ATTENZIONE!! QUESTO CAPITOLO TRATTA TEMATICHE DELICATE, IN PARTICOLARE AUTOLESIONISMO!
La mia mente sta
correndo
E tu sei la ragione
Per cui sto ancora
respirando
Ora sono senza speranza
Thorin l’aveva lasciata. Il suo cuore si era spezzato per
tre volte quel giorno a Colle Corvo, non provava più niente, si sentiva vuota.
Quel pensiero la tormentava da mesi, la notte si svegliava in preda ad incubi
orribili, ma sapeva che era tutta colpa sua.
Era una mattina calda di fine agosto ed Eruannie di Imladris
era immersa nella sua vasca da bagno, mentre l’acqua calda e profumata le
avvolgeva il corpo. La magia della Casa di suo fratello Elrond aveva alleviato
inizialmente le ferite del suo animo, ma la voragine nel suo petto era sempre
in agguato e, quando meno se lo aspettava, tornava a dilaniarla da dentro.
Non riusciva nemmeno più a piangere, doveva aver consumato
tutte le lacrime che possedeva.
“Forse, se non fossi esistita Sauron non avrebbe mai ordinato
ad Azog di attaccare la Montagna…” si ritrovò a pensare, mentre faceva correre
le dita sottili lungo il tatuaggio impresso sul braccio destro.
“…forse, se non fossi mai esistita, ora Thorin e i ragazzi
sarebbero ancora vivi…” il suo sguardo si spostò rapido sullo specchio
appoggiato alla parete della stanza, riflettendo la sua immagine. Quello che vi
vide dentro fu l’ombra della guerriera che era stata un tempo. Si alzò
lentamente, lasciando che l’acqua le scivolasse via. Uscì dalla vasca e si avvicinò
all’oggetto, assottigliando lo sguardo quando notò lo stato in cui si era
ridotta. La pelle era spenta, la luce che emanava un tempo l’aveva abbandonata.
Scure occhiaie le contornavano gli occhi blu, ormai privi di qualsiasi
bellezza. I suoi capelli erano sciupati, mentre i segni della sua malnutrizione
iniziavano ad essere evidenti.
Strinse le mani a pungo e, in uno scatto d’ira, colpì il
volto della sua immagine riflessa.
<< È colpa tua…>> sussurrò all’estranea davanti
a lei, mentre un altro pugno si infrangeva sullo specchio, incrinandone la
superficie. Una raffica di colpi seguirono i primi due, finché l’oggetto non
andò in frantumi. Con le nocche ricoperte di schegge e sanguinanti, si abbassò
a raccogliere un pezzo affilato, tagliandosi una mano. Tornò alla vasca e vi si
adagiò al suo interno, lasciando che l’acqua l’avvolgesse ancora.
<< È colpa mia…>> ribadì, premendo su un polso
l’oggetto tagliente finché l’acqua non si colorò di rosso.
<< È colpa mia…>> sussurrò ancora, ripetendo lo
stesso procedimento sull’altro polso. Una sensazione di leggerezza la pervase,
appoggiò le braccia ai bordi della vasca e si lasciò andare al tepore che
iniziava ad invaderle il corpo. La vista le si annebbiò e lentamente comparve
il volto di Thorin davanti a lei. Il nano le sorrideva e lei ricambiò quel
gesto, sentendolo sempre più vicino.
<< Eri la ragione per cui respiravo…>> gli
disse, mentre l’acqua si faceva sempre più rossa e densa e il volto di Thorin
sempre più nitido.
<<…e ora sono senza speranza…>> sussurrò, il
mento che toccava il pelo dell’acqua. Poi le palpebre si fecero pesanti e le si
chiusero gli occhi.
“Sto arrivando, amore mio” pensò, mentre il suo corpo sprofondava nel liquido ormai rosso.