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Autore: paige95    19/05/2020    10 recensioni
Rose era agitata durante la notte precedente alla partenza del suo primo treno per Hogwarts.
Per i prossimi mesi tutto sarebbe cambiato, sarebbe cresciuta alla stessa velocità con cui la luna all'alba lasciava il posto al sole nel cielo.
Non si sentiva pronta, ma allo stesso tempo era elettrizzata. Qualcuno doveva mettere ordine tra i suoi pensieri per affrontare nel migliore dei modi il suo primo grande viaggio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Quella notte di ansia e di emozione



 

Rose stava trascorrendo la notte più lunga e tormentata della sua vita. Mancavano poche ore all'appuntamento con il rito di passaggio che attendeva ogni mago undicenne appartenente al novero delle famiglie che avevano avuto, dal principio dei secoli, il diritto di accedere alla scuola più prestigiosa del Mondo Magico. I motivi che la facevano fremere aumentavano, visto che era stata iscritta come la figlia di due eroi della Seconda Guerra Magica e alla quale non sarebbe mai stata negata l'ammissione. Erano riposte nella ragazza tante aspettative, troppe per la sua giovane età; si immaginava già mentre solcava il Lago Nero a bordo di una delle tante barche, era certa che da quel momento in poi non tutti l'avrebbero apprezzata. L'inconfondibile chioma infuocata che rifletteva attraverso lo specchio della sua camera e le peculiari lentiggini che velavano le sue gote avrebbero attirato l'attenzione di molti tra le mura del Castello; il suo cognome, Granger-Weasley, non singolo ma doppio, avrebbe destato interesse. Era pronta ad episodi imbarazzanti da parte dei figli di coloro che erano grati a Ron ed Hermione per aver contributo a riportare la pace, ma anche ad incassare i colpi bassi sferrati da chi non gradiva affatto la presenza di una mezzosangue a pochi metri da loro. Nonostante la vittoria degli ideali di libertà e uguaglianza, non tutti i purosangue sembravano disposti ad accettare qualsiasi nascita di sangue e i mezzosangue non facevano alcuna eccezione. Rose era nata diversi anni dopo la fine del conflitto, era il frutto della pace che le generazioni precedenti alla sua erano riuscite a conquistare. La Storia che la giovane si portava sulle spalle era un fardello pesante e avrebbe dovuto affrontarlo con il suo primo debutto in società, non vi era alcuna possibilità di sottrarsi all'inevitabile.
Il cielo era intarsiato di stelle, anche le nuvole più soffici e candide erano lontane dall'angolo di Londra in cui la famiglia Granger-Weasley si era stabilita ed era cresciuta di numero; era una notte serena e luminosa, una trapunta di puntini luminosi splendeva sulla volta celeste. Dalla finestra aperta della camera, Rose poteva contemplare uno spettacolo bellissimo, ma lei non riuscì a goderne a pieno, sentiva nel cuore un misto di eccitazione e timore. Mancava poco meno di un mese alla fine dell'estate, eppure l'aria che filtrava attraverso le ante socchiuse offriva ancora un piacevole tepore, forse perché la stagione più calda dell'anno duemiladiciassette era stata rovente.
Quando la porta della sua stanza cigolò producendo un rumore quasi inquietante, la corrente d'aria aveva provocato una leggera vibrazione dei vetri; da mesi Hermione aveva chiesto a Ron di mettere un po' di olio a quegli stipiti, ma lui si ostinava a rimandare attendendo di trovare un incantesimo che gli facesse fare un'ottima figura davanti alla sua famiglia, i piccoli lavori domestici da babbano non erano la sua migliore dote. L'uomo era entrato nella camera con passo felpato, era vestito di tutto punto per raggiungere il Ministero, aveva in programma un lungo turno di lavoro, ma prima di avviarsi desiderava salutare sua figlia. Ron si sorprese di trovarla sveglia e seduta sul letto a notte fonda; lo sguardo della ragazza era riemerso da un lungo e profondo pensiero per poi posarsi infine sull'auror.
«Vai già, papà?»
«E tu non riposi? Domani è un giorno importante»
L'uomo credeva che sua figlia si fosse lasciata cullare dalle braccia di Morfeo per godersi l'ultima occasione di dormire tra le lenzuola candide e profumate del proprio letto; Rose in fondo non aveva idea di quale colore sarebbero state quelle del dormitorio in cui avrebbe alloggiato, quelle della sua nuova Casa e Ron pregava ogni giorno Godric che fossero rosse. La ragazza rivolse lo sguardo al pavimento, sulle sue labbra si dipinse un sorriso rassegnato; il materasso accanto a lei scricchiolò, un peso non proprio leggero lo affondò di qualche centimetro. Sentì il padre sospirare, ma Ron non aggiunse altro, attese solo che la figlia gli rispondesse.
«Riuscirai ad essere in stazione per le undici?»
«Non riesci a dormire perché temi che non sarò presente quando partirai?»
Era tipico di lui non cogliere le parole dietro i silenzi, Hermione glielo ripeteva da anni ormai, per lui i sentimenti, di chiunque fossero, erano un arcano.
«Papà, ho paura di prendere quel treno. Ho il timore di cosa mi aspetterà da quel momento in poi»
«Cosa dovresti temere? Io e la mamma ti saremo accanto finché non salirai sul treno. Vedrai, ti sentirai subito a tuo agio, incontrerai tanti amici. Ho conosciuto tua madre e lo zio Harry proprio durante il mio primo viaggio verso Hogwarts. Nemmeno io mi sentivo molto a mio agio. Avevo una divisa di seconda mano, anzi no, era già di terza mano quando giunse a me, la bacchetta era dello zio Charlie e il topo dello zio Percy»
Ron le aveva riassunto in poche battute lo spirito con cui lui prima di lei aveva intrapreso il suo primo vero viaggio, il più lontano da Ottery St. Catchpole; a quello ne sarebbero seguiti tanti altri con la famiglia e anche senza nei momenti più drammatici della sua adolescenza. Non era affatto semplice per l'uomo ricordare, la purezza dei ricordi più dolci veniva macchiata da momenti vissuti nella più profonda angoscia; non si poteva discernere l'evento che aveva dato inizio al suo soggiorno ad Hogwarts - il più bel ricordo che lui conservasse - con le circostanze che ne erano seguite; era stata una guerra cruenta, una strada impervia, piena di curve e strapiombi, aveva lasciato caduti per la via, vittime per le quali lui e i suoi compagni di viaggio non avevano potuto più fare niente, erano rimasti inermi e avevano assistito alla fine di cari, familiari e amici nel disperato tentativo di offrire un futuro migliore ai sopravvissuti.
«Intendi Crosta? Peter Minus?»
«Tu leggi troppa Storia della Magia»
«No, papà, tutti sanno che Crosta era Peter Minus e che non sapevi di aver nascosto il traditore dei genitori dello zio Harry»
Nell'ombra della stanza la voce della giovane Weasley riecheggiava sicura; ad occhi estranei non sarebbe mai sembrata una ragazza in preda alla paura per l'ignoto, anzi Ron intravide tutta la sicurezza e la preparazione di Hermione. Rose era perspicace, brillante, da lui - per fortuna - aveva ereditato solo i tratti fisici, non avrebbe potuto sopportare di donarle tutti i suoi difetti; era però molto insicura nell’anima, difficilmente ammetteva le sue doti, era modesta e umile come la sua famiglia. Ron avrebbe desiderato che fosse sicura e determinata come Hermione, l’apparenza doveva coincidere con ciò che conservava nel cuore; Rose aveva tutte le doti possibili ed immaginabili, non aveva nulla da temere, a differenza sua la figlia era arguta di intelletto e di cuore, Hermione lo ripeteva spesso ad entrambi e sempre con una intenzionale nota di rimprovero per sottolineare l'ironia.
«Te lo ha detto la mamma?»
«Sì, ero curiosa, così ho insistito. Papà, mi stavi dicendo che hai conosciuto la mamma sul treno per Hogwarts, lei non me ne ha mai parlato»
«Non ti ho mai detto che quando ci siamo conosciuti tua madre era … ecco … diciamo … bruttina? Aveva denti enormi, insomma non facevo fatica a paragonarla ad un topo o ad un coniglio»
Rose venne contagiata dal sorriso contenuto del padre; gli diede una leggera spinta sulla spalla invitandolo a smettere, la stava prendendo in giro e non era carino da parte sua, ma la verità era che l'immagine che si dipinse davanti agli occhi della ragazza era piuttosto buffa anche per lei.
«Cosa?? Io pensavo fosse stato un colpo di fulmine»
«Il fulmine avrei voluto riceverlo in testa quando lei è entrata nel mio vagone»
La ragazza non ebbe il coraggio di domandare che fine avessero fatto quegli incisivi sproporzionati, lei non li aveva mai visti. Suo padre le aveva lasciato un sorriso sulle labbra, lui per primo non riusciva a tornare serio, quei ricordi continuavano ad essere impressi nella mente e davanti agli occhi con vividi colori. Ron aveva sciolto la tensione che la figlia aveva incamerato durante le ultime ore, con genuinità; senza nemmeno accorgersene l'anima glaciale dell’uomo - secondo il personale parere di Hermione - si inabissava lasciando il posto ad un padre amorevole nella sua semplicità, poche sue parole erano sufficienti per risollevare il morale, per curare le ferite dell’anima, una naturale Essenza di Dittamo in pratica.
«Immagino che lei non lo sappia»
«Abbiamo passato buona parte dell’anno a lanciarci coltelli, lo sapeva eccome. Ciò che mi infastidiva davvero comunque era il suo atteggiamento. Era sempre saccente, non potevi mai sperare di sapere mezza cosa in più di lei, ti smontava subito»
«Come ora?»
«Come ora, sì. Solo che l’età mi ha reso più accondiscendente. Ad essere cambiato sono io, non lei. La mamma direbbe meno male»
Ron aveva pronunciato le ultime parole avvicinandosi al suo orecchio per offrire alla loro conversazione un'aura di confidenza. Nella penombra a Rose non sfuggì lo sguardo di suo padre; era troppo giovane, modestia a parte doveva a ammetterlo, era poco più di una bambina per capire temi da adulti come quello dell'amore, eppure era sicura che se l'amore potesse essere rappresentato attraverso un'immagine, un tratto fisico, quello era lo sguardo di suo padre; gli occhi di Ron brillavano costantemente ogni volta che parlava della moglie, diventavano persino di una tonalità più chiara di celeste.
«Papà, non capisco come vi siate avvicinati, se a malapena vi sopportavate»
«Se non fosse stato per me e lo zio Harry, tu ed Hugo non sareste mai nati, ammettiamolo»
«È stato lo zio Harry a farvi fare pace?»
«No, io e tuo zio abbiamo salvato la mamma da un troll di montagna nel bagno delle ragazze»
«Davvero?? Forte! Voglio dire, siete stati fortunati, ho letto che i troll sono creature estremamente pericolose per l'uomo. Speriamo che non succeda anche a me di stringere amicizia dopo un attacco dei troll»
«Sì e anche molto stupidi, per fortuna quel troll lo era più di due ragazzini di undici anni estremamente incoscienti. Per la verità, tesoro, ti auguro amicizie come la nostra ad Hogwarts, sono amicizie speciali che restano per la vita. Magari possono diventare anche qualcosa di più, chi lo sa. Solo che per quello aspetterei come minimo trent’anni»
Un difetto di suo padre era senza alcun dubbio la gelosia, verso la moglie in primis, ma che veniva tranquillamente estesa alla figlia, specie da quando aveva iniziato ad assumere i tratti di una signorina. Era illusorio credere che la conversazione tra padre e figlia rimanesse riservata, la signora di casa aveva orecchie ovunque tra quelle mura sia il giorno che la notte.
«Anche meno, Ronald»
«Da quanto origli?»
«Da abbastanza»
«Posso scegliere la mia morte? Non c’è bisogno che ti scomodi, sto andando a Notturn Alley»
Ron si alzò spaventato, non era certo che sua moglie avesse sentito proprio tutto, ma nel dubbio era meglio togliere velocemente il disturbo. Non gli fece muovere un solo passo in più verso la porta e oltre lei, gli posò una mano sul petto e lo invitò a fermarsi.
«Perché tanta fretta, Weasley?»
Hermione lo aveva ostacolato, ma per Ron non fu affatto un dispiacere; si beò per qualche istante del viso assonnato della donna, le rughe sotto le ciglia inferiori accentuavano la sua stanchezza, eppure sapeva che si era alzata per salutarlo e non lasciarlo andare nel covo dei maghi oscuri senza un saluto e un bacio portafortuna.
«Mamma. Papà. Inizio a sentirmi di troppo, vi dispiace se riposo qualche ora prima di prepararmi?»
Si schiarirono la gola imbarazzati, per una frazione di secondo erano entrati in un loro personalissimo mondo che non includeva neppure la figlia a meno di un metro da loro. Hermione allontanò la mano dal suo petto con gli occhi bassi, Ron la recuperò svelto e porse un bacio sul dorso.
«Per me sei sempre stata bellissima e sempre lo sarai»
L’auror si avviò verso la porta, nella sua mente era ancora impressa l'immagine di quella ragazzina sul treno, allora non aveva dato abbastanza peso a quell'incontro, ma con il senno di poi si era reso conto che persino gli scontri che avevano avuto erano stati i migliori litigi della sua vita.
«Tesoro, ci vediamo direttamente a King's Cross al binario 9¾. Arriverò puntale, non temere»
Si rivolse risoluto alla figlia, nella sua voce non vi era la più piccola traccia di incertezza.
«Consentimi di dubitarne»
La moglie fu piuttosto scettica; incrociò le braccia al petto con evidente disappunto.
«Non sottovalutarmi, Hermione»
Ron le puntò contro il dito per sfidarla e dedicò un dolce sorriso a Rose. Lasciò le due donne nella stanza, immerse per qualche secondo nella penombra e nel totale silenzio.
«Sono sicura anche io, Rosie, che papà non si perderebbe per nulla al mondo la tua partenza»
La ragazza non ne avrebbe mai dubitato; si coricò e scivolò sotto le coperte fresche di bucato con il cuore più leggero e cullato dalla promessa di Ron. Quella notte di ansia e di emozione si tramutò grazie alle parole rassicuranti del padre in un riposo sereno, libero dall'ignoto di una nuova e immensa avventura.



 
Buonasera, cari lettori e care lettrici!
 
È solo un missing moment situato temporalmente tra la conclusione dei "Doni della Morte" e i "Diciannove anni dopo". Come sempre, è semplicissima, nulla di artificioso, è solo un raccontino che mi girava nella mente ^^.
Grazie a chiunque sia giunto fin qui a leggere 💜
 
Un grande abbraccio
-Vale
   
 
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