Libri > Classici greci e latini
Segui la storia  |       
Autore: ShanaStoryteller    26/05/2020    1 recensioni
Una raccolta di storie brevi che dipingono una nuova versione dei miti antichi.
O:
Quello che accadde a Icaro dopo la sua caduta, come Ermes e Estia si immischiarono e salvarono l’umanità e di come Ade voleva solo schiacciare un pisolino.
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Afrodite/Venere, Ares/Marte, Era/Giunone, Poseidone/Nettuno
Note: Lime, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Anfitrite & Ceneo



Ceneo aveva avuto solo due amori nella sua vita.

Il primo era il mare. L’aveva amato per tutta la vita, ascoltando il suo canto da sirena da quando ancora teneva i capelli lunghi e ricci e tollerava il farsi vestire con vesti femminili e sentirsi chiamare ragazza. Amava il mare come i suoi genitori andavano al tempio, in un modo inamovibile e inspiegabile, smettendo di farsi domande.

Il secondo era Poseidone. Folle, ma così dolorosamente gentile. Era un uomo che professava il suo desiderio di dominare il mare senza comprenderlo davvero e Ceneo sorrideva e gli baciava le rughe di preoccupazione sulla fronte, ma non se ne preoccupava.

Il mare non l’aveva mai ricambiato e non l’avrebbe mai fatto. Era potere e gelo e perdita, e la sua bellezza risiedeva nella sua tragicità. Poseidone era calore e premura e mani forti sui suoi fianchi. Non era affatto come il mare e non l’avrebbe mai dominato.

Ceneo lo sapeva e ne era sollevato. Poseidone lo ricambiava. Poseidone non era il mare.

Poi, si risvegliò al tocco delle labbra del suo amante sul suo collo, fredde a tal punto da farlo indietreggiare, sfuggendo a quella sensazione, e, per un terribile momento, non riconobbe la persona che l’aveva toccato come l’uomo che amava.

“Ora posso farlo,” sussurrò, allargando le dita fredde sulla sua vita, “posso farti diventare l’uomo che vuoi essere.”

Ceneo voleva il corpo che avevano solitamente gli uomini, voleva che le persone smettessero di guardarlo e vedessero una donna. Ma se Poseidone gliel’avesse chiesto, gliel’avrebbe detto: Ceneo avrebbe scelto il suo amante al posto di un nuovo corpo, avrebbe preferito vivere come già faceva piuttosto che vedere Poseidone farsi del male a causa sua.

Ma non glielo chiese, dunque Ceneo chiuse gli occhi e accettò il dono che il suo amante era così desideroso di dargli.


 

 

Anfitrite non aveva mai avuto un cuore.

Lei era il mare e quello che desiderava lo prendeva. Uomini, donne… Desiderava e possedeva e poi andava oltre.

Ma il cuore che aveva nel petto era più dolce, più caldo. Aveva reso rosata la sua pelle dalle tinte perlate e l’aveva spinta a nuotare in superfice per guardare il tramonto, facendo affiorare in lei qualcosa di simile all’empatia dove prima c’era solo egoismo.

Il cuore nel suo petto era innamorato e credeva che fosse qualcosa che poteva controllare, qualcosa che poteva fermare. Non era così. Sarebbe accaduto un giorno, quando avrebbe dominato quel cuore nel suo petto, ma non ora. Passò ore a seguire Ceneo mentre navigava per i suoi mari, guidò i pesci nella sua rete e sentì il suo cuore in prestito battere molto più veloce ogni volta che si sporgeva sull’oceano e lei poteva scorgere i suoi bellissimi occhi ambrati.

Dunque, disse a Poseidone: “Passi fin troppo tempo sulla costa per essere un dio del mare.”

Lui le rivolse un’occhiata e i suoi occhi erano verdi quanto quelli di lei, ed erano freddi e indifferenti come lo erano stati i suoi. Si domandò com’erano i suoi occhi in quel momento. “Ceneo è sulla costa.”

“Portalo qui se sei così preoccupato per quel tuo mortale.” Disse, concentrandosi sull’intrecciarsi conchiglie nei capelli per dare l’impressione di non essere per nulla interessata a quello che Poseidone faceva con il suo giocattolo mortale. “Questo palazzo è grande a sufficienza.”

Lui si fermò e si voltò verso di lei, sollevando le sopracciglia. “Non ti interessa che io lo porti qui?”

“Fai ciò che vuoi col tuo mortale.” Ripeté, e schiacciò la gioia tremante che aveva in petto. “Non mi riguarda.”


 



Ceneo non sapeva come amare un dio del mare. Sapeva come amare Poseidone: lo portava sull’acqua a guardare l’alba, gli dava da bere delle bevande calde e dolci e lasciava che si accoccolasse vicino a lui la notte ascoltando storie sui suoi fratelli, di dèi impossibili che compivano gesta impossibili.

Ma ora si trovava in un palazzo sottomarino, aveva una sua stanza e poteva vedere l’altra faccia dell’oceano che amava così teneramente. Non c’erano tramonti lì, niente cioccolata da barattare, e Poseidone non gli raccontava più storie.

Poseidone lo amava ancora. Lo baciava e lo teneva per i fianchi quando dormivano insieme e lo teneva al suo fianco mentre attraversava il mare e acquisiva più controllo sul dominio su cui ora regnava. Poseidone lo amava ancora, diceva a se stesso quando bramava di tornare in superfice e alla casa che Poseidone gli aveva costruito, alla vita che si era costruito.

Non voleva diventare il consorte del re del mare. Voleva solo essere Ceneo, un uomo che amava un uomo e che era amato a sua volta, un uomo che amava il mare anche se questo non l’avrebbe mai ricambiato.

Il mare non l’avrebbe mai ricambiato. Lo sapeva da quando era bambino, dunque la vera domanda era: quanto era rimasto del Poseidone che conosceva e quanto era, invece, le profondità dell’oceano?


 



C’era un uragano che richiedeva l’attenzione di suo marito, e perfino lui non era così folle da portare il suo amante in un luogo talmente pericoloso. Il che significava che era il momento perfetto per Anfitrite per incontrarlo nei giardini interni, quando teneva lo sguardo rivolto verso l’alto, osservando attraverso le alghe iridescenti i raggi del sole che riuscivano a penetrare l’acqua. “Ti manca?” Gli chiese, e lui si spaventò, girandosi di scatto. Quando la vide, si allontanò goffamente.

“Mia signora!” Disse, e cadde in ginocchio di fronte a lei, prostrando la testa. Era quello che Anfitrite voleva da ogni mortale, ma non da lui, mai da lui. Il cuore nel suo petto lo amava e anche se non era il suo cuore…il resto di lei non comprendeva la differenza. “Le mie più sentite scuse.”

“Sei il benvenuto qui.” Disse, e sorrise. Non aveva mai sorriso a quel modo prima, non si era mai sentita a quel modo prima, affettuosa e leggera e così dolorosamente vogliosa da risultare imbarazzante se avesse mai osato dar voce al suo desiderio. Era un mistero come Poseidone fosse riuscito a portare a termine qualunque cosa se era quello che aveva nel petto.

Lui sollevò lo sguardo, esitante, e lei gli porse una mano. Lui la prese, e lei lo tirò in piedi, tirandolo a sé, così vicino da poterlo quasi toccare, e Ceneo fu costretto a inclinare il capo per guardarla negli occhi o le avrebbe solo fissato il mento. Era più caldo di lei, poteva sentire il calore che si riversava fuori da lui a ondate, e desiderò stringerlo tra le braccia per poter languire su di lui come avrebbe fatto con una roccia scaldata dal sole.

Prima che possedesse un cuore, aveva preso chi e cosa voleva, quando voleva.

Ora possedeva un cuore e gli prese le mani nelle sue e disse: “Ti piacerebbe visitare la superficie? Ti ci posso portare e torneremmo indietro prima che ritorni mio marito.”

Lui esitò perché aveva paura di lei. Ceneo non l’avrebbe mai amata perché, sebbene lei custodisse il cuore che lui amava, non era lei la persona a cui apparteneva quel cuore. Non che lo sapesse, non che nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza dei dettagli del patto tra lei e Poseidone. Ma non voleva che Ceneo avesse paura di lei. Voleva che le sorridesse come se fosse un’alba. “Sì, per favore.” Si decise infine.

Rimase in piedi a guardarlo mentre si incamminava verso la sua casa, mentre toccava il focolare e osservava con nostalgia il letto, mentre si trovava nella piccola casetta che chiaramente preferiva al suo palazzo, a tutte le ricchezze e all’adorazione che gli spettava in quanto consorte del mare.

Ceneo era un uomo semplice il cui cuore amava di un amore semplice.

Era un uomo il cui cuore amava qualcuno che ora un cuore non ce l’aveva e Anfitrite non riusciva a dirglielo. Era lei che gliel’aveva portato via e non gliel’avrebbe restituito.

Le piaceva avere un cuore e un giorno avrebbe dovuto restituirlo, ma non ora, non ancora, non per molto tempo ancora.


 



Ceneo giaceva di fianco a Poseidone, rannicchiato in modo da poter poggiare il capo sul braccio steso del dio; osservava il suo petto che si alzava e si abbassava nel sonno. C’erano lividi sui fianchi di Ceneo e lungo il suo petto, segni di morsi sulla spalla e lungo il collo. Non era la pima volta che il suo amante era brusco con lui, e non gli dispiaceva che Poseidone non lo toccasse come se avesse il timore di romperlo, perché le volte in cui era brusco faceva attenzione alla sua forza in modo da non oltrepassare mai la linea tra lasciargli un livido e fargli del male.

Era diverso da quello che era stato. Era diverso da molto tempo, da quando Poseidone era riuscito a convincere la Signora a cedergli il suo titolo da monarca, a condividere il suo potere con lui per una ragione che Ceneo non poteva vedere. Non c’era amore tra loro perché il mare non amava. Ma lei aveva ottenuto qualcosa, qualcosa di abbastanza prezioso da farle cedere parte del suo potere e, appena l’aveva fatto, l’uomo che Ceneo amava aveva smesso di esistere.

Scivolò fuori dal letto e si strofinò gli occhi con rabbia. Non ce la faceva più, non poteva giacere e vivere con un uomo che aveva niente più che il volto e i ricordi del suo amante.

Conosceva bene quel palazzo, e tutti lo conoscevano a loro volta. I servi non gli posero domande, si limitarono a inchinarsi appena per poi affrettarsi in altri luoghi. Era un pescatore che viveva al limitare della società. Non era il tipo di persona davanti a cui ci si dovrebbe inchinare. Si fermò di fronte a una coppia di porte ornate e intagliate, il meraviglioso e scintillante interno di una conchiglia di dimensioni inimmaginabili. Due guardie stavano di fronte a ogni porta, ma nessuna di loro lo fermò quando le aprì e scivolò all’interno.

“Mia signora?” Sussurrò. Enormi incisioni bioluminescenti presero vita in tutta la stanza, inondandola di una tenue luce verde oro. Anfitrite si tirò a sedere sul letto, i capelli verdi sciolti, mostrandosi a lui, pallida e senza difetti, il più perfetto esempio di donna bellissima che Ceneo avesse mai visto, e lui distolse lo sguardo. “Mia signora!”

“Così modesto.” Lo stuzzicò lei, e quando Ceneo rialzò lo sguardo, la vide con indosso una semplice tunica bianca mentre si sistemava i capelli dietro le spalle. Sembrava così vulnerabile a quel modo, quasi simile a sua madre quando ridestava lui e suo padre dal sonno nell’oscurità prima dell’alba per catturare i pesci quando ancora dormivano. “Che succede, Ceneo? Pensavo che mio marito avesse l’esclusiva sulle tue notti.” Gli fece un occhiolino e lui si costrinse a sorridere.

Si avvicinò a lei, le prese le mani perché sapeva quanto le piaceva sentire la differenza di calore tra loro, e vide il sorriso scomparire dal suo volto. “Vi prego,” sussurrò, “Poseidone è diverso da quello che era un tempo e voglio saperne il motivo. Ve ne prego.”


 



Non avrebbe dovuto dirglielo, ma il cuore nel suo petto lo amava e anche lei lo amava. Pensò che gliel’avrebbe detto anche senza che il cuore di Poseidone la influenzasse.

Dunque, glielo disse e quando lui prese a piangere Anfitrite asciugò le sue lacrime e lui glielo permise. “Non ti amerà più come un tempo.” Gli confidò. “Non perché non lo voglia, bensì perché non ci riesce.”

“Il mare non può amare.” Disse, perché lo sapeva, perché era un marinaio esperto, perché era lui stesso parte di coloro che avevano venerato Anfitrite tutta la vita senza aspettarsi mai niente in cambio, perché era quello che l’oceano donava: il nulla. “Potrei… potrei darvi il mio cuore.”

Lei lo fissò. “Come dici?”

“Lasciate che vi dia il mio cuore,” la supplicò, “perché io possa custodire quello di Poseidone nel mio petto. Potete prendere il mio, so che sono solo un mortale-”

“Siete tutti mortali per me.” Disse, perché un centinaio d’anni, un migliaio, dieci migliaia, non avevano importanza. Lei e Gaia esistevano da molto prima di dèi e umani e avrebbero continuato a esistere per molto tempo ancora dopo la loro fine. “Se ti cedessi il cuore di Poseidone, diventeresti un dio.”

Lui impallidì e si allontanò bruscamente. La sua proposta non veniva da una brama di potere, non si era mai trattato di quello. L’aveva proposto solo per amore. “Mia signora, non sto cercando di- non è questo che voglio.”

“Se diventassi un dio,” continuò lei, perché lo amava e ciò significava che voleva renderlo felice anche a costo di rimetterci a sua volta, “vivrai fino a quando arriverà il tempo in cui reclamerò il mio titolo di monarca. Un giorno, mi riprenderò il mio cuore, riprenderò possesso della cosa fredda e scura che dimora nel petto di Poseidone, e quando succederà lui non sarà più il dio del mare. Quando succederà, potrai restituirgli il suo cuore e ti amerà come ti amava, come ti amerà sempre.”

Ceneo si teneva una mano al petto e nei suoi occhi brillava così tanta speranza da farle quasi male. “Ve ne prego, mia signora. Vi supplico. Lo amo, lasciate che prenda il suo cuore, restituitemi Poseidone quando verrà il tempo. Aspetterò.”

“Aspetterai per molto tempo.” Rispose lei con onestà. “Molti imperi nasceranno e cadranno prima che decida di rivolere il mio cuore, prima che Poseidone rinunci di sua sponte al suo potere sui mari.”

“Aspetterò.” Ripeté Ceneo. “Lo amo. Se terrete il mio cuore, forse lo amerete anche voi. Se avrete il mio cuore, lo proteggerete, lo terrete al sicuro.”

Anfitrite amava Ceneo e Ceneo amava Poseidone e Poseidone era incapace di amare. “Molto bene.” Sussurrò lei, perché un cuore era un cuore e, come Poseidone, era incapace di negare qualsiasi cosa a Ceneo.

Si aprì il petto e ne estrasse il cuore caldo e pulsante di Poseidone. Aprì il petto di Ceneo per lui e lo tenne in piedi mentre quello faticava a estrarre il suo cuore, riponendolo goffamente nel petto di lei. Anfitrite guarì all’istante e ripose il cuore di Poseidone nel petto di Ceneo. Anche lui guarì all’istante e i suoi occhi si illuminarono di potere quando il cuore si sistemò in lui.

In quel momento, Ceneo divenne molto più che un uomo mortale.

Quel cuore non era poi così diverso. Amava ancora Ceneo perché era capace di amare e perché lui era degno del suo amore. “Va,” gli disse, “saluta chi devi e va. Se rimani, continuerà a farti del male e in poche centinaia di anni si odierà per questo. Ora va, e risparmia a entrambi questo dolore.”

Lui si sporse verso di lei e le prese il volto tra le mani, posandole un bacio sulle guance. “Vi ringrazio.” Esalò, e poi scomparve.


 



Ceneo poteva sentire il potere di un dio scorrere dentro di lui, ma non gli interessava. L’unico motivo per cui era felice di essere un dio era perché avrebbe vissuto abbastanza a lungo per riavere Poseidone, per riavere un Poseidone che lo amava.

Tornò dove giaceva Poseidone e lo guardò a lungo e attentamente. Sarebbe passato molto tempo prima di poterlo rivedere. Lo baciò sulle labbra, dolcemente, con cautela, nel modo in cui Poseidone lo aveva baciato la prima volta mentre dormiva.

Poi se ne andò, mettendo piede fuori da palazzo e usando i suoi nuovi poteri per tornare a riva.

Poseidone era furibondo, ma Anfitrite non si scompose, dicendo solo che Ceneo se ne era andato. Lui andò su tutte le furie distruggendo metà del loro palazzo, ma lei non vi badò.

Non gli disse che non custodiva più il suo cuore. Non aveva importanza. Il cuore di Ceneo batteva nel suo petto e lei sedeva sul suo trono tra le macerie, senza fare nulla più che sospirare al modo in cui Poseidone minacciava di lacerare il mondo per ritrovare il suo amato. Gli sarebbe passata. La profondità e il gelo del mare erano incapaci di nutrire a lungo gesti così passionali.

Gli anni passarono. A palazzo giunse una voce su un nuovo dio del mare, conosciuto per salvare marinai e pescatori dalle tempeste, che si diceva essere stato un pescatore mortale a sua volta.

Lo chiamavano Glauco e si diceva che avesse mangiato un’erba magica per diventare un dio.

Anfitrite sorrise a quelle voci. Fortunatamente, Poseidone aveva rinunciato da tempo a costringerla a dargli spiegazioni. Quelle voci erano vere solo in parte, ma le piaceva comunque ascoltarle.

La confortava sapere che Ceneo stava bene.




Note dell’autrice:

Spero che vi sia piaciuta!

Sentitevi liberi di seguirmi/tormentarmi su Tumblr, dove potete sempre trovare queste storie all’inizio del mio blog.
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Classici greci e latini / Vai alla pagina dell'autore: ShanaStoryteller