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Autore: McGonaogall_Sister    23/05/2020    4 recensioni
What IF/ seguito di "Pamela Radcliffe e il Professore di Pozioni"
La vita da Professore non è come ce la si immagina: tra le lezioni fuori dal comune e i pettegolezzi tra insegnanti, la vita dall'altra parte della barricata riesce, però, ad infondere in Pamela una serenità che non si era aspettata e a regalarle qualche avventura.
+++
"Le profezie, come sai, sono una materia complessa e delicata e per quanto non mi sia chiaro fino in fondo il significato di ciò che hai visto, è senza dubbio vero che alcune coincidenze meritano attenzione."
- Albus Dumbledore
"Siete pregata di non cercare di invadere il mio spazio mentale né da lontano né da vicino."
- Severus Snape
"Com’è la prima impressione dall’altra parte della barricata?"
- Filius Flitwick
"Oh, cara, da che mondo è mondo le situazioni complicate sono sempre le migliori! Un po’ di difficoltà mette pepe, come nel purè di patate voraci."
- Pomona Sprite
"Nella mia esperienza, chi è tanto caparbio e sciocco da rifiutare un amore disinteressato e tenace, presto o tardi se ne pente."
- Minerva McGonagall
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Pomona Sprite, Severus Piton | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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L'angolo dell'autrice

Bentornati!

Avete visto? Ridendo e scherzando siamo già ad Halloween :D
Sappiamo già tutti che sarà un giorno molto, molto particolare e sono più che curiosa di sapere cosa penserete di questo capitolo ;) 

Allora buona lettura a tutti!

 



A Pamela piaceva Halloween, da sempre. La notte in cui il regno dei morti e quello dei vivi sono più vicini, la faceva sentire un po’ più vicina ai suoi genitori. Quando era piccola, la zia l’aveva abituata a scrivere loro una lettera per poi bruciarla, affidando al fuoco il suo messaggio. Crescendo aveva smesso di farlo, ma quell’anno aveva di nuovo bisogno di qualche buon consiglio. Lei era abituata a non avere con chi confidarsi e per tanto tempo aveva ascoltato i pensieri di tutti senza avere nessuno a cui dire i propri, però ora era differente e per una volta avrebbe voluto davvero poter parlare con sua madre. 

Si rigirò nelle mani il foglio scritto e piegato, due lacrime avevano bagnato un bordo, ma la scritta era intatta. Guardò Charm che dormiva sdraiato sulla trave del camino acceso. 

 

“Sì, non è una cosa ortodossa… ma che male c’è a chiedere?” chiese stringendosi nelle spalle.

 

Dipende da cosa si chiede, suppongo. 

Rispose indolente il gatto agitando appena la coda nera.

 

“Touché” 

Con un sospiro Pamela si alzò dalla sedia.

“Beh, vale la pena tentare.”

 

Era prima mattina, le lezioni erano iniziate da poco e, a parte i rumori che arrivavano dalle aule, la scuola era deserta. Pamela aveva il vantaggio di iniziare il lavoro quando i colleghi lo finivano e avere pochissimi compiti da correggere. Questo significava che le mattine, una volta finiti i suoi esercizi, poteva passare tutto il tempo a vagare per il parco o a leggere. Era tanto tempo libero, durante il quale poteva perfino coltivare un po’ della sua vecchia vita sociale. Con la lettera in mano stava giusto andando a parlare con una delle sue poche amiche dei tempi della scuola. 

 

“Helena” chiamò a gran voce dopo essersi sistemata a sedere sul cornicione nel corridoio aperto a strapiombo sul parco. Le era sempre piaciuto quel posto.

 

“Pamela Radcliffe, mi chiedevo se saresti venuta anche quest’anno.” 

Svolazzando a un metro da terra con iridescente contegno, la Dama Grigia comparve dai mattoni del muro.

“Hai ragione Helena, sarei dovuta venire prima” Pamela le sorrise rigirandosi la lettera tra le mani. 

 

“Non importa. In fondo cos’è il tempo quando si ha l’eternità?” disse mettendosi a sedere accanto a lei.

 

“È una bella domanda. Una delle tante cose che i vivi non sanno della morte, vero?” deglutì bagnandosi le labbra nervosa.

 

“C’è un motivo se i vivi non sanno niente della morte: non li riguarda.”

 

“Sì, però mi chiedevo se…”

 

“Non ti dirò nulla sui segreti della morte.” puntualizzò la fantasma con aria severa. “È contrario a ogni regola e buon senso, e se anche ci provassi non capiresti.” aggiunse sistemando inesistenti pieghe del suo fatuo vestito.

 

“D’accordo… dovevo provarci” accettò Pamela abbassando gli occhi. “Mi manca mia madre.” ammise senza bisogno di dire altro.  

 

Helena sospirò voltandosi a guardare il viso afflitto della ragazza. Lei sapeva cosa voleva dire non aver dato un saluto alla propria madre, rimpiangere un ultimo abbraccio mancato, o delle parole da ricordare.

“È per lei?” domandò accennando al foglio.

 

“Sì io… io speravo di fargliela avere, in qualche modo…” ammise inghiottendo un nodo in gola.

 

Con un sospiro Helena fece il gesto di accarezzarle la treccia nera, ma le sue mani non potevano più toccare la materia.

“Beh, non posso dirti se o come potrei fargliela avere, ma tu potresti comunque provare a darmela.”

 

“Davvero?” Pamela tornò a sorridere speranzosa “Certo!” acconsentì subito tendendole il foglio. 

 

“Non così, sciocchina, col fuoco. Bruciala.”

 

Stupita Pamela estrasse la bacchetta e il foglio iniziò a bruciare. Poco a poco che la carta si trasformava in cenere, un foglio fantasma compariva nelle mani di Helena. 

 

“Incredibile. Ho sempre pensato che fosse una sciocchezza di mia zia, questa di bruciare le lettere per farle andare nell’Aldilà, invece aveva un senso.”

 

“Molte volte le cose più semplici sono le più efficaci.” Commentò Helena sistemando la lettera tra i seni. “Si tratta di un uomo, non è vero? C’è sempre di mezzo un uomo quando soffriamo tanto…”

 

“O una donna” la corresse Pamela.

 

“Ai miei tempi le cose erano più semplici” sbottò il fantasma alzando le spalle.

 

“Comunque questa volta è un uomo.”

 

“Vedi? Avevo ragione. Uno studente? A me puoi dirlo…”

Helena Ravenclaw era una morta molto, molto curiosa. Tra i fantasmi più in disparte dell’intera scuola, riusciva comunque ad essere a conoscenza di ogni pettegolezzo, ma era anche una tomba. Non c’era modo di estorcerle nulla, a meno di dimostrare di sapere già tutto. 

 

“No, no… si tratta di Snape.” ammise Pamela arrossendo. “Non so perché ci penso tanto, forse perché mi annoio, non ho altro da fare. Ci sono milioni di maghi e streghe molto meno emotivamente complicati, altrettanto intelligenti e di certo più affascinanti là fuori.”

 

“Non c’è dubbio. Anche qua dentro se è per questo, vivi e morti.” confermò Helena. “Però tu pensi a lui. E lui non pensa a te?”

 

“Non ho idea di cosa pensi” ammise scuotendo la testa.

 

“Tu lo sai come sono morta?” chiese il fantasma di punto in bianco. “Il Barone Sanguinario mi ha uccisa. Ma il perché, lo sai? Ai suoi tempi il Barone era bello, giovane, ricco… mia madre voleva che accettassi la sua corte. Ma io ho rubato il suo diadema e sono scappata. Non mi interessava il Barone, non volevo sposarmi, mettermi all’ombra di un mago qualunque e passare le giornate aspettando di invecchiare o morire nell’ennesimo parto! Così sono scappata. Quando il Barone mi ha trovata, io avevo trovato quello che cercavo, tra le braccia di un contadino, povero in canna, piuttosto brutto e babbano, come direste voi. Il Barone non l’ha sopportato e mi ha ammazzata.” Helena si strinse nelle spalle con aria annoiata. “Uomini! Ma perché io, a un uomo come lui, avevo preferito quel contadino? Non ne ho idea, non l’avevo nemmeno allora. Ti dirò che adesso il Barone mi sta quasi simpatico…” 

 

“E quindi cosa dovrei fare? L’ho baciato e non l’ha presa bene.”

 

“Lo hai baciato?!” Helena aveva l’aria di una a cui fosse stato offerto su un piatto d’argento un succulento pasto regale. Le piacevano proprio i pettegolezzi.

“Purtroppo non posso aiutarti: ai miei tempi i rituali di corteggiamento erano molto, molto diversi: tu ti saresti dovuta mettere un certo tipo di vestito, fare in modo che ti guardasse, sorridere e aspettare che lui ti passasse un bigliettino chiedendo di vedervi da soli.”

 

“Non credo che…” Pamela si tacque di colpo. “Sai, Helena, forse non è una cattiva idea…”

 

“Visto il soggetto, devo purtroppo dirti che tutto è una cattiva idea. Se vuoi un mio consiglio, valuterei di cambiare obiettivo.”

 

“Ma mi hai appena detto…”

 

“Ti ho appena detto che l’attrazione non segue leggi logiche, non che sia sempre una buona idea farsi guidare da essa. Prendi me, io sarei ancora viva se non gli avessi dato retta, ma chissà… Penso che una festa ti farebbe bene. Perché non vieni al Complemorte di Nick questa sera?”

 

“Un Complemorte?” Pamela valutò l’idea. Era difficile essere invitati a un evento mondano per fantasmi, era una bella occasione. Ma lei adorava il banchetto di Halloween… “Farò un salto.” accettò alla fine con un sorriso. “Grazie, Helena. È sempre un sollievo parlare con te.” L’avrebbe abbracciata, ma date le circostanze dovette desistere.

 

+++

 

Un Complemorte è un evento mondano estremamente esclusivo, soprattutto se si tratta dei cinquecento anni di Sir Nicholas de Mismy-Porpington, impegnato a impressionare Sir Patrick Delaney-Podmore. La società dei fantasmi, come si potrà comprendere, era piuttosto conservatrice e molto attenta alle gerarchie e agli ordini sociali e Sir Patrick era, in un certo senso, il massimo pezzo grosso dei fantasmi d’Inghilterra. Anche per questo, Pamela ci teneva particolarmente a presentarsi in modo degno: voleva bene a Nick e sapeva che sia lui che Helena si erano sbilanciati a invitarla nonostante fosse ancora in vita. Non voleva far sfigurare nessuno dei due e, soprattutto, non voleva farli litigare tra loro. Sarebbero stati una bellissima coppia. 

Per sua fortuna, Pamela non era del tutto nuova alla magia cosmetica. Anche se nella vita di tutti i giorni il suo aspetto non risultava mai molto interessante o curato, nutriva una curiosità segreta per le pozioni cosmetiche (con le quali curava ossessivamente i lunghi capelli neri, sani e lucenti). Allo stesso modo, chi l’avesse osservata con attenzione, si sarebbe accorto delle unghie corte ma sane e forti, della pelle perfetta e luminosa e delle labbra senza screpolature nemmeno nei giorni più freddi e ventosi dell’inverno. 

Però per quella sera avrebbe fatto qualcosa di più.

Anche sui vestiti aveva deciso di osare un po’, con un piccolo incantesimo di trasfigurazione su uno dei vestiti estivi che si era portata. Era un vestito semplice, blu marino, dal taglio abbastanza quadrato che le aveva regalato la zia e che non le dispiaceva. Di certo era comodo: scendeva largo e morbido dalle spalle ai fianchi senza segnare mezza forma ma lasciando le gambe libere di sedere nei prati. Per prima tolse una spallina e modificò lo scollo in modo da renderlo una sinuosa discesa sul seno da un lato, e una gentile ripresa della stessa forma a goccia dall’altro. Perché funzionasse doveva diventare aderente sul torace. Lo tenne ben incollato al corpo fino alla vita e lì lo lasciò cadere morbido allungandolo fino ai piedi. Non era male, molto sirena e un po’ vamp, pensò sistemandosi i capelli da un lato. Non si era mai accorta di quanto quel colore facesse a pugni col nero dei capelli. Con un sospiro lo cambiò in un vinaccia con grande soddisfazione. Si girò su un fianco osservando la stoffa disegnarle il corpo. Non era brutta, un po’ morbida forse, ma nemmeno tanto, e con quel taglio non si notava per nulla, venivano solo fuori i seni piuttosto prosperosi, in genere sotterrati sotto la stoffa. 

Ora però ci voleva della lana. I Complemorte non erano posti caldi: riunire una serie di fantasmi nello stesso punto era come ammucchiare molti ghiaccioli in una stanza. Anche se il nero non era il suo colore preferito, aveva un maglione a maglie larghe nero che sarebbe stato perfetto. lo trasformò senza sforzo in un cardigan bloccandolo con la spilla d’argento. Con un sorriso soddisfatto cercò di andare verso la porta, ma ottenne solo di rischiare una rovinosa caduta di faccia, sventata per il rotto della cuffia. Non aveva per nulla considerato che, allungando il vestito, le avrebbe tolto lo spazio per camminare. Con uno sbuffo aprì uno spacco fino al ginocchio e si rese conto di quanto male stessero i suoi sandali bassi con l’insieme. Con un colpo di bacchetta li trasformò in dei sandali dal modesto tacco basso. 

Essere eleganti era una fatica immensa che, decisamente, avrebbe riservato per le grandi occasioni. 

Quando era scesa nel sotterraneo si stavano aprendo le danze e i lunghi ceri neri avevano iniziato a splendere da poco ma era già pieno di spettri. All’ingresso aveva porto i suoi omaggi al festeggiato con uno scherzoso inchino di cortesia e avevano scambiato due parole sull’andamento della serata. Nick Quasi Senza Testa recitava la parte del fantasma lugubre alla perfezione ma per qualche ragione questo le metteva allegria. Dentro la sara aveva trovato Helena che l’aveva presentata a una suora e un certo Sean in abiti anni venti, crivellato da colpi di pistola che lo rendevano simile a un groviera. Aveva accettato un giro di ballo in sua compagnia, un valzer reso quasi irriconoscibile dall’orchestra cacofonica. Non è facile ballare il valzer senza poter sfiorare il proprio cavaliere, ma non se la cavarono male. Stavano lasciando la pista ridendo entrambi per l’insolito spettacolo che erano riusciti a dare, quando tre ragazzini entrarono nella sala. Harry Potter, Hermione Granger e l’altro loro amico rosso. 

 

“Signorina Granger” Pamela lasciò andare Sean per salutare la sua allieva. “ma cosa ci fai qui?” chiese sorridendo alla ragazza.

 

“È stato Nick Quasi Senza Testa a invitarci” spiegò guardandola con aria stranita.

 

“Oh, ma certo, per impressionare serve una celebrità. Tu devi essere Harry Potter, non è vero? Non credo ci abbiano mai presentati.” Pamela tese la mano al ragazzino con i grandi occhiali tondi che gliela strinse con aria fin troppo adulta per la sua età. “E tu suppongo sia il più piccolo dei Weasley. Ron giusto? Avevo una cotta per tuo fratello Charlie al secondo anno. Lui aveva… aveva pensieri così liberi…” 

 

“Non sono il più piccolo, mia sorella Ginny è la più piccola. È entrata quest’anno.” il ragazzino sembrava un po’ offeso per essere stato preso per il più piccolo della famiglia.

 

“Oh, capisco.” Pamela sorrise divertita “Beh, adesso se non vi dispiace penso che andrò a salutare Helena e tornerò a presenziare al banchetto ufficiale. Inizio ad avere una certa fame.” Disse prima di allontanarsi.

 

+++

 

Severus si era preparato per la lunga serata coltivando pazienza e sopportazione. Quella pagliacciata del banchetto di Halloween sarebbe stata offensiva per qualsiasi mago degno di quel nome e che avesse un minimo a cuore le tradizioni. Zucche giganti e scheletri danzanti. Scheletri danzanti. Una volta la magia aveva più rispetto per la morte. Ma Dumbledore avrebbe riso sulla propria tomba, non aveva alcun pudore o senso del sacro, per lui ogni cosa era un gioco. 

Come da tradizione, il banchetto iniziava alle sei di sera andando avanti fin quasi alle nove, tre lunghe ore di noia. I ragazzi e gli insegnanti arrivavano alla spicciolata, la cena veniva servita dalle sei e mezza fino alle otto, ora del dolce e della danza degli scheletri. Con impeccabile puntualità, Severus era seduto al tavolo alle sei esatte. Pamela, ovviamente, non c’era. Snape lo notò cercando di non farci caso. Era quello il modo in cui notava sempre i movimenti della ragazza, una sorta di attenzione periferica che gli permetteva di evitarla senza nemmeno rendersene conto. Ovviamente, come tutto, anche quella capacità aveva un prezzo: tutto quello che la sua parte cosciente rimuoveva, tornava a farsi sentire nel sonno. Le notti erano diventate agitate e ricche di immagini sempre più complesse. Forse avrebbe dovuto preparare della Pozione del Sonno Senza Sogni per riprendere a dormire, ma per quanto strano possa sembrare, Severus era contrario a un uso eccessivo e prolungato delle pozioni e non ne aveva mai assunte tante quante in quel periodo. Non doveva lasciare che diventasse un’abitudine. 

Rimuginava in silenzio su queste questioni, mangiando lentamente un boccone di haggis1 alla volta, accompagnandolo alla lattuga e al purè, quando la Radcliffe si decise a presentarsi al banchetto. Gli restò la forchetta sospesa a mezz’aria. 

L’aveva vista in abiti anche più succinti (per sua sfortuna), ma mai con qualcosa di tanto aderente e mai così… così raggiante e sorridente. Deglutì a vuoto. 


“È molto carina, questa sera.” 

Minerva, seduta tra lui e Dumbledore aveva parlato a bassa voce, con un mezzo sorriso sulle sottili labbra.

 

“Non so di cosa tu stia parlando” rispose affrettandosi a riprendere a mangiare. 

 

“Io credo che tu lo sappia. E confido nel tuo buon senso. Pamela è una ragazza molto buona, si merita onestà, da parte di tutti.”

 

Severus si rifiutò di rispondere alcunché limitandosi a guardarla male e riprendere a mangiare. Minerva non tentò di tornare sull’argomento per tutta la sera e Sinistra, come sempre, non parlava affatto, era uno dei motivi per cui le si sedeva sempre accanto. Mangiò con calma, ignorando quasi del tutto il mondo intorno a lui e quando arrivarono i biscotti di zucca si era quasi dimenticato della ragazza dall’altra parte del tavolo. Ma poi il cibò finì, iniziò quell’assurda danza degli scheletri, e restare concentrato divenne più difficile. Ma lui era bravo: anni di pratica. Se non poteva impedirsi di pensarci, poteva vietare al suo corpo di mostrarlo, poteva tenere lo sguardo ben fisso davanti a sé senza vedere nulla, chiuso nella sua bolla di silenzio mentre davanti al suo naso dieci scheletri umani danzavano un’improbabile salsa. Nonostante tutto la sentiva ridere, nel mezzo di tutto il rumore, della musica, la sentiva lo stesso ridere. Fu una serata difficile, anche più del previsto.

Il peggio venne quando la festa finì. Poco per volta tutti scemarono fuori dalla Sala Grande e Severus fece di tutto per evitare di ritrovarsi nei corridoi a un palmo dalla schiena di Pamela, e invece ci si ritrovò. Gli toccò sorbire l’indecente spettacolo delle sue spalle mezze nude che ondeggiavano sotto i capelli neri, per non parlare del resto. Forse avrebbe dovuto dirle che quello non era l’abbigliamento adatto a una scuola piena di giovani adolescenti. Sì, sì le avrebbe parlato, in privato, per non metterla in imbarazzo. Si stava giusto decidendo quando successe tutto. Il flusso di ragazzi si era fermato di colpo e il vocio festoso era diventato un mormorare lugubre. 

Si fece largo tra la folla sorpassando la Radcliffe senza più pensarci, Minerva stava facendo lo stesso appena più avanti. Al centro del corridoio, proprio in mezzo a un largo semicerchio di studenti, c’erano Potter, il suo amico Weasley e la Granger con l’aria di tre passerotti in trappola. Per terra era tutto allagato e sul muro, a grosse lettere di sangue scuro c’era la scritta. Dumbledore stava togliendo la gatta di Gazza dal porta fiaccola a cui l’avevano appesa. Rilesse quelle parole due volte, con il sangue che gli si gelava nel corpo. 

Potter… era possibile che Potter…? 

 

Tu!” la voce di Gazza arrivò come una tromba “Tu! Sei stato tu a uccidere la mia gatta. Sei stato tu a ucciderla! Io ti ammazzo! Io…”

 

Argus!” Dumbledore intervenì prima che Gazza mettesse la mani addosso a Potter “Seguimi, Argus. E anche voi, signor Potter, signor Weasley, signorina Granger”

 

Quell’omuncolo di Lockhart si mise in mezzo in tutta fretta: “il mio ufficio è il più vicino, signor Preside… qui al piano di sopra… la prego di fare come se fosse a casa sua…”

 

Snape si accodò a Minerva seguendo il Preside in tutta fretta. L’erede di Serpeverde… solo una persona al mondo aveva mai avuto una così grande considerazione di sé da definirsi così, ma come poteva essere di nuovo a Hogwarts? Iniziò a chiedersi se la stupidità di Lockhart non fosse una maschera, come la timidezza di Quirinus. E cosa c’entrava Potter questa volta? Non poteva essere solo un caso. 
 


 

1.L’haggis è un piatto tipico di halloween nella cucina scozzese. Una roba tremenda di interiore di pecora che solo nel Regno Unito potrebbero pensare seriamente di mangiare.

 
 
   
 
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