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Autore: NPC_Stories    27/05/2020    6 recensioni
Eryndlyn è una città dai molti volti, dove ogni giorno vengono intessuti nuovi inganni. A volte, però, non sono i ragni a tessere. A volte sono i draghi.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Nota dell'autrice: sebbene non si tratti di un vero e proprio prequel, consiglio la lettura della oneshot Nostro padre ci ama per capire meglio il protagonista e la sua situazione. Altrimenti questa storia perde buona parte della sua carica emotiva.

1372 DR: Una tela senza ragni


Durante il Silenzio di Lolth la Regina Ragno smise di rispondere alle preghiere delle sue sacerdotesse, lasciandole prive di magia. In quel periodo l’organizzazione segreta degli Jaezred Chaulssin, una banda di draghi-drow, sfruttò la sua influenza in numerose città del Buio Profondo per minare le basi del culto di Lolth. Ched Nasad fu completamente distrutta, Maerimydra subì uno sconvolgimento dell’ordine sociale, Eryndlyn… per fortuna apparteneva al culto di Lolth solo in parte.

Marphenoth 1372, città sotterranea di Eryndlyn

S’lolath dei Vuoti rimase a guardare, con i gomiti appoggiati al davanzale della finestra e lo sguardo perso verso il quartiere occidentale. La situazione stava sfuggendo completamente di mano, eppure il mago non si sentiva in pericolo. Un terzo della città - idealmente, ma quasi mezza città all’atto pratico - era in mano al culto di Lolth, e quella parte della città stava cadendo.
L’intelligente drow si rendeva conto che quell’atto di ribellione dei seguaci di Vhaeraun e Ghaunadaur, non preventivato e nemmeno auspicato da lui e dalla sua cricca, avrebbe cambiato l’assetto politico della città forse per sempre. Allo stesso tempo si rendeva conto che infilare un dito in quel vespaio sarebbe stata una pessima idea.
Qualcosa di molto pesante, forse la cima di una guglia o di una stalagmite, si staccò e crollò a terra con fragore. Anche se stava accadendo a centinaia di iarde di distanza il suono riverberò in tutta l’immensa grotta che ospitava la città.
“Vel’bol harventh d’abylen!”1 Sibilò il drow, un’espressione colorita che paragonava quello spettacolo a un drammatico incidente ai genitali.
Eppure, anche se i suoi occhi osservavano con rabbia e rammarico la caduta di quasi mezza città, a S’lolath non importava nulla del culto di Lolth in sé. Quello che stava vedendo, quello di cui si preoccupava, era il disfacimento dell’equilibrio. Per secoli la sua organizzazione aveva prosperato al di sopra delle divisioni e delle guerre invisibili di Eryndlyn. Per secoli aveva sorvolato su quella gigantesca scacchiera di Sava spostando ora un pezzo ora l’altro, per mantenere in equilibrio le forze delle diverse fazioni e talvolta per far scomparire una pedina scomoda. Spionaggio, assassinio, mercenariato, tutte queste attività più o meno segrete erano solo dei mezzi per il fine ultimo: il controllo.
S’lolath aveva sempre saputo che anche all’interno dei Vuoti c’erano degli infiltrati, alcuni legati al culto di Vhaeraun, alcuni semplici doppiogiochisti di scuole di magia che non dovevano fedeltà alla sua organizzazione. Ma non erano mai stati importanti, mai delle vere minacce.
La sua organizzazione per lui era tutto. Il mago drow aveva praticamente fondato i Vuoti; non da solo, certo, l’aveva fatto in collaborazione con altri due potenti arcanisti del suo tempo. Uno dei tre era diventato il capo, appoggiato da S’lolath che gli aveva lasciato volentieri la carica perché… be’, perché il mago non amava le posizioni così in vista. I Vuoti dovevano diventare l’eminenza grigia dietro i poteri cittadini, e S’lolath voleva essere l’eminenza grigia dietro al capo dei Vuoti. Come avrebbe potuto incarnare meglio lo spirito della setta che aveva aiutato a creare?
S’lolath era divenuto luogotenente e aveva aiutato il Supremo Arcanista a reggere il colpo quando il terzo fondatore si era ribellato per prendere il potere. La loro preziosa creazione aveva rischiato di affondare appena dopo il varo, ma S’lolath aveva scelto bene dove schierarsi e si era guadagnato la fiducia del suo superiore - fiducia relativa, erano pur sempre drow.
Dopo la morte del loro collega un secondo luogotenente aveva assunto il posto vacante, e dopo qualche decennio avevano elevato di rango un promettente assassino, rendendolo terzo luogotenente. Non erano mai state posizioni molto stabili. S’lolath era l’unico ad aver resistito così tanto, e l’aveva fatto tenendosi lontano dai complotti interni. I suoi colleghi non erano mai morti per sua mano.
Lui era, in fin dei conti, un impiegato fedele. Non ricordava molto della sua Casata di origine, sapeva solo che era scappato appena ne aveva avuto occasione, mentre i Vuoti erano la Casata che si era scelto. Come in ogni Casata c’erano dei dissidi interni, ma quella era soltanto selezione naturale drow. L’importante era che verso l’esterno rimanessero un fronte compatto.
Ora non lo erano più.
Uno degli altri luogotenenti aveva tradito, un bastardo di nome Tomphael Arkenrret, nobile di una Casata minore che non avrebbe mai acquisito potere senza il supporto e le risorse dei Vuoti.
S’lolath non aveva mai pensato bene di quell’Arkenrret, c’era qualcosa in lui che gli trasmetteva vibrazioni sbagliate. Forse erano le sue emozioni. Per quanto S’lolath si sforzasse di reprimere il suo potere, ogni tanto coglieva zaffate di sensazioni e sentimenti altrui come se fossero odori sgradevoli e improvvisi. Accadeva solo quando le emozioni in questione erano molto forti, con Tomphael Arkenrret in particolare. Era un tipo umorale, forse?, o forse era perché le sue emozioni avevano qualcosa di diverso rispetto a quelle degli altri elfi scuri. Quasi che il traditore non fosse un drow, ma una creatura vagamente aliena.
S’lolath decise che ormai non gli importava più. Aveva scoperto i piani del “collega” quando ormai era troppo tardi. Non aveva visto le sue mosse sulla scacchiera, troppo impegnato in altri intrighi. Aveva perso, perché non pensava che Arkhenrret avrebbe osato commettere l’unico tradimento veramente proibito: quello contro gli interessi dell’organizzazione.

Due giorni dopo, Tomphael Arkenrret convocò il leader dei Vuoti per un incontro.
S’lolath ne venne informato solo in seguito, quando il Supremo Arcanista gli inviò un messaggio per comunicargli l’esito di quel colloquio.
Il mago sollevò un angolo della bocca in un sorriso amaro: stava pensando a quanto fosse ironico quel gioco di potere, perché finché Arkenrret era ancora luogotenente non avrebbe potuto convocare proprio nessuno, non i suoi pari e tantomeno il suo Supremo Arcanista. Ora si atteggiava a padrone della città, e forse era proprio così.
Il Supremo Arcanista, il capo dei Vuoti, il suo vecchio amico Szinryn… si era arreso. No, non si era semplicemente arreso: aveva accettato un accordo infamante che avrebbe asservito i Vuoti a un’altra organizzazione.
S’lolath non sapeva quale fosse, quest’altra organizzazione, ma doveva essere molto potente e ricca di risorse se un mago formidabile come il vecchio Szinryn si era arreso a quel contratto di sudditanza. E d’altra parte era ovvio il motivo per cui gli alleati di Tomphael Arkenrret avessero mirato ad acquisire i Vuoti anziché far loro la guerra: i Vuoti non avevano combattuto per difendere i fedeli di Lolth, si erano tenuti neutrali come sempre in tutta la loro esistenza, e disponevano di una rete di contatti e appoggi in tutta la città - o in quello che ne rimaneva - quindi potevano essere degli utili alleati o degli scomodissimi rivali. La partita avrebbe potuto restare aperta… ma per qualche motivo, Szinryn aveva scelto di non difendere la loro posizione. Questo agli occhi di S’lolath era solo un altro tradimento.
Non abbiamo lavorato per tutti questi secoli per vedere la nostra città devastata, gli equilibri di potere ribaltati e la nostra organizzazione assoggettata a degli stranieri! Si disse, buttando gli ultimi libri nella sua borsa conservante. “Vith nindol shu! Usstan tlu doeb!”2 Sbottò con rabbia.

S’lolath sapeva che Tomphael Arkenrret non era un idiota. Anzi, a volte si era dimostrato fin troppo prudente. L’altro mago doveva essere consapevole della superiorità di S’lolath se si fossero scontrati uno contro uno. Forse Arkenrret aveva alle spalle un’organizzazione potente, ma non aveva senso sprecare risorse per dare la caccia a un singolo drow disertore.
S’lolath avrebbe lasciato Eryndlyn, rinunciando a tutto il suo potere sociale, ma non a quello personale. Con quella scelta si stava rendendo inutile come alleato per il traditore, ma non si stava mettendo contro di lui. Se Arkenrret non era completamente idiota, l’avrebbe lasciato andare e basta.
In caso contrario… prima di lanciare una catena di teletrasporti che l’avrebbero condotto lontano dalla città, S’lolath si prese il disturbo di aprire il terrario del suo malefico scorpione, Yugho. Quel predatore terribilmente velenoso e maligno sapeva rendersi invisibile, e avrebbe dato del filo da torcere a chiunque avesse osato frugare nelle sue stanze per cercare le sue tracce.


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Note:
1 Che rottura di palle!
2 Si fotta questa merda! Me ne vado!
   
 
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