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Autore: AthenaKira83    23/05/2020    4 recensioni
Quando Magnus Bane, ex agente speciale della Marina militare statunitense, accetta di fare un favore al padre, di certo non si aspetta di dover fare da babysitter a uno scontroso, irritante, ma dannatamente attraente, agente di viaggi che non ha alcuna intenzione di rendergli facile il compito che gli è stato affidato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era buio.
Alec non riusciva a vedere a un palmo dal suo naso e non aveva idea di dove si trovasse e come fosse finito lì.
Agitato, allungò le braccia attorno a lui: entrambe le mani toccarono la superficie dura di un muro ai lati del suo corpo. Avanzò di qualche passo, facendo scorrere i palmi sullo spazio ruvido sotto le sue mani, e capì di essere in un corridoio stretto e che gli dava un senso di claustrofobia.
Iniziò a camminare a passo svelto, continuando a toccare la superficie per avere un punto di riferimento, sperando di vedere, da un momento all'altro, uno spiraglio di luce che gli suggeriva l'uscita da quel tunnel.
Aveva percorso pochi metri quando sentì distintamente dei passi dietro di lui che si avvicinavano sinistramente.
Si voltò di scatto, capendo che qualcuno lo stava seguendo. Alec non lo vedeva, ma percepiva la sua oscura presenza e sentiva il suo respiro farsi via-via sempre più pesante, mano a mano che si avvicinava a lui.
Tornò a voltarsi e iniziò a correre.
Doveva scappare. Doveva arrivare assolutamente alla fine del corridoio e trovare la porta che l'avrebbe condotto fuori da lì o sapeva che per lui sarebbe stata la fine.
Più tentava di sbrigarsi, però, più gli sembrava di muoversi a rallentatore, mentre l'ombra alle sue spalle era sempre più vicina.
Era troppo lento, dannazione. Di questo passo lo sconosciuto dietro di lui l'avrebbe raggiunto e...

"Cazzo!" urlò Alec, ansando come uno stantuffo, mentre lottava come un disperato contro qualsiasi cosa l'avesse preso e lo stesse stringendo.
Un'ondata di panico lo invase, mentre il cuore iniziò a pompare sangue e adrenalina lungo tutto il suo corpo, spingendolo a dimenarsi ancora di più. Quando gli sembrò di non avere più aria nei polmoni, sbarrò gli occhi e si alzò di scatto a sedere, liberandosi finalmente della coperta che l'aveva avviluppato fino a togliergli quasi il respiro.
"Alec!" esclamò Magnus, scapicollandosi in camera sua. "Stai bene? Che succede?"
Alec continuò a respirare pesantemente e annuì, ancora frastornato, con lo sguardo perso nel vuoto.
Un incubo. Era stato solo e soltanto un incubo.
Si posò un mano sul petto e prese un'altra serie di respiri profondi, prima di alzare lo sguardo e guardare Magnus, con l'intenzione di rassicurarlo. Le parole, però, gli morirono in gola e la sua mente si bloccò di colpo, dimenticando tutto, anche come si respirava. Il viso gli andò completamente a fuoco e si coprì immediatamente gli occhi.
"P-p-per l'angelo!!" balbettò, colto completamente alla sprovvista. "MAGNUSSSS!! COPRITIIII!!" gridò, sul punto di morire per l'imbarazzo.
Magnus alzò un sopracciglio, sorpreso, poi guardò verso il basso e rise. "Scusa. Ho l'abitudine di dormire nudo."
"Copritiiii!" ordinò nuovamente Alec, tenendo gli occhi saldamente chiusi e prossimo a una sincope.
"Oh, ma dai! Non è niente che non abbia anche tu." lo prese bonariamente in giro Magnus, prendendo comunque uno dei cuscini ornamentali che posava sempre sul letto degli ospiti. "Ok, mi sono coperto."
Alec attese qualche secondo, poi aprì, titubante, un occhio e, quando vide che l'altro non gli aveva mentito, aprì anche l'altro.
"Per tua informazione, comunque, sappi che sta abbastanza bene, nonostante tu abbia tentato di uccidermelo!" lo informò l'uomo, con tono solenne. "Vuoi vedere?" chiese, togliendosi di slancio il cuscino. "Guarda qua che roba! Ho i testicoli viola a causa della tua ginocchiata!"
"MAGNUSSSS!!!" gridò Alec, tornando a coprirsi gli occhi e sentendo le guance incendiarsi.
Magnus rise di gusto. Aveva giurato che si sarebbe vendicato per la micidiale botta che l'altro gli aveva rifilato, ma sapeva che, alla fine, non gli avrebbe fatto niente. In quel momento, però, scoprì che poteva avere la sua piccola rivincita semplicemente facendo morire d'imbarazzo quell'anima pudibonda e adorabile davanti a lui. Ridacchiò, tornando a coprirsi e decidendo che poteva bastare così.
"Ok. Ok. Mi copro!" esclamò l'uomo, con un sorriso divertito. "Buongiorno." lo salutò poi, quando l'altro tornò ad aprire gli occhi.
"Idiota!" replicò Alec, guardandolo male, con il viso che non accennava minimamente a tornare normale.
Magnus piegò la testa e lo guardò dolcemente. "Come stai? Ti ho sentito urlare! Hai fatto un brutto sogno, per caso?"
"Sì. No. Non è niente." sospirò Alec, sventolando una mano e minimizzando l'incubo con una scrollata di spalle.
Magnus intuì la bugia e sentì l'impellente bisogno di abbracciarlo: fece un passo in avanti e alzò un braccio, pronto a consolarlo, ma poi si ricordò che il moro non gradiva il suo tocco, o almeno così andava blaterando, quindi lo riabbassò.
Alec lo guardò, confuso, e la guardia del corpo gli sorrise, rassicurante: si accucciò e prese con gentilezza, in una mano, Presidente Miao, che era accorso per vedere cosa stava succedendo e perché c'era tutto quel trambusto, e lo piazzò dolcemente tra le braccia del moro.
"Garantisco io per lui, Presidente." asserì Magnus, alzando un indice e facendo a entrambi l'occhiolino, quando sia Alec che il gatto lo guardarono sorpresi e terrorizzati allo stesso tempo per quella vicinanza forzata e del tutto inaspettata. "E' un brontolone e una testaccia dura, ma vedrai che, se ci fai amicizia, ti piacerà." sorrise, accarezzando con l'indice il piccolo naso del felino. "Su, fagli tornare il sorriso, mentre io vado a preparare la colazione." gli sussurrò piano, in un orecchio, mentre il campanello di casa suonava.
La guardia del corpo si voltò per uscire dalla stanza e Alec andò nuovamente in iperventilazione.
"MAGNUSSSS!" urlò il moro, alla vista del sedere nudo dell'altro.
La guardia del corpo rise di gusto e gli lanciò un'occhiata maliziosa da sopra la spalla. "Ti piace quello che vedi, Fiorellino?" chiese, ammiccando e sporgendo esageratamente il sedere, prima che Alec gli tirasse dietro il cuscino, facendolo uscire dalla camera.
Il moro si portò una mano alle guance, sentendole bollenti, e abbassò poi lo sguardo sul gatto che lo stava fissando, anzi, no, Alec era fermamente convinto che lo stesse giudicando e lo stesse reputando un imbecille patentato. Forse lo era. Sicuramente lo era.
"Che c'è?" chiese, agitato e a disagio sotto quell'occhiata intensa.
Non si sarebbe stupito affatto se, da un momento all'altro, quel gattaccio ingrato si fosse avventato sul suo viso per cavargli entrambi gli occhi per pura goduria felina.
Presidente Miao piegò leggermente la testa e lo guardò a lungo con quegli occhietti giallo-verdi che somigliavano incredibilmente a quelli della sua guardia del corpo: sembrava quasi lo stesse soppesando attentamente e stesse tentando di capire perché il suo adorato Magnus frequentava un impiastro simile.
Alec sentì l'impellente urgenza di spiegarsi, di giustificarsi, di dirgli che l'ex Marine non era lì per un'opera di carità, ma era stato ingaggiato da suo padre per fargli da guardia del corpo, ma Presidente si mosse, accomodandosi meglio su di lui, e il moro non osò aprire bocca.
Dopo interminabili secondi, in cui Alec trattenne addirittura il fiato pur di non infastidirlo e rischiare di vedersi strappare via mezza faccia a causa di quelle malefiche unghiette affilate, il gatto sospirò e miagolò debolmente, scosse piano la testa (sì, l'aveva fatto! Il moro avrebbe potuto giurarlo sulla sua famiglia!) e spiazzò totalmente Alec iniziando a strusciarsi sul suo petto e a fare le fusa, guardandolo di tanto in tanto, in attesa di una carezza.
Alec lo fissò a bocca aperta, incapace di credere a quanto stava succedendo, poi un'ondata di gioia lo travolse e gli sorrise, raggiante. Non aveva idea di come fosse successo, ma a quanto pareva aveva finalmente passato il silenzioso esame del felino e ora non lo trattava più alla stregua di boli di pelo appena vomitati.
Accarezzò il gatto cautamente, con estrema lentezza, per interi minuti, felice come non lo era da tempo, prima di decidersi ad alzarsi. Doveva assolutamente dire a Magnus che la palla di pelo spelacchiata aveva deposto gli artigli e non c'era più pericolo che gli strappasse il cuore dal petto mentre stava dormendo... o almeno lo sperava!
Quando aprì la porta della sua camera, fu investito da un piacevole aroma di caffè e dal suono di voci maschili. Sorrise, respirando a fondo il profumo che si era propagato per tutto l'appartamento.
Magnus era in piedi, davanti ai fornelli, e indossava solo un paio di jeans stretti che sembravano urlare "Hai visto che sedere? Eh? Hai vistooo?" (e, sì, Alec l'aveva visto perfettamente a distanza ravvicinata, sì!) e, quando lo sentì arrivare, si voltò verso di lui e gli fece un giocoso occhiolino, prima di tornare a trafficare con le padelle.
Alec sbuffò, maledicendosi intimamente perché le sue guance si erano colorate all'istante, e distolse lo sguardo, reputando saggio rivolgere la sua attenzione all'uomo seduto al tavolo: Will Herondale era spaparanzato su una sedia, con i piedi appoggiati su di un'altra, e alzò la sua tazza di caffè in cenno di saluto.
"Buongiorno, Alec." esclamò, con un sorriso.
"Ciao, Will." rispose Alec, con un cenno della testa. "Come stai?" domandò educatamente.
Avere a che fare con Will lo faceva sentire irrequieto: fisicamente gli somigliava tantissimo, ma, a differenza sua, il Marine era più coraggioso, più spigliato, più simpatico, più chiacchierone, più... tutto. Ad Alec sembrava di avere a che fare con una sua copia, ma riuscita meglio, e questo lo metteva a disagio.
"Bene, grazie, anche se piuttosto assonnato." ribatté Will, alzando le braccia in alto e stiracchiandosi lentamente. "Non sono ancora andato a letto." spiegò, facendogli l'occhiolino.
Alec si irrigidì, certo che la causa di quella nottata in bianco fosse Raj. "Cos'è successo?"
Will lanciò una breve occhiata a Magnus, che annuì, incoraggiandolo a proseguire. "Raj deve essersi stancato di fare da spettatore e ha deciso di passare all'attacco. Due volte." spiegò Will, bevendo un sorso di caffè. "Ha fatto scattare l'allarme una volta verso l'una e mezza e un'altra verso le quattro."
Alec si sedette di peso su una delle sedie. "Ha cercato di entrare in casa mia?" chiese, scioccato.
Will scrollò le spalle. "Secondo me, la prima volta voleva solo accertarsi che tu fossi in casa. La tua vicina, infatti... tra l'altro una signora molto simpatica e piuttosto chiacchierona..." sorrise, divertito, il soldato "...comunque mi ha detto che batteva i pugni contro la tua porta, gridando il tuo nome. Purtroppo è scappato prima che noi arrivassimo."
"Noi?" chiese Alec, aggrottando la fronte, mentre Magnus gli metteva davanti una spremuta d'arancia.
Will annuì. "Quando scatta l'allarme viene inviato un messaggio sul cellulare di Magnus, che lo avvisa della probabile intrusione e, in più, vengono avvisati anche l'agenzia di sicurezza per cui lavora tuo cognato e la polizia."
"Davvero?" chiese Alec, stupito.
Magnus annuì. "E' importante che, in casi del genere, la polizia sia informata tempestivamente e che intervenga ogni volta che scatta l'allarme." spiegò, mescolando il suo caffè con un cucchiaino.
"Casi di stalking, vuoi dire." borbottò Alec, fissando la sua spremuta.
Magnus annuì nuovamente. "La polizia stila un rapporto e ogni volta che un indiziato tenta qualcosa, la documentano."
"Anche se si tratta di falso allarme?"
"Non è il tuo caso, ma, sì, anche in caso di falso allarme."
"Fantastico." ribatté Alec, roteando gli occhi. "Quindi il mio "efficiente" allarme di sicurezza disturba inutilmente la polizia perché quel ragazzo si è fissato con me."
Magnus piegò la testa e sorrise dolcemente. "Tesoro, non disturba nessuno. E' il loro lavoro."
"Ahn-ahn. Sì, certo." borbottò Alec, sarcastico, pizzicandosi la radice del naso.
"Jace ha già stilato un rapporto e ha documentato ogni cosa." lo informò Magnus.
Alec agguantò il suo cellulare, aspettandosi mille chiamate e messaggi da parte del fratello, ma ce n'erano parecchi solo di sua sorella e di sua madre che volevano tutti i dettagli di quello che era successo il giorno prima.
"Come fai a saperlo?" chiese, quindi, dubbioso.
"Ci siamo sentiti prima." rispose Magnus, scrollando le spalle e azzannando una ciambella glassata che Will gli aveva gentilmente portato.
"Ti ha chiamato?" chiese Alec, sempre più sbalordito. "Perché parla di queste cose con te e non con me?"
"Passerotto, credo che semplicemente non voglia farti preoccupare." rispose Magnus, gentile. "E' parecchio arrabbiato per non essere riuscito ad acciuffarlo."
"Beh, ma ora può arrestarlo, no?" domandò Alec, speranzoso. "Voglio dire, ha chiaramente passato il segno!"
"Non è così semplice." mormorò Magnus, scuotendo la testa. "Da questa mattina, Raj è irreperibile. Jace è andato nel suo appartamento e l'ha trovato vuoto."
Alec gettò la testa all'indietro e sbuffò forte. Tutto ciò era ridicolo. Ma che aveva? Una calamita invisibile per gli psicopatici?
Magnus diede un altro po' di tonno a Presidente Miao, che si strusciava con insistenza sulle sue gambe, poi posò sulla tavola un piatto, su cui aveva disposto tutto quello che Will gli aveva procurato prima di venire a casa sua: una decina di ciambelle glassate, un cestino di brioches fragranti, un bricco di caffè e una caraffa di spremuta d'arancia.
"Serviti pure, Fiorellino." sorrise, allargando le braccia e sedendosi poi accanto a lui.
Con un sospiro, Alec piluccò distrattamente una brioche. Era davvero buona, ma lui aveva lo stomaco chiuso in una morsa. Quello che lo preoccupava più di tutto, infatti, era che se già con Lydia e lo sconosciuto delle e-mail la sua libertà e la sua indipendenza erano state fortemente limitate, ora rischiava seriamente di finire come un carcerato!
"Eddai, Alec! Ti ho visto mangiare e puoi fare meglio di così." lo stuzzicò Will, piazzandogli un'enorme ciambella glassata tra le mani.
"Andrà tutto bene, vedrai." lo rassicurò Magnus, picchiettandogli una mano, intuendo la sua preoccupazione.
Il moro sospirò nuovamente e addentò il dolce zuccherato. Era da una vita che non mangiava una bomba calorica come quella e non la ricordava così buona, così, una volta finita quella, ne addentò un'altra e poi un'altra ancora.
"Così si fa!" esclamò Will, contento, battendogli un'energica pacca sulla schiena.
Ad Alec andò di traverso un pezzo di ciambella e iniziò a tossire convulsamente, facendo ridere i due ex colleghi.
Un attimo dopo, il cellulare di Magnus suonò e lui rispose. Parlò con l'interlocutore con parole brevi e concise, poi riattaccò, mentre Alec e Will lo guardavano in trepidante attesa di notizie.
"A quanto pare il nostro Raj è più temerario di quanto pensassi." riferì la guardia del corpo, tamburellando l'indice sulla tavola, meditabondo. "E' salito per la scala antincendio e ha distrutto la finestra delle tua camera." mormorò, trattenendo a stento la rabbia. "Vai a vestirti, coniglietto." consigliò al moro, guardandolo risoluto. "Andiamo a vedere cosa ha combinato."

Alec richiuse, con un tonfo secco, il libro che stava leggendo e si alzò dalla sedia.
Will Herondale stava dormendo beatamente sul suo divano, mentre Magnus stava trafficando in camera sua per piazzare dei nuovi sensori.
Dopo aver fatto sostituire il portoncino d'ingresso con uno molto più pesante e blindato, la guardia del corpo aveva dato ordine, ad una ditta specializzata che conosceva, di sostituire tutte le finestre dell'appartamento e ora Alec poteva vantare vetri infrangibili che costavano un occhio della testa e che erano a prova di proiettile.
Con una lunga ed estenuante telefonata, inoltre, era riuscito a ottenere l'ordinanza del tribunale che impediva a Raj di avvicinarsi ad Alec e aveva fatto consegnare le foto del molestatore anche ai suoi vicini di casa e di agenzia, in modo che, se si fosse fatto di nuovo vivo, i suoi amici e conoscenti sapevano con chi avevano a che fare. Per Lydia, purtroppo, non era riuscito a fare altrettanto e Alec sapeva che Magnus era parecchio infastidito per questo.
Infine, l'uomo gli aveva dato da leggere dei libri che trattavano l'argomento molestie, in modo che fosse preparato a quello a cui andava incontro, e il quadro che si prospettava non era affatto roseo: i criminali di quel genere, infatti, erano considerati irrazionali, ossessivi e del tutto privi di scrupoli. Molti di loro diventavano violenti quando non ottenevano ciò che volevano e, visto che il suo nuovo stalker aveva già usato le maniere forti con il suo ex fidanzato, era chiaro che la notte prima aveva perso la pazienza davanti all'appartamento di Alec.
Il moro si avvicinò alla porta finestra che dava sul terrazzo con lo sguardo perso verso l'orizzonte. Cosa sarebbe successo se lo sconosciuto che inviava e-mail minatorie a suo padre non fosse mai esistito e, di conseguenza, Magnus non fosse mai piombato nella sua vita? Che cosa avrebbe fatto se quel psicopatico avesse tempestato di pugni la sua porta e urlato il suo nome nel cuore della notte, mentre lui stava dormendo nel suo letto? E quando, una volta stanco di giocare, lo stalker avesse rotto la finestra della sua camera? Sarebbe stato in grado di reagire? Sarebbe riuscito ad affrontare tutto quello da solo, perché, conoscendosi, non avrebbe coinvolto nessuno della famiglia?
Alec non possedeva una mazza da baseball con cui scoraggiare eventuali topi d'appartamento, figurarsi una pistola con cui proteggersi da criminali psicopatici! Sì, aveva un discreto gancio e buone gambe che potevano colpire i punti giusti nel caso in cui fosse stato in pericolo, ma davanti alla minaccia di un'arma tutto ciò era inutile. In passato aveva avuto lunghe discussioni sia con suo padre che con suo fratello su questo argomento, ma si era sempre rifiutato di prendere la licenza per il porto d'armi perché non si sarebbe mai perdonato se avesse tolto la vita a qualcuno, fosse anche una persona dedita alla delinquenza.
Sospirò, poggiando la fronte sul vetro della porta finestra, prima di decidere di uscire sul terrazzo. Aveva decisamente bisogno di respirare aria fresca.
Posò una mano sulla maniglia e fece per tirare, ma una voce assonnata lo bloccò.
"Non farlo." mormorò Will, a occhi chiusi.
Alec si voltò verso il Marine e aggrottò la fronte. "Come sai cosa sto per fare se stai dormendo?"
Il viso di Will si aprì in un sorriso consapevole. "Regola numero uno, Fiorellino..." lo canzonò, senza aprire gli occhi. "...dormire sempre con un occhio aperto quando fai da babysitter." spiegò, allungando le braccia per stiracchiarsi come un gatto.
"Babysitter?" chiese Alec, indispettito.
Will aprì finalmente gli occhi e si mise lentamente a sedere. "A Magnus sarebbe venuto un infarto se avessi fatto scattare l'allarme." ridacchiò, sgranchendosi il collo. "E' attivato." spiegò, all'occhiata perplessa dell'altro.
"Dannato aggeggio infernale." borbottò Alec, stizzito, incrociando le braccia al petto.
"Sì, beh, sono sicuro che, con il tempo, imparerai ad apprezzarlo." assicurò Will, facendogli l'occhiolino e raggiungendolo. "Ok, dico a Magnus di disinserire l'allarme e poi possiamo sederci fuori."
"Possiamo?" chiese Alec, inarcando un sopracciglio minaccioso.
Will annuì. "Non puoi andare lì fuori tutto solo." si giustificò, indicando con il pollice il terrazzo al di là della porta a vetri. "Troppo pericoloso. Non sappiamo quanto siano pazzi i tuoi stalker! Potrebbero spararti dall'edificio di fronte!" spiegò con tono tranquillo, scrollando le spalle.
Alec allargò le braccia, esasperato. Ora non poteva nemmeno più sedersi sul suo balcone? Assurdo! pensò, fumante di rabbia. Tanto valeva che lo chiudessero in una gabbia, no?
Stava per rifilare una rispostaccia a Will, ma lui, anticipandolo, alzò un indice e gli sorrise. "Prendere o lasciare."
Il moro si morse il labbro inferiore e, stizzito, fece un cenno con la testa. "Ok. Sediamoci fuori." ringhiò, risentito.
Nonostante la temperatura fredda, su tutta New York splendeva il sole e anche se il suo calore non arrivava a scaldargli la pelle, Alec si sentì molto meglio e per un attimo si dimenticò di tutti i suoi problemi, di tutte le sue paure e volle illudersi che la sua vita era ritornata magicamente come prima dell'arrivo di Lydia. Poi Will parlò, riportandolo alla realtà.
"Come mai ti piace tanto stare all'aperto? Magnus mi ha detto che ti piace camminare da solo, anche di notte, e di certo non lo fai per abbronzarti." lo canzonò, punzecchiandolo con l'indice su una guancia pallida.
Alec si trattenne dal fargli la linguaccia e si limitò a scostargli la mano. "Mi piace l'aria fresca. Odio restare tutto il giorno chiuso in casa o in ufficio. Mi rende nervoso. Preferisco di gran lunga fare passeggiate, sentire il vento sul viso..."
"A me invece piace prendere il sole." dichiarò Will, incrociando le dita dietro la testa.
"Davvero? Guardandoti non si direbbe." osservò Alec, sardonico.
Will rise. "Che ci vuoi fare? Colpa di papà." replicò, allegro.
"Tuo padre?" chiese Alec, interessato.
Will annuì brevemente. "Era inglese. Sono nato e cresciuto lì, prima di trasferirmi qui in America." spiegò, con un sorriso. "E laggiù il tempo non è sempre clemente con noi amanti del sole." continuò, con un sospiro. "Odio la pioggia e il freddo. Fosse per me, dovrebbe essere estate tutto l'anno." sorrise, chiudendo gli occhi e protendendo il viso verso il sole. "Anche perché è più bello giocare a basket all'aria aperta."
"Ti piace il basket?"
"Sì! Ogni tanto riesco a trascinare in uno scontro uno contro uno anche Sniper." sorrise Will.
"Magnus gioca a basket? Sul serio?" chiese Alec, stupito, svirgolando le sopracciglia.
Per il moro era una sorpresa. Davvero la sua guardia del corpo, che era capace di farsi anche dieci docce al giorno quando aveva la sensazione di sentirsi anche solo lontanamente sudato, praticava uno sport che ti faceva inzuppare la maglietta dopo appena cinque minuti di gioco e in cui bisognava perennemente correre avanti e indietro?
"E' più tipo da poker..." rivelò Will, divertito "...ma quando vuole un favore dal sottoscritto mi sfida a basket. E perde tutte le volte."
Alec si ritrovò a ridere di gusto agli aneddoti sportivi raccontati da Will e sorrise quando scoprì che, sì, Magnus poteva anche perdere ogni partita a basket, ma stracciava regolarmente il suo ex collega ogni volta che si sedevano attorno ad un tavolo da gioco.
Fu solo quando Magnus varcò la soglia della terrazza, che il moro si rese conto che Will, che fisicamente assomigliava sì a lui, ma caratterialmente gli ricordava tantissimo suo fratello Jace, l'aveva intrattenuto piacevolmente per più di un'ora, facendogli dimenticare momentaneamente tutti i suoi problemi. Forse poteva cominciare a sentirsi meno strano in sua compagnia. Forse.
Magnus sorrise ad entrambi, sollevando un vassoio carico di pasticcini, un bricco di caffè e una caraffa di spremuta. "E' l'ora delle merenda, bambini miei!" esclamò, allegro.
Will ridacchiò, acchiappando un paio di pasticcini per ficcarseli in gola. "Come procede, dentro?" chiese, con la bocca piena.
"Tutto bene." assicurò Magnus, sedendosi su una sedia e allungando le lunghe gambe sopra la ringhiera del balcone. "Ho sistemato sensori praticamente ovunque."
"Quindi ora che facciamo?" chiese Alec, mentre la sua guardia del corpo gli porgeva un pasticcino.
Magnus scrollò le spalle. "Continui la tua vita di sempre, solo con ancora più attenzione di prima." decretò, bevendo un lungo sorso di caffè, mentre Presidente Miao gli saltava in grembo, iniziando a fare le fusa.
Alec fece un verso stizzito. "Sì, come no..."
"Che ne dici se stasera ti preparo un altro dei miei deliziosi piatti indonesiani? Mh?" domandò Magnus, sorridendo gentilmente, cambiando discorso.
"A me sembra fantastico." esclamò Will, alzandosi in piedi e stiracchiando le braccia verso l'alto. "Vado a dormire un altro paio di orette e poi sono dei vostri." asserì, dando una carezza veloce al gatto.
"L'hai invitato tu?" scherzò Alec, alzando un sopracciglio, indicando il Marine con il pollice e con un sorriso accennato.
"Fiorellino..." lo canzonò Will. "...non ho bisogno di inviti. Non quando cucina Magnus." sorrise, allegro, puntandogli l'indice contro. "Non sarà un grande giocatore di basket, ma è imbattibile a poker e a cucinare. Inoltre, prenoto fin d'ora tutto quello che lascerai nel piatto." concluse, facendogli l'occhiolino e rientrando in casa.
Alec tentò di trattenere un sorriso, ma fallì.
"E' un idiota, ma... un idiota simpatico." rise Magnus.
Alec annuì. "A parte il suo atteggiamento alla Jace..." iniziò, mentre Magnus, ridendo, si strozzava con il caffè. "Sì, direi che non è male." sorrise, tornando poi serio. "Secondo te.. le cose diventeranno difficili come è scritto nei libri che mi hai dato da leggere?"
"E' probabile." ammise Magnus, con riluttanza, mangiando un altro pasticcino.
"I criminali di questo genere sono considerati irrazionali, ossessivi e del tutto privi di scrupoli." citò Alec, a memoria, corrucciato.
Magnus annuì, con un sospiro.
"Molti di loro diventano violenti, quando non ottengono ciò che vogliono." continuò Alec, stringendo il bicchiere di spremuta che aveva in mano.
"Tesoro, ti assicuro che prenderemo tutte le precauzioni neces..."
"Sì e devo comunque sperare che quei due esagitati non siano più intelligenti di te e delle tue precauzioni!" lo interruppe Alec, con un verso di scherno. "Sul serio, come posso affrontare due pazzi che hanno una visione tutta loro della realtà? Che non sono razionali, ma soprattutto che agiscono indisturbati, sfasciandomi casa e mandandomi messaggi minatori?"
"Non lo fai." rispose Magnus, deciso. "Lo faccio io per te, mentre tu ti tieni fuori dalla loro zona di tiro." gli sorrise dolcemente.
"E come?" chiese Alec, allargando le braccia, esasperato.
"Tenti di evitare ogni possibile incontro." rispose Magnus, con logica. "E' uno dei motivi per cui ho tanto insistito perché tu stessi a casa mia, anziché qui."
"Non voglio lasciare il mio appartamento!" obiettò Alec, posando il bicchiere e incrociando le braccia al petto.
"Ok. Ok." rispose Magnus, alzando le mani in segno di resa perché non voleva litigare. "Ma purtroppo non c'è niente che possiamo fare per cambiare la mente contorta dei tuoi stalker." argomentò, con un sospiro. "Ti consiglio, quindi, di iniziare a documentare tutto, come, ad esempio, le registrazioni nella tua segreteria telefonica o se ti arriva qualche e-mail o messaggio strani."
Alec fissò dritto davanti a sé, sbuffando. Sapeva che Magnus aveva ragione e, a meno che non optasse per la fuga, come aveva fatto l'ex di Raj (se poi era davvero scappato), doveva momentaneamente "adeguarsi" a quel nuovo stile di vita, visto che non aveva alcuna intenzione di abbandonare la sua città, la sua famiglia e il suo lavoro!
Il suono del campanello lo riportò al presente, mentre Magnus si alzava per andare ad aprire. Quando spalancò la porta, trovò Molly, l'anziana vicina di casa di Alec, spalmata sullo stipite, mentre respirava con affanno e fatica.
"Oh, per fortuna siete in casa, cari!" esalò la donna, paonazza, portandosi una mano al petto.
"Signora Kinsley!" mormorò Alec, sorpreso e preoccupato allo stesso tempo, protendendosi verso di lei per condurla in casa e farla accomodare. "Sta bene? Cosa le è successo?"
L'anziana sventolò una mano, come se non avesse tempo da perdere con quelle ciance e quelle premure. "La macc... la macchina!"
"La macchina?" chiese Magnus, aggrottando la fronte. "Quale macchina?"
"La macchina!" ripeté Molly, picchiettando con il palmo il petto di Alec. "Oh, caro! La tua macchina!"
Alec sbarrò gli occhi e si gelò all'istante. "La mia macchina? Che è successo alla mia macchina?" chiese, mentre un brutto presentimento lo scuoteva tutto.
"Oh, caro! Ti hanno distrutto la macchina!" pigolò l'anziana, inspirando a fondo.
Alec e Magnus fissarono la donna, attoniti, per un lungo momento, poi si mossero in simultanea: scesero in fretta le scale e arrivarono di fronte al posto auto dove Alec parcheggiava sempre la sua sgangherata Ford LTD.
I finestrini erano stati spaccati e i frammenti di vetro erano ovunque, dentro e fuori il veicolo. Le gomme erano state tagliate, la carrozzeria era piena di ammaccature e, sul cofano, erano state scritte le parole Lui è mio con della vernice rosso sangue.
"Sial..." [ndr. Cazzo] mormorò Magnus, impressionato, mettendosi le mani sui fianchi.
"Raj!" sibilò Alec, stringendo con forza i pugni lungo i fianchi, mentre sentiva montargli dentro una rabbia folle.
"Non credo." rispose Magnus, battendosi l'indice sul mento.
"Lydia?" domandò Alec, stupefatto, voltandosi di scatto verso la sua guardia del corpo.
Magnus iniziò a camminare attorno alla macchina, pensieroso. "Sì, secondo me è opera sua." asserì, fermandosi di fronte al cofano. "Vedi?" chiese, indicando la scritta rossa. "La calligrafia assomiglia molto a quella di entrambi i biglietti."
Alec allargò le braccia, esasperato.
"Dubito che abbia lasciato delle impronte." lo avvisò Magnus. "Non ha avuto bisogno di toccare niente per combinare tutto questo casino." commentò, corrucciato. "E anche se qui c'è il corpo del reato..." continuò, sporgendosi oltre uno dei finestrini distrutti da cui, sul sedile, si intravedeva una mazza da baseball. "Non credo che sull'impugnatura troveremo delle impronte."
"Mi ha distrutto la macchina!" abbaiò Alec, arrabbiato, a voce alta. "Ti rendi conto? Mi ha distrutto la macchina!"
Magnus annuì, comprensivo. "Sarà meglio chiamare Jace." suggerì, dandogli una veloce pacca rassicurante sulla spalla.
Quando il biondo poliziotto arrivò, annotò tutto su un taccuino e documentò la scena con numerose foto.
"Oh, a proposito!" esclamò Jace, mentre esaminava le istantanee che aveva scattato. "Ho parlato con lo psicologo che aveva in cura il nostro caro Raj e mi ha riferito che ha saltato tutte le ultime sedute." li informò.
"Grandioso." commentò Magnus, sarcastico.
"Il dottore mi ha anche detto che, secondo la sua opinione professionale, quel ragazzo è tanto brillante, quanto squilibrato." continuò Jace.
"Fantastico!" rispose Alec, con un verso di sdegno. "E' un piacere sapere che ho a che fare con due individui folli, ma geniali!"
"Inoltre..." riprese Jace, guardando il fratello con sguardo comprensivo. "Ho scoperto che anche l'ex di Raj è moro e con gli occhi blu."
"Uau! Sei una continua fonte di buone notizie!" esclamò Magnus, sardonico.
"Mi dispiace fratello!" sospirò Jace, contrito.
Alec sventolò una mano. "Non è colpa tua." mormorò, voltandosi per rientrare in casa.
Magnus lo guardò oltrepassare il portone d'ingresso e non gli sfuggì né il modo stanco con cui si muoveva né il tono spento della sua voce. La cosa non gli piacque per niente.
   
 
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