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Autore: girasole1197    22/05/2020    1 recensioni
''Una volta da qualche parte ho letto che i piccoli momenti che hanno cambiato la tua vita finiscono per sommarsi e stratificarsi fino a formare una massa informe di intensità . Non ho mai trovato parole migliori per definire questa storia e sono certa neanche tu''
Come è iniziato tutto? Forse così:
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maggio 2020

Una volta da qualche parte ho letto che i piccoli momenti che hanno cambiato la tua vita finiscono per sommarsi e stratificarsi fino a formare una massa informe di intensità . Non ho mai trovato parole migliori per definire questa storia e sono certa neanche tu.
Non ti vedo da tre mesi perché siamo bloccati ai poli opposti del globo: io a Los Angeles e tu in Francia , in  un posto con molto più silenzio. Mi mandi messaggi ad orari in cui sai benissimo che non posso leggerli e la maggior parte delle volte li cancelli. La mattina apro la nostra chat e mi rendo conto che hai fatto sopravvivere soltanto un ‘ehi’. L’altra notte ho lasciato la suoneria perché speravo di poterti battere sul tempo e leggere ciò che realmente avevi voglia di dirmi: non mi hai scritto. Indugio sul tasto ‘’chiama’’ ogni giorno alle 15 quando so che anche tu sei sveglio e il fuso orario non ci rema contro. Mi chiudo in uno stanzino dell’ospedale e controllo il telefono, mi sento una ragazzina nel corpo di una trentenne.
Non ti vedo da tre mesi e abbiamo litigato da cinque. L’altro giorno Stella mi ha chiesto che cosa ricorderò di questo periodo assurdo e io le ho saputo solo dire  ‘’la notte’’. Turni di lavoro folli, litri di caffè, il segno dolorante della mascherina sulla faccia e la crema idratante all’aloe vera il cui profumo mi ricorda solo quelle settimane da te in Francia la scorsa estate. La notte fisso il soffitto del mio stanzino in ospedale , perché di tornare a casa non ho quasi mai voglia, e prego che finisca tutto presto, prego per poter riascoltare presto la tua voce , prego perché so che tu non puoi sentire e prego per riuscire a perdonarti. Spengo la sveglia al primo squillo perché so che anche quella notte non siamo stati insieme e che nemmeno quella sarà l’alba del perdono.
Ogni tanto ripenso alla prima volta in cui mi hai visto rullare una sigaretta e sei rimasto a fissarmi per 2 minuti buoni perché eri convinto che non ne  fossi capace. Ti ho detto ‘’non sai niente di me’’ , hai risposto ‘’vorrei che non fosse vero’’. Oggi so che probabilmente sapevi di me molto più di quanto io non abbia mai saputo di te e forse è questo che ha rovinato tutto.
Ti ho promesso che ogni giorno  ti avrei scritto se stessi bene così non salto mai il messaggio delle 19 in cui ti dico che anche quel giorno non ho febbre, che anche quel giorno ho visto gente morire e gente andare via guarita. Mi rispondi solo ‘’ti prego mangia e dormi’’ e so che vale molto più di un messaggio di circostanza.
Hai smetto di firmarti  a fine messaggio da quando hai scoperto che ti controllano gli sms e cambi sim praticamente ogni settimana. Ogni volta che mi arriva un messaggio da un numero sconosciuto spero che sia tu perché ne ricevo mille al giorno da pazienti diversi. Lily mi manda lunghissimi audio da trenta minuti in cui mi racconta delle sue pene d’amore e di quanto sia opprimente avere venti anni in questo momento storico. Li ascolto mentre ceno in mensa così ho una scusa per distrarmi dalla disperazione della terapia intensiva, mi lascio cullare dalla sua voce mentre mi chiedo da quanto non sento la tua.
 A fine messaggio mi dice sempre che le manco e poi aggiunge che non ti dirà niente di questi messaggi e che posso stare tranquilla, le rispondo che mi manca anche lei.
Ieri ho aperto la lettera con dentro l’invito a deporre in tribunale sull’incidente. Abbiamo iniziato a chiamarlo così e non abbiamo mai smesso.
Nella mia mente si susseguono in maniera lucidi pochi brevi momenti: il giorno della mia laurea, quella notte sotto la pioggia battente a Londra, il momento in cui ho capito che papà non ce l’avrebbe fatta, la prima volta che ti ho visto, la prima volta che abbiamo stappato insieme una bottiglia di vino rosso, l’ultima volta che ti ho sentito cantare, quando mi hai chiesto di leggere per te quella poesia di Baudelaire in italiano, il cielo pieno di stelle quella notte in Provenza.
Stavo dando da mangiare al cane quando il postino si è fermato di fronte casa per riempire la cassetta della posta e lì per lì ho solo pensato che fossero le classiche pubblicità, qualche bolletta, il numero della rivista scientifica al quale sono abbonata. Però quando si è allontanato ho irragionevolmente avvertito l’impulso di andare immediatamente  a controllare come presa da una frenesia. Ed eccola lì: la lettera che mi invitava a deporre al tuo processo di gennaio. Non solo me lo aspettavo ma ero stata avvisata dal direttore dell’ospedale circa un mese prima ma avevo ignorato totalmente il pensiero. Ho cacciato questa storia in un angolo della mia mente talmente piccolo da non riuscire più a visualizzarlo.
La mia terapeuta dice che devo imparare a metabolizzare le cose senza cancellarle. Ora solo le tre di notte e tu mi hai appena scritto che il copione per il nuovo film ti fa venire mal di testa.
Come è iniziato tutto? Forse così.
   
 
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