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Autore: rocchi68    17/05/2020    3 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Il Wawanawka era uno dei ristoranti migliori della periferia cittadina.
Il loro cibo era deliziosamente unico e le atmosfere puntualmente perfette. Scott era arrivato in perfetto orario, nonostante parte dei suoi pensieri, nel raggiungere la destinazione, confluisse verso la coinquilina.
Sapeva bene che quello che le aveva spiegato non sarebbe stato sufficiente per smuoverla.
Nemmeno gli innumerevoli succhi alla pesca avrebbero sanato la sua ferita ancora sanguinante e troppo profonda.
Aveva bisogno di una botta secca.
Un qualcosa che la facesse infuriare, risvegliandola totalmente, oppure che la facesse rinsavire, riportandola a com’era prima di quella sera.
In entrambi i casi Scott credeva in quel piano che, a tratti, rasentava livelli di rischio omicida da non rimanere indifferenti. Perché a essere sinceri fino in fondo, una piccola percentuale di fallimento era pronosticabile.
“Ciao Scott, è tanto che aspetti?”
“Courtney.” Borbottò sorpreso, rivolgendole un sorriso e accantonando i suoi pensieri.
“Ti vedo bene.”
“Sono solo un po’ stanco per questi ultimi giorni.”
“Ti ringrazio per avermi informato che Dawn è in difficoltà e mi spiace.”
“L’ho lasciata mezzora fa e temo di non aver risolto nulla.”
“Pensi di arrenderti?” Chiese, incamminandosi verso il piccolo viale alberato che anticipava l’ingresso al ristorante e invitandolo a entrare.
“Mi sono mai arreso in vita mia?”
“La tua caparbietà mi piace.” Sorrise la cantante, mentre Scott la faceva accomodare sul posto che un cameriere gli aveva mostrato.
“Anche se, per questa sera, preferirei cambiare argomento.”
“Potresti almeno dirmi come procedono gli affari al Pahkitew.” Sussurrò Courtney, facendo sorridere il fidanzato.
“Chef sbraita in continuazione che siamo a rischio bancarotta.”
“E Duncan continuerà a farvi disperare come quando ha cominciato.”
“A volte è un po’ sbadato, ma sta imparando.” Ghignò il rosso, porgendo alla fidanzata i menù che erano stati appena portati da un elegantissimo e educatissimo cameriere.
“Era da tanto che non stavamo un po’ da soli.”
“Da quando sei partita per i tuoi sessanta concerti.” Ribatté, rimproverandola per quei i rari momenti d’intimità che riuscivano a concedersi, spesso interrotti dalle notifiche del cellulare che la avvertiva di nuove date appuntate sull’agenda dal suo fedele manager.
“Non farmi la predica Scott: la musica è la mia vita.”
“La musica rende il nostro rapporto complicato.” Sbuffò seccato, fissandola intensamente.
“È mai stato un problema per noi?”
“Per te forse no, ma per me inizia a diventare pesante e fastidioso.”
“Qualcuno ti fa gli occhi dolci?” Lo canzonò, irritandolo.
“Fin troppe oche per i miei gusti.”
“La fama ha il suo prezzo.”
“Tu sarai anche famosa, ma io no.” Scandì con calma, facendola innervosire.
“Guarda che ho letto i quotidiani delle ultime settimane e la critica è entusiasta dei tuoi cocktail e della tua abilità.” Soffiò lei, estraendo il suo cellulare e mostrando le fotografie con tutti gli articoli che lei aveva ritagliato e che custodiva come delle preziose reliquie.
“Ma nessuno è ancora venuto per un selfie o per farmi firmare autografi.” Ribatté il giovane con una lieve nota di sarcasmo.
“Che vuoi dire?”
“Voglio solo dire e, forse potrei anche sbagliarmi, che farsi fotografare dai paparazzi e firmare autografi è roba da famosi.”
“La tua sembra una critica nei miei confronti.”
“Sei tu che la vedi così.”
“Mi vuoi forse dire che sto sprecando il mio tempo nel tentare di costruirmi un’immagine?” Domandò la giovane, facendo negare Scott.
“Mi dà fastidio che nei tuoi tentativi, tutte le volte che usciamo insieme, qualcuno si frappone, chiedendoti una foto e un autografo.”
“E che c’è di male?”
“Che c’è di male? Un idiota ti chiede qualcosa e poi altri ancora si avvicinano e pretendono lo stesso trattamento.” Sbraitò il rosso che, se non fosse stato per la sala deserta e per il ristorante a loro completa destinazione, avrebbe attirato l’attenzione.
Così facendo, in situazioni normali, qualcuno si sarebbe accorto della sua compagna. Magari qualche ragazzino sarebbe pure scattato in piedi con il cellulare e qualche altra ragazza, in compagnia del fidanzato, si sarebbe avvicinata per una foto o per un autografo.
Non era mai successo?
Errore: Scott aveva dovuto sopportare quella faccenda della fama nei cinque appuntamenti precedenti, senza trovare mai qualcosa da ridire.
Offendere, fissare malignamente o lanciare qualche provocazione avrebbe rovinato il clima disteso, la reputazione di Courtney e la loro bella uscita di coppia. Per questo lui aveva sempre ingoiato quei rospi, senza tuttavia riuscire a sopportare in pieno quella faccenda.  Perché a tutti quelli che gli invidiavano d’essere felice con una cantante, manco fosse una diva del cinema, lui era pronto a ribattere che dovevano trovarsi al suo posto.
Fotografi ovunque, speculazioni su tutto, chiacchiere insistenti e velenose: questa era solo la punta dell’iceberg. E oltre a tutto questo vi erano i pedinamenti ossessivi di fotografi e ragazzini-stalker che volevano lo scoop del millennio su cosa mangiava, i primi, e ricordi della loro star preferita con cui tappezzare la stanza, i secondi.
“Io…”
“E le nostre uscite romantiche vanno a farsi benedire.” Borbottò il rosso, mangiucchiando e sfogando la tensione verso un grissino che gli era stato portato nella cesta del pane.
“Sei geloso?”
“Sono geloso del fatto che riservi ai tuoi fan un trattamento migliore che al tuo fidanzato.”
“Io dovrei dire lo stesso, poiché Dawn, in questi giorni, ti sta sempre appresso.” Ribatté lei con franchezza, sorseggiando il vino rosso che aveva ordinato.
“Il discorso è diverso.”
“Infatti nel tuo caso è anche peggio.” Lo provocò lei.
“Perché?”
“Io vedo i fan di cui parli per pochi minuti, mentre tu conosci Dawn da molti anni.”
“Noi siamo solo amici.” Si difese Scott, venendo salvato dal cameriere che aveva appena portato gli antipasti.
Terminata la portata, Scott si ritrovò comunque con i suoi occhi addosso, quasi volesse leggere ciò che pensava e che provava. Intorno sentiva solo lo sferragliare degli chef in cucina, manco stessero combattendo all’ultimo sangue a suon di forchette e mestoli. Era comunque un suono lontano e sarebbe stato impercettibile se la sala, come nelle serate pubbliche, fosse stata piena di gente.
In quei frangenti poteva avvertire perfino il battito accelerato del suo cuore, il respiro quasi spezzato e la pace del Wawanawka. Anche se questo non era proprio il primo ristorante pacifico della città, poiché molte volte la polizia era intervenuta per disturbo della quiete pubblica. Infatti, il proprietario, tirchio come pochi, per guadagnare qualcosa in più, aveva cercato di compiere in passato un passo in avanti per i suoi affari.
Passata la mezzanotte ecco che il Wawanawka diventava una discoteca con gravi ripercussioni sulle orecchie sensibili dei vicini.
E questo, per fortuna, solo nei primi tre mesi. Poi a suon di denunce e di minacce, alcune anche di morte, si era trattenuto e la sua attività era tornata a essere quella di solo ristorante.
“Sono felice che tu abbia trovato il tempo per stare con me.” Tentò lui, cercando di salvarsi dal suo sguardo indagatore.
“Che intenzioni hai con Dawn?”
“Le ho dato un mese di tempo per trovarsi un’altra sistemazione.”
“Non mi sembra d’averti mai minacciato seriamente con un ultimatum.” Soffiò Courtney, facendo annuire il fidanzato.
“Non posso badare per sempre a lei.”
“Non mi avrai mica fatto apparire come la strega cattiva, accusandomi di volerla fuori dal tuo appartamento?”
“Ho solo detto la verità.”
“Quella del tuo stipendio che copre a malapena tutte le spese?”
“Esatto.”
“Io ti ho sempre chiesto d’accettare i miei assegni mensili, ma tu rifiuti.” Gli fece presente la ragazza, facendolo annuire.
“Sono troppo orgoglioso.”
“Me l’hai già detto.”
“Sarebbe un affronto chiedere dei soldi alla propria fidanzata.”
“Posso capirti.” Sussurrò la castana, sciogliendo la tensione di quei minuti.
“Cambiando discorso…il tuo manager che dice dei prossimi impegni?”
“Non era molto felice di sapere che avevamo bisogno di un periodo di riposo, ma Trent l’ha convinto a staccare.”
“Quel ragazzo è un santo.” Ammise il rosso, ringraziando il cielo per quell’aiuto insperato.
Senza di lui, Courtney sarebbe dovuta ripartire in tempo zero, anche se Scott aveva tanto altro di cui ringraziare Trent. Quest’ultimo, infatti, quando ripartivano per le tournée, erano i suoi occhi e le sue orecchie. Controllava i suoi movimenti, discuteva con il manager, aiutava Courtney a scrivere i testi e gli arrangiamenti delle canzoni.
Inizialmente Scott era stato geloso, ma poi le rassicurazioni di Courtney erano riuscite a convincerlo che non era in atto la benché minima relazione clandestina. Avevano ottimi motivi per restare amici e per non spingersi oltre, anche perché, in caso contrario, il danno d’immagine sarebbe stato incommensurabile.
“Trent è l’unico che riesce a calmare Don.”
“Io non so nemmeno come ci riesca.” Ammise la castana, ricordandosi di come il manager temesse discutere con lui.
“Quando si vuole ottenere qualcosa, si può ricorrere a un qualche ricatto innocente.”  Sbuffò il rosso, cercando di avviarsi su un discorso che riguardasse solo loro.
 
Il resto della cena, almeno per Scott, scivolò via con calma.
Parlarono per una buona mezzora di quando si erano conosciuti e della possibilità di fare un viaggio in Europa, non appena le ferie di entrambi fossero coincise alla perfezione.
Nulla di più difficile per il rosso che non si sarebbe mai liberato della figura tirannica di Chef Hatchet.
E nemmeno per Courtney che, costretta dal manager, avrebbe sempre avuto una tappa in più sul suo viaggio. Qualche assurda meta che la costringesse a far sentire la sua voce melodiosa in qualche stadio, facendole rimandare il suo ritorno a casa.
Pagata la sua parte, nonostante le rimostranze della fidanzata, Scott la baciò e la ringraziò per l’invito, ripartendo poi verso la sua abitazione.
Quella serata diversa dal solito l’aveva fatto divertire e chiacchierando un po’, il suo desiderio di restituire la libertà a Dawn si era fatto più forte.
Temeva veramente di perdere la sua Courtney e sentiva a pelle che già un mese, nonostante le sue rassicurazioni, sarebbe stato troppo per lei. Non volendo tirare troppo la corda era ancora più convinto che quel piano escogitato con Duncan dovesse funzionare per forza.
Rincasato verso le 23, si ritrovò avvolto dal buio.
Subito richiuse a chiave la porta dietro di sé e sospirò appena.
La cucina e il salotto erano circondati dalla pace e il bagno, con la porta spalancata, aveva fatto credere al proprietario che esso fosse deserto.
Infatti entrò tranquillamente e si lavò i denti, per poi rimanere fermo nel bel mezzo del corridoio.
Da dove si trovava non gli era difficile notare che la luce nella stanza di Dawn era ancora accesa e un fremito di rabbia lo percorse.
“Non mi ha nemmeno ascoltato.”
Pazienza essere ignorato e tutto il resto, ma non sopportava quelli che ricevuto un consiglio, annuivano e poi tornavano a fare quello che volevano.
Dawn in questo non era cresciuta neanche un po’.
Anche quando si era inimicata Gwen e Zoey, lei aveva bussato alla sua porta.
Lui, nonostante l’ora tarda, l’aveva fatta entrare, rassicurandola, offrendole qualcosa da bere e ascoltando i suoi pensieri.
Aveva ascoltato per una buona mezzora i dettagli del litigio che lei aveva avuto con le altre e poi aveva aperto bocca.
Le aveva consigliato vivamente di provare a fare pace, di metterci una pietra sopra e di ricominciare quasi da zero.
Dawn con le sue promesse era uscita dal suo appartamento.
Con le sue belle parole era tornata a scuola.
E si era messa a ignorare le sue ex amiche.
La lezione che le aveva impartito era rimasta inascoltata ed era rimbalzata contro i muri del suo squallido alloggio.
Un po’ come aveva riscontrato in quel pomeriggio.
Credeva che tre lunghi anni fossero stati sufficienti per farla crescere, ma Dawn, almeno in questo, era rimasta la stessa bambina testarda che aveva conosciuto alle elementari.
Ripensando a ciò diverse volte, si ritrovò a bussare alla sua porta.
Magicamente la luce, prima accesa, si spense di colpo, con Scott che considerò quella come l’ennesima presa in giro della giornata.
Senza considerare i rischi della sua azione, sbatté la porta e accese la luce, risvegliando Dawn che fingeva di dormire.
“Che c’è Scott?” Chiese lei, cercando uno sbadiglio che era quanto di più falso si fosse inventata in vita sua.
“Non sono un coglione che puoi prendere in giro!” Tuonò lui, non curandosi del disturbo che avrebbe arrecato ai vicini.
“Io…”
“Odio che i miei consigli vengano così ignorati.” Sbuffò, avvicinandosi pericolosamente a lei, facendola scattare in piedi.
“Ma io…”
“Cosa cazzo credi? Credi forse che qualsiasi cosa tu faccia, ciò mi costringa a stare sempre dalla tua parte?”
“No.”
“La smetti di prendermi in giro?” Chiese il rosso, alzando una mano e tirando un cazzotto all’armadio.
“Non picchiarmi.” Borbottò lei, coprendosi la testa e abbassandola, sperando che lui rinsavisse.
Nel vederla in quello stato il rosso si sentì male.
Si chiese cosa fosse diventato. Pazienza che era stanco, arrabbiato e deluso, ma questi non erano motivi validi per prendersela proprio con lei.
Non si sarebbe mai sognato di farle del male, ma per qualche secondo una dannata goccia aveva fatto traboccare il suo vaso.
Nel vederla in quella posizione così difensiva, abbandonò la furia che l’aveva colpito e riprese a parlarle con tono fraterno. Perché per lui, Dawn, era soprattutto questo: una sorellina sbadata da proteggere e una dolce creatura che non meritava ciò che aveva passato e che aveva sgridato una volta di troppo.
“Dawn…” Sussurrò appena.
“Sì?” Domandò lei, alzando la testa.
“Cosa ci facevi con la luce accesa?”
“Io…”
“Non starai ripensando all’Università, vero?” Chiese, poggiando la sua mano forte e decisa sulla sua spalla nuda.
“Io…”
“Andrà tutto bene.” La rincuorò, sforzandosi in un sorriso.
“Ne sei sicuro?”
“Tu sei sempre riuscita in tutto quello che facevi e questa cosa non cambierà.”
“Non ci credo.”
“Ora vedi tutto nero solo perché sei confusa, spaventata e piena di troppe insicurezze, ma non durerà in eterno.” Soffiò, accarezzandole la schiena delicatamente.
“Io mi sono guardata allo specchio.”
“E non potevi dirmelo subito?” Abbozzò un ghigno.
“Non in quel senso.”
“Di solito si perde tempo allo specchio solo per controllare un vestito o per la pettinatura e non credo ci sia poi molto da fare.” Ammise il rosso, provando a pensare a quei dieci secondi scarsi che passava dinanzi al riflesso per migliorare la sua immagine.
“Davanti a me ho visto solo una nullità senza un passato e senza un futuro.”
“Non è quello che vedo io.”
“Tu non potresti essere realista perché sei mio amico.” Lo demoralizzò appena, senza scalfire tutta la sua sicurezza.
“Io conosco una ragazza combattiva e fiera che non ha motivo di pensare certe cose.” Ghignò il rosso, facendola annuire.
“Vorrei avere la tua sicurezza, dico davvero.”
“Mi sembra che nelle scelte scolastiche e nei vari viaggi, tu abbia sempre avuto le idee ben chiare.”
“Io…”
“Tutti si spaventano o sono, al contrario, sicuri davanti a qualcosa.”
“Anche tu?”
“Diavolo sì.”
“Hai mai avuto paura?” Chiese lei, facendolo sorridere.
“Il primo giorno di scuola, il primo giorno al bar e se provo a pensare di viaggiare mi viene la paranoia del volo in aereo.” Ammise Scott, sforzandosi di nascondere altre piccole paure che per il momento non lo prendevano di mira.
“Io…”
“Pensa che il primo giorno al Pahkitew ho rotto ben cinque calici e una bottiglia di whisky e questo dopo nemmeno tre ore. Stavo pensando seriamente di chiudermi in spogliatoio e di scappare dalla finestrella del gatto, ma poi il mio ex collega mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha consigliato di non mollare che nessuno nasce pronto.”
“Non ci credo.”
“Puoi chiedere a Chef, se lo desideri e lui ti confermerà ogni parola.” Borbottò Scott, facendola annuire.
“Allora forse c’è una speranza anche per me.” Soffiò, chiedendosi se fosse possibile o se stava correndo un po’ troppo.
“E ora posso sapere cosa ci facevi con la luce accesa?”
Quella semplice domanda la scosse appena.
Rispondere significava ricordare e tutto ciò era doloroso, anche se un giorno avrebbe dovuto affrontarlo e raccontare la sua storia. Ma lei non voleva crescere e maturare in quel modo. Voleva rispettare il suo tempo e guarire da quella ferita che le era stata inferta.
Dawn non era ancora pronta e, senza volerlo, pianse di nuovo e il volto del coinquilino, prima tranquillo e disteso, si scurì di nuovo.
“Beverly.” Bisbigliò lei.
“Ricordi ancora cosa ti ha fatto?” Provò con la massima delicatezza, afferrando il suo fazzoletto e asciugandole il viso.
“Mi ha chiesto di tornare con lui.” Singhiozzò, facendo scattare, nuovamente, la sua rabbia.
“Che gli hai detto?”
“Ho solo detto che tra noi è finita e che non voglio più saperne nulla di lui.”
“Sono felice di sentirtelo dire.”
“A questo punto, però, mi ha rinfacciato che sono un fallimento.”
“Cosa?!” Urlò il rosso, sperando d’aver sentito male.
“Lui ha detto che non sarò mai felice perché sono solo una stupida ragazzina che non sa riconoscere le cose importanti nella vita.”
“Giuro che la prossima volta che ce l’ho davanti, lo disintegro.” Soffiò Scott, avvicinandosi ancor di più verso la figura singhiozzante dell’amica.
“Io…”
“Tu sei solo una piccola stella, invisibile forse, ma con delle ottime potenzialità. Ritornerai di nuovo a brillare e rimarremo affascinati e abbagliati dalla tua forza.” Soffiò il ragazzo, avvolgendo l’amica in un abbraccio che, sperava, potesse curare anche quell’ennesima ferita che Beverly le aveva inferto.
 
Le sei erano l’orario più odiato da Scott e non conosceva altra descrizione per quella sveglia che gli ricordava di non aver chiuso occhio.
Da quando aveva rassicurato Dawn e l’aveva vista addormentarsi, era ritornato a incazzarsi su quella faccenda.
Erano passati dieci minuti dalla sua alzata trionfale dal letto che un’idea lo colse. Afferrato il cellulare, ancora sotto carica, inviò un messaggio al collega di lavoro.
“Zanna è tornato a casa?” Digitò lui, aspettando con impazienza la sua risposta e picchiettando nel frattempo su un mobiletto del salotto.
“Poche ore fa.”
“Puoi chiedergli di passare domani verso mezzogiorno al bar?”
“Nessun problema.”
“Un’ultima cosa Duncan…”
“Dimmi.”
“Il piano di ieri deve essere rinviato.”
“Qualche intoppo?” Chiese, non potendo sapere degli ultimi sviluppi.
“Ti racconterò al lavoro.”
“Ok.” Riprese il punk, salutando il collega e ripiombando nel mondo dei sogni.
L’idea superba, avuta con Duncan, era da rinviare solo per un motivo: la protagonista aveva ricevuto una botta psicologica che doveva essere ancora assimilata del tutto.
Tuttavia, se qualcuno avesse letto nella mente del rosso, probabilmente sarebbe inorridito.
Non tanto per il piano che aveva in mente, ma per tutto il resto.
 











Angolo autore:

A sto giro aggiorno un po' prima del solito.

Ryuk: E qui incontriamo Courtney e Dawn esce, dalla sua chiacchierata con Beverly, con le ossa rotte.

E Scott la consola ancora.
Credo di averla resa un po' troppo debole, ma forse mi sbaglierò.

Ryuk: Il suo carattere emergerà un po' più tardi.

E finalmente scopriamo qualcosa in più su Courtney: è la leader di una band e Trent è il suo vice o una specie.
E con il prossimo scopriremo il piano malvagio di Scott per vendicarsi di Beverly.

Ryuk: A presto!
   
 
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