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Autore: _justabibliophile_    26/05/2020    0 recensioni
«Ascoltami bene, prima di trarre le tue conclusioni affrettate. Ti propongo una sfida.»
«Ecco che ci risiamo.» borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
Una sfida con James Potter, che cosa assurda e inconcepibile: quale persona sana di mente sarebbe mai scesa a patti con il diavolo? Accettare una sfida proposta da Potter era sulla stessa lunghezza d'onda, per l'appunto.
«Non è una sfida qualunque, Evans. Tutto quello che devi fare è darmi prova dell'esistenza di qualcosa che proprio non sopporti di me. Solo questo.»
A dimostrazione del suo contegno e della serietà che sapeva esibire in ogni occasione della sua vita, Lily Evans scoppiò in una fragorosa risata.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Lumos

Qualche raggio di Sole filtrava con impertinenza dalle alte vetrate che puntellavano le pareti della Biblioteca, dando l'illusione che quel timido pomeriggio di inizio ottobre fosse ancora la giornata perfetta per una tranquilla passeggiata nel cortile di Hogwarts. La realtà dei fatti, tuttavia, era ben diversa: il vento spirava con violenza, sollevando di tanto in tanto le foglie dei più disparati colori, che si staccavano silenziose dagli alberi e tingevano il terreno con le più accese delle policromie.

Nonostante i continui ammonimenti più o meno evidenti lanciati da Madama Pince - fatti soprattutto di occhiate taglienti e rimproveri sussurrati con l'aggressività di un Avvincino - quel particolare ambiente del Castello era comunque immerso nel più fitto chiacchiericcio e i ragazzi, tra risate a stento trattenute e un evidente buonumore, erano insolitamente allegri.

Una sola studentessa faceva tuttavia eccezione alla singolare felicità che sembrava pervadere l'animo di chiunque fosse presente in quella stanza.

Lily Evans sedeva composta ad uno dei tavoli più riparati da occhiate indiscrete, quello che da sette anni a quella parte era diventato il suo luogo preferito per studiare in tranquillità e fare i compiti con la massima attenzione possibile. Non era una scena poi così rara, comunque, nonostante per tutta la sua permanenza a Hogwarts avesse sempre dato prova di quanto contraddittoria potesse essere una personalità come la sua.

C'era quel lato esuberante e solare, certo, anche se spesso lo nascondeva sotto cumuli di sarcasmo e finto cinismo - oppure era lui stesso a nascondersi all'incirca sempre, uscendo allo scoperto soltanto quando il tasso di Firewhisky nel suo sangue raggiungeva livelli non più dignitosamente accettabili - e poi, in meravigliosa e perfetta antitesi, c'era il lato che le imponeva di darsi un contegno ed essere quantomeno concentrata quando era doveroso dedicarsi allo studio.

Il guaio era che lei, comunque, concentrata non lo era affatto.

Stringeva il suo foglio di pergamena fino quasi a stropicciarlo, mordendosi il labbro inferiore come per impedirsi di pronunciare qualunque parola che, come ben immaginava, non avrebbe mai potuto avere nemmeno una minima parvenza di dolcezza. Aprì la mano stretta a pugno nel solo istante in cui si rese conto che avrebbe dovuto sicuramente ricopiare la sua parte della ricerca di Erbologia - non poteva di certo consegnare una copia così sfacciatamente malridotta - e inspirò con calma, contando fino a dieci per tranquillizzarsi così come le era stato insegnato.

Tic tac tic tac.

Incrociò le gambe quasi con rabbia, tirando per errore un violento calcio al tavolo. Il rumore secco da lei prodotto non attirò minimamente l'attenzione del ragazzo che aveva di fronte, ma in compenso Madama Pince, che per uno strano scherzo del destino passava per quella corsia proprio in quell'istante, le rivolse un'occhiata che bastò a congelarla sul posto. Lily inclinò la testa di lato in segno di scuse, poi abbassò di colpo lo sguardo, evidentemente mortificata.

Tic tac tic tac.

Tutti i suoi sensi di colpa svanirono nello spazio di un secondo, non appena quel fastidioso rumore riprese a tormentarle i timpani e ad attivare dentro di lei la modalità Profondamente Irritata. Non era nemmeno colpa sua, comunque: aveva sempre avuto quella tendenza a farsi influenzare moltissimo dall'atmosfera che la circondava e, se anche un singolo particolare disturbava il suo tentativo di concentrarsi, era davvero la fine.

Tic tac tic tac.

Al diavolo, non ne poteva più. Si schiarì la voce e continuò a fissare il suo compagno ancora momentaneamente in vita - a breve lo avrebbe Schiantato, ne era sicura - che, con gli occhi ostinatamente puntati sul libro che stava leggendo e le unghie che tamburellavano sul tavolo producendo quel ritmo che tanto lei detestava, sembrava immerso in una bolla di intensa meditazione.

"Beato lui", pensò Lily, per poi tossire una seconda volta rischiando per davvero di beccarsi un'altra occhiataccia da parte dell'irascibile bibliotecaria. Era tutto assurdo e la parte peggiore di quella situazione non era nemmeno il fatto che Madama Pince le stava alle calcagna da quando aveva messo piede nella Biblioteca, seguendo lei e il suo collega Caposcuola con uno sguardo spaventosamente attento e vigile.

No, questa non era naturalmente la parte peggiore della situazione, proprio perché un tale comportamento era assolutamente comprensibile: chi mai avrebbe potuto dormire sonni tranquilli sapendo di avere James Potter nel proprio regno, quando per i sei anni precedenti quest'ultimo non aveva fatto altro che dare fuoco ai libri - accidentalmente o meno, poco importava - intrufolarsi nel Reparto Proibito per settimane intere di fila, distrarre con la sua interminabile scorta di Caccabombe chi per davvero provava a studiare e, una volta, persino barricarsi dentro la Biblioteca per protesta, quando Madama Pince aveva suggerito a Silente di bandirlo per sempre da quel suo piccolo santuario?

Nessuno dotato di senno, esatto.

Tutto questo era decisamente più che accettabile, Lily lo sapeva bene, e nessuna persona al mondo poteva osare biasimare la povera bibliotecaria, martire ingiusta e incompresa, vittima perseguitata e costretta a sottostare al volere di un Preside che amava troppo i Grifondoro per impedire a uno dei suoi pupilli l'accesso al luogo forse più tranquillo di Hogwarts. Che cosa James Potter avrebbe mai potuto desiderare di fare in Biblioteca, poi, restava comunque un mistero.

Ora, la persona da biasimare era solo ed esclusivamente lei. Quando il professor Beery aveva stabilito velocemente le coppie per una noiosissima ricerca sui "Mille e uno usi del Bubotubero", per Lily era stato ancora semplice ignorare bellamente il commento inappropriato e sempre puntuale di Black, perché non è che fosse poi così inusuale vederlo spalancare le fauci per dare aria alla bocca e dire quelle cose che facevano sghignazzare tanto il suo fidato compare.

«Come si fa a fare una ricerca su una pianta che si chiama Bubotubero? Voglio dire se è un tubero posso ancora capirlo, ma bubo, davvero, cosa diamine sta a significare?»

Che cosa uscisse o meno dalla bocca dei suoi amici era e restava un problema di Remus Lupin, il solo lume della ragione in mezzo a quei quattro neuroni che viaggiavano sempre insieme. E proprio perché quella era unicamente una responsabilità di Remus, Lily si era concessa di alzare gli occhi al cielo e limitarsi a tacere. Ma quando Beery aveva osato accostare il suo nome a quello di James Potter, ecco, quello era il momento in cui avrebbe dovuto gridare, strapparsi i capelli e fronteggiare il professore dicendogli che no, un pomeriggio intero in compagnia di Mister Egocentrico e del suo fastidioso tamburellare non rientrava esattamente nella sua definizione di "giornata piacevole".

E invece eccola lì.

Lily tossì un'ennesima volta e già se li sentiva puntati addosso, gli occhi di quel Corvonero del sesto anno seduto a pochi posti da loro, che sicuramente di lì a poco sarebbe andato a chiederle se fosse normale rischiare il soffocamento ogni venti secondi semplicemente respirando.

Ma il Corvonero non aprì bocca e fu anzi James a decidersi in quell'istante a sollevare lo sguardo dal compito in cui era completamente assorto, puntando sul volto della ragazza quegli occhi nocciola che, come una spia luminosa non così inceppata e che riprende anzi a funzionare rapidamente, si accesero all'improvviso di malizia. La sua espressione si distese visibilmente e le sue labbra non esitarono ad aprirsi nel ghigno più serafico del suo notevole repertorio.

«Sei in quel periodo del mese, Evans?»

La ragazza spalancò rapidamente le palpebre, sbattendole qualche volta per assicurarsi che la persona davanti a lei fosse proprio James Potter e che avesse inoltre deciso consapevolmente di rispondere alla sua - quasi - morte per asfissia con la domanda più stupida del mondo.

«Come, scusa?»

James non si scompose, spostando appena lo sguardo sulla pergamena stropicciata e indicandola con un gesto distratto della sua piuma.

«Qualcosa mi dice che oggi sei piuttosto nervosa.» continuò lui, senza perdere quel suo solito mezzo sorriso sarcastico.

"Chissà quanti scaffali romperebbe se lo Schiantassi esattamente ora", si ritrovò a pensare Lily, per poi scuotere energicamente la testa quando nella sua mente si affacciò l'immagine di un James Potter sommerso da centinaia di volumi millenari strappati e lacerati, immagine che suscitò in lei un moto di intensa commozione e pietà. Per i libri, chiaramente, non per lui.

«Qualcosa, Potter? Solo qualcosa?» si riscosse Lily, sfogliando rabbiosamente le pagine del suo manuale e tornando poi a guardare l'espressione divertita e per nulla scossa del ragazzo che aveva di fronte. Irritante, dannatamente irritante. «È da mezz'ora che non la smetti di fare quei...quei rumori fastidiosi che non mi fanno concentrare.»

«Quali rumori? Questi?»

James tamburellò di nuovo con le dita, ostentando l'aria più sfacciatamente innocente della vastissima gamma di arie sfacciatamente innocenti da lui posseduta.

Era lampante, cristallino che volesse testare in quel modo la pazienza di Lily, che si trovò così a emettere un verso strozzato vagamente somigliante a un cucciolo di Snaso agonizzante. Non che lei ne avesse mai visto uno, chiaramente, ma confidava nella sua fantasia ed era sicura che quegli animali avrebbero potuto emettere senza problemi un mugolio molto simile al suo.

«Precisamente quelli.»

Tic tac tic tac.

"Avada Kedavra" appariva momentaneamente come la risposta più azzeccata che Lily avrebbe mai potuto articolare. Tuttavia, un altro rimprovero da parte di Madama Pince avrebbe certamente contribuito a nuocere alla sua autostima, pertanto la ragazza si limitò a stringere i denti e a imprimere nel suo sguardo tutto l'astio di cui era capace. Ed era un astio notevole, spaventosamente notevole.

«Andiamo, non si può fare veramente nulla con te. Prima mi obblighi a stare in silenzio, poi mi impedisci di muovermi...» elencò con sarcasmo, enfatizzando alla grande le minime richieste che Lily gli aveva fatto in quella mezz'ora trascorsa insieme. In un istante, gli occhi del ragazzo si accesero di pura provocazione e lui, come in automatico, si sporse in avanti sul tavolo. «Se vuoi legarmi e imbavagliarmi, Evans, non c'è bisogno di tutti questi giri di parole. Sono tutto tuo.»

Lily sbuffò sonoramente e chiuse il libro con un tonfo secco, scuotendo la testa come a voler scacciare tutto quel testosterone che appestava l'aria e palesando in questo modo la sua crescente irritazione.

«Sei la creatura più fastidiosa che io abbia mai incontrato. Possibile che con te non sia facile nemmeno concludere una ricerca?»

Naturalmente, la sua era una domanda retorica che non prevedeva alcuna risposta. Altrettanto naturalmente, James perse l'ennesima occasione di restare con la bocca chiusa.

«Se tu non contribuissi a complicare le cose, probabilmente sarebbe tutto più facile.»

Lily sollevò lo sguardo con aria indispettita, pronta a ribattere con l'ennesima frase acida, ma dovette richiudere la bocca non appena si scontrò con l'espressione ora più seria del ragazzo. Non che avesse perso tutta la sua aria impertinente, certo, ma i suoi occhi la guardavano adesso in maniera diversa e il suo sorriso, per la prima volta da quando lei ne aveva memoria, si era fatto in qualche modo più attenuato.

Strano. In maniera sospetta, ma strano.

«Cosa vorresti dire?»

«Lo sai cosa voglio dire, Evans.» rispose James, cominciando a dondolare sulla sedia ma senza staccare lo sguardo dal suo. «Sempre a ribadire le solite cose: mi dai fastidio per questo, sei insopportabile per quello...»

Lily non sembrò gradire quella precisazione, perché all'istante raddrizzò la schiena e inclinò la testa di lato. Per chi la conosceva nel profondo - e James, volente o nolente, intercettava e sapeva a memoria persino il suo linguaggio corporeo - quello era un segno evidente della sua improvvisa curiosità.

«Se le ribadisco, è perché evidentemente penso che tu sia fastidioso.»

«No, non lo pensi.»

La ragazza sbatté un paio di volte le palpebre di fronte a quel sorriso divertito e a quegli occhi che sembravano saperla lunga, ma riprese rapidamente piena coscienza di sé. Quella conversazione stava prendendo una piega altamente ridicola e forse, solo forse, il ticchettio a confronto non era poi così malvagio.

«Mi stai prendendo in giro, Potter?»

«Niente affatto. Ti sto contraddicendo, che è diverso.»

«Questa è bella.» asserì Lily, distogliendo per un istante lo sguardo e sorridendo con aria spiazzata. «Così tu sapresti meglio di me quello che io penso realmente di te.»

James continuò imperterrito a ghignare, come se ribadire quel concetto lo divertisse enormemente.

«Ebbene sì.»

Ci fu un solo istante di silenzio, in cui lei si limitò a osservarlo con un sopracciglio inarcato e un'espressione indagatrice stampata sul volto. Quella era precisamente l'espressione che rendeva davvero poco piacevole il sonno della maggior parte degli studenti del primo anno, che avevano ormai imparato a riconoscere quelle occhiate spaventosamente intense e avevano accolto a braccia aperte il consiglio spassionato del Caposcuola James, che dall'alto della sua esperienza intimava anche i più temerari di girare alla larga dalla sua meravigliosa e angelica collega, se mai avessero voluto combinare qualche malefatta.

Non era cosa semplice, comunque, perché Lily sembrava avere occhi e orecchie dappertutto e chiunque, indipendentemente dall'età, soffriva di vergognosi sensi di colpa anche solo limitandosi a pensare di saltare qualche ora di lezione o, peggio, di tralasciare lo studio e far perdere alla clessidra di Grifondoro qualche rubino di troppo. Era una cosa inammissibile ed era certo che, in un modo o nell'altro, la Caposcuola Evans avrebbe saputo.

Il nostro valoroso eroe aveva però dalla sua parte una fedele compagna di vita, vale a dire la sua proverbiale sfacciataggine, motivo per cui non sarebbero bastate nemmeno quelle iridi così ridicolmente grandi e verdi a farlo vacillare e a fargli perdere parte della sua sicurezza.

Qualche battito poteva concedersi di perderlo, comunque.

«Non credo che sia necessaria una risposta, no?» domandò retoricamente lei, ancora confusa dall'improbabile ragionamento di James. «Voglio dire, quello che dici è assurdo.»

«Vuoi sapere la verità, Evans?» Pronunciò la parola "verità" come se fosse il detentore di uno dei segreti più oscuri dell'universo e forse fu proprio il silenzio perplesso di Lily a convincerlo a riprendere con la sua orazione. «Non riesci a darmi una prova concreta di quello che sostieni.» rincarò la dose, consapevole che così facendo si sarebbe invischiato in qualcosa di incredibilmente pericoloso. Pericoloso, certo, ma inevitabile e maledettamente allettante. «Non sai cosa dire per dimostrarmi che mi odi per davvero.»

«Credimi, ne avrei eccome di cose da dire.» esclamò lei con un tono fortemente ironico.

Non si curò nemmeno per un istante dell'eventualità di aver ferito James, semplicemente perché era un pensiero inconcepibile. Tra loro, l'ordine universale che regolava lo strano rapporto intessuto in quegli anni stabiliva che l'unico sentimento che lei avrebbe mai potuto provare nei suoi confronti fosse il più puro astio.

Non odio, assolutamente no, perché Lily aveva piena consapevolezza delle sue emozioni ed era certa che il più mero e intenso odio fosse da riservare solamente per un determinato gruppo di persone. Persone che si divertivano a fare discorsi folli e spaventosi sulla purezza di sangue, sullo sterminio totale e senza pietà dei Nati Babbani, sull'eventualità di un futuro in cui quelli come lei sarebbero stati privati di ogni dovuta libertà, persino del diritto di usare la magia.

Persone di cui ormai faceva parte colui che una volta osava chiamare migliore amico, colui che per primo le aveva detto che no, non è diverso se si è Nati Babbani e non lo sarebbe mai stato.

Va bene, c'era anche da ammettere che in quel mese scolastico e per tutto l'anno precedente il rapporto tra lei e Potter era migliorato visibilmente, tanto che riuscivano a restare nella stessa stanza per qualche minuto senza ricorrere a Schiantesimi o agli insulti più disparati. Però, ecco, da qui ad affermare che Lily non avesse prove per manifestare la seccatura che le causava il novanta per cento dei lati della personalità di James...nossignore, quello era fuori discussione.

«Io continuo a sostenere il contrario, Evans.»

«Questo non è un mio problema.»

«Ma potrebbe diventarlo.» James tornò a sporgersi sul tavolo con evidente aria cospiratrice, abbassando considerevolmente il tono di voce e con il solito ghigno di chi la sa lunga ad arcuargli le labbra. «Ascoltami bene, prima di trarre le tue conclusioni affrettate. Ti propongo una sfida.»

«Ecco che ci risiamo.» borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.

Una sfida con James Potter, che cosa assurda e inconcepibile: quale persona sana di mente sarebbe mai scesa a patti con il diavolo? Accettare una sfida proposta da Potter era sulla stessa lunghezza d'onda, per l'appunto.

«Non è una sfida qualunque, Evans. Tutto quello che devi fare è darmi prova dell'esistenza di qualcosa che proprio non sopporti di me. Solo questo.»

A dimostrazione del suo contegno e della serietà che sapeva esibire in ogni occasione della sua vita, Lily Evans scoppiò in una fragorosa risata.

«Molto bene, tanto per cominciare...»

«Non devi farlo adesso.» la interruppe bruscamente James, contraendo impercettibilmente la mascella. «Ti do sette giorni di tempo.»

Se per pura ipotesi uno dei restanti tre quarti dei Malandrini si fosse ritrovato ad assistere a quel buffo siparietto, probabilmente sarebbero successe le cose più disparate.

Innanzitutto, Remus avrebbe ripetuto per l'ennesima volta a James di non dondolarsi sulla sedia per non spaccarsi l'osso del collo, salvo poi intimargli di smetterla di proporre sfide pericolose a qualunque persona incrociasse il suo cammino. Soprattutto se questa suddetta persona rispondeva al nome di Lily Evans. 
Peter lo avrebbe sostenuto, ne era certo, così come era altrettanto sicuro del fatto che non avrebbe trovato nulla di ridicolo nei suoi tentativi di fuminare Evans con occhiate altrettanto raggelanti. Lei era imbattibile e questo lo sapevano tutti, certo, ma era esemplare il modo in cui erano capaci di continuare a parlare mentre i loro occhi facevano tutt'altro, magari dichiarandosi guerra vicendevolmente o cercando di incenerirsi con la sola forza delle pupille.

In quanto a Sirius, se lui fosse stato presente in quell'istante, si sarebbe dilettato senza ombra di dubbio nello sciorinare commenti più o meno offensivi sul momentaneo stato dei capelli di James, magari mettendo in luce quanto una persona con un ammasso così informe in testa non potesse essere affatto presa sul serio. Mai.

Però, ecco, una seconda cosa che Sirius avrebbe certamente fatto sarebbe stata notare quella lievissima contrazione della mascella di James, che per un occhio esperto come il suo poteva essere interpretata come un tentativo di controllarsi, di evitare che gli effetti delle parole taglienti di Evans e dei suoi sguardi ostili si riversassero anche all'esterno.

In fondo, contenerli internamente era già di per sé piuttosto difficile e doloroso per preoccuparsi anche di quello che veniva captato da fuori.

«Non ho bisogno di tempo, ho la risposta già pronta più o meno da sette anni a questa parte.»

«Fidati di me, qualche giorno in più per pensare non ti farà male.»

Lily, che udendo quel "fidati di me" pronunciato nientemeno che da James Potter sarebbe scoppiata volentieri a ridere per la seconda volta, si trattenne dal farlo ed esibì il suo sorriso più sfacciato. Fidarsi di James Potter equivaleva a prendere la rincorsa per gettarsi consapevolmente tra le fauci della Piovra Gigante - ammesso che le avesse, delle fauci - e doversi assumere le responsabilità che quel gesto avrebbe comportato. Lesioni fisiche superficiali sarebbe stata la responsabilità più quotata, certamente. In entrambe le situazioni.

«Bene Potter, accetto. Adesso non mi resta che sapere quali sono i termini e le condizioni di questa sfida.»

Se qualcuno avesse osato dire a Lily che anche lei, inconsapevolmente, si era appoggiata con i gomiti sul tavolo e si era sporta verso James quanto bastava per ridurre di qualche centimetro la distanza tra i loro volti, molto probabilmente lei sarebbe arrossita in maniera violenta e irreparabile. Il nostro caro eroe prese ovviamente coscienza di questo cambiamento di posizione - no, dannazionequello era decisamente un plot twist - ma si limitò a decidere saggiamente di non toccare quel discorso e di ignorare il battito furioso che gli rimbombava nel petto. In fondo, quanto poteva essere difficile scambiarlo per il rumore lontano e inafferrabile dei passi affrettati di Madama Pince?

«Ti stupirà sapere, Evans, che non c'è nessunissima condizione. Non otterrò nulla in cambio, eccetto la consapevolezza di aver avuto ragione fin dal principio.» scandì lentamente, la tranquillità in quello sguardo che prometteva solo guai. «Sono certo che mi basterà.»

Parlava con quella sicurezza che gli era tipica, tanto che Lily stessa si ritrovò a osservare con più intensità quegli occhi nocciola che la fissavano divertiti e a domandarsi, quasi inconsciamente, come fosse possibile ostentare in quel modo tutta quella padronanza di sé. La risposta, sostanzialmente, era una sola: non era possibile a meno che non ci si chiamasse James Potter, vale a dire la persona meno padrona di sé di tutto il mondo ma che, quando occorreva, sapeva sfoderare un autocontrollo disarmante.

Ed era arrivato il momento di privare lui di quell'arma che si portava sempre appresso, quell'appendice costante della sua persona, quell'aura di ragazzo invincibile che nemmeno una volta era stato spodestato dal suo piedistallo d'oro, figuriamoci se fatto vacillare.

«Ottimo Potter, l'hai voluto tu. Tra esattamente sette giorni, saprai con certezza quali sono tutte quelle cose che più odio di te.»

 

   
 
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