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Autore: Gipsy Danger    11/08/2009    1 recensioni
Il buio gli mette la nausea, insieme all'odore di chiuso che rimbalza tra i muri della stanza. Lo teme. Vorrebbe uscire, perchè si sente in trappola. Ma tra poco ucciderà di nuovo e prima di uccidere ha bisogno di non ascoltare, di non sentire, di non pensare. E per non pensare, la claustrofobia va benissimo.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
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Drops

*

[A volte sogno l’insonnia,
a volte mi sento vivo.
Alle soglie della gloria trova
la Morte
che gli porge le mani e gli sussurra
“Ora torna a casa.”
“Tra breve”, risponde lui.
Tra breve. ]

*

Apre gli occhi.

Al buio.
In silenzio.
O, almeno, vorrebbe che fosse così.
Non c’è mai silenzio nella città che l’ha visto tirare avanti, notte dopo notte. 
'Nella città dove gli angeli hanno paura di volare e i diavoli vengono a canticchiare' raramente l’oscurità tace.

Il buio gli mette la nausea, insieme all'odore di chiuso che rimbalza tra i muri della stanza. Lo teme. Vorrebbe uscire, perchè si sente in trappola. 
Ma tra poco ucciderà di nuovo e prima di uccidere ha bisogno di non ascoltare, di non sentire, di non pensare. 
E per non pensare, la claustrofobia va benissimo.

Al buio.
E in silenzio.
Mentre fuori il treno sferraglia sui binari, lanciando il suo lacerante grido metallico, e il pavimento vibra sotto i motivi senza capo né coda del club di serie B ( anche C, D o direttamente Z) situato nel seminterrato, aspettano. 
Una sigaretta appoggiata al labbro inferiore, uno sbuffo di fumo che si alza nell’aria stantia della casa con i vetri rotti.  Il freddo sottopelle che comincia a formare uno strato di gelo.
Lui non lo sente. 
La prima volta che ha affondato il coltello il sangue sembrava così maledettamente caldo che non basterebbe tutto il ghiaccio del mondo per fargli dimenticare quella sensazione. La brina che gli si è formata sulle dita è poco più fastidiosa del taglio di un rasoio. 
È immobile. 
Sembra una statua. Una bizzarra statua di ossidiana nel buio, la pelle di velluto tesa come un elastico sulle costole, il ventre incavato. Pesanti occhiaie e labbra screpolate, secche. Gli occhi, pozzi neri verso un altro mondo, bucano il parquet scheggiato. 
Vagano. 

Al buio.
In silenzio.
Il treno si è fermato e la musica continua a pulsare come il cuore di una cosa viva, nascosta in cantina. La cenere della sigaretta cade con un soffice volo sui tasselli del parquet. 
Gli occhi neri si alzano a guardare, assenti, l’angolo dalla parte opposta della stanza. 
Neanche l’altro assassino sente il freddo. Nella sua bocca, dietro il suo sorriso, volteggiano deboli scintille scarlatte, come quelle che si alzano da un fuoco morente. La sua pelle color cuoio brunito scotta, fa tremare l’aria intorno a lui. Il fumo della cicca traccia bizzarri tatuaggi sulle sue mani senza bruciarlo. 
È un demone. 
Lo sono entrambi. 
Diversi come il giorno e la notte, e uniti come niente sarà mai. Il legame che corre fra di loro è più forte del sangue, più forte del DNA. La catena che lega due bambini dalla prima volta che si sono incontrati, sulla strada, uno prossimo alla morte, l’altro investito dalla paura di poter subire la stessa sorte. 

Gli occhi neri del primo sicario si socchiudono, frugando nei ricordi.
Era una notte ben più calda di questa, ma tre litri scarsi di sangue in corpo e la consapevolezza di essere sull’orlo della fine la facevano sembrare mortalmente gelida. Si era chiesto chi l’avrebbe ucciso per prima- se la paura o l’emorragia 
Poi era arrivato l’altro. Un moccioso con la faccia sporca e gli occhi limpidi di angoscia per essere capitato nel suo primo vero scontro, i pugni stretti così forte che le piccole nocche sembravano sbiancate, prive di colore. 
Si era sdraiato vicino a lui e lo aveva tenuto ancorato alla vita con il suo stesso calore e parole di goffo incoraggiamento. 
Era bastata quella notte. Questione di ore, ed erano fratelli. Ancora prima di conoscere il nome l'uno dell’altro.

L’assassino dagli occhi neri esala uno sbuffo di condensa nell’aria, e di colpo il ricordo sbiadisce.
Non è più “quella notte”. Sono qui, ed ora. Due sicari che aspettano che arrivi il momento di compiere il loro dovere. 
Un’altra notte, l’ennesima uccisione. Perché quando sulla città cala il buio anche le cose più sbagliate sembrano giuste e il loro sembra un lavoro come un altro.
Si alza. 
Si avvia. 

Pigre scintille, da parte dell’altro killer, mentre si alza e si stira. L’attesa è snervante e lui non ha mai avuto molta pazienza. 
Adesso però è arrivata l’ora di mettersi in moto. Possono uscire da quel buco.
Finalmente. 
Non gli è mai piaciuto il silenzio.
Nemmeno il buio, se è per questo. 
Il buio porta il sonno. 
E il sonno è parente stretto della morte. Lasciare la guardia abbassata, anche solo per poco, equivale a non svegliarsi mai più.

Oggi,tuttavia, non tocca a loro. 
Getta la sigaretta. Oggi non tocca a noi, ripete. Alza una mano, tocca il bossolo scarico che si è legato ai capelli fulvi.
Il primo, e l’unico che non sarà utilizzato, stanotte. 

L’attesa è finita. 


[So if we meet - somewhere tonight
You'd better be set to fight
In the darkness of missing stars
You won't see me
But you'll feel me inside


Sitting in the dark just feeling low
I'm ruined to the heart 
 I'm on the road
To nowhere, to nowhere]



***

Note dell'Autrice:

Questa one-shot è nata, come la maggior parte dei miei schizzi, per caso. Avrebbe dovuto essere un semplice esercizio e si è trasformata in qualcosa di più. Quando l'ho pubblicata, poi, è diventata una sorta di dedica.
Ora che la riguardo, a distanza di due anni, è solo il ricordo di un'estate in cui il mondo si è rovesciato.
Maledetta, splendida estate.
Hijos de la luna y del fuego, os quiero. Siempre. Ma ormai il tempo del sogno è finito.

Citazioni prese da: Il corvo, J, O'barr; Liar, Vanilla Ninja
   
 
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