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Autore: Nefrasca    23/05/2020    0 recensioni
Federica è una ragazza di appena diciotto anni innamorata dell'idea dell'amore: cerca qualcuno che le faccia perdere la testa.
Incontra Eleonora ad una festa e, nonostante la sua altezzosità e supponenza, rimane affascinata dalla sua eleganza, bellezza e dall'alone di mistero che sembra circondarla. Gli eventi della vita porteranno le due ragazze a scontrarsi sempre di più, fino a quando non capiranno di esser più simili di quel che credono.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bip
Che fai?”.
Federica sorrise. Erano giorni ormai che chattava con Vittorio. Aveva scoperto tante cose su di lui. Aveva studiato fuori statistica, ma aveva capito che non era la sua strada ed era tornato in città per stare con la sua famiglia e studiare beni culturali. Sapeva tante cose interessanti, tanti dettagli a cui nessuno dava importanza. Inoltre, la ascoltava sempre e prestava attenzione a tutto quello che diceva. Non riusciva a capire come Eleonora si fosse fatta scappare un tipo così, forse non era così perfetta come lei immaginava. in tutto questo tempo Joe era sparito e lei non aveva intenzione di contattarlo. Se avesse avuto meglio da fare che contattare lei, avrebbe fatto lo stesso, inforno non era la sua ruota di scorta per quando quella stronza lo rifiutava. Poi adesso aveva Victor. Vabbè Vittorio, ma le piaceva tanto chiamarlo così.
Bip.
Ti va di fare un giro stasera?”.
Sentì il cuore in gola. L’aveva appena invitata ad uscire. Voleva vederla.
O Mio Dio. Non aveva nulla da mettersi.
 
Chiuse l’armadio e si sdraiò sul letto. Ultimamente era sempre in anticipo, strano. Solitamente era sempre stata una ritardataria. Sorrise. Ricordò tutte le volte che Vittorio arrivava e la aspettava giù, mentre lei doveva ancora finire di prepararsi. Adesso lo facevano Miriam e Marika, non era cambiato poi molto.
Bip.
Sto giù”.
Raccolse la sua borsa e prese l’ascensore. Si guardò allo specchio. Era un’abitudine di quando era piccola, era sempre stata vanitosa. Si sistemò la borsa sul giubbino di pelle rosso, pan dan con le labbra e le scarpe, ed uscì dal portone. Joe era lì che l’aspettava. Salì in macchina e fu invasa dal suo dopobarba. “Seriamente Jo, mi fai sentire quasi una persona normale quando sto con te che metti più profumo di me.” Jo accennò un sorriso fu già un successo per lei. Gli depositò un bacio sulla guancia e partirono. “Dove andiamo?” - chiese- “Vedrai è un bel posto, ti piacerà.” “Posso?” “Fai fai”. Mise un po' di musica da spotify. Lo guardò. Era rigido, non sembrava lo stupido di sempre. Le venne un nodo alla gola e cacciò dentro le lacrime. Non poteva, doveva essere forte per lui. Guardò fuori dal finestrino. Vedeva le luci della città farsi sempre più lontane. Capì dove stavano andando. Si girò e poggiò una mano sulla gamba, lui in risposta la prese la strinse.
Dopo una ventina di minuti arrivarono a destinazione. Scesero dalla macchina, si voltò e guardò lo spettacolo che aveva di fronte. Si trovavano in cima alla collina da dove potevi ammirare tutte le luci della città. Ogni piccola luce corrispondeva ad una casa, un palazzo, a delle persone. Tutte quelle luci rappresentavano un po' tutte quelle persone, persone con progetti, con sogni, con passioni, con i propri demoni o i primi dolori. Ogni colta che vedeva dei panorami del genere non poteva che pensare a ciò e tutto questo la faceva sentire meno sola.  Poi guardò lui, lui ed il suo profilo. Si avvicinò e mise una mano sulla guancia, lo fece voltare per guardarlo negli occhi. Erano pieni di lacrime. “Come stai?” Sussurrò. Le lacrime dagli occhi neri cominciarono a scendergli sulla pelle olivastra. Era troppo. Eleonora lo abbracciò e lo fece sedere sul muretto vicino. Jo affondò la testa nell’incavò del collo sinistro ed iniziò a piangere. Lei lo strinse più forte mentre alcune lacrime le scendevano dagli occhi. Nessuno dovrebbe provare un dolore del genere. Soprattutto a quell’età, soprattutto nella situazione in cui era lui.
Restarono così per un po’, abbracciati e a piangere. Poi, di scatto, lui alzò la testa e la guardò. Ebbe un fremito. Aveva gli occhi arrossati e gonfi, lo sguardo perso. Conosceva quello sguardo, glielo aveva visto quella sera dove tutto era cambiato. Voleva esser forte, ci provò, anche se nella sua pancia tutto era aggrovigliato, aveva un nodo in gola incredibile. Lo guardò in quegli occhi pieni di disperazione. Stava per dirgli qualcosa quando…
 
“Ma che cazz”.
Vittorio si fermò e guardò fisso un punto. Federica seguì il suo sguardo e li vide. Quello stronzo non rispondeva ai messaggi, ma aveva il tempo di portarsi le ragazze sopra la collina. Base. Anche se a lei non aveva mai portato lì… ma, perché Vittorio li fissava. All’esclamazione di Vittorio la ragazza dai jeans a vita alta ed il giubbino rosso di pelle si girò. Certo, avrebbe dovuto immaginarlo. Si sentì offesa ed umiliata da entrambi. Da Joe che non l’aveva mai chiamata, messaggiata dopo quella sera e da Vittorio che si era fermato per vederli. Si erano lasciati. A lui che interessava che Eleonora fosse lì con lui. Le guance le diventarono concenti di rabbia quando notò un particolare. Gli occhi di Joe erano gonfi e rossi, come se avesse pianto, ma non era quella la parte peggiore. Avvertì un tonfo al cuore osservandoli. Erano degli occhi pieni di rabbia, di tristezza, di dolore. Facevano male solo a guardarli. Erano così neri che ci si sarebbe potuti perdere in tutta quella oscurità. Non ce la faceva ad osservarli, erano un pugno diretto allo stomaco, così decise di guardare lei. Anche lei aveva la faccia sconvolta, anche se, nonostante questo, era molto bella con il suo rossetto rosso e i suoi occhi da cerbiatta. Occhi puntati su Vittorio.
“Non è come credi” mormorò in un sospiro. Era diversa. Non aveva quella faccia da stronza e la supponente di sempre. Sembra persa, sembra più umana.
Joe si girò e passò il braccio intorno alla faccia per asciugarsi. Lei si girò e si mise fra Vittorio e Joe, come per proteggere il secondo e guardare dritto negli occhi il primo. Eccola lì, ecco uno sguardo carico di supponenza e rabbia che rivolgeva a quello che avrebbe dovuto essere il mio accompagnatore.
“E’ sempre stato così, ma non m’importa. Se non l’avessi notato, sarei in compagnia ed adesso ce ne andiamo così possiamo lasciarvi tornare a fare le vostre cose.” Di colpo Joe fu di fianco ad Eleonora e guardò con fare minaccioso Vittorio. “Senti potrebbe essere quel che vogliamo non è affar tuo, ma tu ad Ele non ti rivolgi così, è chiaro?”
La mano era ancora in quella di Vittorio quando strinse entrambi a pugno. Era diventata invisibile per caso? Nessuno si accorgeva che lì c’era anche lei? Vittorio non si rendeva conto che quella che stava stritolando era la sua mano? E perché era bloccata e non riusciva a dire nulla. La più fregata in quella situazione di merda ero lei. Presa in giro da tutti. Guardò la sua mano intrappolata e dolente.
“Cazzo, non ti rendi conto che la fai male coglione?”. Alzò gli occhi sorpresa. Eleonora aveva parlato in sua difesa, aveva parlato di lei, allora esisteva.  Vittorio solo in quel momento sembrò accorgenerse e lasciò la presa, girandosi preoccupato “O mio dio, scusami. Non l’ho fatto a posta stai bene? Hai bisogni di qualcosa?” Scossi la testa.
“Jo lascia perdere. Andiamo via. Non ne vale la pena.”, così dicendo entrò in macchina aspettando che Jo la seguisse. Per qualche secondo pensò che non lo avrebbe fatto. Il suo ex era davanti a lui osservandolo in modo minaccioso negli occhi, poi però si girò entrò nella sua macchina e sparirono.
 
“Cazzo scusa, mi dispiace tantissimo. Non volevo perdere il controllo, solo che non sopporto quei coglioni, quel coglione ancora di più”. Vittorio aveva fatto di tutto per farsi perdonare, erano riscesi in città, le aveva comprato una bottiglia d’acqua gelata e messa sulla mano, anche se le aveva ribadito che non c’era bisogno. Si era offerto di portarla a cena, a bere, a fare qualsiasi cosa volesse, ma aveva rifiutato. Era chiaro che non c’era ancora posto per lei nella sua vita. Doveva solo trovare le parole giuste per dirglielo. Fissava il pavimento della piazzetta dove erano seduti su una panchina. Si era vestita anche così carina per questa occasione. All’improvviso vide la sua mano sulle sue. Alzò lo sguardo e lo vide. Era bellissimo anche al chiaro di luna e alla luce dei lampioni. Le labbra carnose. Gli occhi penetrati e la barba incolta. Il cuore iniziò a batterle forte. Però, no. Non poteva. O sì? Infondo non sapeva perché si era comportato così, forse c’era una valida motivazione.
“Senti, ti voglio veramente chiedere scusa per stasera. Non era così che avevo previsto andare la serata.”
“Una cosa voglio”
“Dimmi tutto”
“Sapere perché ti sei comportato così”.
Vittorio smise di guardarle fissò il voto avanti a sé e sospirò.  “Quella ragazza… “ “Eleonora” “Sì, Eleonora, la conosci?” “Di vista...” “Ecco, siamo stati insieme per parecchi anni, ma poi ci siamo lasciati. Ci abbiamo riprovato diverse volte, ma siamo finiti per ridurci sempre peggio di come ci eravamo lasciati la volta precedente, così abbiamo definitivamente chiuso. Solo che non mi aspettavo di vederla con quel cogline di Joe. So che lui le va dietro da quando sono al liceo, ma non mi sarei mai aspettato che lei cedesse. È così diverso da lei.” “Beh, sono entrambi stronzi.”. Arrossì. Cazzo combinava? Non gli aveva detto che conosceva entrambi. Vittorio di scatto si girò verso di lei e la osservò sospettoso “Scusami? Li conosci?”. Sospirò “Sì. Ho frequentato Joe un po' di tempo fa. Andammo ad una festa dove conobbi i suoi amici, fra i quali c’era Eleonora. Li ho sopresi in giardino, lui cercò di baciarla e lei, però, ha girato la faccia, facendosi baciare sulla guancia.” Vittorio ghignò. “Stai bene?” “Sì, sì. C’era da aspettarselo. Comunque ti devo una serata. Che ore sono?”
“Le undici” “A che ora devi rientrare?” “Per l’una, le due” “Bene.” Si alzò dalla panchina e le porse la mano “Ti va di passare il resto delle tre ore nel modo più divertente ed eccitante possibile in modo da dimenticare l’accaduto?”
Lo guardò. Era lì, difronte a lei e bellissimo. Che altro poteva dire?
“Ci sto”.
 
 
Guardò fuori dal finestrino. Vedeva le macchine frecciare accanto a loro. Non sapeva dove stessero andando, non aveva avuto la forza di chiederlo. Aveva solo chiesto di andare via. Lontano. Le lacrime le rigavano il volto. Non riusciva a non pensarci. Una mano si posò sulle sue gambe, alzò lo sguardo e lo vide. Jo le sorrideva, mentre era impegnato a guidare. Come si erano invertite le cose quella sera. Strinse la mano e si avvicinò a lui poggiando la testa sulla sua spalla.
“A me lì sopra non mi ci aveva mai portata.” Eppure, sapeva che quel posto le piaceva, lo giudicava così romantico, per anni gli aveva chiesto implicitamente di andare lì, osservare le stelle, ma quando lo faceva lui gli diceva che non era il tipo da fare queste cose.
“Beh, ti ha portata a Parigi però dai.” Alzò la testa e lo fissò, riducendo gli occhi a due fessure. “Da che parte stai?” “Da nessuna. Però non voglio vederti così. Non ancora.  E’ passato tutto questo tempo, non puoi starci ancora così male.”. Non puoi starci ancora così male, non sapeva quante volte l’aveva sentita questa frase e quante volte si era sentita sempre più stupida. Non poteva comprendere, come le persone, ogni volta, glielo ripetessero, come se avesse potuto cancellare tutto e subito, in un solo momento tutto quello che era stato.
 “Dove stiamo andando?” “Vuoi un indizio?”.  Annuì. Jo fece partire una canzone da spotify. Sorrise. “E dov’è?” “Secondo me è qui”, disse lui uscendo dalla tangenziale. Eleonora si alzò ed abbassò il finestrino sentendo l’odore del male, del caffè e della graffa al cioccolato. “Hai ragione pure secondo me è qui, ma è tradissimo. Non troveremo un parcheggio.” “Hai smesso di piangere, anche se non troveremo parcheggio credo che già stia funzionando.” Eleonora rise mentre le note di Pulcinella della Maschera riecheggiavano nella macchina.
   
 
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