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Autore: Exentia_dream2    20/05/2020    1 recensioni
È nato tutto da una scommessa, persa forse volontariamente.
Hermione e Draco, Harry e Ginny, Theo e Daphne... Cosa succederà?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Passato e presente 



Da bambina credeva che i sogni fossero desideri in grado di avverarsi soltanto credendoci intensamente: ad ogni risveglio, scriveva su un diario tutto ciò che aveva vissuto durante la notte ad occhi chiusi e raccontava anche i particolari più insignificanti, per non dimenticare nessun dettaglio. 

Ogni colore, ogni ombra, ogni viso era meticolosamente descritto in quelle pagine a righe, con la sua calligrafia fine, leggermente insicura. 

Da bambina, spesso, si svegliava a metà di un sogno e, subito dopo, provava a riaddormentarsi, stringendo forte gli occhi per provare ad afferrare il filo di quelle immagini che le avevano tenuto compagnia fino a qualche istante prima e, quando ci riusciva, sentiva la felicità esplodere nei suoi racconti che sembravano animarsi ogni volta che li rileggeva come se vivessero di magia e speranze indistruttibili. 

Speranze di cui, qualche anno dopo, aveva cominciato a raccogliere i cocci, custodendoli nell'angolo più nascosto del suo cuore: quando aveva scoperto di essere speciale, che la magia dei suoi sogni vibrava nelle sue dita e dopo aver affrontato le prime avventure con Harry e Ron, aveva anche capito avrebbe dovuto lasciare da parte i suoi abiti da bambina ed indossare quelli di una responsabilità che, in realtà, non aveva mai chiesto, il peso di un coraggio che spesso sentiva indebolirsi, il senso di giustizia che continuava a piegarsi sotto gli insulti e il male che aveva vissuto in quegli anni e che, con il tempo, le aveva fortificato i nervi, i muscoli e le ossa. 

Aveva imparato che niente poteva essere superato senza essere attraversato, che ciò che sembrava non era sempre uguale a ciò che vedeva, che una preghiera poteva essere pericolosa quanto una minaccia. 

Aveva imparato che i raggi del sole non riuscivano sempre a scaldare e che la luna poteva diventare una silenziosa confidente, che dietro le nuvole si nascondeva sempre la parte più bella del cielo e che dentro il ghiaccio il fuoco sapeva bruciare molto di più. 

Si era vestita e pettinata senza rendersi realmente conto di aver compiuto quei movimenti fino a quando non si era trovata di fronte all'uscita del suo dormitorio e l'aveva attraversata: quella mattina era incantata dal cantare degli uccelli e dal vento fresco che sembrava far fluttuare quelle note lungo i corridoi della scuola. 

Si muoveva tra quelle pietre con il suo camminare insicuro, spaventato da quella primavera fredda che cominciava a riempire l'aria, si guardava intorno in cerca di qualcosa di cui innamorarsi e, quando vide un rivolo di fumo allontanarsi a qualche passo da lei, sentì il cuore rimbalzare contro lo sterno: Draco era seduto sul parapetto di pietra, con il viso rivolto verso il giardino, le spalle dritte a dimostrare una forza che non gli apparteneva. 

Lo guardava mentre muoveva la mano e lasciava quelle nuvole di nicotina uscire dalla bocca, con la voglia di avere di nuovo il suo profumo sul viso e sulla pelle. 

Scosse la testa e si allontanò da quella schiena che una notte di qualche mese prima aveva accarezzato, sentendo forte il desiderio di restare in quel letto per sempre, fino a diventarne parte, insieme a lui; ricordava la sensazione di vuoto che aveva avvertito quando gli aveva restituito la collana e la lacerazione che l'aveva strappata dal mondo quando si era allontanata da lui, il suono delle urla che avevano riempito la Stanza delle Necessità e le lacrime che aveva pianto. 

Hermione cominciò a riprendere il ritmo dei suoi passi, proseguendo dritto, verso il corridoio che l'avrebbe portata sulle rive del Lago Nero, con la voglia di immergere la faccia in quelle acque e perdere tutti i ricordi che la legavano a lui, far posare quell'amore nel fondale e vederlo scomparire, inghiottito da quei miliardi di granelli di sabbia che restavano immobili in una clessidra di tempo di cui nessuno dei due faceva più parte. 

Poi, però, guardò verso il basso e si rese conto della fatica che i suoi piedi facevano ad andare nei luoghi che lei comandava loro ed era convinta che, se avessero potuto, sarebbero andati correndo nella direzione opposta a quella che stavano percorrendo, da lui, e mettere radici proprio di fronte ai suoi occhi e permettergli di accarezzare le linee di quel corpo che aveva avuto per troppo poco tempo. 

Si immobilizzò al centro del corridoio, troppo lontana dalle pareti per potersi appigliare e non cedere e cadde in ginocchio sulle pietre su cui la sua ombra disegnava perfettamente la sua immagine che si distruggeva e si sparpagliava poco lontano da lei: si vedeva mentre allungava le mani verso quei frammenti per raccoglierli e rimetterli al proprio posto, con i polmoni che sembravano accartocciarsi e la paura di aver perso ancora pezzi di sé e ritrovarsi con un altro buco nell'anima e nella mente. 

Sentì prepotente la mancanza della sua casa, della sua famiglia, della guerra che le permetteva di non dare peso a quello che succedeva oltre quegli incantesimi esplosi; la mancanza dei suoi sogni infantili, di quel cuore dorato che Draco le aveva regalato per quel Natale che avrebbero dovuto trascorrere insieme, ma durante il quale avevano sentito sulla lingua il sapore di perdersi senza mai essersi davvero appartenuti e, rivederlo la notte di Capodanno, finire gli ultimi minuti di un anno trascorso e cominciare allo stesso modo quello nuovo, vedersi svanire un attimo dopo, per lei era stato come sprofondare ad occhi spalancati in una caduta senza fine dal quale ancora non riusciva a risalire, mentre vedeva allontanarsi la superficie di quello che erano stati insieme. 

Si alzò quasi di scatto, facendo peso sulle mani e corse verso la Sala Grande ancora vuota: spostò l'attenzione sul soffitto sostituito da un cielo stellato e tranquillo, perdendosi ancora nei ricordi di quella notte a casa di Blaise Zabini, quando per la prima volta aveva fatto l'amore con Draco e si era sentita piena di lui, di quel sentimento che li legava e dal quale non faceva altro che fuggire e nascondersi. 

Rimase ferma sulla soglia, guardando i lunghi tavoli in un solleticare sottile di echi di risate a riempire la sala e a vestirla di una gioia lontana che non provava da troppo tempo. 

-È strano vederla vuota, vero? 

Chiuse gli occhi accompagnando la certezza di poter riconoscere quella voce dovunque, anche tra altre mille. -Sì…- lo vide avanzare verso il tavolo di Serpeverde, senza dire una parola. 

Lo vide sedersi, poggiare la fronte sui palmi delle mani, spostare i capelli all'indietro nonostante continuassero a cadere sulla fronte. 

Poi, si avvicinò al tavolo Grifondoro, prendendo il posto che qualche mese prima aveva lasciato, quello da cui poteva guardarlo per convincersi che scrivere la parola fine a loro fosse stata la cosa giusta e, poco dopo, la Sala Grande si riempì di studenti, odori e vapori di pane tostato e tè: sorridevano tutti, facendo pronostici e scommesse perché quel giorno, sul campo di Quidditch, si sarebbero affrontate le squadre di Grifondoro e Corvonero che ricoprivano il primo e il terzo posto nella classifica delle case, divise dai Serpeverde. 

I minuti della colazione trascorsero veloci, in un turbinare di voci e cori rivolti agli avversari. 

Hermione si affiancò quasi timida a Ginny, le poggiò la mano nella piega del gomito e sorrise. -Andiamo insieme? 

-Ma che domande fai? 

A volte, di fronte all'amica, aveva la sensazione di sentirsi troppo debole per sostenere i dolori di quella vita che continuava a scorrere e che lei non stava vivendo davvero: lasciava soltanto avanzare il tempo, l'alternarsi del giorno e della notte e non viveva. 

Lasciò Ginny all'ingresso degli spogliatoi da cui arrivavano gli incitamenti degli altri giocatori della squadra e si diresse verso gli spalti. 

Vide Draco poco lontano da lei, lo guardò e lui ricambiò con un sorriso e le tornò alla mente la scena che aveva vissuto durante la Coppa del mondo di Quidditch, quando le cose tra loro erano ancora uguali agli anni precedenti, quando, qualche metro più in basso, Draco le aveva rivolto il primo vero sguardo che sembrava leggerle dentro e lei sentì il cuore fermarsi, convinta che fosse per il fastidio che aveva provato per la sua presenza. 

E, in quel momento, mentre sentiva quella bocca sfiorarla, provò la stessa sensazione di quel giorno e capí che era amore, già prima di sentire la sua vera voce, di vedere quello che lui era abile a nascondere dietro la sua maschera, prima di scoprire che anche lui l'amava, prima della ricerca degli Horcrux, della Guerra Magica, dei Mangiamorte e della verità, prima di baciare Ron.

Capí che, prima ancora di rendersi conto di se stessa, lei era già innamorata di Draco e, finalmente trovò la risposta ad una delle domande rimaste in sospeso, vestite di ipotesi, senza nessun punto interrogativo. 

Si accorse di aver camminato verso di lui soltanto quando sentì nella gola l'emozione di parlare. -Tanto…- un sussurro che si perse tra le urla dei giocatori e quelle dei tifosi, ma che lei sentì uscire dalle labbra come un grido oppressivo e disperato. 

-Cosa? 

-Il tempo che abbiamo perso. 

-Possiamo ancora recuperarlo. Se vuoi, io… 

Lei scosse la testa. - No, è tardi. È stato tutto perfetto e voglio ricordarlo così… 

-'Miò, fermati, ti prego… - ma lei cominciò a salire verso gli spalti, continuando a negare a se stessa e a lui la possibilità di ricominciare, maledicendo il suo orgoglio in un movimento di capelli che si intrecciava al suo dolore silenzioso e si mescolava alle lacrime perse in quella supplica che la stava piegando sotto il suo peso e la voglia che aveva di realizzarla.





La voce di Anthony Goldstein accompagnava ogni singolo movimento dei giocatori in maniera quasi imparziale, nonostante fosse un tifoso sfegatato della sua casa di appartenenza e Harry la ascoltava attentamente per capire cosa succedesse sotto di lui. Quando cadde dal manico di scopa e vide il Cercatore di Corvonero prendere il Boccino e volare sulla propria tifoseria per esultare, Harry lanciò gli occhiali sul terreno facendoli rompere e piegare sotto i suoi piedi: si sentiva arrabbiato, demoralizzato, colpevole di aver deluso i propri compagni di squadra, ma, quando tutti gli sorrisero nonostante avessero perso, avvertì quel senso di malessere sfumare dal corpo e dissolversi lontano nell'aria intorno. -Festeggeremo lo stesso. 

-Siii.- quel coro di voci gli accarezzò la pelle lasciando una sorta di velo opaco sul pensiero di quella sconfitta e si sentì consolato dal fatto che i Grifondoro fossero ancora primi in classifica, poi si diresse negli spogliatoi, insieme agli altri giocatori, congratulandosi di tanto in tanto con gli avversari che lo incrociavano: era stata una bella partita, durante la quale nessuna delle due squadre si era risparmiata nella conquista dei punti e nella ricerca del Boccino d'Oro. 

Si lavò in fretta e si asciugò allo stesso modo, pronto a mantenere la promessa di festeggiare il primo posto che apparteneva ancora a loro, così si vestì ed uscí dagli spogliatoi, fuori dai quali lo aspettava Ginny. -Ehy… - le lasciò un bacio leggero sulla bocca. 

-Pronto? 

-Sì. 

-Sei stato davvero grande, capitano. 

-Anche tu e grazie per tutti quei punti.- infatti, i Grifondoro stavano padroneggiando la partita con un risultato di 200 a 90, fino a quando poi Stewart Ackerly, Cercatore di Corvonero, non aveva avuto la possibilità di colmare quella differenza di punti e vincere la partita, mentre Harry cadeva rovinosamente sul terreno del campo e si malediva. 

-Dobbiamo aggiustare quegli occhiali. Oculus Reparo. Ed ora, possiamo andare. 

Harry sentì la mano di Ginny che si faceva spazio e riempiva la sua. La strinse più forte. 

Camminavano in quel modo tutto loro di tenersi per mano e sorridersi, facendo invidia a chiunque ancora non avesse provato la gioia di un amore capace di superare ogni limite. 

Di fronte al ritratto della Signora Grassa, scoppiarono entrambi a ridere. -Sarà sempre così? 

-Credo proprio di sì: in fondo, tutti vorrebbero essere al posto di Harry Potter ed essere liberi di stare con la sottoscritta. 

-Parola d'ordine.- la donna all'interno della cornice cominciò a cantare a squarciagola, mentre i due si coprivano le orecchie. 

-Lieto di conoscerla. Però, tu vuoi stare solo con me, vero? 

-Non lo so, devo ancora prendere una decisione a riguardo.- risero e si baciarono ancora per tutto il tempo in cui la cornice si spostava di lato rivelando l'atmosfera di una piccola festa a cui i Serpeverde avevano rifiutato di partecipare. 

Harry cominciò a ballare, avanzando lentamente verso il centro del piccolo cerchio che si era formato intorno a lui e allungò le braccia verso Ron, chiamandolo a sé. 

Ricordò la notte in cima alla Torre di Astronomia, durante la quale l'amico aveva avuto il coraggio di aprirsi di nuovo a quelli che un tempo erano stati i suoi migliori amici e da cui si era allontanato volontariamente: era contento di averlo di nuovo nella sua vita, perché durante quei mesi, la leggerezza e il sorriso di Ron, unito a quello che si disegnava sul viso di Ginny ogni volta che li vedeva insieme, gli erano mancati terribilmente. 

Poi, anche Hermione si aggiunse ai festeggiamenti, con gli occhi tristi e l'accenno di un sorriso e, nonostante questo, Harry si guardò intorno e si sentì di nuovo completo.






Da quando era cominciato l'anno scolastico, Albus Silente aveva concesso agli alunni la possibilità di chiedere il permesso per smaterializzarsi anche all'interno della scuola e, dopo averlo ottenuto, Draco salutò il Preside e lasciò il suo ufficio: aveva bisogno di tornare a casa, perdersi nelle stanze di Malfoy Manor e sentire tutto il peso della sua tristezza, la voglia di volare via, di chiedere alla sua vita un conto che non sentiva di aver consumato se non nei sogni o negli incubi che faceva ogni notte. 

Sentì uno strappo all'altezza dell'ombelico e si ritrovò in camera sua dove riuscì a vedere i frammenti, gli sprazzi di luce di un tunnel fatto di pareti conosciute separato da quella realtà da cui voleva scappare.

Scese lentamente le scale e trovò sua madre seduta sul grande divano, con un libro tra le mani e le posò un bacio sulla guancia: da quando aveva raccontato la verità ai suoi genitori, Narcissa aveva compiuto dei passi che l'avevano avvicinata a lui e allontanata da Lucius. -Dov'è? 

-Non è in casa. Perché sei qui? 

-Avevo bisogno di evadere. 

Sentiva lo sguardo di sua madre addosso che lo guardava con amore perché, per lei, suo figlio era la cosa più bella di quel mondo fatto di sottomissioni non volute e rispetto mai ottenuto; era l'unica cosa giusta di una vita passata a piegarsi e ad eseguire ordini in una causa che non aveva mai sostenuto. La osservò mentre chiamava uno degli elfi domestici e chiedeva gentilmente di portare loro due tazze di tè. -Lo so che non è facile far finta di niente quando provi di tutto, Draco. 

Quel suono dolce sembrava lenire il bruciore di quelle ferite che faticano a rimarginarsi e si chiese quanto tempo ci volesse per guarire dal dolore dei ricordi, incapace di rialzarsi da solo, di capire da solo, di trovare un senso da solo. 

Ripensò alle parole che Hermione gli aveva detto prima della partita di Quidditch, ripensò alla scena che lo aveva portato a dare un pugno a Ron e capì di avere tutto ciò che loro non avrebbero mai avuto ed anche che loro avevano tutto ciò che lui da sempre desiderava- l'amicizia, l'amore, la fiducia- nel turbine di un passato lontano che si mescolava al suo presente, in una nota di nostalgia che non gli era mai appartenuta ma che, ultimamente, lo sorprendeva spesso. -No, non lo è. A volte sembra impossibile. 

-È davvero così importante? 

Annuì. -Sì. 

-Allora devi aspettarla… 

-Per quanto? 

-Anche tutta la vita, se fosse necessario.

-Ho paura di spezzarmi, di spezzarla. 

-È un rischio che devi correre. È difficile cogliere il momento giusto, ma ne varrà la pena e te ne accorgerai quando riderai insieme alla persona che ami e ti sentirai finalmente vero. 

Rimase lì,stretto in quelle promesse che stentava a mantenere, con la testa poggiata allo schienale del divano, mille pensieri ad affollargli la testa e il desiderio ancora forte di scappare per baciarla ogni giorno ed ogni notte senza vedere la fine di quelle immagini, la voglia di ritagliarsi uno spazio, anche piccolo, per guardarla negli occhi e chiederle di andare con lui per portarsi via da quei posti in cui non stavano più bene. 

Buttò fuori un alito di fumo di una sigaretta che si era consumata insieme alle parole di sua madre. -Devo andare…

-Perché non resti a cena? 

-No.- la strinse in un abbraccio che sembrava voler cancellare tutto il tempo in cui si erano sentiti obbligati a mostrarsi freddi, a non sentirsi madre e figlio. -Tornerò a trovarti presto. 

-Ti aspetterò qui. 

Risalì le scale che lo avrebbero portato nella sua camera, si fermò ad osservare il letto, l'armadio ed aprì un cassetto dal quale estrasse il biglietto dei desideri di Hermione, su cui la parola scritta appariva ancora più evidenziata, come a volerlo spingere a continuare, a non fermarsi, ad insistere. 

Eppure, in quel momento, Draco sentì tutte le sue speranze diventare granelli di polvere: li avvertiva sotto le scarpe, nei capelli, davanti agli occhi che provavano a restare forti, nonostante fossero pieni di delusioni. 

Si smaterializzò di nuovo ad Hogwarts e si diresse nella Sala Comune. Si bloccò sulle scale, nascondendosi dietro l'angolo di pietra ad ascoltare le parole di Daphne e cominciò a trattenere il respiro quando riconobbe la voce di Hermione. -Hai ragione. 

-Lo so e mi dispiace, ma è così: se vuoi chiudere davvero questa storia devi percorrere una strada diversa e fare in modo che la tua e la sua non si incrocian più. 

-E come faccio? 

-Devi lasciarlo andare: vi sto osservando da un po' e, anche se gli dici che non lo vuoi, i tuoi occhi dicono il contrario. 

-Non è vero.

-Si, lo è. Non vuoi ammetterlo, ma sai anche tu quanto ancora sei innamorata di lui, perché tu lo ami vero? 

Draco sentì il silenzio calare improvvisamente e il gelo salirgli nei polmoni, nel cuore, nella gola: capì che tutto il tempo del mondo non sarebbe servito a riportarla da lui, che la pazienza e la speranza di riaverla lo avrebbero soltanto fatto a pezzi e portato all'autodistruzione. Sentiva l'impulso di allontanarsi, ma decise comunque di attraversare quello spazio che lo divideva dall'uscita della Torre. 

Vide Daphne che alzava gli occhi su di lui. -Da quanto  sei qui? 

-Sono appena tornato. Sono stato a casa.- e il suo sguardo si posò sul viso di Hermione, su quella pelle dove i solchi delle lacrime avevano lasciato il sale di quel dolore che lui sentiva addosso e creava un muro di rimpianti che li divideva. La osservò a lungo, immaginò le sue mani ad asciugarle il pianto, la sua bocca a baciarle gli occhi, le guance e le diede le spalle per combattere contro se stesso, per darsi la possibilità di non cedere più e uscì nel corridoio, appoggiando le spalle al muro e scivolando fino a che non si trovò seduto sul pavimento: in quel momento, capí che soltanto con lei si era sentito amato, pur continuando ad essere se stesso, alternando gli attimi in cui indossava  la maschera di sempre a quelli in cui si spogliava di tutte le sue paure; che soltanto con lei aveva avuto la sensazione di raggiungere luoghi lontani e sconosciuti pur restando immobile e che soltanto con lei si era sentito completo, senza avvertire la mancanza di nient'altro che non fosse lei. 

Lei, lei soltanto, anche quando si trovava insieme a centinaia di persone. 

Angolo Autrice:

Eccomi qui… Non ho molto da dire riguardo a questo capitolo, ma spero davvero che vi piaccia ❤️

A presto, Exentia_dream2. 









   
 
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