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Autore: hart    19/05/2020    2 recensioni
Nemmeno la Salvatrice può sfuggire al suo destino e, quando le spade si incontrano, la sua vita si spezza.
SwanQueen What if? ambientata durante e dopo la 6x22.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lei… lei non è come gli altri. Cattiva, buona, sono tutte cazzate. Lei è molto di più. L’ho saputo appena l’ho vista.

Okay, okay, magari ho notato altro, appena l’ho vista, ma puoi biasimarmi? Non la conoscevo mica, ci vuole tempo per capire certe cose. È cambiata così tanto, rispetto a quei giorni. Era una vera stronza, ma di quelle che mentre le odi non riesci a pensare ad altro che ad andarci a letto insieme. Certo che è imbarazzante ammetterlo, ma te l’ho detto, non voglio più mentire a me stessa. L’ho fatto per troppo tempo, ed è per questo che ho perso tutto. Lei non l’ho persa solo perché non l’ho mai avuta. In ogni caso, non puoi possederla, una persona in generale, ma una come lei soprattutto. Ma è quello il bello, no?

Aspettavo che facesse lei la prima mossa. Che idiota! Come si può pretendere una cosa del genere? Dico, come se non avessi imparato da quando avevo tre anni che se vuoi qualcosa, devi prendertela, e non aspettare invano che qualcuno ti faccia il favore e te la regali. Avrei semplicemente dovuto chiederle di uscire con me. Era semplice. Lo sarebbe stato.

Mi ha sempre capita, forse è l’unica che mi conosceva davvero. Io non l’ho mai decifrata completamente, ma ci ero vicina. Non riuscivo a prevedere quello che avrebbe fatto come lei faceva con me, ma la capisco. Ho sempre saputo chi è veramente. Ho sempre saputo di potermi fidare di lei.

 

 


 

 

 

Capitolo 7

 

 

 

Andare da lei divenne un’abitudine. O un’ancora di salvezza, l’unica parvenza di normalità, un’illusione che la teneva a galla, le impediva di percepire quell’assenza di vita che la devastava. Nonostante il funerale, nonostante non riuscisse a toccare nulla, nonostante il sangue incorporeo che continuava a sgorgare da lei senza sporcare nulla, non riusciva ad accettare di non essere più viva. Lei si sentiva viva! Vedeva, parlava, piangeva, urlava, e la sua magia si spandeva nell’aria come pura energia! E soffriva. Soffriva ancora. Che senso aveva?

Regina non aveva una risposta, e per quanto cercasse, non la trovava.  Emma sentiva quanto tutto ciò le stesse facendo male, ma non riusciva a smettere di apparire ogni volta che la sapeva da sola. Henry era tornato a vivere con lei, e andava a scuola, quasi ogni volta che sosteneva di farlo. Era depresso, sempre nervoso, ad un soffio dal crollo. Era sicura che, se si fosse fatta vedere da lui, sarebbe impazzito. No, doveva lasciarlo andare, lasciargli vivere la sua vita, per il suo bene. E così tutti gli altri. Certo, avrebbe dovuto farlo anche con Regina. Per il suo bene. Ma quando era sola…

Quando era sola era spaventoso. Continuava a ripensare alla spada che le affondava nel ventre, al vuoto che ne era seguito. Il sangue che usciva, che nessuno riusciva a fermare. La stanchezza assoluta che l’aveva colta. Che le aveva impedito di reagire.

Rabbia. Dio, se era arrabbiata! Aveva provato a prendere a pugni il muro, e non aveva fatto altro che affondare il braccio in quella strana consistenza che aveva la roccia, senza provare niente se non frustrazione. Aveva provato anche a colpire se stessa, ma non aveva funzionato.

Impazziva, quando era da sola. Per questo continuava a tornare da lei, nonostante sentisse il dolore che ogni sua visita le provocava.

«Sono egoista» le disse un giorno, seduta sulla sua chaise-longue, come la prima volta. Regina sedeva sul bordo del letto, le mani giunte posate sulle cosce, la schiena dritta e gli occhi lucidi.

«Da quando?» le rispose, accennando un piccolo sorriso triste. Emma non riuscì a ricambiare. Da quando sono morta, avrebbe voluto risponderle, ma forse era una bugia. In ogni caso, quelle parole l’avrebbero ferita. E avrebbero ferito anche lei.

«Io… sento quello che provi, Regina. Quello che provate tutti» le confessò con un filo di voce. Vide i suoi occhi allargarsi, la pelle perdere in parte il suo colorito e poi arrossarsi sugli zigomi. Sentì, dentro di sé, l’imbarazzo e la paura che Regina provò. Ma perché? Ah, certo. Non doveva essere piacevole essere così trasparenti per qualcuno abituato a mascherare le proprie emozioni dietro ad una buona dose di sarcasmo aggressivo. «Quindi so quanto ti sto facendo male, ogni volta» continuò. Si schiarì la voce, ma non cambiò molto. Le pareva di avere una lametta incastrata nella faringe. «Mi dispiace» disse abbassando lo sguardo, «È che sei l’unica che… Da sola non ce la faccio» riuscì ad ammettere. Tremò sotto l’intensità delle sue stesse emozioni. Del dolore che continuava a provare. Un cigolio leggero, un mutamento lieve nell’energia e nella luce della stanza. L’attimo dopo, Regina era seduta accanto a lei. Le loro spalle si sfioravano, senza toccarsi. Be’, non avrebbero potuto, in ogni caso. Avevano smesso di provarci. Era troppo doloroso, per entrambe. Ecco, quello continuava a lasciarla senza fiato: la sofferenza che Regina continuava a provare per lei. Davvero non credeva che ci tenesse così tanto a lei, e saperlo ora era una tortura: la faceva sentire una merda, uno schifo per come l’aveva trattata in passato, quando non facevano altro che litigare, e ancora peggio per quello che le stava facendo ora. Ma non riusciva, proprio non era in grado di lasciarla andare.

«Non sei sola, Emma» le disse, con quel tono di voce basso, privo di ogni armatura, un po’ stanco, incredibilmente triste. Si guardarono, ed Emma vide i cerchi scuri intorno agli occhi, che il trucco non riusciva più a nascondere.

Regina mosse di nuovo le labbra in un piccolo scatto verso l’alto. Emma sentì la nausea assalirla. Ma che stava facendo? Non poteva farla soffrire così. Si alzò, allontanandosi da lei.
«Se solo sapessi come andarmene da qui…» sibilò. Una nuvola oscurò il sole, all’esterno. Regina non si mosse dalla chaise-longue.

«Emma, sto bene.»

Si voltò di scatto a guardarla.

«No, Regina, non stai bene! Guardati!»

La donna inarcò un sopracciglio, strappandola alla disperazione per un breve, meraviglioso attimo in cui riuscì finalmente a tentare un sorriso.

«Intendo dire che sei stanca. Ti sto… consumando

Il Sindaco scosse la testa. Si alzò dalla chaise-longue e la raggiunse in pochi passi. Fece per toccarla un braccio, ma poi riabbassò la mano con un sospiro. In controluce, i suoi occhi erano due universi neri e scintillanti da cui era impossibile sfuggire. E, all’improvviso, erano così terribilmente vulnerabili che, se avesse potuto ancora respirare, non ci sarebbe riuscita.

«Ho bisogno di te, Emma. Non sei tu a consumarmi, è il fatto che non riesco a salvarti.»

Ogni parola fu come un pugno dritto al petto, colpi poderosi pronunciati in note lievi che si impressero nella sua anima. Ossia, in tutto ciò che era rimasto di lei.

Tremò, sotto al peso di quei suoni e di quello sguardo, di fronte alla brutale sincerità dell’ex-sovrana.

«Non puoi salvarmi» le disse in un mormorio mentre le sue stesse parole le portavano lacrime inconsistenti agli occhi. È troppo tardi, avrebbe voluto aggiungere. Ma perché? Non voleva ferirla. Aveva già sbagliato a pronunciare le altre tre parole, ma le erano sfuggite dalle labbra come vespe tra le mani chiuse, dopo averla punta e aver iniettato il loro veleno dentro di lei, a fondo, più e più volte. E fu allora che lo capì. Nessuno poteva salvarla, nessuno aveva mai potuto. Lei era morta nel momento stesso in cui era nata. Era il suo destino, essere sola, e persa. Non avrebbe trascinato Regina a fondo con sé.

Fece un passo indietro, Regina le rivolse uno sguardo confuso. Forse le aveva detto qualcosa, poco prima, ma lei non l’aveva ascoltata.

«Emma…»

La nota di disperazione che impresse al suo nome la fece vacillare. Ho bisogno di te, le aveva detto, ed era sincera. Emma si ritrovò a metà di una scelta, erosa dal dubbio. Poi pensò alla sua famiglia. A quanta strada avevano da fare ancora, a quello che suo figlio sarebbe diventato. Senza di lei, ma con Regina al suo fianco. Eccola, la risposta: Regina doveva occuparsi di Henry, e lei la stava ostacolando, impegnandola in ricerche senza senso. Non avrebbe mai dovuto farsi vedere da lei. Non avrebbe mai dovuto chiedere il suo aiuto.

Un altro passo all’indietro. Regina ne mosse uno avanti quasi all’istante, allungò una mano.

«Emma, no!» la implorò, intuendo qualcosa, forse. Lei le rivolse un sorriso mentre le lacrime scorrevano incorporee lungo il suo viso.

«Sono morta, Regina» disse in un soffio. Qualcosa dentro di lei si contrasse e si frantumò scricchiolando. L’ultima speranza, forse, qualcosa a cui si era aggrappata per non cedere.

Vide Regina incurvarsi, posarsi la mano sul petto, il dolore contorcerle il viso. Ma fece comunque un passo avanti, avvicinandosi di nuovo a lei. Aprì la bocca per parlare, ma Emma fu più svelta.

«Sono morta» ripeté, e un’altra sferzata di dolore si abbatté su entrambe, mescolando i sentimenti l’una dell’altra. «Non dovrei essere qui, c’è qualcosa che non va. Lo sento.» Provò ad asciugarsi le lacrime, ma quelle continuavano a scorrere come il sangue sul suo ventre. «Dovrei dirti di dimenticarmi. Dovrei dirti addio» proseguì, la voce che tremava. Vide Regina trattenere un singhiozzo, la mano stretta attorno alla bocca. Scosse la testa, lasciò ricadere la mano, umida di lacrime. Quando parlò, la sua voce era strana, deformata dal pianto. Non l’aveva mai sentita parlare così.

«Non voglio che tu lo faccia.»

Una pugnalata sarebbe stata meno dolorosa. Emma barcollò, incapace di sostenere il suo sguardo. E ora, come poteva ferirla un’altra volta? Voleva restare, lo voleva con tutta sé stessa. Non voleva dirle addio. Si ritrovò a singhiozzare, crollò a terra piangendo. Avrebbe voluto una vita intera con lei! Quella consapevolezza, che teneva sotterrata sotto ad una pila di bugie e convinzioni forzate, la spezzò. Aveva perso quell’occasione. Non avrebbe mai trovato il coraggio di confessarle quello che provava realmente, di avvicinarsi abbastanza da sentire il sapore delle sue labbra. Il dolore si irradiò dentro e fuori di lei in ondate devastanti. All’esterno, qualcosa di simile ad un monsone si abbatté sulla città. Le lampadine nella casa esplosero come palloncini troppo gonfi mentre la pioggia si abbatteva come pugni furiosi contro le finestre.

Era troppo tardi. Non poteva andarsene, e non poteva restare. Non le avrebbe mai detto la verità, per non ferirla. E avrebbe atteso forse per sempre di sparire nel nulla, con la consapevolezza che non avrebbe mai baciato la donna di cui era stata innamorata per anni, che non aveva mai avuto il coraggio nemmeno di invitare a cena fuori. La relazione che aveva cercato di evitare con tutte le sue forze ora era l’unica cosa che desiderasse davvero.

Pianse, ma il dolore non si calmò. Allora smise. Che senso aveva, in fondo? Non c’era niente che potesse fare. Alzò lo sguardo su Regina, che si era accovacciata accanto a lei, il viso sporco di lacrime, lo sguardo di angoscia. Provò l’istinto di toccarla, ma sapeva di non poterlo più fare. Che idiota, che era stata. E lei era così bella, persino in quel momento.

No. Non poteva permettersi di farle ancora del male. Regina non poteva fare niente per lei, che era solo un grumo di rimpianti ormai. Ma lei poteva fare qualcosa: poteva proteggerla. Poteva farsi da parte e permetterle di andare avanti.

Allungò una mano a fingere di sfiorarle il viso, e vide lo stupore illuminarle gli occhi.

«Mi dispiace» riuscì a dirle. Abbozzò un sorriso. «Ci rivedremo, prima o poi. Purtroppo.»

Regina iniziava a capire. Sentiva la sua stessa paura nel suo petto, l’obiezione che stava per nascere su quelle labbra perfette. Labbra che non avrebbe mai baciato. Ma che sarebbero tornate a sorridere davvero, una volta che lei le avesse lasciate libere di farlo. «Io me la caverò, non preoccuparti.» La guardò, un’ultima volta.

«Emma, no, non farlo…»

«Addio.»

«No!»

Un istante era lì, l’attimo dopo era nella cripta. Chiuse gli occhi, poi riprese a piangere, lasciando che il dolore la sommergesse fino ad inghiottirla.

   
 
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