Mattina, mi sveglio, mi lavo, accendo il computer. Una notifica di skype. Apro. Riporto letteralmente quanto scritto:
Buongiorno; purtroppo mi sono ammalato. Per fortuna non è coronavirus, ma solo una comune influenza gastrointestinale, che però potrebbe essere altamente deconcentrante. Dobbiamo rimandare l’appuntamento di oggi, mi dispiace molto. Rimandiamo a un altro giorno. Grazie.
Chi è il mittente? Ma ASIM ovviamente. Che, da come è scritto il messaggio, sembra tipo quegli sms di gruppo che si mandavano un tempo per non dover creare il messaggio personalizzato. Ora coi gruppi Whatsapp è tutto più facile: uno scrive “auguri a tutti” e passa la paura.
Ho subito sentito l’ansia che saliva, anche perché io volevo assolutamente chiudere tutta questa storia il prima possibile. Così gli ho scritto. Ho detto che mi dispiaceva molto, ma che avevo assolutamente bisogno di vederlo e parlargli, che era una cosa veloce, non ci sarebbe voluto molto.
Con mia grande sorpresa ha visualizzato subito il messaggio e risposto poco dopo.
“Se è veloce, scrivila qui in chat. Ti rispondo appena sto meglio.”
Ho provato a immaginare come sarebbe andata con Callisto se fosse successa una cosa del genere. Al di là del fatto che una risposta così sarebbe da “radiato immediata dall’albo”. Ma pure per il paziente, mandare uno sterile messaggio con scritto “sai è meglio non vederci più, perché la terapia non sta andando bene, visto che ho provato a suicidarmi e mi sento una merda ogni mattina che metto piede fuori dal letto” è una cosa così brutta, almeno dal mio punto di vista.
Gli ho scritto che avrei atteso. Ma mentre lo facevo stavo molto male. Il Mostro è comparso nella mia stanza. Me lo aspettavo. È rimasto a fissarmi per un po’ e questa volta ho ricambiato sempre lo sguardo, finchè non è andato via. Mi guardava in modo strano, nervoso, ma anche severo. Sembrava che volesse dirmi “Cosa cazzo ti aspettavi? Credevi davvero che avresti risolto?”
Pensandoci bene, ho avuto brutte sensazioni da subito. Dalla prima volta che mi aveva rimandato l’appuntamento. L’avevo visto come un segno che non era destino vedersi. E non capivo perché. Per questo ho perseverato e insistito, anche perché non c’è mai stato da parte sua una reale manifestazione di disprezzo, come invece mi è capitato di vivere in altre esperienze, dove i rimandi erano un chiaro messaggio di “qui non funziona”.
Ogni volta che ho sentito che mi avrebbe annullato l’appuntamento, è accaduto. Anche questa volta in realtà.
Non sono riuscita a uscire di casa.
Ho mangiato poco a pranzo e per tutto il pomeriggio sono stata stesa al letto. Ho avuto crampi lancinanti allo stomaco per molte ore. Ma sentivo che se avessi mangiato, avrei vomitato tutto.
Il Mostro non se n’è mai andato, è stato seduto al mio capezzale per tutto il tempo della tortura, fissandomi; uno sguardo particolare, sembrava uno scienziato intento a osservare un esperimento. Ad un certo punto ha iniziato a dire: “Non sei tu, stanne fuori; non sei tu. Devi starne fuori.”
Ho avuto il coraggio di chiedergli “da cosa?”
E lui, dopo un lungo silenzio, ha avuto finalmente il coraggio di rispondere chiaramente, come non aveva mai fatto: “Da ASIM. Stanne fuori. ASIM cerca, ma non sei tu.”
E dopo avermi detto questo si è alzato e se n’è andato via.