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Autore: Dalybook04    25/05/2020    1 recensioni
Sequel di "Tutti i pomodori con cui mi dicesti ti amo"
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Napoli, ottobre 1722
Il diciannovenne Ludwig Beilschmidt scese dalla nave, un borsone in spalla e un'ombra di sorriso sul bel viso rasato di fresco.
Era a Napoli, nella stessa città del suo amore.
Stava per rivedere Feliciano.
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Feliciano lo guardò, con gli occhi piedi di meraviglia, mentre un enorme sorriso si faceva strada sul suo viso
Cosa doveva fare? Stringergli la mano? Abbracciarlo? Baciarlo?
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Lovino Romano Vargas non era mai stato uno che esprimesse apertamente le sue emozioni, ma nonostante questo suo fratello sapeva bene che stava soffrendo
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La quotidianità di quei mesi venne spezzata da un certo prussiano che amava distruggere ogni tipo di tranquillità
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Dopo tanti anni, finalmente Ludwig riesce a tornare a Napoli dal suo amore d'infanzia, Feliciano, per un anno di vacanza.
L'amore a troverà finalmente un modo?
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Principalmente Gerita, accenni Spamano, Pruaus e Fruk
Genere: Fluff, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del diciottesimo secolo e altre storie'
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-oi, Feli. Mi raccomando, tenetevi addosso i pantaloni.
Dopo il pomeriggio in spiaggia erano andati a casa di Feliciano, non appena il sole aveva cominciato a tramontare, e dopo cena Lovino aveva preso da parte il fratellino per fargli le solite raccomandazioni.
-se il crucco...
-sì, sì, ve, se non tiene le mani a posto devo urlare e chiamarti.
-bravo. Ricordati che dormo nella stanza affianco, sento tutto quanto.
Feliciano roteò gli occhi divertito -va bene, fratellone- gli lasciò un bacio sulla guancia e tornò da Ludwig.
-ao, crucco demmerda- lo richiamò in napoletano, in modo che non capisse l'insulto, poi parlò in spagnolo -vedi di tenere le mani a posto, ben lontane da Feliciano. Ci siamo capiti? Altrimenti ricordati che in cucina ho dei coltelli e nessuna paura di usarli.
Ludwig deglutì e annuì più volte.
-molto bene. Ora andate, e parlate piano, che voglio dormire.
Con un sorriso, Feliciano trascinò il suo ragazzo in camera sua. L'appartamento di Lovino e Feliciano non era particolarmente grande. L'ingresso era relativamente ampio, subito davanti c'era un piccolo salotto che fungeva anche da sala da pranzo, con una porta che conduceva a un piccolo corridoio con solo due porte, bagno e cucina. Affianco alla porta del salotto c'era un altro corridoio, dove c'erano le due camere da letto, la prima quella di Lovino, la seconda quella di Feliciano, seguita da una terza porticina, che Ludwig pensò fosse uno sgabuzzino o qualcosa di simile.
Il piccolo italiano prese Ludwig per mano e lo trascinò nella sua camera; era piuttosto piccola, ma molto accogliente. C'era una finestra dal lato opposto alla porta, e lì sotto un letto. C'era poi un armadio affianco alla porta e una piccola scrivania ricoperta di fogli, taccuini, matite e colori di ogni genere. Infine le pareti, in mattoni, erano ricoperte di fogli con schizzi, disegni, ritratti, alcuni anche colorati. Ludwig notò che aveva appeso di fronte al letto un ritratto di suo fratello, uno di Antonio e uno di lui da bambino. Altri fogli erano sparsi un po' ovunque in giro, e Ludwig fece molta attenzione a non pestare nulla. Di fronte al letto, seminascosto dall'armadio, c'era un cavalletto, palesemente di seconda mano, su cui era posata una tela ancora bianca, leggermente rovinata.
-ve, Luddi, scusa per il disordine- Feliciano scostò alcuni fogli dal letto e ci si sedette, invitandolo a fare lo stesso -vee, ti volevo chiedere una cosa...- sembrava imbarazzato. Ludwig gli accarezzò i capelli intenerito e si sistemò accanto a lui.
-dimmi pure.
-ti andrebbe di... di farmi da modello per un disegno?
-oh, ehm... certo, nessun problema.
-vee, grazie Luddi!- lo abbracciò di slancio, stampandogli un bacio sulla tempia -ve, vedi, lì in alto ho appeso tutti i disegni delle persone che amo di più- indicò l'angolo che Ludwig aveva già notato -così quando mi sveglio come prima cosa vedo loro. Ne ho messo anche uno di te da piccolo, ma ne volevo mettere anche uno di te ora. E poi mi piace disegnarti.
-va bene- gli venne un'idea -Feliciano, che ne dici di farmi un tuo autoritratto? Così avrò un tuo disegno da portarmi in giro quando siamo separati.
Feliciano si fece pensieroso -ve, non lo so, Luddi. Non amo farmi autoritratti, è scomodo usare uno specchio ve, almeno per me, e poi mi piace ritrarre le cose che amo. Mi sembra egoistico dipingere me stesso, ve, capisci? E poi non ce n'è bisogno, siamo insieme ora- lo baciò con un sorriso -però se ci tieni posso provarci, ve.
Ludwig arrossì -no, tranquillo, se non ti va non importa. E poi hai ragione, ora siamo insieme.
Feliciano gli sorrise, e tutto il resto passò in secondo piano.

Ludwig quella sera scoprì due cose di vitale importanza. Primo, fare da modello era una noia mortale.
Feliciano lo aveva fatto sedere sulla sedia vicino alla scrivania e gli aveva chiesto di mettersi a leggere qualcosa.
-perché?
-mi piaci quando leggi, ve, ti si illuminano gli occhi.
Così, leggermente rosso per il complimento, Ludwig aveva preso un libro- sì, continuava a portarsi dietro un libro ovunque andasse- e si era messo a leggere; Feliciano era rimasto in silenzio tutto il tempo, immerso nel suo mondo, se non giusto per dirgli di girarsi leggermente o intimargli di restare fermo. All'inizio era stato piacevole, Ludwig amava leggere e il rumore della matita sulla carta era parecchio rilassante; il problema era arrivato quando Feliciano si era messo a disegnare le mani, quindi gli aveva chiesto di tenerle immobili e non cambiare pagina per un po'. Ludwig aveva annuito, ma dopo aver letto per sei volte le stesse cose aveva cominciato ad annoiarsi. Alla fine aveva puntato lo sguardo su Feliciano, e così aveva scoperto la seconda cosa di vitale importanza: quando dipingeva Feliciano era a dir poco meraviglioso. Non sorrideva, ma era come se lo facesse. Era concentrato al massimo, sembrava in un mondo a sé stante. Ludwig prima non aveva capito davvero cosa intendesse con "ti brillano gli occhi", ma ora, vedendo Feliciano dipingere, lo capì. Anche a lui brillavano, era assolutamente immerso nel fare ciò che amava, ed era così bello e Ludwig sentì il cuore mancare qualche battito. Avrebbe potuto il resto della vita a osservarlo, era l'opera d'arte più bella del, suo, mondo.
-Luddi, puoi riprendere a leggere per favore?- aveva un tono pratico, secco, non aveva neanche usato il suo solito ve. Ludwig annuì e a fatica distolse lo sguardo, tornando a leggere, nonostante continuasse a lanciare occhiate di soppiatto all'altro.
Dopo un'ora Feliciano finì la bozza.
-posso vederlo?- Ludwig si alzò e si stiracchiò, attirando l'attenzione di Feliciano.
-ve, no è solo la bozza, devo perfezionarlo e finirlo.
Sbuffò e tornò a sedersi accanto a lui -va bene, ma quando lo avrai finito me lo farai vedere.
Feliciano sorrise e lo baciò -va bene, Luddi- si alzò, sistemò il materiale usato e il disegno in un cassetto della scrivania e tornò a sedersi, solo che questa volta si sedette direttamente in braccio a Ludwig, prendendogli il viso tra le mani e baciandolo con un piccolo sorriso soddisfatto.
-grazie- glielo sussurrò direttamente sulla bocca, lasciandogli poi un bacio sulla guancia e alzandosi -vee, ci vestiamo per la notte?
E Ludwig pensò che avrebbe potuto anche passare ore e ore fermo a posare, per un sorriso del genere.
-va bene, vado in bagno o...- Feliciano si sfilò la maglia e il nostro teutonico Ludwig si sentì morire -Feliciano!- si coprì la faccia con le mani, come una pudica fanciulla.
-ve, cosa c'è, Luddi?- si voltò verso di lui e il tedesco si premette di più le mani sul viso, sforzandosi di non guardare -ve, sei tutto rosso, Luddi! Sei adorabile. Ve, perché sei tutto rosso?
-Feliciano sei...- deglutì -tuo fratello mi ucciderà.
Feliciano sembrò capire -ve, ti sei imbarazzato perché mi sono tolto la maglietta? Vee, che carino! Ma non preoccuparti, guarda pure, ve, non mi offendo- gli prese le mani e con delicatezza gliele scostò dal viso. Ludwig lo guardò negli occhi, sforzandosi di non abbassare lo sguardo, ma in fondo... be', era pur sempre un essere umano. Il ventre di Feliciano era piatto, con qualche lieve accenno di muscoli; aveva la pelle pallida a confronto con quella di Lovino, ma quando Ludwig gli accarezzò lievemente il petto, la sua mano era comunque più bianca. Feliciano trattenne il fiato e immerse le mani tra i suoi capelli, stringendolo a sé.
-vee...- mormorò qualcosa in una lingua che Ludwig non conosceva e si chinò a baciarlo; istintivamente, il tedesco gli circondò la schiena con le braccia, sentendo la pelle bollente a contatto con la sua; sentì chiaramente Feliciano rabbrividire contro le sue mani. L'italiano si allontanò dalla sua bocca e sorrise -vee, mi piace- lo baciò a stampo -mi piace sentire le tue mani su di me, fallo più spesso- e lo baciò ancora, stringendosi a lui, e Ludwig si sentì morire, soprattutto quando l'altro gli morse per gioco il labbro.
-ve, sei ancora più rosso- ridacchiò, allontanandosi e prendendo dall'armadio una vecchia maglia sformata troppo grande per lui; quando se la mise, Ludwig non poté non notare quanto fosse adorabile -va meglio?
Ancora rosso, Ludwig annuì. Si era portato dietro una borsa con un cambio per dormire, così si alzò e la prese. Guardò Feliciano, imbarazzato; quello fece spallucce.
-per me non c'è problema- e, come a riprova di ciò che aveva appena detto, si sfilò anche i pantaloni, e Ludwig si ritrovò a benedire/maledire la maglia troppo grande, che lo copriva fino alle ginocchia, per poi sostituirli con un altro paio, anch'essi vecchi e rovinati. Con il volto paonazzo, Ludwig si sbottonò la camicia e la sistemò nella borsa, ben piegata, sentendo lo sguardo dell'altro su di sé; si infilò la maglia di ricambio e fece lo stesso con i pantaloni, piegando il tutto meticolosamente (cosa che l'italiano non aveva fatto, limitandosi a infilare tutto alla rinfusa nell'armadio). Non appena ebbe finito, Feliciano fu di nuovo seduto sul suo grembo, a baciarlo.
-vee, Luddi, ti amo tanto- si allontanò giusto il tempo di dirglielo, poi si fiondò di nuovo a baciarlo, senza dargli il tempo di rispondere che sì, anche lui lo amava, tantissimo. Ludwig lo strinse, accarezzandogli i fianchi da sotto il tessuto della maglietta. Avrebbe avuto tutto il tempo di dirglielo, quella notte sarebbe stata solo per loro.
In pochi minuti finirono sdraiati sul piccolo letto, abbracciati, a scambiarsi dolci baci e leggere carezze. Piano piano, presero sempre più confidenza con il contatto fisico, l'imbarazzo iniziale nel sentire la pelle dell'altro così a contatto, così nuda contro alle proprie mani, svanì, sostituito dalla titubante sicurezza di chi prova cose nuove e è davvero curioso, ma è pronto a ritirarsi al minimo accenno contrario. Si scoprirono lentamente, con piccoli baci e carezze timide, ed era così bello che entrambi, quando ormai era notte fonda, si addormentarono con il sorriso.

-vee, Luddi, sai cosa mi è venuto in mente?- gli chiese all'improvviso Feliciano. Erano passati due mesi, due mesi bellissimi, e alle tiepide giornate di metà autunno si era sostituito il freddo polare che preannunciava il Natale. Era una bella giornata, così avevano deciso di uscire per comprare alcuni regali di Natale; Feliciano aveva comprato per suo fratello un paio di guanti da giardinaggio, visto che lo aveva sentito lamentarsi del fatto che, quando si occupava dei suoi pomodori, poi si ritrovava sempre le unghie piene di terra, mentre Ludwig aveva comprato per suo fratello una statuina di terracotta a forma di canarino; per i suoi genitori non prese nulla, sapeva che non apprezzavano né i regali né festeggiamenti eccessivi; da piccolo, gli unici regali ricevuti erano sempre stati quelli di Gilbert, che gli portava di nascosto dei libri nuovi, e in cambio lui gli reggeva il gioco quando raccontava qualche bugia ai loro genitori. Con gli anni era diventata una loro tradizione personale quella di farsi regali di Natale, non per la festa in sé, ma come rito loro. A Feliciano avrebbe regalato un cavalletto nuovo, mentre l'italiano gli avrebbe fatto un disegno di loro due, sulla spiaggia. Dopo aver preso i regali, visto che c'era ancora abbastanza luce, erano andati a fare una passeggiata, allontanandosi dalle vie più affollate e limitandosi alle zone più nascoste, ai posti deserti che conosceva solo Feliciano. Ora stavano passeggiando in una piccola piazza, con al centro una fontana che l'italiano aveva insistito Ludwig vedesse. Sulla fontana, c'era una statua di due figure che si abbracciavano e a Feliciano piaceva perché, con il passare degli anni, i volti dei due innamorati si erano rovinati, e così i corpi, tanto che non si capiva quale fosse il loro genere.
-cosa, Feliciano?- si voltò a guardarlo, sorridendo lievemente. Feliciano era infagottato in un pesante cappotto, con le mani guantate reggeva un dolce che avevano comprato a un banchetto poco più indietro. Era adorabile mentre osservava la statua con occhi attenti.
-una storia che mi raccontava il Nonno. Sai, ve, gli piaceva raccontarci, a me e al fratellone, storie della buona notte, ma non solo la sera. A ogni domanda che gli facessimo, rispondeva con qualche storia, per lo più proveniente dal mondo classico.
-era istruito- commentò Ludwig -doveva essere di famiglia nobile. Com'è possibile che...
-ve, non lo so- l'italiano si strinse nelle spalle mangiando un pezzo del dolce, prima di continuare -me lo sono chiesto anch'io, insomma- gesticolò un po' con la mano libera -aveva una grande casa, con una libreria enorme piena di libri in latino e greco. Ve, ce ne aveva anche insegnato un po', prima di...- fece una pausa e scosse la testa -ve, insomma, perché io e Lovi ci siamo ritrovati per strada? Una casa la avevamo. Però non so che fine abbia fatto tutta la roba del Nonno. Lovi ha conservato qualche libro, ha detto che ci era rimasto solo quello. Quando gli ho chiesto dove fosse finito tutto, ha detto di non saperlo, e lo sai com'è fatto il fratellone: se non vuole dire qualcosa, se la porterà nella tomba, quindi dopo poco ho smesso di chiedere.
-questo non...- stava per dire che non aveva senso, ma Feliciano lo interruppe.
-vee, ti stavo dicendo che mi è tornata in mente una delle storie del Nonno. A lui piacevano tanto le storie d'amore, ve, sai Luddi? Ci ha letto alcune parti del Simposio, censurandole ovviamente, mi tornato in mente un racconto.
-cioé?
-all'inizio dei tempi, quando gli umani furono creati, avevano quattro braccia, quattro gambe, due teste... insomma, erano due persone unite. Ma Giove, o forse sarebbe meglio chiamarlo Zeus, aveva paura di loro- Feliciano teneva gli occhi puntati sulla statua mentre raccontava, ed era così immerso nel racconto che persino il suo tipico ve era scomparso -temeva diventassero troppo potenti e lo spodestassero. Così li divise in due, come siamo noi ora, e da allora ogni persona cerca la sua anima gemella, per ricongiungersi- fece una pausa -il Nonno ne aveva una sua versione. Sosteneva che non tutti avessero bisogno di un'anima gemella, o che ne avessero solo una. Diceva che... che tutti ne abbiamo almeno una, sì, ma che in alcuni casi si tratta solo di amore platonico, o di amicizia, ma un'amicizia così forte da essere inspezzabile. Secondo lui, dopo tanti anni e tanti miscugli tra anime gemelle e non, abbiamo tutti un pezzetto di anima gemella mischiato con altri, perché siamo il risultato di un miscuglio di sangue, quindi ormai le anime gemelle sono andate perse- spostò lo sguardo verso Ludwig e sorrise -ma, in certi casi, il sangue crea delle combinazioni strane, per cui nascono due nuove anime gemelle. Altre coppie lo sono in parte, per metà, o per due terzi, e così via. Ma in certi, ormai rarissimi, casi alcuni sono totalmente anime gemelle. Diceva che quando due anime sono gemelle, indipendentemente che lo siano in senso romantico o meno, si crea un legame unico, che va oltre al legame fisico e oltre qualsiasi cosa il resto del mondo possa comprendere. Che ci si legge quasi nel pensiero, che arrivi a conoscere l'altra persona a un livello tale che ti sembra di non conoscerla per nulla, che... che l'altro è il tuo opposto ma in fondo siete uguali, e che sai che potrebbe ucciderti in un istante, con una sola parola, un cenno, un nonnulla. Che sei consapevole che l'altra persona ti rende debole, ma ti rende anche forte e tutto il tuo mondo dipende da lei, potresti diventare il più felice o il più triste sulla terra solo grazie a lei, ma ti fidi, perché l'altro dipende allo stesso modo da te, e questa consapevolezza ti cambia, ti cambia tanto, in meglio. Ci diceva sempre che, se avessimo per qualche caso trovato la nostra anima gemella, avremmo dovuto riconoscerla subito, prima di perderla, e stringerla forte e non lasciarla più andare. Ci diceva di non ripetere il suo errore, di amarla il più possibile per tutto il tempo che avremmo avuto a disposizione. Ci disse che tra noi e la nostra anima gemella ci sarebbe stato un rapporto così stretto, così speciale, così forte, che l'avremmo riconosciuta subito. Che sarebbe stato un qualcosa che andava oltre l'amore, oltre l'amicizia, oltre tutto. Che non saremmo riusciti a starle lontano, se fossimo stati destinati ad averne una- Feliciano omise alcuni dettagli; omise di dire come il Nonno, avendo perso la sua, si fosse ritrovato così solo e disperato che l'unica cosa a impedirgli di uccidersi fu sua madre e, morta anche lei, proprio lui e Lovino; omise di dire come il Nonno profumasse sempre di libri ma puzzasse di alcool; omise di dire che fu proprio l'anima gemella del Nonno a ucciderlo lentamente, logorandolo negli anni con la sua distanza; omise di dire quanto lo tormentava la paura che a suo fratello succedesse lo stesso, perché nonostante Lovino non avesse mai neanche sfiorato una goccia d'alcool, perché sapeva ancor meglio di lui come fosse finito il Nonno e perché sapeva che se avesse iniziato non sarebbe riuscito ad uscirne, comunque Feliciano vedeva il fratello logorarsi lentamente, con quelle lettere come unica ancora di salvezza dall'abisso in cui era caduto loro Nonno e loro padre; omise di dire la sua paura di finire così, come si fosse ridotto a sorridere ancora più di prima, negli anni passati senza di lui, pregando ogni notte per il suo ritorno, perché non voleva finire come il Nonno, non voleva morire, non voleva consumarsi lentamente nella fiamma del suo unico amore; omise di dire del suo terrore di ridursi anche peggio, una volta finito quell'anno. Omise di dire tutto quello, si limitò a fare come gli aveva detto il nonno: gli prese la mano e gliela strinse forte -ve, credo che tu sia la mia, Luddi.
Ludwig arrossì e lo strinse a sé, mettendogli un braccio intorno alla vita -sì, lo penso anch'io.
Feliciano sorrise e puntò nuovamente lo sguardo sulle statue, finendo di mangiare.
Avrebbe fatto del suo meglio, si sarebbe goduto al meglio tutto il tempo che gli sarebbe stato concesso, avrebbe stretto l'altro a sé più che poteva. Il resto... be', il resto sarebbe dipeso da Ludwig. Avrebbe deciso lui se lasciarsi stringere o andarsene. Guardando quelle statue, Feliciano si ritrovò a desiderare di essere come loro, di abbracciare l'altro e fossilizzarsi, non lasciarlo più andare e rimanere con lui per sempre, per poi pentirsene subito dopo. Lui non voleva diventare pietra. Voleva vivere, voleva respirare, sentire il sole sulla pelle, sentire il calore di Ludwig, le sue labbra sulle sue, il suo cuore battere contro l'orecchio. Non voleva diventare pietra con lui, ma vivere al suo fianco, il che sarebbe stato indubbiamente più complicato, ma non gli importava: ne sarebbe valsa la pena.
-ve, Luddi, sai qual è un'altra cosa che mi ha raccontato il Nonno?
-quale?
-che noi Vargas amiamo raramente, ma che quando lo facciamo, lo facciamo per davvero.
Ludwig fece un sorriso divertito -sì, immagino sia davvero così.
Angolo autrice:
Ciao!
Ringrazio chi ha letto fin qui, spero che la storia vi stia piacendo, mi farebbe davvero piacere se lasciaste una recensione :3
Non ho molto da dire in realtà, solo...
Preparatevi, il prossimo capitolo sarà una bomba ;)
A lunedì prossimo
Daly

 
   
 
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