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Autore: Aqua Keta    22/05/2020    7 recensioni
Forse il destino è già scritto ma con ostinazione e coraggio lo si può cambiare e tornare a vita nuova. Esiste un tempo per soffrire ma esiste anche un tempo per la ricompensa della gioia
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Rimase a fissare il convento.
Gli si strinse il cuore ripercorrendo ciò che era successo.
Andrè abbasso lo sguardo. Ripensò alla sua Oscar – “Amore mio….è una magra consolazione sapere che sei viva…senza sapere dove”- sibilò.
Vincent gli poggiò una mano sulla spalla. Un leggero sorriso – “Coraggio! Ora viene il difficile”
Fece un lungo respiro.
L’avrebbe ritrovata, a tutti i costi.
Salì a cavallo – “Vi occuperete di Cesar?”
“Non dovresti nemmeno chiedermelo, ti pare?”
Scosse il capo –“Certo…domanda stupida la mia”
Rosalie e Bernard risalirono in carrozza.
“Mi raccomando. Fate attenzione, soprattutto quando arriverete a Parigi!” – rivolgendosi ai giovani.
“State tranquillo….noi comunque…ci rivedremo!” – Bernard allungò la mano prima di richiudere la porta.
Mornay la strinse – “Ci rivedremo!”
“Andrè….andiamo…”- richiamò la sua attenzione Rosalie.
“..quell’uomo…”- mormorò.
“Ehi….hai cambiato idea. Non parti più?”- Vincent si avvicinò a cavallo.
“…l’uomo della taverna..”
“Si può sapere cosa vai borbottando?”-
“Ascoltate Mornay….c’era un uomo…un tale che Oscar ed io abbiamo visto tempo fa …una sera che siamo andati a bere qualcosa….Oscar disse di averlo visto alla taverna di Du Bois a Parigi….e…lo incrociammo anche di ritorno ….proveniva dalla casa dei Jarjayes…”
“Un uomo?...vuoi dire che Oscar ha riconosciuto lo stesso uomo per ben tre volte?”- Vincent quasi allarmato.
“Si….rammento di non averle creduto….lei ne era certa…ricordarsi di averlo visto addirittura a Parigi….quello mi ha lasciato perplesso nonostante non ci abbia dato peso..”
“Avresti dovuto parlarmene prima…”- Vincent si fece più serio del solito.
“Stai parlando della sera che ci siamo incontrati tutti alla taverna?”- intervenne Bernard.
“Si, Oscar ricordò di aver visto un uomo fissare di continuo la nostra tavolata”
Cercò di portare la memoria indietro nel tempo focalizzandosi sull’ambiente circostante del locale ed eventuali presenti che gli fossero rimasti in mente.
“Ehi…ora che mi ci fai pensare …ci fu un tale che uscì proprio a chiusura….rimasi perplesso visto che tutti oramai se n’erano andati….lui attese fino all’ultimo…proprio quando foste voi a lasciare la taverna”
“Dite sul serio?”
“Mornay…ne sono certo. Un tale con un cappello dalla tesa larga….quasi a coprirgli completamente il volto.
Mi rimase impresso proprio per il fatto che lo tenne indosso tutto il tempo!”
“Andrè è lo stesso?”
“Si…non rammento alla taverna….ma la descrizione combacia perfettamente con gli altri due episodi..”
“Cos’altro ricordi?”-
“…un Quarter Horse…cavalcava un Quarter Horse perfetto…lucido, la criniera nera….”
“Caspita!”- Bernard stupefatto.
“Era bellissimo….quello mi ha colpito. La purezza del colore…. non una macchia. Perfetto!”
“..non male come indizio….non sono molto comuni in Francia… anche se ho avuto occasione di vederne diversi.  E’ già qualcosa da cui partire…...averlo saputo prima avremmo potuto già cominciare le ricerche…”- quasi un bacchettare Andrè.
Si volse fissandolo aggrottando la fronte. Non gradì l’osservazione…ciononostante Mornay non aveva tutti i torti.
“A questo punto la scelta di agire su due fronti cade a pennello. Indubbiamente  la taverna di Du Bois sarà il primo luogo dove dovremmo recarci una volta giunti a Parigi”- concluse Bernard.
“Bene, cerchiamo di tenerci in contatto Chatelet. E’ fondamentale informarci ogni qualvolta ci siano novità in merito”
“Perfetto. Ora è meglio metterci in viaggio….Parigi non è dietro l’angolo. Il tempo è prezioso miei cari!”
Vincent volse gli occhi per l’ultima volta verso Andrè – “In bocca al lupo!”
“Crepi!”
 
 
A terra, in un angolo, riconobbe la sua giacca.
La prese infilandola.
Un brivido la percorse. Sedette e calzò gli stivali.
Rialzatasi tentò nuovamente di arrivare a quella finestrella.
Solo tendendo al limite il braccio incatenato riuscì ad appoggiarsi appena al muricciolo del davanzale.
Una nebbia fitta le impedì di scorgere cosa vi fosse oltre.
Amareggiata se ne  tornò nell’angolo.
“Dove mi trovo? Cos’e’ successo?....Andrè….dove sei…?”- il cuore pieno di tristezza –“ …se non fossi andata da Girodelle…e tu fossi rientrato prima….avremmo trascorso assieme la notte…tutto questo non sarebbe accaduto…”
Rannicchiandosi portò le mani al grembo –“Mia creatura….mi auguro tu ci sia ancora. Ti prego, non mi lasciare.”
Sentì le lacrime scenderle sulle guance –“..smettila Oscar …..ti stai comportando come una femminuccia piagnucolosa….si Andrè, te l’ho promesso …..ma non riesco a smettere….non so perché ma non riesco a fermarle…..proprio non riesco…”
I morsi della fame cominciarono a farsi sentire insistentemente.
Asciugatasi il viso afferrò un tozzo di pane dalla ciotola.
“Devo mangiare!”- si disse. Intinse il pezzetto nell’acqua per ammorbidirlo lo addentò masticando lentamente, cercando di coglierne il sapore …immaginando i piatti deliziosi di Nanny –“Giuro che se mai farò ritorno a casa non avrò più tante storie e non rifiuterò più di mangiare per il semplice fatto di non aver appetito!”- si disse.
Si strinse di più nella giacca.
Chiuse gli occhi - “Desidererei tanto avere un tuo cenno…un segno che …che sei ancora qui con me…”- accarezzandosi il ventre.
Un unico pensiero: rimettersi in forze nonostante tutto. Successivamente avrebbe cercato di comprendere per quale motivo si trovasse lì e soprattutto chi avesse ordito il tutto.
Una figura le fu subito chiara : si, quell’uomo…..prima alla taverna di Du Bois, poi quella sera nel locale dove si era recata con Andrè a bere….e sulla strada per casa….
“Si, deve per forza avere a che fare con tutta questa storia…”-
Un rumore di passi rimbombare oltre la porta di ferro.
Si nascose più nell’ombra.
Qualcuno aprì la grata posta circa a metà.
Si intravvide appena un volto scrutare all’interno della cella.
Oscar nel buio lo fissò a lungo.
“Allora …che sta facendo?”
“Non so, credo dorma…..non riesco a vederla.”
“Dai…fammi passare che controlliamo”
Udì la pesante sbarra cigolare mentre scivolava a fatica nei passanti di ferro.
La canna della pistola indirizzata verso di lei. Trattenne il fiato.
“La ciotola è vuota…. si è svegliata”
Oscar socchiuse gli occhi appoggiandosi al muro, fingendo di dormire.
I due si avvicinarono cauti.
Il freddo di quell’arma da fuoco fra i capelli.
Lei rimase immobile ed in silenzio.
Innervosendosi quello con l’arma la spintonò ripetutamente.
Attese qualche istante poi -“Ora”- si disse agguantandolo improvvisamente per il polso obbligandolo a piegarsi a terra.
La mano bloccata.
“Ahhh!-“ si lamentò dolorante.
“Maledetta!”- l’altro si avventò su di lei mettendole di soppiatto le mani al collo e stringendo –“Molla la presa …puttana!”
L’aria che mancava, la stretta sempre più forte, la rabbia implacabile di quel tale accanirsi su di lei.
Tentò disperatamente di liberarsi.
Non riuscendoci lo afferrò per il viso affondandogli le unghie nelle guance.
Un ceffone di una violenza inaudita la colpì seguita da un calcio all’addome.
Piegata in due dal dolore le mancò il fiato.
“Volevi fuggire eh?”- passò una mano sul viso graffiato – “Schifosa!!”- sputò a terra.
“Caspita…non credevo potesse avere così tanta forza!”
“Ci avevano avvisato che fosse un osso duro!”
Prima di uscire uno dei due la spinse verso il muro con un piede –“Fatti un riposino per calmarti un po’!”
Rimase sola a contorcesi dal dolore.
Sentì salire le lacrime agli occhi assieme alla rabbia.


Che cosa ci si poteva aspettare ora? Il peggio?
Le atrocità viste in quel breve lasso di tempo non fecero altro che incuterle solo il terrore e nemmeno gli occhi innocenti dei suoi figli riuscirono a rasserenarla.
Guardò il Delfino correrle incontro –“ Mammina!”.
Aveva dovuto dare udienza a quell’orda di donne piazzatesi nei giardini delle Tuilleries che a lungo non avevano che urlato di rabbia contro di lei.
Cercando di placare il tremore che l’aveva assalita, si era fatta forza e aveva risposto con garbo soddisfacendo pienamente ogni domanda rivoltale da ognuna di loro riuscendo quasi a tramutare un branco di lupi in un gregge di pecorelle.
Affascinate da tant’eleganza avevano azzardato chiedendole un nastro, un fiore, un qualsivoglia gingillino….oggetti preziosi del resto…reali.
Con il consorte avevano poi visitato l’intero palazzo per scegliere in quali appartamenti sistemarsi.
Un edifico mal tenuto e mal arredato, quasi in uno stato di abbandono.
Fortunatamente erano riusciti a farsi portare parte del mobilio e dei loro effetti personali.
Tutto sommato la sistemazione era piacevole.
Era divenuto un vivere molto più intimo rispetto Versailles.
Almeno all’interno del palazzo.
Fuori i giardini furono lasciati aperti al pubblico. Ciò non fece altro che incrementare la curiosità del popolo.
Scrutare, spionare la quotidianità dei sovrani. La folla voleva sapere, voleva conoscere.
Ora i reali erano “più vicini” ai parigini. Questo contava.
Non più “relegati” lontani, distaccati, in un mondo opulento dove la miseria non era che un punto lontano e senza alcun significato.
Niente più balli, niente più ricevimenti, niente più concerti…..
Il palazzo delle Tuilleries non era infine…che una prigione!


La pioggia fitta e copiosa contro le finestre.
Allungò una gamba girandosi nel letto.
Quel calore a contatto con la sua pelle.
“Oscar…”- mormorò .
Il viso sorridente, i suoi bellissimi occhi celesti, quel mare di riccioli biondi sparsi sul cuscino.
“Ti amo”- la sua bocca avvicinarsi. Sfiorarlo, cercandolo, desiderandolo sempre più.
Adagiandosi su di lui lo ricoprì di baci scendendo lungo il collo, le mani accarezzarlo sul petto …sempre più giù.
Il respirò gli si mozzò in gola.
Deglutì ripetutamente stringendo da una parte le lenzuola dall’altra i suoi capelli.
Riaprendo gli occhi …il capo riverso all’indietro …il suo bacino muoversi lento….sentirsi dentro di lei…
Le labbra appena socchiuse e quel piacere distenderle il viso.
L’afferrò per i fianchi.
Un tuono scosse i vetri.
Andrè aprì gli occhi. Si volse sul fianco quasi abbracciando il cuscino.
L’ultima volta…si, l’ultima volta che era stato con lei,…prima che accadesse tutto…
L’ennesima notte insonne.
Sedette sul bordo del letto passandosi una mano tra i capelli.
Versò un sorso d’acqua.
Una fortuna trovare quell’alloggio.
La strada buia, la tempesta…
Avevano rischiato di rimanere a piedi. Il percorso si era trasformato in un ammasso di fango.
Una delle ruote della carrozza era sprofondata in una buca.
Fradici ….far leva per liberare il mezzo e rimettersi in viaggio.
In lontananza una luce, la loro salvezza.
Provò un leggero senso di invidia pensando che nella camera accanto stavano riposando Rosalie e Bernard.
Strofinò ripetutamente gli occhi. Non erano nemmeno a metà strada da Rennes.
Se l’indomani non si fosse placato il diluvio, si sarebbero dovuti fermare per tutta la giornata.
“Dannazione”- tutto tempo perso.
Doveva arrivare a Parigi il prima possibile.
Scostò le tende guardando fuori.  La strada gli parve un fiume in piena.
Una mano contro il muro, l’altra su un fianco. Il capo chino in avanti.
“Non ha senso tutto questo”- mormorò –“Perché?....”
 
 
Sedette ad un tavolo.
“Ehi Alain….bentornato. E’ un po’ che non vi facevate vedere”
“Du Mont…voi senza bere non riuscite proprio a stare!”- scoppiò in una risata.
“Smettetela di prendermi in giro. Passo ogni tanto. Essere un curato non significa non apprezzare un buono e sano bicchiere di vino. Allora che mi raccontate?”- lisciandosi i baffi.
“Aspetto Leah…dovrebbe terminare a breve”
“Come vi vanno le cose? Avete notizie di Bernard? E Andrè ed Oscar?”
“Da quello che so Bernard dovrebbe essere di rientro da Londra a giorni….degli altri sinceramente non ho notizie. Mi auguro di cuore che stiano bene e che Oscar sia guarita…per il resto…tiriamo a campare con qualche lavoretto”
“beh….visto che siete stato nei Soldati della Guardia perché non vi arruolate nuovamente? Ne cercano di persone come voi….tutti i giorni…e poi non ditemi che non vi farebbe comodo una bella paghetta…anche se non particolarmente sostanziosa. In questo periodo credo che non ci si debba lasciar sfuggire alcuna opportunità…e poi prestereste semplicmente servizio…non vi spedirebbero da nessuna parte”
“…sinceramente non saprei….dovrei affrontare questo discorso piuttosto spinoso con Leah…”
“Se per caso prenderete una decisione so io con chi farvi parlare…..”
“Fareste questo per me?”-
“Perché non dovrei….umh….sta arrivando la vostra donzella”-
La giovane si accostò al tavolo – “Andiamo?”
“Conosci il curato Du Mont?”-
“Non credo proprio. I mie rispetti signorina”- un cenno con la testa.
“Buonasera ….non lo conosco di persona ma qui l’ho visto diverse volte”
“Allora….ci vediamo!”- allontanandosi.
“Quando volete!”
Appena fuori iniziò a piovere.
Alain sollevò il mantello e la prese accanto a sé –“Metti lo scialle, ti riparerai un po’ di più”
Percorsero il tratto di strada fino a casa a passo veloce.
“Di che avete discusso tu e Du Mont?”
“Ne parliamo a casa”- cercando di coprirla il più possibile.
Diane dormiva quando rientrarono.
Alain scrollò il mantello dall’acqua e sfilò gli stivali.
Leah ripose lo scialle accanto alla stufa – “Comincia a far freddo!”
“Dici?”- le si avvicinò –“Vieni qui bambolina. Ci penso io a scaldarti”- la strinse tra le braccia – “E’ bello averti qui con me”
“Su…avanti, cosa devi dirmi”- staccandosi da lui.
Non le si poteva proprio nascondere nulla.
“Senti….”- appoggiandosi con le spalle al muro ed incrociando le braccia – “Du Mont mi ha detto che stanno cercando uomini da arruolare….ecco…non sarebbe male come idea…poi avendo fatto parte dei Soldati della Guardia avrei qualche possibilità in più…”
Abbassò lo sguardo pensierosa.
“Se in futuro vogliamo sposarci non credo riusciremmo a vivere della tua paga alla taverna e dei lavori saltuari che posso trovare… e poi onestamente non sono molto più d’accordo sul fatto che tu debba lavorare fino a notte fonda….preferirei saperti a casa ad una cert’ora”
“Alain….io voglio stare tranquilla…”
“Ma certo….guarda che se non lo fosse non starei qui a parlartene. Il curato mi ha dato qualche dritta. Nel caso dovrei rivolgermi a lui. E….non potresti sentire da Diane …che ne so, se ti potessero prendere in sartoria? Sei brava a cucire e rammendare…”
“Diane è molto più fine di me…..”
“Non dire sciocchezze…ascolta, credo sia il caso di cominciare a organizzare meglio la nostra vita…già la fuori è uno schifo….”
“Potrei parlarne con tua sorella?”
“Perché no. Sono certo che metterebbe una buona parola…”
“Posso pensarci?”
“Come no. Io invece aspetterò Bernard poi parlerò con Du Mont”.
 
 
I giorni successivi il suo risveglio non furono dei migliori.
Quei due malvagi che l’avevano in carico si accanirono su di lei in una maniera inaudita.
Quotidianamente recandosi a controllarla furono percosse e sproloqui.
Se inizialmente ebbe la forza di reagire, successivamente priva di forze smise.
Davanti a tutto scelse di proteggersi, ma soprattutto di proteggere la creatura che stava crescendo in lei.
Rannicchiata in un angolo, lo sguardo perso oltre quelle inferriate.
Un pezzo di cielo grigio, la pioggia battente sulle pietre del davanzale.
Inconsapevole del suo destino.
Forse sarebbe stato meglio dare un taglio a quella sofferenza fisica…se fosse stata sola…
Combattiva nel resistere fino all’ultimo…esclusivamente per il frutto del loro more.
La ciotola del pane vuota, i morsi della fame, la sete.
All’improvviso un barlume.
Dolorante si fece forza. Afferrò quella scodella ed allungandosi al limite delle sue possibilità per via della catena ad una mano, la sistemò sulla finestra.
La pioggia cadendo obliquamente scivolava lentamente all’interno delle sue pareti assieme a quella che colava dalle inferriate.
“Forza!”- sibilò fissando le gocce nel loro tragitto a formare piano piano quel tanto agognato sorso d’acqua.
Ci volle del tempo perché vi fosse un quantitativo pari ad un cucchiaio.
Si morse il labbro pensando che finalmente sarebbe riuscita almeno ad inumidirsi la gola arsa.
“Che stai facendo?”- uno dei due balordi piombò di soppiatto nella cella.
La ciotola rotolò a terra.
“No…”- gli occhi sbarrati a fissarla.
Rabbioso si avventò su di lei colpendola per l’ennesima volta.
Si piegò a proteggere il ventre in previsione di nuove percosse.
“Creperai prima o poi…”- sferrandole un calcio su di un fianco.
Strinse gli occhi dal dolore lancinante, ma non una parola, non un lamento fuoriuscì dalla sua bocca.
“Dateci un taglio!”
Sollevò appena lo sguardo giusto per intravvedere il luccicare di una lama premuta contro il collo del suo carceriere.
“Signore..perdonate”- terrorizzato.
Quella figura avvolta in un mantello scuro si avvicinò.
Oscar incrociò le braccia sul viso –“…vi supplico….”
La porta si richiuse rumorosamente.
Chi poteva mai essere quel tale?
“Ora finalmente vi palesate pure di giorno!”- sbottò.
“I vostri uomini rispecchiano pienamente quale bestia siate!”- senza mai far trapelare alcuna emozione.
“Che volete dire?”
“Il tempo e la scarsa considerazione altrui nel vostro operato non ha fatto altro che trasformarvi in un animale….anzi, a dir vero peggio”
“Andate all’inferno voi e tutte le vostre allusioni”- balzando in piedi.
“Non intendo supportarvi in queste azioni”
“Avete fatto di peggio dando fuoco alla villa dei Jarjayes!”
“Qui vi sbagliate!”- avanzò verso di lui – “Nel mio piano era prevista solo l’irruzione ed il rapimento…tutto sarebbe filato liscio se i vostri galoppini fossero stati attenti alle mie istruzioni!”
L’uomo grugnì nervoso –“ Evidentemente qualcosa è andato storto…le mie raccomandazioni erano state chiare. Seguirvi alla lettera in tutto e per tutto”
“Fate attenzione…..è l’ennesimo passo falso…”
“Cosa volete insinuare?”
“Non mi avete informato di quanto accorso in città….”
Fece mente locale – “Di che vi preoccupate? Innocue piccolezze!”
“Non le definirei tali se fossi in voi…badate il passo dall’oblio alla forca è minimo!”
Fece per avvicinarsi. La curiosità di scoprire di più su quel tale …
Indietreggiò abbassando il cappuccio - “Non giocate con me, rischiereste seriamente di bruciarvi!”
Allacciò i bottoni della giacca – “Maledizione!” – vedendo quanto tirassero sulla pancia.
L’uomo sghignazzò – “Se continuate così non riuscirete nemmeno più a levarvi dalla poltrona”
“Fatevi gli affari vostri!”- aprì la porta – “Avanti, essere immondo….voglio vederla”
Percorsero i corridoi umidi e scarsamente illuminati delle segrete.
“Signore….ai vostri ordini!”
“Aprite la grata!”-
Nonostante la poca luce intravvide Oscar rannicchiata. Gli abiti sporchi e laceri, il volto scarno ed emaciato.
“Che le avete fatto?!”IDIOTI!!”- tuonò.
“Abbiamo solo eseguito gli ordini..”
“Vi avevo detto di sorvegliarla non di ridurla così…luridi bastari!”
La udirono tossire ripetutamente.
“Rendetevi conto che avete una fortuna tra le mani”- nella penombra quel sorriso malefico – “Non immaginate nemmeno lontanamente quale sublime vendetta vi ho riservato…”
“Più passa il tempo più la vostra mente è in grado di elaborare piani e strategie a mio dire che vanno ben oltre il diabolico. Eppure questo mi affascina. Chissà quale estrema malvagità mi suggerirete!”
“Pazientate…a breve vi illustreò qualcosa che vi sbalordirà!”
“Mi incuriosite terribilmente. Fate presto ed ultimare i piccoli dettagli…”
“Datele da bere e qualcosa da mangiare….e qualcosa per coprirsi. Novembre è alle porte e le prime nevicate non tarderanno tanto. Ho bisogno che la teniate in vita!”
“Portatele una coperta, dell’acqua e una zuppa!”- ordinò.
“Momentaneamente ritengo che sia sufficiente!”- retrocesse nel buio –
 “Non perdetela di vista nemmeno per un secondo. E’ abile e astuta!”- rivolgendosi ai due balordi.
 “Debole e malconcia com’è non vi procurerà noie”- concluse dileguandosi nell’ombra.
 
 
Il maltempo imperversò diversi giorni senza tregua obbligando la comitiva a fermarsi nella locanda.
L’umore di Andrè rispecchiava perfettamente il clima. Un’insofferenza costante e nervosismo lo accompagnarono per quasi tutta la permanenza.
Un sonno quasi assente, per lo più disturbato, scarso appetito e quel pensiero costante lo stavano riducendo ad uno straccio.
Il volto scavato, la barba incolta e gli occhi perennemente attraversati da infinita tristezza.
“Non credo le farebbe piacere vederti così!”- Bernard gli sedette accanto.
Trangugiò l’ennesimo sorso di vino.
Aveva promesso di non ubriacarsi più.
La mente ancora lucida.
Affondò il viso tra le mani – “E’ una tortura… questa pioggia mi stà uccidendo. Non ce la faccio più a starmene qui con le mani in mano. Il tempo passa….e lei non so dove sia..”
“E’ viva Andrè….è una certezza”
Sollevò lo sguardo incrociando il suo – “Dobbiamo rimetterci in viaggio…immediatamente. Sto buttando via le mie giornate rimanendo qui!”
“La strada è impraticabile!” – tentò di farlo desistere – “Aspettiamo almeno domattina per vedere se…”
“No! Ho atteso anche troppo”- si alzò dal tavolo. Voi rimate. Partirete appena tutto si sarà calmato. Io non posso. Devo andare, ora!”
“Non essere così precipitoso…non rischiare per nulla…”
Un’occhiata. Lo gelò – “Non è per nulla! Lei è la mi vita!”- fece ritorno nella sua stanza seccato al pensiero delle parole di Bernard.
Riempì velocemente la sacca con i pochi effetti personali e scese.
Saldata la sua permanenza al proprietario sellò Alexander – “Vecchio mio..credo sarà l’ultimo tuo viaggio”- accarezzandolo per la lunghezza della criniera – “Cominci ad essere stanco..”
Avvolse il mantello attorno le spalle e sotto il diluvio si mise in strada.
 
 
La porta pesante si aprì.
Una sagoma posare a terra una coperta. Uscire un istante e ritornare con del pane, una zuppa calda e dell’acqua.
Allungò la mano. Prese la ciotola, sbriciolò il pane.
Assaporò lentamente quella prima cucchiaiata.
Una sensazione di calore l’attraversò.
Quand’ebbe terminato si avvolse nella coperta.
Poche semplici cose per sentirsi stranamente serena in quella situazione.
Dentro di sé le venne quasi naturale ringraziare quel tale per aver potuto finalmente mangiare e coprirsi.
Fuori solo il rumore della pioggia.
Socchiuse gli occhi.
Andrè, il bambino e lei. Si, ci credeva.
Non poteva tutto finire così….non poteva avere senso.
“Bisogna attraversare tante tribolazioni per raggiungere la felicità? Destino…cosa vuoi riservarci? Se hai deciso che si debba stare lontani sappi bene che non intendo dartela vinta. Io tornerò a casa, te lo posso garantire e mi prenderò tutto quello che non hai fatto altro che portarmi via in questi anni. Avrò la mia rivincita….e questa creatura che cresce in me ne è la dimostrazione. Niente e nessuno potranno portarmela via….”
 
 
   
 
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