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Autore: viktorkrumsupremacist    22/05/2020    0 recensioni
Il Torneo Tremaghi, la più importante competizione magica per i giovani maghi e le giovani streghe europee ancora in età di formazione accademica. Un punto di vista - anzi tre - alternativi rispetto a quello esclusivo di Harry che la Rowling ha raccontato nel Calice di Fuoco.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Cedric Diggory, Fleur Delacour, Viktor Krum
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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I. Il favorito di Karkaroff

Quando Viktor spalancò gli occhi, in quel luminoso ma ventoso mattino dell’otto luglio millenovecentonovantaquattro, la sua mente realizzò tre fatti della realtà che lo circondava in rapida successione. Per alcuni di essi era ovviamente più grato che per altri.

Fatto numero uno: si trovava a casa sua, nel comodo letto della sua stanza. Scoperta sorprendente, si potrebbe pensare sarcasticamente, se non fosse che la vita di Viktor si divideva ormai in mesi trascorsi a scuola e settimane in ritiro con la sua squadra di Quidditch, la nazionale bulgara, prima di un match o se semplicemente al loro allenatore così aggradava, e pertanto poter dormire a casa sua stava quasi diventando un lusso. Talvolta, tra quelle mura, si sentiva come se lì fosse ospite e non come se fosse a casa sua, ma metteva a tacere quelle voci dentro di sé, un po’ perché non riusciva a sopportare l’amarezza di quella parte di sé stesso ancora bambina, che aveva sempre sognato di trascorrere la vita girando per il mondo e di certo non si sarebbe aspettata di soffrire così tanto la nostalgia di casa, un po’ perché si sentiva colpevole nei confronti dei suoi genitori, in particolar modo di sua madre, Ivanka, che ogni giorno di più sentiva distante, come se non lo conoscessero più davvero, come se avessero smesso di essere partecipi del suo processo di crescita dall’età di undici anni, quando aveva cominciato a frequentare l’Istituto di Studi Magici Durmstrang, come ogni mago o strega della sua età. Di certo era una sensazione difficile a cui sfuggire se si considerava che la sua stanza era ancora arredata come se lui fosse ancora un ragazzino di undici anni – troppo colorata e con dei giocattoli un po’ infantili ovunque, di cui aveva tentato di liberarsi più volte ma sempre fermato da sua mamma, che ogni volta affermava che non si sarebbe privata della tangibilità dei ricordi.

Fatto numero due: era sgradevolmente sudato, col lenzuolo sotto il quale si era addormentato la sera prima tutto attorcigliato sotto i piedi e fra le gambe. Essere sudati d’estate non è una bella cosa, ma non era il caldo ad aver causato quella sua particolare condizione fisica. Fino a pochi secondi prima, infatti, Viktor era completamente immerso in un sogno, o meglio in un incubo, nel quale si teneva in bilico su un solo piede sul suo manico di scopa, l’ultimo modello disponibile di Firebolt, per afferrare il Boccino. Ovviamente ci era riuscito, ma per farlo aveva perso l’equilibrio. Il sogno si era interrotto proprio mentre stava precipitando da un’altezza vertiginosa. Se essere sudato in un letto bollente era quindi la garanzia che tutto ciò era solo un sogno e lui vivo e illeso, beh, Viktor lo avrebbe accettato.

Fatto numero tre: doveva assolutamente cominciare a studiare. Il suo ultimo anno di scuola sarebbe cominciato di lì a due mesi, anzi meno, ma lui non aveva molto tempo da perdere, o meglio, non poteva concedersi di rilassarsi o addirittura di fare una vacanza. Tra poco sarebbe stato impegnato con i Mondiali di Quidditch, il ché avrebbe significato settimane passate a sfiancarsi tra un allenamento e l’altro, settimane nelle quali non avrebbe ovviamente potuto scrivere nemmeno un rigo di pergamena. Alcuni professori non erano disposti a “chiudere un occhio” se non riusciva a completare tutti i compiti per l’estate solo perché il signorino Krum, ora che è una star mondiale del Quidditch, ha cose più importanti a cui pensare che la scuola. Nessuno di loro poteva immaginare tutto lo stress e la stanchezza che si portava addosso quando, oltre alla vita da studente, aveva cominciato a vivere quella da atleta, ma di certo non lo avrebbe confidato a chi era intenzionato a odiarlo solo perché lui era quel che era.

Prima che potesse fermarsi, la sua mente gli fece rivivere abbastanza intensamente – o, comunque, la stretta che ebbe allo stomaco, quasi di nausea, intensa lo era abbastanza – un colloquio che aveva avuto col suo sgradevole professore di Arti Oscure, Bromsstorn, il Natale precedente. Viktor non aveva mai nascosto di avere un profondo disprezzo per quella materia: trovava repellente che qualsiasi individuo trovasse moralmente accettabile cercare di plagiare dei ragazzini – come erano loro – insegnando loro incantesimi, pozioni e quant’altro il cui unico scopo non era altro che ferire altri esseri umani. I suoi genitori lo avevano avvertito: certe opinioni, in certi ambienti, non dovevano essere condivise così alla leggera, eppure lui lo aveva fatto, sprezzante di chiunque avesse cercato di inculcargli un po’ di buon senso.

Fino a quel Natale, ovviamente. Bromsstorn gli aveva ordinato di andare nel suo ufficio per una punizione – aveva eseguito per il corso i suoi compiti in maniera insufficiente per tre volte di fila. A Viktor non importava, avrebbe anche potuto infliggergli una punizione corporea per quel che la questione lo tangeva, ma di certo non si aspettava che, ad attenderlo nell’ufficio del suo basso e odioso professore ci fosse anche il Preside Karkaroff.

Viktor aveva deglutito in maniera molto rumorosa ed era sicuro che il professore avesse notato con piacere il suo pomo d’Adamo fare su e giù. Oppure sorrideva in maniera sgradevole semplicemente perché gli andava, questo non avrebbe potuto dirlo. Di certo godeva quando gli studenti erano a disagio, e Viktor pareva una delle sue vittime preferite da sempre.

L’ufficio del suo professore era piccolo, stipato di oggetti dall’aria sinistra e alcuni palesemente “morti” che osservavano i tre convenuti dagli alti scaffali che circondavano la piccola stanza. Sinistri bagliori verdi, rossi e dorati si levavano da alcuni barattoli. Viktor si chiese se il suo professore non volesse per caso farlo diventare un altro interessante articolo in quella grottesca mostra dell’orrore. Ma allora perché chiamare un testimone ad assistere.

Che il Preside fosse lì per volontà del professore e non per sua spontanea autonomia, Viktor lo avrebbe scommesso. L'alternativa sarebbe stata andare nell’ufficio del Preside stesso, ma tutti gli studenti sapevano che lì nessuno era il benvenuto. Strane leggende, persino sinistre, aleggiavano attorno a ciò che l’ex Mangiamorte facesse lì tutto il giorno. Alcune erano assurde, certo, ma il fatto che nessuno nel castello potesse trovarne l’ingresso a meno che l’occupante non lo volesse era di certo sospetto. E il modo in cui trattava tutti gli studenti, in particolar modo i nuovi arrivati, negli unici intervalli di tempo che non considerava abbastanza preziosi per starsene da solo come al solito, ovvero le ore dei pasti, non deponeva a suo favore.

Viktor cercò di ignorare il fatto che era nella stanza con qualcuno che lo avrebbe usato come cavia per le dimostrazioni di ogni incantesimo oscuro esistente e con qualcun altro che, per quel che ne sapeva, avrebbe assistito alla scena senza intervenire, se non altro per interesse accademico, e si schiarì la gola prima di esordire con un saluto, per evitare che la sua voce suonasse instabile, facendolo sembrare impaurito, più di quel che già era.

A quel suono il Preside, che era seduto di fronte alla scrivania nera che se ne stava in mezzo alla stanza (ma poggia su gambe di troll?, il ragazzo si chiese per un folle secondo osservando l’ingombrante tavola nera poggiata su due ingombranti gambe di mostro) e di spalle alla porta si voltò, lo vide e sorrise.

Il sorriso di Karkaroff non era quel genere di sorriso che ti fa pensare “ecco, sto simpatico a quest’uomo”, ma piuttosto quel genere che ti fa pensare che, durante una partita a scacchi, il tuo nemico ha appena capito come mettere fuori gioco tutti i tuoi pezzi principali e vincere la partita.

- Viktor! Entra, aspettavamo solo te per iniziare.

Sia il suo professore che Karkaroff erano seduti su comode poltroncine basse ricoperte di pelliccia scura, mentre a lui era stata destinata una rigida sedia dello stesso colore – quella stanza era incredibilmente monocromatica – ma non osò sedersi. Il suo professore lo odiava così tanto che probabilmente lo avrebbe sgridato solo perché aveva osato sedersi senza chiedere il suo permesso.

- Buonasera, signor Preside. Signore. – disse alla fine, volgendosi prima verso l’uno e poi verso l’altro.

- Viktor, ragazzo, devo dire che mi aspettavo di rincontrarti in un’occasione più piacevole di questa – gli rispose il Preside senza ricambiare il suo saluto.

Viktor si guardò i piedi, cercando qualcosa di intelligente da dire. Cosa doveva fare?

- Molti studenti in questo Istituto, signor Krum, si sognano le tue doti intellettuali e pagherebbero per riuscir bene come te nella maggior parte delle discipline magiche senza sforzo come fai tu. Capisci, quindi, la mia sorpresa nello scoprire non solo che tu non riesca ad essere nemmeno sufficiente in un campo della magia per noi fondamentale come le Arti Oscure, quella, oserei dire, da cui le nostre commissioni valutatrici quasi esclusivamente decidono della carriera accademica dei nostri studenti, ma che addirittura ti rifiuti di applicarti?

Viktor rimase in silenzio.

- Il Preside ti ha fatto una domanda, Krum. Rispondi con qualcosa di sensato, se sei così intelligente come dicono. Io personalmente ho sempre avuto i miei dubbi.

A parlare era stato il suo professore. Si stava evidentemente godendo l’umiliazione di un ragazzo che odiava, che riteneva un buono a nulla e a cui tutti davano buoni voti solo perché sai tenerti in equilibrio su un manico di scopa.

Karkaroff alzò una mano per metterlo a tacere. - Sono sicuro che Viktor ora ci illustrerà dei fatti che spiegheranno questa incresciosa situazione. – disse.

Viktor non avrebbe saputo dire chi odiava più tra i due.

- Signore, io… non è che sono insufficiente nelle Arti Oscure, signore. Se volessi, potrei sottoporre chiunque alla Maledizione Cruciatus anche adesso. Se mi andasse, potrei creare un Distillato della Morte così potente che anche solo respirarne il profumo sarebbe mortale. Ma perché dovrei?

Bromsstorn batté il pugno sul lucido legno nero, irato. Viktor si chiese se si era fatto male visto che l’uomo portava un enorme anello alla mano.

- Cosa le dicevo, signor Preside? Una mancanza di rispetto inaudita, senza precedenti in tutti i miei anni di insegnamento!

 Il Preside alzò nuovamente la mano per mettere a tacere il suo sottoposto, ma lo fece sorridendo dolcemente.

- Sono sicuro, caro professore, che ora che il signor Krum sa che il problema è stato portato alla mia attenzione, dedicherà alla disciplina l’attenzione che merita, come io la dedicherò ai suoi voti di fine anno. Non ci sono regole del genere, ma sono sicuro che nessuno si meraviglierebbe se, come direttore di questo prestigioso istituto, ritenessi inopportuno che uno dei miei studenti continui a partecipare ad alcune delle sue… attività extracurriculari, se vogliamo. Altrettanto prestigiose.

Viktor aveva capito subito, nell’infinito giro di parole, che era il modo preferito di Karkaroff di esprimersi nei confronti di chiunque potesse vantare un po’ di potere, la minaccia insita.

Avrebbe dovuto migliorare il suo profitto accademico per continuare a giocare a Quidditch. Non dubitava che il suo Preside avesse il potere di farlo interdire dalla squadra. Del resto, era stato lui a farcelo entrare, era davvero così privo di verità pensare che lui stesso sarebbe stato in grado di negargli una cosa che gli piaceva davvero?

Viktor odiava molte delle cose connesse al Quidditch, ma non il gioco in sé per sé. Stare sulla scopa, essere capace di notare, in mezzo a tutta quella confusione, il dettaglio dorato che valeva centocinquanta punti e che avrebbe portato la squadra alla vittoria… quello non gli spiaceva.

Perciò non aveva molte scelte riguardo a cosa fare dei suoi voti in Arti Oscure.

Il ricordo di quel quarto d’ora trascorso in maniera così sgradevole sparì a forza dalla mente di Viktor. Del resto era impossibile smettere di pensarci quando il programma della sua giornata era colazione – studio – pranzo – studio – cena – studio. Alla fine, però, una doccia fredda lunga quasi mezzora migliorò la situazione. Anche se non riuscì davvero a smettere di far risuonare nella sua mente tre sgradevoli parole, il favorito di Karkaroff, come gli studenti più grandi lo schernivano in continuazione. Forse lo era davvero, ma in un modo che loro nemmeno immaginavano. Aveva smesso di essere, al contrario di tutti gli altri studenti, trattato con generale sprezzo e indifferenza, ma da quando Karkaroff lo aveva fatto entrare nella squadra era come se Viktor avesse un debito nei suoi confronti, e i modi falsamente affabili che da qualche tempo adottava nei suoi confronti non erano che un modo di ricordarglielo.

Quando scese giù in cucina, sua madre era già lì, e lo salutò distrattamente. Ivanka se ne stava poggiata al lustro bancone della cucina, con indosso una lunga veste verde che le metteva in risalto gli occhi. L’aspetto di sua mamma era completamente l’opposto del suo – alta, aggraziata come una ballerina, bionda – ma del resto Viktor era identico a suo padre.

Il bel viso gradevole di sua madre era gravato da una smorfia di preoccupazione. Tra le mani, infatti, teneva una lettera che continuava ad osservare. Doveva essere appena arrivata, visto che il grande gufo bruno che l’aveva portata era ancora sul davanzale della finestra ad abbeverarsi, e di sicuro era una lettera importante. Da quando Viktor era diventato famoso casa sua era stata cominciata ad essere sommersa di gufi da parte di ammiratori, con grande delizia di suo padre ma grande sconforto di sua madre, che si trovava la cucina invasa di piume (e non solo) di gufo, pertanto sull’abitazione era stato posto un incantesimo che la rendeva irrintracciabile ai gufi. Tutte le missive per Viktor erano depositate presso una cassetta che si trovava a venti metri da casa loro.

A meno che non si trattasse di lettere da parte del Ministero o di Durmstrang.

- Viktor, sei qui – lo salutò distrattamente sua madre – fai colazione rapidamente, il tuo Preside… Karkaroff… sarà qui tra poco.

L’ironia di quella situazione fece quasi ridere Viktor. Chissà se aver pensato al suo Preside così intensamente lo aveva evocato… e chissà cosa voleva dirgli.

Il Preside era stato già una volta a casa sua un anno prima per comunicargli che, grazie alle sue conoscenze altolocate, lo aveva proposto ad un talent scout per la nazionale di Quidditch, a cui doveva dimostrare di essere bravo a volare proprio quanto lo era a lezione di Volo a Durmstrang. Viktor ricordava ancora il modo sdegnoso col quale l’alto mago aveva guardato casa sua, un ambiente nel quale magia e tecnologia babbana si mischiavano perfettamente, e tutti sapevano cosa Karkaroff pensasse dei babbani. Alla luce del suo ambiente familiare e del suo andamento scolastico, Viktor si era più volte chiesto se il Preside si fosse mai pentito di aver proposto lui e non qualche Purosangue che condividesse le sue idee sulla supremazia magica per la nazionale, ma del resto era inutile rimuginarci. Viktor non sarebbe mai stato un falso modesto, e sapeva che alle selezioni nessuno si era nemmeno avvicinato al suo talento naturale.

Il fatto che avesse debuttato così giovane in una squadra nazionale ne era la prova.

L’uomo arrivò poco dopo la lettera che lo annunciava. Nonostante il caldo indossava una lunga veste nera da mago e dei guanti neri di cuoio. Lo stile preferito alla comodità, evidentemente.

Sua madre lo accolse in maniera che sperava fosse calorosa, facendo sparire con uno sventolio della sua bacchetta i resti della colazione di Viktor.

- Signora Krum! – esordì il mago appena varcò la soglia di casa, chinandosi per baciare la mano della donna. Lei guardò perplessa suo figlio per tutta risposta. Evidentemente non aveva dimenticato nemmeno lei la prima volta che era stato lì.

- Buongiorno anche a te, Viktor – continuò poi Karkaroff salutando anche il suo studente.

- Il signor Krum è in casa? Speravo di avere la famiglia riunita… devo comunicare un’informazione importantissima riguardo la carriera accademica di Viktor e volevo ci fosse la famiglia al completo, così da sapere subito il vostro parere al riguardo.

Ivanka scosse il capo. – Purtroppo è a lavoro e non credo possa raggiungerci – spiegò, facendo un cenno al Preside perché si accomodasse nel salotto. Karkaroff sedette esattamente al centro di un lungo divano, come se lì fosse il padrone.

- Oh, beh… scommetto che potete dirlo voi a lui – rispose, sollevando leggermente la veste prima di sedersi – il Ministero vi contatterà tra poco ma vorrei essere io a comunicarvelo per primo. Del resto, è merito mio se Viktor è stato scelto. Come è già accaduto in passato, mi pare – l’uomo ridacchiò, facendo un occhiolino al suo studente, come se non gli avesse appena detto che se Viktor era “qualcosa” in realtà era solo merito del suo burattinaio.

Viktor era abituato a quella allusione e non ci badò, ma non riuscì a nascondere l’espressione interrogativa. Il Ministero?

- Signora Krum… Non ho mai nascosto a suo figlio che ho grande stima di lui e grandi aspettative sul suo rendimento scolastico. Quindi per lui… non deve essere una gran meraviglia che io sia qui, ecco.

Viktor era sempre più perplesso. Probabilmente Karkaroff non aveva mai elogiato così qualcuno. Doveva esserci per forza qualcosa sotto.

Sua mamma lo guardò cercando di capire.

L’uomo, evidentemente ignaro di quella comunicazione non verbale tra i due, continuò. – Viktor è assolutamente uno dei miei studenti più brillanti… e per fortuna è maggiorenne, in maniera tale da aver potuto proporre il suo nome… per il Torneo Tremaghi.

Viktor era confuso. Ivanka invece era incredula.

- Il Torneo… Signor Preside, ma…

- Il Torneo Tremaghi non si tiene da cento anni, sì, esatto. Ma il mondo magico è pronto per questa sfida e ovviamente, dovendo proporre una delegazione di giovani studenti che il settembre prossimo andrà a Hogwarts per provare ad essere scelto come campione, il primo nome a venirmi in mente non poteva che essere quello di Viktor. Ha conoscenza magiche strabilianti per la sua età e, non nascondiamocelo, il fatto che sia un’atleta non può che essergli utile.

Viktor non riuscì a trattenersi oltre. – Signor preside, signore… Cos’è il Torneo Tremaghi?

Il Preside ridacchiò. – Male, Viktor, molto male… dovresti saperlo dalle tue lezioni di Storia della Magia. Il Torneo Tremaghi è una competizione magica che si tiene tra le tre scuole di formazione superiore magica europee: Durmstrang, Beauxbatons e Hogwarts. Questa volta, dopo cento anni la soppressione, la competizione si terrà a Hogwarts. Il campione – e io non dovrei essere di parte, ma spero vivamente si tratti di te – verrà scelto tra una delegazione di miei studenti che l’anno prossimo studierà all’estero, a Hogwarts. Il campione dovrà comunque avere una preparazione magica sufficiente durante l’anno, ma le tre prove che egli, o ella, dovrà sostenere, avranno la priorità, e pertanto alla fine dell’anno sarai esonerato dagli esami.

Varrebbe la pena diventare campione solo per non sostenere l’esame di Arti Oscure, pensò Viktor per un istante.

- È concesso a me, in quanto madre dello studente in questione, avere un’opinione sul fatto che mio figlio passi un anno all’estero? – chiese sua madre.

Karkaroff la guardò come se si fosse dimenticato che fosse lì e infastidito dall’interruzione. – Certo, ma Viktor è adulto e dovrebbe decidere da solo.

- Certo – ribatté ancora sua madre – ma sono sicuro possa comunque ascoltare cosa ho da dire al riguardo.

***

Nonostante, apparentemente, sua madre avesse un’opinione al riguardo, Viktor comunque ancora non la conosceva. Più tardi, a cena, anche suo padre era stato informato di quell’opportunità, ma nessuno dei due aveva ancora detto qualcosa al riguardo.

Viktor sapeva che gli stavano concedendo il suo spazio per riflettere prima di scambiare dei pareri – cosa che comunque sarebbe dovuta avvenire subito, visto che il Preside attendeva una risposta in dieci giorni – ma avrebbe tanto voluto che dicessero qualcosa. Alla fine avrebbe comunque fatto ciò che voleva, ma avere un parere di due persone adulte e che avevano a cuore il suo benessere forse lo avrebbe aiutato.

Viktor se ne stava seduto sulla veranda antistante la sua stanza. Da lontano gli giungevano la musica, il profumo, le voci della vicina città babbana, Sofia, a cui limiti viveva la sua famiglia. In qualsiasi altra sera si sarebbe mischiato a quella folla festante di turisti che sotto il cielo notturno festeggiava il semplice fatto di essere viva, di respirare, di poter provare dei cibi che sapevano di sapori così diversi da quelli che avevano assaporato per tutta la vita nelle loro case, in altri Stati o addirittura in altri continenti. Un’altra sera si sarebbe mischiato a quella folla che non sapeva della magia, del Quidditch, a cui di certo sarebbe parso bizzarro chiedergli un autografo, stargli dietro tutta la sera riempendolo di domande e cercando di compiacerlo come sempre più spesso gli accadeva, ma quella sera non gli andava.

Sapeva che almeno una piccola parte dei suoi genitori voleva che lui a quel torneo non partecipasse e rimanesse un po’ più vicino a casa. La cosa più odiosa è che lui si sentiva diviso a metà, diviso tra quella parte che voleva partire e studiare all’estero per un anno intero (!) e l’altra che voleva mettere le radici in quella casa.

Quasi desiderando che Karkaroff non si fosse presentato sulla soglia di casa sua, Viktor si sdraiò a terra. Faceva troppo caldo per pensare di dormire nella sua stanza, ed infatti fu lì che il sonno lo colse, a terra all’ingresso della sua stanza, la sua mente affollata di pensieri.

   
 
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