3.
Fiamme
Fiamme
L’ultimo gruppo di prigionieri viene fatto salire sulle carovane. In lontananza, le case del villaggio continuano a bruciare.
Jafar riesce a scorgere anche la sua, che a differenza delle altre, continua a restare in piedi. Quasi non volesse accettare la sconfitta. Proprio come lui.
Inizialmente se l’era presa con Zulema.
“Avresti dovuto prevederlo. E’ colpa tua”, erano state le sue parole.
Le aveva pronunciate in un momento di rabbia, mentre i soldati di Shirabath mettevano ad entrambi le catene ai polsi.
Adesso lei non vuole parlargli. Da più di dieci minuti se ne sta rintanata in un angolo del carro. ll volto scuro, l’espressione indecifrabile. Jafar non sa se andare a parlarle.
E’ consapevole di avere esagerato, ma fare ammenda non è mai stata un’opzione selezionabile dal suo punto di vista. Implicherebbe l’essere in torto. E lui detesta sbagliarsi.
Quando siede al suo fianco, Zulema non lo guarda nemmeno. Si tasta il braccio con la mano, lì dove una grossa ferita da taglio ha appena smesso di sanguinare.
Jafar strappa un lembo della sua veste, e gliel’avvolge attorno. Non si aspetta nulla dopo quel gesto, la conosce bene. E mentre i soldati fanno partire le carovane, il suo sguardo non vacilla nemmeno per un secondo. Ha paura, come tutti lì dentro, ma preferirebbe morire piuttosto che ammetterlo.
“Andrà bene?”
La domanda di Zulema è pressoché un sussurro.
“Prevedi il futuro. Dovresti dirlo tu a me”
Jafar sposta lo sguardo oltre l’orizzonte. Alla fine, anche la loro casa ha ceduto alle fiamme.
“Per quel che vale, finchè saremo insieme.. Sì, andrà bene”