.  << Sì, io…andiamo avanti >>
E così fecero.
Cominciarono ad esplorare la stanza, lanciando rapide occhiate alle montagne di rifiuti, nel tentativo di scovare anche il minimo segno di un indizio che potesse svelare la posizione di Joe.
Poi, dopo quasi dieci minuti di ricerca, la coppia si ritrovò in uno spazio aperto che dava su una specie di cornucopia. E al centro di quello spazio…vi era un corpo fluttuante molto familiare.
<< Junior! >> esclamò Carol. Senza perdere tempo, si lanciò in aria e afferrò il fratello, per poi trascinarlo a terra. Aveva i capelli umidi, il volto sporco e gli occhi spalancati del bianco più vivo, privi di pupille.
Il cuore della donna mancò un battito.
<< Junior! Oddio…Junior, no>> sussurrò, mentre veniva raggiunta da Spider-Man.
Mise un orecchio sul petto del fratello…e attese.
…Tung….tung…tung…
Il battito di un cuore pulsante le inondò il corpo di sollievo.
<< è vivo >> borbottò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a piangere. << è ancora vivo >>
<< Per ora! >> esclamò una voce familiare alle spalle della coppia.
Carol si alzò di scatto e sollevò ambe le mani in avanti, illuminandole di energia cosmica. Peter la seguì a ruota, attivando le zampe meccaniche della tuta e preparandosi per lo scontro imminente.
Pennywise si trovava a circa una decina di metri da loro, il volto adornato da quel suo intramontabile sorriso color sangue.
<< Che cosa gli hai fatto, mostro? >> ringhiò la bionda, mettendosi di fronte alla figura del fratello con aria protettiva.
In tutta risposta, il clown ridacchiò in apparente divertimento.
<< Niente che non si risolverà con una bella dormita >> commentò con tono disinvolto, per poi cominciare a circumnavigare la stanza. << Devo ammetterlo, portarlo qui è stato un gioco d’azzardo. Non ero sicuro che sareste venuti…ma ci speravo davvero. >>
Sia Carol che Peter rimasero completamente immobili, seguendo la creatura con lo sguardo e preparandosi a reagire al minimo segno di attacco o minaccia.
<< Perché stai facendo tutto questo? >> domandò l’arrampica-muri, stringendo ambe le lenti della maschera in un paio di fessure. << Sei più potente di noi, lo scontro nella casa degli specchi lo ha dimostrato. Perché non hai cercato di ucciderci? >>
Pennywise si fermò di colpo e incrociò le braccia dietro la schiena.
Volse la propria attenzione nei confronti del vigilante, fissandolo attentamente con i pozzi dorati che aveva per occhi. Per un attimo, Peter si sentì nuovamente annegare in un oceano di orrore e disperazione, un mondo completamente separato da quello materiale. Un mondo pieno di mostri…e morte.
Tuttavia, si costrinse a mantenere i nervi saldi e restituì lo sguardo del pagliaccio con un’espressione determinata.
Pennywise sembrò non poco divertito dalla tenacia dell’adolescente.
<< La risposta semplice? Non potevo >> rispose con tono di fatto, sorprendendo non poco la coppia di Avengers.
<< Che cosa? >> sussurrò Peter, visibilmente preso in contropiede da quell’affermazione. << Perché? >>
A quella domanda, il clown cominciò a picchiettarsi la punta del mento, come se stesse valutando la possibilità di fugare o meno i loro dubbi.
Dopo qualche altro attimo di silenzio, sembrò giungere ad una conclusione.
<< Cercherò di spiegarvelo in modo tale che anche le vostre piccole e limitate menti mortali possano comprendere >> esordì con la sua voce squillante, per poi compiere un paio di colpi di tosse. << Vedete, bambini, per quanto l’universo possa sembrare caotico…in realtà, ha delle regole. Regole che perfino entità del mio calibro sono costretti a seguire, per evitare di attirare l’ira di certi individui bacchettoni che prendono molto a cuore il vangelo da loro professato. >>
Un milione di pensieri cominciarono ad attraversare la mente di Peter.
Regole? Individui bacchettoni? C’era davvero qualcuno capace di costringere una creatura come Pennywise a sottostare ad una serie di norme? Una sorta di…polizia universale? O forse un ente superiore?
Al pensiero che nell’universo potessero esserci altri esseri come lui…il vigilante si ritrovò incapace a trattenere un brivido.
Nel mentre, Pennywise sollevò l’indice della mano destra. << Ecco una delle regole più fastidiose: su questo piano esistenziali, gli esseri viventi come me…devono rispettare la legge della forma che abitano. >>
<< Che cosa significa? >> chiese Carol, il volto adornato da un’espressione diffidente.
La creatura si limitò a scrollare le spalle.
<< Significa che i poteri di questo corpo sono limitati a ciò che gli umani credono che sia capace di fare. Niente di più, niente di meno >> riprese pazientemente. << Se voi credete che questo corpo sia forte…allora lo è! Se pensate che sia debole…allora lo è! >>
Battè ambe le mani in un sonoro rintocco, facendo sussultare la coppia.
Poi, il sorriso del clown sembrò allargarsi ulteriormente, rivelando le zanne ingiallite che nascondeva sotto le labbra purpuree.
<< Ci ho messo anni per arginare questo problema. Quando mi hai visto rompere un vetro che pure tu avevi difficoltà a fare  a pezzi, Spider-Boy, il tuo cervello si è automaticamente convinto che ero più forte di te… quando in realtà era solo una mera illusione! >> esclamò con voce gioviale, mentre indicava il vigilante.
Puntò lo sguardo in direzione di Carol.
 << E quando la tua amichetta mi ha visto rigenerare le ferite che mi aveva inferto, come se fossero solo dei semplici graffi di seconda mano…a quel punto, pure lei si era convinta che fossi capace di tenerle testa in uno scontro >> terminò.
Fu allora che una rivelazione cominciò a farsi strada nella mente di Peter.
<< Ecco perché preferisci uccidere i bambini >> sussurrò quasi a se stesso. << Non è solo per le loro paure…ma perché sono molto più suggestionabili…più facili da ingannare. >>
<< Esattamente! >> confermò Pennywise, annuendo energicamente. << Purtroppo, questa è anche un’arma a doppio taglio. Specialmente quando si tratta di persone come voi. >>
Improvvisamente, l’aria del luogo iniziò a farsi più pesante. La coppia di Avengers sentì un brivido attraversare le loro spine dorsali, seguito da una fredda morsa che cominciò ad attanagliare i loro cuori.
Al contempo, l’espressione sul volto del clown cominciò a farsi sempre più cupa e innaturale.
<< Persone piene di…speranza >> ringhiò attraverso i denti. << Persone che vivono nella convinzione di poter superare ogni avversità…di elevarsi al di sopra del male come vincitori…convinti che non saranno i loro nemici ad ucciderli, e che continueranno a vivere per poter combattere un altro giorno. >>
Sotto gli sguardi allarmati di Peter e Carol, i lineamenti facciali del clown assunsero caratteristiche molto più bestiali, assai lontane da quelle di un volto umano.
Per un attimo, all’arrampica-muri parve di intravedere un paio di tenaglie spuntare dagli angoli della sua bocca, ma pensò che potesse trattarsi di un gioco di ombre.
<< Potevo combattervi…ma non potevo uccidervi, semplicemente perché voi pensavate che non ci sarei riuscito! Un bel rompicapo >> continuò la creatura, con aria visibilmente stizzita. << Ecco perché…vi ho portati qui. >>
Il tempo parve fermarsi. Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità della cisterna, accompagnato solo dal plop! occasionale dell’acqua piovana che scrosciava lungo le pareti dell’area fognaria.
Peter e Carol si drizzarono all’istante, i muscoli tesi per l’anticipazione. Il sangue cominciò a pompare nei loro corpi ad una velocità allarmante, mentre Pennywise recuperava il suo agghiacciante sorriso.
<< Come ti ho già detto, Peter, questo non è il mio vero aspetto. Solo…un abito. Un costrutto che uso per camminare tra i mortali >> disse indicando il suo corpo. << La mia vera forma si trova in un altro luogo.  Alcuni di voi umani lo conoscono con il nome di “Macroverso”. È piuttosto stupido, se volete la mia sincera opinione. >>
Fu dopo che Pennywise ebbe pronunciato tali parole…che il mondo attorno alla coppia cominciò a cambiare.
Una vecchia tappezzeria che mostrava elfi in cappuccio verde fra greche di boccioli di rosa si andò sfogliando dall'intonaco spugnoso. Il soffitto si alzò, quindi cominciò a rimpicciolire in lontananza come un razzo decollato verso la stratosfera. Le pareti si allungarono insieme con il soffitto, elastiche come chewing-gum e si slungarono anche le facce dei bambini morti, che persero ogni traccia di fisionomia quando gli occhi si trasformarono in lunghe fessure nere.
<< Vedete, cari i miei piccoli eroi…questo luogo è il punto esatto in cui le pareti che separano la vostra realtà dal Macroverso sono più sottili. In questo momento, il costrutto che indosso e la mia vera forma sono quasi culo e camicia >> riprese Pennywise, mentre il suo corpo iniziò ad ingrandirsi. << Non abbastanza da permettermi di utilizzare i miei poteri al 100%...ma abbastanza da permettermi di arginare qualche regola fastidiosa. >>
Peter e Carol compirono un passo all’indietro. Adesso, la figura del clown era alta quasi dieci metri, tanto grossa da poter quasi toccare il soffitto della stanza.
<< Indovinate di quale regola sto parlando >> sibilò attraverso le sue zanne ingiallite, sorridendo in modo predatorio.
Senza perdere tempo, i due Avenger attivarono la modalità da battaglia delle rispettive tute.
<< Non vi ucciderò subito, no >> continuò il clown, la cui voce aveva assunto la cadenza di un motore a scoppio sul punto di esplodere. << Per tutte le seccature che mi avete fatto passare…oh, vi assicuro che mi divertitò…MOLTO! >>
Accadde tutto nella frazione di un secondo.
Peter si sentì tirare da una forza invisibile e il suo corpo partì spedito all’indietro, allontanandosi da Carol.
<< Peter! >> esclamò la donna, mentre si preparava a seguirlo. Non ne ebbe la possibilità.
Il pavimento sotto di lei si aprì come il guscio di un uovo e la supereroina cominciò a precipitare nel nero abisso appena creatosi, urlando per la sorpresa.
Al contempo, Pennywise allargò ambe le braccia a mo’ di presentatore.
<< È ora di galleggiare! >> esclamò.
In quel momento, le lancette della torre dell’orologio cittadina segnarono mezzanotte. L’illuminazione notturna del complesso urbano si attivò in maniera del tutto automatica, poiché collegata ai meccanismi interni della centrale elettrica situata al confine dei Barrens.
 Fu anche l’ora esatta in cui le fogne di Harpswell esplosero in una cacofonia di suoni e colori, trasformando quel mondo oscuro e maleodorante in uno sfarzoso carnevale degli orrori.

 
 



Boom! E credetemi…nel prossimo capitolo galleggeremo un po’ tutti!
Spero che la spiegazione sul perché IT non abbia ucciso subito Peter e Carol sia stata di vostro gradimento. Sia chiaro, non me la sono inventata, si basa proprio sulla mitologia dell’universo di King.
Chi saranno le “entità bacchettone” a cui Pennywise fa riferimento? I fan dei fumetti e di IT forse lo hanno già capito.
Ci vediamo tra due settimane!

 
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: evil 65