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Autore: Frieda B    20/05/2020    1 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo VIII
La follia degli occhi verdi
 
 
                Il primo fine settimana libero dopo tanto di quel tempo, che Bastian s’era dimenticato di avere vestiti che non fossero la divisa. S’infilò un paio di jeans ed una maglietta, prese una felpa ed anche il suo zaino e vi infilò dentro pochi oggetti: la torcia, il cellulare, la power bank, il lettore musicale, le cuffiette, la sua borraccia, e poco altro. Gli piaceva viaggiare leggero.
Barthold lo guardò e sorrise: «Tutto pronto, allora? Io ho appena chiuso il mio zaino.»
«Sì, sono pronto» rispose lui. «Non vedo l’ora di andare.»
«Karl verrà, poi, alla fine? Hai detto che non era sicuro.»
«Sì, verrà.» Non riuscì a trattenere un largo sorriso. «Porta da bere. Ho già detto a Robert che pensava alla spesa.»
«Posso chiedere se tra voi…» domandò Bart eloquente, mettendosi lo zaino in spalla.
Achim entrò nella camerata in quel momento interrompendoli. «È incredibile che mi fate svegliare alle sei pure nel mio primo week-end libero da settimane. Voi siete pazzi.»
Bastian rise di cuore. «Puoi anche non venire, eh. Noi però andiamo in campeggio. Sarà divertente, vedrai.»
«Hai preso la tenda, Bastian?» chiese Bart.
«Ah, no… accidenti, mi sono dimenticato di dirtelo. Potresti portarla tu?»
«Certamente, non c’è problema.» Lui la tirò fuori dal suo armadietto. «Dov’è finita la tua?»
«Per la verità, io non la porterò. Dormirò nella tenda di Eisner.»
Achim si mise a ridere. «Hai bisogno di profilattici, stellina?» lo prese in giro con voce flatuata.
«No, li abbiamo, ti ringrazio,» rispose lui come fosse la cosa più ovvia del mondo, tanto a suo agio che gli altri due non seppero cosa dire. Sorrise chiudendo lo zaino e silenziosamente lasciarono la camerata, attraversarono il corridoio senza parlare per non svegliare gli altri. Passarono dalla camerata di Robert, che si unì a loro senza farli aspettare e nel cortile del settore A trovarono Karl con lo zaino ai piedi e una sigaretta tra le labbra.
«Ciao!» lo salutò Bastian avvicinandosi a lui più di tutti.
«Buongiorno,» fece Karl. «Andiamo?»
«Un momento,» disse Robert. «Nella mia macchina non entriamo tutti con gli zaini. Non ci avevo pensato.»
«Non preoccuparti, ho la mia macchina,» rispose Karl.
Bastian mosse due passi lontano dagli amici. «Io vado con lui, gli faccio compagnia nel tragitto. Ci vediamo lì.»
«Conoscete la strada?» domandò Bart.
«Io la conosco,» rispose Karl.
                Il fuoristrada rosso di Karl era un vecchio modello con la carrozzeria arrugginita, che aveva conosciuto più spighe di grano e piccoli sassi che asfalto liscio da città. Nonostante l’aspetto, andava ancora bene e non dava troppi disturbi.
Si misero in marcia subito dietro Robert, la cui macchina era decisamente nuova e più confortevole e quando partirono, Bastian subito prese il controllo della radio, mettendo a tutto volume una canzone di Shakira e mettendosi a cantarla. Era stonatissimo, ma felice.
Karl rise scuotendo piano la testa. Aveva gli occhiali da sole scuri che usava per volare e anche Bastian aveva i propri appesi al collo. Uscirono presto da Amburgo immettendosi in autostrada, lui guidava tranquillo con un gomito sul finestrino abbassato ed il vento del primo mattino sul viso che lo svegliava.
«Hei, Eisner?»
«Non ce la fai a stare zitto per cinque minuti di fila, eh? Dimmi.»
«Inauguriamo la tenda subito dopo averla montata, vero?»
Karl rimase un attimo in silenzio e la sua espressione seria fissa sulla strada. «Credo di sì,» fece infine. «Glielo hai detto? Ai tuoi amichetti.»
«Lo sanno, non preoccuparti.»
«D’accordo. Loro e nessun altro, sia chiaro.»
«Hai la mia parola.»
Bastian allungò la mano e la poggiò sulla sua, sul cambio di marce, e lo guardò con un sorriso. «Erano tre giorni che non ci vedevamo.»
«Sì. Le mie orecchie sono state benissimo.»
«Che stronzo che sei,» borbottò lasciando la mano.
Karl alzò il volume della musica. Dopo circa venticinque minuti, il sole era abbastanza alto da illuminare per bene la strada. Non avevano perso di vista la macchina di Robert, che procedeva spedita.
«Superiamoli.»
«La mia macchina non ce la fa, la sua è molto meno vecchia.»
«Ti prego, ti prego, superali.»
Karl sospirò e premette il piede contro l’acceleratore. Dopo un paio di tentativi superarono quella vecchia Mercedes grigia e Bastian colse l’occasione per uscire la mano dal finestrino e fare un gestaccio in direzione dei suoi amici, scoppiando poi a ridere da solo per la bravata.
Alzò la musica quando incontrò una canzone che adorava, Counting stars, dei One Republic.
 
Lately I been, I been losing sleep
Dreaming about the things that we could be
But baby I been, I been prayin' hard
Said no more counting dollars
We'll be counting stars
Yeah, we'll be counting stars.

 
«È la mia canzone preferita. Everything that drowns me makes me wanna fly. Voglio tatuarmelo. Sai che significa, mio bel campagnolo?»
«Illuminami, pozzo di scienza.»
«Tutto ciò che può abbattermi, mi invoglia a volare. Non è stupendo?»
«Lo è, lo è. Quindi vuoi uno di quei tatuaggi tamarri enormi e colorati…?»
«Sì, un aereo che squarcia le nuvole e questa scritta tutt’attorno. Non è un’idea carina? Sul braccio, tutto il braccio pieno di nuvole!»
Karl rise. «Credo sia la cosa più tamarra e oscena che abbia mai sentito.»
«Secondo me non è così male…»
                Arrivarono vicino ad un bosco e cominciarono a rallentare.
Gli alberi si estendevano davanti a loro, a destra e a sinistra, e ogni tanto c’era qualche macchina parcheggiata. Erano le 10 e 12 di venerdì mattina. Sarebbe stato un fine settimana speciale, per loro, il primo che passavano totalmente insieme. Karl avrebbe voluto fossero soli, ma non disse niente, quando accettò l’invito.
Guidava piano, godendosi per lo più il paesaggio. Ad un certo punto, rise brevemente.
«Cosa c’è?» chiese Bas curioso.
«No, niente.»
«Dai, dimmelo.»
«Quei due stavano scopando. Quelli nella macchina blu.»
Bastian rise a sua volta.
                Quando Robert fermò la macchina, lui cercò un posteggio vicino e parcheggiò il fuoristrada.
Scesero con gli zaini e le tende e si riunirono con gli amici che erano andati più avanti a cercare un buon posto, un posto abbastanza largo per tutti. Karl montò in pochi minuti la sua tenda, mentre Bastian era distratto a fischiettare con un uccellino che era lì su un ramo a riposare e che lo ignorò bellamente.
«Pensi di fare qualcosa di utile?» gli chiese Achim.
«No, conto che farà tutto Karl,» rispose lui.
Karl infatti montò la tenda in pochi minuti e vi infilò dentro gli zaini, dopodiché Bastian gli prese la mano e lo trascinò da parte, mentre gli altri erano distratti. Si allontanarono di mezzo chilometro per essere sicuri di essere soli, dopodiché Bastian si voltò, gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Karl ricambiò il bacio e lo strinse a sé. «Non avevi detto che lo sapevano?»
«Sì, volevo evitare i tuoi borbottii a riguardo. Così puoi limonarmi in pace, ti pare?»
Si baciarono a lungo, stringendosi l’un l’altro, finché Bastian sciolse il bacio e lo abbracciò. «Volevo tanto un tuo abbraccio,» confessò. «Gli abbracci sono importanti.»
Lui lo strinse a sé annuendo distrattamente e gli carezzò la schiena una manciata di volte. «Torniamo di là?» disse poi. «Magari si chiedono dove siamo finiti.»
«Sì, torniamo.»
Tornarono ridacchiando per un aneddoto stupido raccontato da Bas, distanti mezzo metro l’uno dall’altro.
Robert, Achim e Bart si guardarono tra loro, senza dire niente, stando al loro gioco. Non avrebbero messo loro fretta, ma era ovvio che sapessero.
                Sedettero tutti sull’erba e organizzarono il pranzo, grigliando un po’ di carne che si erano portati dietro, Robert aveva rimediato un vano frigorifero e lo aveva messo nel portabagagli. Karl aveva portato due cassette di birra e tre bottiglie di super alcolici. Il pranzo fu talmente abbondante che dopo si concessero tutti un po’ di riposo. Bastian aveva portato un telo da stendere per terra e si sdraiò lì, invitando Karl a fare altrettanto. Rimasero stesi lì guardando il cielo e le fronde degli alberi muoversi a causa del vento. Ogni tanto Bas si girava e lo guardava negli occhi o gli sfiorava la mano.
A metà pomeriggio, Robert si avvicinò loro con due birre e rise vedendoli baciarsi. Era stato Karl a prendere l’iniziativa. Gli aveva preso il viso tra le mani e lo aveva baciato dolcemente, anche avendo notato Rob avvicinarsi.
«Finalmente, era il segreto più noioso della storia. Vi ho portato due birre,» disse il ragazzo e dopo aver dato loro le due bottiglie di vetro si allontanò.
Karl aprì entrambe le bottiglie a mani nude e bevve un paio di sorsi.
«Sai farlo coi denti?» chiese Bas.
«Sì.»
«Oddio, però non farlo, mi fa impressione,» pregò.
Bevvero le loro birre e alla sera Karl e Bart accesero due fuochi, erano i più veloci e bravi nel farlo, ogni fuoco era davanti ad una tenda. Karl aveva sistemato la loro più lontano possibile dagli altri, per avere un po’ di privacy anche se nel silenzio della sera dubitò che ci sarebbe stata.
                Davanti al fuoco, presero a grigliare dell’altra carne e a bere dell’altra birra.
Bastian sedette a gambe incrociate vicino a lui.
«Servirebbe della musica,» disse Achim. «Peccato che Robert abbia dimenticato la chitarra.»
A quelle parole, Karl si alzò, rientrò in tenda e tornò dopo meno di cinque minuti con qualcosa tra le mani.
«Che roba è?» chiese Robert.
«Un’armonica. Non è la stessa cosa della chitarra, mi rendo conto.»
«E tu la sai suonare?»  domandò Bastian.
Karl ne diede subito una dimostrazione. Suonò un pezzo breve, naturalmente non era niente che fosse troppo moderno, tuttavia era una melodia piacevole e ritmata.
«Vuoi, non sapevo suonassi uno strumento!» esclamò Bas entusiasta.
«Più che uno strumento, è un passatempo,» rispose lui. «Ce l’ho da quando avevo dodici anni, sai, le feste di paese non hanno grandi strumentisti.» Alzò le spalle.
«Posso provare?»
Karl gliela porse. «Stai attento, sei capace di tagliarti la lingua, tanto sei goffo.»
«Hei!» ma proprio nel dare quest’esclamazione e nel porgersi in avanti per prendere lo strumento, Bastian perse l’equilibrio e dovette aggrapparsi a lui, scoppiando a ridere.
Karl svariò gli occhi e lo aiutò a rimettersi sulle proprie gambe. «Sei proprio un disastro. Come fai a cadere da seduto?»
I tre amici risero guardandoli. Karl ripose in tasca quella graziosa armonica tutta marrone intagliata e non se ne parlò più. Mangiarono ancora qualcosa e con qualche buona chiacchiera e qualche altra bottiglia di birra, andarono poi nelle proprie tende.
                Bastian si accoccolò subito a Karl, cingendogli la vita col braccio sinistro.
«Possiamo dormire insieme due notti di fila. Non sei felice?» mormorò dolcemente.
«Dipende,» rispose lui voltandosi per guardarlo.
«Da cosa?»
«Da quanto hai intenzione di russare.»
«Che stronzo! L’altra volta ero raffreddato, per questo ho russato. Di solito non capita…»
Karl si mise su un fianco e lo guardò. «Non c’è una sola cosa di te che, da sola, attirerebbe la mia attenzione.»
«Cosa sarebbe questo? Un tentativo di flirtare? Pessima riuscita.»
Lui scosse la testa. «Riflettevo. Non so perché sto con te. Sei un rompiscatole incredibile, cadi da fermo, sei goffo e rumoroso.»
«Ma ho anche dei difetti,» mormorò lui, nascondendo l’imbarazzo in una risatina.
«Però con nessun altro avrei mai fatto quello che sto facendo stasera con te. Dormire nella stessa tenda, con dei camerati a due metri di distanza che sanno benissimo cosa sto per fare.»
«Ah sì? E cosa stai per fare?»
«Questo.»
Karl lo sovrasto e si chinò per baciargli il collo. Affondò la mano sulla sua schiena, scese sul fianco e poi, via via, più giù, mentre le labbra non si staccavano dalle sue.
«Ah, per la verità una cosa c’è.»
«Cosa?» mormorò lui distratto, con gli occhi socchiusi.
«Gli occhi. Gli occhi verdi mi hanno sempre fatto impazzire.»
«Quindi valgo solo i miei occhi?»
«Questo potrebbe essere il massimo del complimento che avrai mai da me. Goditelo e non ti lamentare.»
«Dimmelo meglio.»
«I tuoi occhi verdi mi fanno impazzire
   
 
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