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Autore: LilithGrace    18/05/2020    1 recensioni
"Ci sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare".
(Oriana Fallaci)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dick Grayson, Jason Todd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie ancora alla dolcissima Loggriffiths <3


Erano circa le cinque e mezza del pomeriggio, presi il mio tesserino universitario e digitai il numero lasciatomi da Harley Quinn.
Provai a rintracciarla più di una volta, ma nulla.
Presi il mio zainetto e scesi velocemente di casa.
Aprii il portone e incontrai Jonathan sotto: “Jo, cosa ci fai qui? Che sorpresa!”
“Sono preoccupato per te, ti stai comportando in maniera strana e così ho pensato di venire a trovarti…”
Era tenero quando si preoccupava per me: “Dai, saliamo un attimo che ti offro un bel caffè… tanto dovevo solo fare delle fotocopie, ma quelle posso farle più tardi!”, mentii. Non potevo dirgli ancora cosa stavo combinando, era prematuro e, in un modo o nell’altro, me l’avrebbe impedito.
“Stai bene?”, mi chiese guardandomi con fare premuroso. Alzai lo sguardo su di lui e in un flash rivissi tutta la mia infanzia, l’adolescenza, i momenti dolorosi ed anche quelli felici, il diploma e lui era sempre lì con me e il solo pensiero che Jason potesse fargli del male, mi procurò un dolore immenso.
“Sì…”, gli indicai la parete piena di foto: “Vedi quello spazietto vuoto? Lì ci andrà la foto della nostra laurea. La voglio appendere dove tutti potranno guardarla e dire che sono davvero la persona più fortunata del mondo ad averti…”
Rise sommessamente: “Non esagerare, poi arrossisco”
Presi il mio cellulare e iniziai a vedere gli orari dei treni: “Ti ricordi quando ero nervosa per chissà quale motivo e tu, per farmi distrare, mi avevi proposto di prendere un treno per una meta totalmente a caso? Ti va di rifarlo?”
“Ma cosa dici… non abbiamo più diciassette anni ed io non sono nervoso. Anzi, siamo grandi abbastanza per poter parlare senza filtri, non credi?”, rise divertito.
“Dai, ti prego, nessun secondo fine, è solo per sentirci giovani! Vivi a pochissimi metri da qui… vai a prendere uno zaino, io prenoto il treno e l’albergo… Andiamo a Star City.”
Mi guardò con fare finto spazientito, ma si vedeva lontano un miglio che l’idea allettasse anche lui.
Non feci in tempo ad annuire energicamente fingendomi felice di quell’idea, che Jonathan era già fuori casa.
Preparai anche io un piccolo borsone con dei vestiti alla rinfusa, mi serviva solo per non insospettirlo.


Erano le 21.58 e il treno sarebbe partito da lì a breve.
Mi alzai dal mio posto e lasciai lì il mio bagaglio: “scusami, vado un attimo in bagno…”

Che scusa banale!
Scesi dal vagone e aspettai che le porte si chiudessero definitivamente prima di allontanarmi: il viaggio l’avrebbe tenuto occupato almeno per un paio d’ore.
Scappai velocemente dalla stazione e come previsto, il mio amico mi chiamò: “Sei rimasta chiusa nel bagno? Devo venirti a salvare?”
“No Jo, non serve… Non sono sul treno. Non eri tu quello nervoso, ma io… Ti prego, stai lontano da Gotham per un po’ di giorni…”
“Cosa stai farfugliando?”
“Ti ho detto di stare lontano da questa città.”
“C’entra Jason? Cosa sta pensando quel pazzo? Dick mi aiuterebbe…”
“Fidati di me, ci sono cose che neanche Dick può risolvere…”
Sospirò, non l’avevo convinto: “Posso aiutarti, lo sai…”
“Ti raggiungerò tra un paio di giorni, promesso. Nel mentre aiutami a distanza… cercami tutti quello che sai sulla fossa di Lazzaro, Ra’s al ghul, Talia al ghul e la lega degli assassini.”
“E’ una leggenda Grace.”
“Usa il computer di Dick, sicuramente troverai altro al di fuori della leggenda.”
“A cosa ti serve?”
“Per la tesi, fammi queste ricerche per la tesi ed io ti citerò tra le fonti bibliografiche, ok?”
“Ok… farò finta di crederci. Comunque, potevi dirmi tutto dall’inizio, non serviva fare questo teatrino.”
“Non sei l’unico ad avermelo detto. Ora devo andare, ci sentiamo.”

Chiamai un taxi con un cenno e diedi all’autista l’indirizzo di una via vicino al bar dove avrei trovato la mia… collega? Sì dai, fingiamo sia così.
Raggiunsi l’edificio ed entrai, mostrando nuovamente il mio documento. Mi lasciarono entrare nonostante il mio abbigliamento casual e poco elegante, ma riuscii comunque a passare piuttosto inosservata.
Mi guardavo intorno alla ricerca disperata del giullare, mentre le mie orecchie captavano informazioni.
Notai in lontananza la sua chioma platinata e mi avvicinai a lei: “Lilywhite a suo servizio, ho quello che ci serve…”
Harley rigirava un anello al mignolo, mentre compilava il foglio di un blocchetto che teneva appoggiato al tavolo accanto al cellulare. Ogni tanto, accendeva il display per controllare eventuali messaggi e sbuffava quando lo schermo dava solo un'immagine pulita. Quando alzò gli occhi su di me, chiamata in causa, sembrò sollevata e spazientita al tempo stesso.
"Ragazzina, non potevo rispondere, ero… in compagnia di qualcuno che non abbiamo bisogno che si immischi. Ho notizie anch'io. Che cosa mi hai portato e come hai fatto ad averlo, e parla a voce bassa."
“Non lo stai chiedendo davvero.” Dissi eccitata: “Ti stupirò.”

Aspettai pazientemente che la bella donna mi conducesse nello stesso privé che occupammo nel nostro primo incontro. Ci sedemmo l’una di fronte l’altra.
Harley la stava squadrando da capo a piedi: “Sì, miss Quinn, so di essere parecchio diversa dall’altra volta e so di sembrare una delinquente vestita così, ma questo è il mio vero stile… quello dell’altra volta era il vestito che ho comprato per la laurea… a proposito, sei invitata.”
"Beh, sembri una hipster in realtà, potrebbero lanciarti le monetine al marciapiede.", rise senza alcuna cattiveria
Prelevai dalla mia borsa gli innumerevoli fogli disordinati su cui avevo scritto ogni cosa e il pugnale: “Ha un pugnale di questo tipo. Ha anche armi da fuoco, ma preferisce di gran lunga quelle da taglio. Lo so perché sgozza e decapita mezzo mondo…”, dissi porgendoglielo gentilmente: “Ah, il mio è più bello del suo. Mi è costato mezzo stipendio… Dunque, partirò dal principio: sono stata nel carcere di Gotham a trovare Ma Gunn, la vedova che gestiva il riformatorio e indovina? Red Hood l’aveva frequentato, ma…” e sottolineai il MA “in nessun database c’è un riferimento ad un suo probabile arresto, né un’impronta digitale, né una denuncia. Ciò mi fa pensare che il Pipistrello abbia ripulito tutto il suo passato… Se mi vuoi chiedere come sono riuscita a farla parlare… beh, sappi che mi sono finta un’assistente di un inesistente medico legale e l’ho minacciata dicendole che le avrei fatto dare l’ergastolo se non avesse collaborato. Poi, sono stata nel negozio d’armi e con la scusa di voler regalare a mio fratello questo delizioso coltellino per il compleanno, me lo sono fatta descrivere dal negoziante in tutto e per tutto. Dulcis in fundo, Jay mi ha detto di essere stato addestrato dalla Lega degli Assassini e che la sua informatrice è Talia al ghul, figlia del capo dei capi…ti suona familiare?”
Ascoltò con attenzione tutta la storia, interrompendomi solo qualche volta per integrare quel che stava apprendendo.
“Quanta fatica sprecata...” esordì mentre rigirava il pugnale tra le mani. Non era certo l'idea del lago di sangue e delle decapitazioni che le faceva storcere il naso, essendo abituata a fracassare i crani della gente con una mazza da baseball o un martello. Sembrò molto soddisfatta del mio modus operandi e lo capii dal modo in cui mi batteva le mani, sorridendomi.
Ma quando l'ultimo nome le solleticò le orecchie, le pupille di Harley s'ingrandirono fin quasi a raggiungere metà dell'iride. Dal fondo della gola, emise un verso di approvazione, troppo simile a quello delle sue iene dopo un banchetto.
"Ma non mi dire! Ohw, se solo avessimo due tazze di latte e cereali sarebbe un pigiama party perfetto. Dovevi venire molto prima da me, ragazzina, da quel cervello si può ricavare oro puro! Ma adesso è il momento che tu sappia una cosa. Ho tenuto d'occhio come mi hai chiesto, i movimenti del Clown, e i traffici di Black Mask. Con gioia, posso dirti che ho spezzato le dita a due degli spacciatori come concordato, non è stato difficile reperire i nomi dei tuoi ragazzi e occuparmi di loro, oltre a questo. Non credo siano mai stati più puliti di così. Inoltre Romy ha ucciso tutti i suoi secondini essendo che, a quanto pare, il tuo amore liceale gli abbia fatto trovare il suo braccio destro morto, legato nel suo ufficio e con un telefono in bocca." Affermò bevendo il contenuto di un drink che aveva portato con sé.
“Ho fatto un ottimo lavoro con loro…”, affermai portandomi drammaticamente una mano sul petto, fingendo di commuovermi: “Brava Grace, brava davvero” mi complimentai con me stessa: “Già sarei potuta venire, ma sai ho dovuto sistemare un po’ di cosucce, tipo il lavoro e tipo una personcina di nome Jonathan, il mio migliore amico… l’ho spedito a Star City, dove Jason non può trovarlo.
Il tizio del negozio di fumetti mi diceva sempre che sarei probabilmente diventata una serial killer e che mi avrebbero rinchiusa ad Arkham”, ammisi con un punta di orgoglio
Continuò, poi, interrompendo la mia messa in scena discutibile: "Joker era impegnato in alcuni affari. Roba grossa, anche per lui. Noi siamo insieme nella Legione del Destino, non è complicato stargli appicciata, anche se, mi è costato un grande sforzo mentale non affondargli la faccia nella centrifuga della sala rinfresco, e far finta che mi piacciano ancora le sue moine. Da ieri manca. Mi sono allarmata, l'ho cercato dappertutto, sono tornata qui per reperire notizie. Sembra sparito.”

Tornai subito seria: “In che senso non si sa più nulla di lui da ieri? Cioè, tu vorresti dirmi che ho commesso inutilmente crimini federali e comunque Jason ha pensato più velocemente di me e me l’ha fatta per una manciata di ore? Cazzo. È tutta colpa di quella setta maledetta…”
Mi alzai nervosamente, camminando su e giù per la sala, sotto lo sguardo vigile della Regina.
Uscii senza dir nulla e andai al bar, tornando dopo pochi minuti con un bicchierino con qualcosa di forte: “Ora sai che facciamo? Io bevo tutto di un sorso questo coso che ho preso, poi prendo il pugnale e vado a prendere a calci in culo quello stronzo cibo per vermi, ok? Ok. Tu non me lo impedirai e sappi che non ho mai usato un coltello, ma credo punterò agli occhi. Al mio tre. Uno…due…” non finii il conto e buttai giù tutto il rum.
Afferrai il pugnale ed uscii nuovamente dalla sala.
Tornai indietro notando che la Quinn non mi stava seguendo: “Ma cosa fai? Non mi fermi? Andiamo, sarei carne da macello…”, iniziai a piagnucolare sedendomi pesantemente sul divanetto, accanto a lei.
Harley posò sbigottita gli occhi su di me. Non riusciva -o non voleva-, a nascondere una certa punta di divertimento sul viso.
“Lo sai, è così che Suor Assunta nel collegio in cui sono cresciuta recitava la guida del cammino di Mosè nel deserto". Alzò lo sguardo al cielo, sospirando pesantemente, nel tipico gesto che faceva quando era cosciente del fatto che a breve, qualcuno sarebbe morto se non fosse intervenuta. E stavolta, non era sola. Mi diede dei colpetti sulla coscia, alzandosi e stringendosi i codini.
“La mia Lamborghini correrà mooolto veloce. Fai pipì, potrebbe scapparti.” Sorrise facendo cenno di seguirla.
Fatta la tappa obbligatoria alla toilette, la seguii sino alla sua auto, estrosa proprio come lei.
Di certo non saremmo passate inosservate e sinceramente la cosa non mi dispiaceva affatto. Prima di salirci a bordo, mi fermai a riflettere per un momento a ciò che stavo per fare e a ciò che avevo fatto fino ad ora, e mi accorsi che non ero mai stata meglio. L’adrenalina, il violare la legge, tutto ciò in fondo faceva davvero parte di me: “Ma allora ci vieni alla mia laurea? Sarai fiera di me… Ah, posso chiamarti zia Harley?”
“Certo che ci vengo. Ma non citarmi, o non sarai presa di buon occhio.”
Harley fece un occhiolino, ingranando la marcia e schizzano nel tramonto di Gotham. Mi girai verso di lei, sicura di me come non mai: “Sii la mia maestra.”. A quelle ultime parole, tirò il freno a mano e girò il volante per infilarsi in un vicolo, dopodiché lo tolse, e senza smettere di sfrecciare allungò una mano per scompigliarmi i capelli: “Sapevo che prima o poi, avresti perso il senno che ti mancava. Vediamo se ne sei in grado, di essere la mia apprendista.”
“Tu lo sai vero che Jason mi ucciderà per questo?”, dissi ridendo, lasciandola giocare con la mia chioma “ovviamente non letteralmente”, aggiunsi.
Si fermò, uscendo dalla macchina per farmi segno di dettare la guida.
“Hai idee, su dove trovarli prima che ci ritroviamo a seppellirli sul serio entrambi?”, mi chiese mentre ci davamo il cambio. Salii e ingranai la marcia, concedendomi di non rispettare neanche la metà della segnaletica. Guidai senza sosta sino porto, cercando di pensare quanto più velocemente possibile: “Jason punta molto sul senso di colpa di Batman e l’idea gliel’ha data quella vecchia strega di Talia, gli ha messo in testa che non è stato vendicato e blablabla, lasciamela trovare e romperò il culo anche a lei. Te l’avevo detto che hanno scopato?” Alle mie battute sprezzanti, Harley ride soddisfatta godendo della mia sfacciataggine: “Più divertimento per noi quando la prenderemo.”
Feci un grande respiro, provando a concentrarmi: “Dunque, un posto che collega Batman e Jason, nel cuore di Gotham…. Forse il posto dove tutto è cominciato, dove ha incontrato Batman… ma dove è cominciato…lo so, me l’hanno detto, ma non mi viene in mente…” Chiusi gli occhi spremendomi le meningi; battei forte le mani: “Ci sono! La Crime Alley, Jason è lì!”
Sorrise soddisfatta e beffarda: “Potrai usarlo quello” Affermò indicandomi con un cenno del capo il kriss che avevo nello zaino, “Ma adesso ti serve qualcosa di veloce, di efficiente. In caso di pericolo. Non porti gli occhiali, vero?” Chiese, tirando fuori dallo stivale una pistola ed infilando all'interno i proiettili. Amore e odio, incisi sul tamburo dell'arma.
“Non vorrai puntare quella  contro Jason… Ha tutto antiproiettile, pure le mutande a momenti… Comunque, no fortunatamente...” Vedendo la mia partner prendere la pistola, mi chinai leggermente in avanti cercando a tentoni il pugnale, avendo intenzione di portarlo comunque con me: era una cosa intenzionale, avrei dovuto combatterlo ad armi pari: “Non avrò il coraggio di darlo a mio fratello se dovessi accoltellare qualcuno…”

“Tesoro, ho sparato a un bastardo che ha anche l'anima antiproiettile, so usarla questa! Ma abbiamo detto niente sangue, quindi spariamo solo se necessario. E no. Non devi pensare a nessuno. Amici, familiari. Li devi lasciare fuori da quello che fai, quando lo fai. Se ti fai trascinare dai sentimenti è… difficile.”
Per un attimo gli occhi di Harley parvero vacui, privi di vita. E poi, si riprese additando un edificio: “Ci siamo quasi.”
Nel vederla così mi venne da abbracciarla, ma aveva ragione non dovevo farmi trascinare dai sentimenti.
Parcheggiai alla bene in meglio e scendemmo entrambe dall’auto. Poco distante da noi notammo la batmobile: “Devono essere qui da qualche parte…”
  
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