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Autore: Lady_Dunmer    26/05/2020    0 recensioni
Più di un secolo è passato dal trionfo del Sangue di Drago sul Divoratore del mondo. Da allora molto è cambiato a Tamriel: l'Impero, un tempo grande e potente, è ora l'ombra di sè stesso. Sul trono si sono alternati sovrani deboli, folli o incapaci, subito spazzati via da intrighi di palazzo senza posa. Solo negli ultimi dieci anni Claudius Lexia è riuscito a restituire una parvenza di pace e stabilità, ma i meccanismi del cambiamento sono entrati in funzione e un fato avverso minaccia nuovamente il Nirn.
Riusciranno un più che eccentrico Dunmer, una Nord con un passato oscuro, una combattiva Arcimaga e una Blade ribelle a sventare la nuova minaccia che incombe su Cyrodill e l'intera Tamriel?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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ARCO I
LA LUNA ROSSA

"I SEGRETI DI HIRCINE"

Mi svegliai di soprassalto, ritrovandomi a fissare l’ineguale soffitto roccioso di una caverna, gremita di opalescenti stalattiti smussate. Parevano quasi enormi moccoli di cera, alla luce del globo di fuoco sospeso a mezz’aria al centro della stanza.
Voltai leggermente il capo, affondando una guancia nel morbido cuscino foderato, e osservai il pavimento della spelonca: tappezzato con pelli degli animali e delle creature più svariate: leoni di montagna, lupi grigi, orsi bruni, cinghiali, troll e persino qualche minotauro. Al centro di tutto, v’era quello che pareva un piccolo altare: una rozza bacinella di pietra, sormontata dall’effige di un uomo con la testa di cervo. Non mi ci volle molto a riconoscere chi vi era ritratto dietro quelle scalpellate maldestre e con un moto di irritazione distolsi lo sguardo.
“Per Kynareth… dove sono finita?” pensai, prima di tirarmi a sedere con un gemito di dolore. Il mio corpo, sotto la tunica di lino, piacevole contro la pelle nuda, era stato avvolto con varie fasciature, accompagnate a curiosi impacchi dalla consistenza melmosa.
«Ci siamo svegliati, finalmente.»
Esordì una voce calda e pacata, da un angolo appartato della caverna. Mi voltai, senza sfilarmi le calde coperte dalle gambe.
A parlare era stato un dunmer, tutto intento a tagliuzzare qualcosa su un ripiano di pietra ricavato nel muro. Era, in vero, l’esponente più strano che avessi mai veduto della sua già eccentrica razza: aveva la pelle nera come la pece e dal  capo gli ricadeva una chioma candida come neve, disciplinata in una coda da brigante. Le gambe e le braccia erano celate sotto componenti di armatura daedrica: dal caratteristico colore fumoso, intriso di riflessi vermigli. Mentre il torace, ampio e rigonfio, veniva coperto da una spessa casacca di pelliccia grigia.
Definire il suo lavoro  quanto mai “macabro” sarebbe stato un eufemismo: con un pugnale ricurvo, forse di fattura elfica, scavava nel ventre di uno strano troll dalla pelle livida, estraendone poi grasso e viscere: l’uno era riposto con cura in dei barattoli di terracotta, le altre gettate malamente in un vecchio secchio di legno sudicio.
«Hai dormito per tre giorni interi, iniziavo a temere non ti risvegliassi più.» continuò lui, senza voltarsi.
«Che-Che stai facendo c-con quella cosa?» chiesi, troppo sconvolta per rispettare le buone norme della cortesia.
«Si tratta di un Underfrykte. Anche se la definizione più calzante sarebbe quella di  “veri bastardi”: si mimetizzano nella neve e prima che te ne accorga ti hanno già staccato una gamba, per poi picchiartici fino a spaccarti la testa.» replicò lui, assai divertito da quella immagine truculenta «Ma immagino volessi sapere cosa stessi facendo io. Beh, si chiama raccogliere ingredienti alchemici alla vecchia maniera. Non ho il denaro né la voglia di mettermi a contrattare con qualche mercante spilorcio, quando ho bisogno di qualcosa, così me la procuro da me.» e a chiosa della spiegazione infilò un altro trancio di grasso purulento all’interno del contenitore. Dopodiché si sfilò con delicatezza i guanti e venne ad accovacciarsi accanto a me.
I suoi occhi erano di un rosso più tenue di quello degli altri Dunmer che avevo avuto modo di incontrare a Winterhold.
«Lascia che ti controlli le ferite.» disse, allungando una mano verso la mia spalla.
Avevo avuto a che fare con fin troppi uomini in passato, per non capire dove volesse andare a parare, così scostai la sua mano con un malrovescio, indietreggiando di qualche passo.
Le sue sopracciglia bianche si abbassarono donando al suo volto un’espressione assai basita. Ritirò le dita, chiudendole in un pugno sopra il ginocchio piegato.
«Ho già avuto occasione di ammirare le tue grazie, mentre grondavi sangue mezza scannata sulle nevi dei Jerall, se è questo il tuo problema. E no, non sei decisamente il mio tipo, tesoro. Preferisco uomini e donne che non abbiano più il moccio al naso.» disse, piccato «Quindi, di grazia, posso controllarti le fasciature o per cambiarle devo andare a sentimento?»
Schiusi le labbra, per poi serrarle nuovamente. Le guance presero ad avvamparmi: al momento non sapevo se sentirmi più offesa dal fatto che mi avesse dato della poppante o più idiota per non aver pensato al fatto che, se avesse avuto quel genere di intenzioni, certo non avrebbe atteso che mi risvegliassi per portarle a compimento.
Così, con uno sbuffo, cedetti, voltandomi mentre l’elfo oscuro adempiva al suo mestiere. Il suo tocco fu rapido e discreto sulla pelle, non si fermava più del necessario: controllata una fasciatura, passava immediatamente all’altra. Saggiando subito dopo se fosse abbastanza stretta o se fosse il caso di sostituirla.

«Bene.» eslcamò, accoccolando i palmi neri «Stai guarendo in fretta, credo che entro un paio di giorni sarai di nuovo in forze.»
«Grazie…» dissi dopo un po’, strofinandomi l’indice in un riflesso di imbarazzo.
«Dovere.» replicò lui «Sono stato un guaritore prima di – beh - molte altre cose. È qualcosa che ti rimane nel sangue.»
Sorrisi, in un cenno di approvazione, prima che il mio viso tornasse a un’espressione mesta: non potevo trascurare il fatto che avesse assistito alla mia trasformazione. E se fosse andato a dirlo in giro? Sarebbe stato un bel guaio. Eppure – mi dissi, riflettendoci un poco – mi aveva salvato e anche adesso in lui non leggevo la benché minima traccia di paura o ansia. Che forse…
«Ascolta, devo chiederti una cosa.» lo richiamai, a un punto, guardandolo dritto negli occhi.
L’elfo mugugnò, vagamente indifferente.
«Tu- tu sei come me?» domandai, rafforzando il concetto con un breve cenno alla statua di Hircine.
Lui si levò in piedi con un movimento sinuoso, andando ad appoggiarsi con le spalle contro la parete di roccia «Intendi un mannaro?» denegò morbidamente col capo «No, tesoro, ma se lo trovi deludente, magari ti consola sapere che sono un vampiro.» rispose, esibendo un paio di canini affilati.
Uno spasmo mi contrasse le dita, e per quanto cercassi di rimanere impassibile, quel Dunmer sembrò intuire qualcuno dei miei pensieri «Avanti, non mi giudicherai mica perché spillo un po’ di sangue per non diventare la cattiva imitazione di un Atronach di Fiamma quando sorge il sole? Sono sicuro che di sangue ce ne fosse abbastanza anche nella testa del tipo a cui hai mangiato la faccia.»
«Io non ti sto giudicando!» mi affrettai a replicare, distogliendo lo sguardo «È solo che, non me l’aspettavo… non siete forse seguaci di Molag Bal? Le leggende raccontano che sia stato lui a crearvi.»
Incrociò le braccia dinanzi al petto «Il vecchio Bal non è quello che chiameresti un padre amorevole, orsetto. Ma questa è una storia che non amo raccontare.» concluse lui, una volta tanto senza il suo consueto tono sarcastico.
Fra noi scese qualche attimo di silenzio, in vero piuttosto teso. Prima che decidesse di vertere la conversazione su altri lidi «Tu, piuttosto, che ci facevi al confine?»
Mi umettai le labbra: le leggi dell’ospitalità e il mio debito nei suoi riguardi, mi imponevano una risposta, ma quella era la mia storia che non amavo raccontare…
«I Mano d’Argento, mi stavano alle calcagna da settimane. Credevo che a Cyrodill sarei stata al sicuro, ma mi sbagliavo.» non c’era comunque bisogno che sapesse proprio tutto.
«Allora immagino che il problema sia risolto. Tornerai a Skyrim?»
«Uhm, no, quella terra fredda e desolata non ha nulla da offrirmi.» mi sforzai di sorridere «Mentre qui nella Provincia Imperiale il clima è mite e quelli come me non vengono attivamente perseguitati.»
Lui storse la bocca: se aveva dei dubbi, ed ero quasi certa che ne avesse, non si diede il disturbo di renderli noti «Beh, io rimarrò qui in zona fino alla prossima fase lunare. Se fino ad allora ti serve un tetto sulla testa puoi stare qui. Dopodiché io prenderò la mia strada e tu la tua.»
«Certo.» replicai, con un moto di sollievo.
«Ti serviranno dei septim. Mi sono preso la briga di raccattare le armi dei tuoi amici; con tutto quell’argento puoi pagarti una carovana per – ecco – dove ti pare.» la voce del Dunmer si addolcì «Nel frattempo vedi di riposare e recuperare le forze.»
«Lo farò-» provai a rassicurarlo, prima di rendermi conto di non sapere neanche il suo nome.
«Bierslinger. Chiamami Bierslinger.» mi disse lui, prima ancora che potessi domandarglielo.
«Lieto di conoscerti, Bierslinger.» risposi, allungandogli una mano «Io sono Anja, Anja di Winterwood.»
   
 
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