Piccola One-Shot venutami in mente questa notte alle 3.
È la mia prima storia su Lady Oscar e vi prego di essere
clementi.
Baci…Baci…Rain!!!
Realtà…
…o
sogno…!?
Alzai lo sguardo sul popolo francese che, carico
d’odio e rancore, mi fissava. Fissavano la loro ex-regina, ora meno di
zero. Non c’era un minimo di compassione o pena nei loro sguardi e la
cosa, forse molto insensatamente, mi diede un po’ di sollievo. Sentivo
dentro di me che, se avessi visto quei sentimenti riflessi in loro, allora
qualcosa si sarebbe rotto dentro di me. E tutto a causa dell’orgoglio.
Perché una Regina, l’orgoglio, non lo
perde mai. Nemmeno quando la sua vita è legata alla mano del boia che
trattiene la lama della ghigliottina che a breve le mozzerà la testa.
Qualcuno, forse una delle guardie, mi spinse
violentemente in avanti, facendomi cadere in ginocchio; la mia testa fu
incastrata a forza e vidi la lama scivolare giù, rapida e impossibile da
fermare.
Un lampo di sole mattutino si riflette su di essa e
un attimo dopo chiusi gli occhi pronta al dolore. Ma di dolore non ne provai
affatto. Vidi solo il buio improvviso…e poi qualcuno che urlava…
Qualcuno
che urlava?!
Aspetta un
attimo! Ma come diavolo è possibile la cosa?
Io dovrei
essere morta. MORTA! M-O-R-T-A!!! Cosa c’è di tanto difficile in
questa parola?!
“
Marie. Accidenti a te. Sei in ritardo!” urla nuovamente quella voce.
Marie?
Ritardo? Ma che sta succedendo?
Apro gli
occhi controvoglia e vedo due occhi azzurro cielo che mi fissano severi.
“ Ah,
ben svegliata.” Dice la donna mettendo le mani sui fianchi. “ Alla
buon ora!”
“
M-Mamma…?” chiedo piano mentre lei sbuffa.
“ No!
Babbo Natale!” esclama scuotendo la testa. “ Certo che sono io. Chi
pensavi che fosse? Maga Magò? E ora sbrigati che sennò fai tardi
a scuola!” aggiunge uscendo dalla stanza.
Mi
guardò intorno cercando delle risposte. Sono in una stanza luminosa e
grande, dalle pareti azzurrine e pieno di cuscini sparsi a destra e manca;
aleggia una confusione tremenda là dentro. Libri, fogli, riviste,
pennarelli, peluche e quant altro. E tuttavia mi sento a mia agio lì
dentro. Come se ci avessi sempre vissuto.
Ma tu ci hai sempre vissuto in
questa stanza…
E
improvvisamente tutto ha un senso, e mi ricordo chi sono.
Mi chiamo
Maria Torresini detta Marie e sono nata a Trieste il 4 maggio 1992, ho 17 anni
e due sorelle e un fratello.
Scuoto la
testa e sorrido guardandomi ancora una volta intorno.
È
stato un sogno, solo un sogno.
Io non sono
Io sono
solo Marie, una ragazzina del terzo anno al liceo classico-linguistico Petrarca
che, se non si da una mossa, farà tardi a scuola. E poi chi la sente la
prof di latino!?
Balzo
giù dal letto e in meno di 10 minuti sono lavata, vestita e pronta per
l’ennesima giornata di scuola. Meno male che siamo alla fine oramai.
“
Ciao piccola.” Mi saluta mio padre con un sorriso.
“
Ciao papà.” Dico schioccandogli un bacio sulla guancia.
Mi siedo
vicino a Giada – mia sorella minore – e lei mi sorride sorniona.
Questo per lei è l’ultimo anno d’elementari, dal prossimo
sarà alle medie.
Iniziò
a mangiare. Non ho messo in bocca nemmeno il primo boccone che un leggero
scappellotto mi arriva da dietro facendomi tossire.
“
Ciao mostriciattolo.” Dice Luca mentre gli lancio un’occhiata
assassina. Quando fa così mio fratello proprio non lo sopporto. Lo
ammazzerei volentieri.
“
Come mai di fretta?” gli chiede mia madre.
“
Oggi ho lezione preso.” E fa uno sbadiglio. “ Ci vediamo stasera.
Ciao.” E sparisce in un lampo.
Luca
è al secondo anno d’Università, Letteratura e Filosofia.
“
Marie, farai tardi.” Mi ricorda mia madre.
Mi alzo di
scatto e prendo lo zaino che avevo appoggiato lì vicino.
“ Hai
tutto?” mi chiede mio padre. Annuisco velocemente.
“ A
dopo. Ciao.” Raggiungo la porta. “ E salutatemi Anna.” Grido
prima di uscire.
Anna
è l’altra mia sorella, ha due anni più di me e il prossimo
anno, a matura finita, inizierà l’Università per diventare
Medico, il suo sogno.
Io, invece,
vorrei fare l’interprete e viaggiare per tutto il mondo. È sempre
stata una cosa affascinate per me.
Vedo il mio
riflesso nella vetrina di un negozio ancora chiuso e sorrido tra me.
Ora non ho
più i capelli lunghissimi, agghindati in strane e ridicole acconciatura;
biondi come il grano lo sono sempre, ma sono corti e sbarazzini.
Non indosso
certo lunghi vestiti simili a tende, ma ho optato per un semplice paio di
vecchi jeans chiari e una maglietta maniche corte bianca con sopra una leggera
felpa marroncina.
Semplice e
comodo. Proprio come me.
Altro che
Maria Antognetta e i suoi abiti per cui spendeva un botto!
Rido
allegramente prima che una voce mi raggiunga. “ Ehi, Marie.
Aspetta!”
Mi volto e
vedo Eleonora – Ele o Nora – che mi veniva incontro sorridendo.
“ Ciao.” Disse abbracciandomi. “ Tutto bene?”
“
Tutto bene.” Annuii allegramente.
“
Pronta per le verifiche? Storia e Francese…”
Qualcosa
scatta nella mia mente.
Storia e
Francese.
Sorrido
senza farmi vedere da Nora.
Qualcosa mi
dice che questi compiti andranno benissimo per me.
Almeno
spero.
Ecco qua!!
Spero vi sia piaciuta. Sono sicura
d’essere completamente fuori di testa ad aver proposta sta cosa
però…dai. C’ho provato.
Fatemi sapere cosa ne pensate, ok?
Grazie mille in anticipo.
Baci…Baci…Rain!!!