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Autore: EleAB98    28/05/2020    3 recensioni
(SERIE 1*) Hollywood U è una delle università più prestigiose della California.
Jane McMiller, ragazza ambiziosa dotata di grande talento, ha un sogno: diventare un'affermata regista. C'è solamente un ostacolo che s’interpone tra lei e il suo sogno. Thomas Hunt, infatti, il professore più in gamba dell'università, non le darà certo vita facile.
E come se non bastasse, la giovane ragazza si ritroverà, ancora una volta, a scegliere tra l'amore e la carriera.
Due mondi apparentemente inconciliabili, uniti da un filo sottile. Due mondi destinati a scontrarsi con la forza più misteriosa e allo stesso tempo più potente. La forza dell'amore.
Di un amore proibito che li sconvolgerà totalmente...
NOTA: Sono presenti delle citazioni tratte dal romanzo Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Alunna e Il Professore'
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La festa del 4 Luglio era ormai alle porte e mancava soltanto un’ora al suo inizio. L’indipendenza americana era senza dubbio un evento importantissimo cui tutti gli studenti e i docenti erano chiamati a partecipare. Peccato che Jane non intendesse affatto recarvisi e che la sua migliore amica non fosse riuscita a evitare in alcun modo la sua assenza. Sicuramente, molti dei suoi colleghi di università si sarebbero chiesti cosa avesse di così importante da fare per non presenziare a quella manifestazione in cui, tra l’altro, avrebbe potuto divertirsi molto e magari conoscere qualche ragazzo della sua età a dir poco interessante.

Negli ultimi tempi, però, lo spirito allegro e gioviale di Jane non faceva più parte di lei e questo lo avevano notato persino i discenti con i quali aveva meno confidenza. Sembrava proprio che la giovane faticasse a riprendersi dalla segreta rottura con il professor Hunt e che soltanto uno studio ‘matto e disperatissimo’ riuscisse a distrarla abbastanza da non pensarci. Anche il tanto temuto esame di ‘Estetica I’, in effetti, era alle porte e questa volta la studentessa non avrebbe mai e poi mai contemplato un altro fallimento in ambito accademico.


 
***


Come ogni anno, Thomas Hunt si preparò accuratamente per la festa del 4 Luglio. Suo padre Mark teneva moltissimo alla realizzazione di quell’evento e all’epoca aveva fatto davvero di tutto affinché lo stesso venisse celebrato proprio alla Hollywood U, verso la fine dell’anno accademico. Vestitosi con degli abiti decisamente eleganti ma non così professionali, Thomas mise in moto la sua Jaguar per recarsi all’università. Non che fosse dell’umore adatto per festeggiare, a dire il vero (il suo sguardo era a dir poco spento e, dunque, parlava da solo); ma dato che il suo amico Jonas aveva insistito così tanto affinché lo accompagnasse, da buon amico qual era, non se l’era sentita di dargli buca e di rifilargli un secco e agghiacciante ‘no’, come d’altronde non aveva mancato di fare in altre circostanze.

Non appena giunse a destinazione, egli notò con sommo disgusto che una miriade di studenti si trovava già accalcata nell’atrio: come forse era lecito aspettarsi, regnava il caos più totale. Così, per evitare quell’orda di ragazzi, Hunt salì rapidamente le scale per avviarsi nel terrazzo. Il suo amico Jonas era già lì, alquanto elettrizzato, con indosso un bellissimo smoking nero e la cravatta bianca a esso abbinata.

“Amico mio, finalmente! Credevo non venissi più!
esclamò l'amico, dandogli una sonora pacca sulla spalla.

“Non immagini quanto traffico ho trovato sulla mia strada...” sospirò l'altro, esausto.

“Lo credo... non a caso è il 4 Luglio. Allora,” gli domandò poi, con la sua solita verve “cosa mi racconti di bello?”

Hunt alzò un sopracciglio e lo guardò di sottecchi.

“Nulla di particolare” rispose poi, facendo spallucce.

“Avanti, non mentire...” lo incalzò Jonas“Deve pur esserti accaduto qualcosa di bello ultimamente.”

“E sentiamo... cosa te lo fa pensare?”

“La sceneggiatura che hai riposto nel tuo ufficio...” continuò lui, analizzando la sua espressione con l'occhio di un critico d'arte qual non era, ovviamente, “Ti ho visto, non cercare di giustificarti... so che anche tu hai tra le mani la meravigliosa sceneggiatura di Jane McMiller e che la custodisci gelosamente nel tuo cassetto. E questo è un fatto a dir poco straordinario...”

Per nulla imbarazzato, Hunt confermò l’asserzione di Jonas.

“Esatto amico mio, possiedo anch’io quella sceneggiatura... e allora?”

“E allora la trovi fantastica, mio caro. Ammettilo, quella ragazza ti ha conquistato... e devo ammettere che ha conquistato anche me.


A quelle parole Hunt trasalì, ma cercò in tutti i modi di nascondere le proprie emozioni agli occhi dell’amico; emozioni che divampavano nel suo petto con una forza inaudita, reclamando il loro spazio.

“Non dubito che la signorina McMiller abbia davvero un gran talento” gli rispose, mantenendo lo sguardo fisso sul panorama hollywoodiano che gli si ergeva intorno. “Ma deve fare ancora molta strada per poter diventare, un bel giorno, un’affermata regista.”

“E io non dubito che ci riuscirà” asserì Jonas. “Ne ha già fatta molta vincendo il concorso per l’attribuzione del bonus all’esame di Estetica I. Abbiamo tra le mani un astro nascente della cinematografia... e quella sceneggiatura è veramente fantastica.”

“Puoi ben dirlo” si limitò a rispondere Hunt, guardandolo di sfuggita negli occhi. “Non a caso, ne ho chiesta una copia.”

“L’hai chiesta personalmente alla signorina McMiller?”

“Perché questa domanda?” fece il regista, cercando di comprendere cosa passasse per la mente dell’amico.

“Beh, mi domandavo solo come avessi fatto ad averla, dato che non eri presente di persona al concorso” ribatté lui, facendo spallucce.

“Giusto, io non ero presente...” ripose l’uomo, con una punta di rammarico. “Comunque, l’ho chiesta alla signorina non appena si è presentata nel mio ufficio per farmi firmare l’attestato che sanciva la sua vittoria.”

“Capisco...” convenne Jonas, restando per un momento in silenzio. “Vogliamo andare?” domandò poi, chiudendo finalmente l’argomento.

Hunt annuì e i due si avviarono nella sala adibita alla celeberrima festa del 4 Luglio. Il famoso regista sperava soltanto che non si sarebbe annoiato terribilmente.


 
***


Quella sera, Jane continuava a rigirarsi nel letto con la vana speranza di prendere sonno. Aveva provato davvero di tutto, ma sembrava che nulla potesse conciliarle un meritato riposo. La festa del 4 Luglio era in pieno svolgimento e quella musica, assordante come non mai, non riusciva comunque a distoglierla da un pensiero, anzi: quel pensiero. D’improvviso, a seguito dell’ennesimo tentativo fallito di chiudere finalmente gli occhi abbandonandosi tra le braccia di Morfeo, la ragazza venne colta da un’irrefrenabile voglia di uscire dal suo dormitorio, per cui si preparò in tutta fretta e prese ad avviarsi, a passo deciso, nel posto in cui ormai da qualche tempo aveva evitato di recarsi.

 
***


Erano appena scoccate le ore 23:00 quando Thomas, avviatosi nel bar per concedersi almeno un buon bicchiere di birra, decise di isolarsi del tutto da quella festa cercando di evitare delle conversazioni che avrebbero senz’altro peggiorato il suo umore. Il suo amico Jonas, nel frattempo, aveva attaccato bottone con una collega di almeno dieci anni più giovane di lui dimostrandosi, al contrario di Hunt, ben disponibile a instaurare nuove conoscenze, cercando di guadagnarsi l’attenzione da parte delle colleghe che maggiormente lo interessavano. Dopo essersi scolato un altro bicchiere di birra, Hunt decise di uscire dall’università per andare a farsi una passeggiata.

In fondo, nel bel mezzo di tutto quel delirio, chi avrebbe mai potuto constatare la sua assenza?
Senza contare che il regista non aveva più voglia di rimanersene lì come uno stupido, assistendo alla festa che sempre aveva odiato, forse al pari di quella di S. Valentino. Non appena si avviò nel cortile della Hollywood U, però, si accorse che la vista gli si era parzialmente annebbiata. Insomma, forse aver smesso del tutto - e di punto in bianco - di bere alcolici lo aveva reso molto più vulnerabile agli effetti di questi. Chissà, magari non avrebbe dovuto scolarsi di colpo ben tre bicchieri di birra, come se fosse un perfetto uomo da osteria... ma ormai, il danno era fatto.

Continuando a camminare per il marciapiede, l’uomo si allontanò a poco a poco dall’università, ritrovandosi completamente solo, lontano dal caos che poco prima gli regnava nella testa. La strada era deserta ed era a malapena illuminata da quei lampioni che attestavano la sua presenza in quella grande città. Di tanto in tanto, qualche macchina passava rendendogli il cammino meno solitario, ma non per questo meno malinconico né, tantomeno, esente da pungenti riflessioni che da giorni non facevano altro che tormentarlo.

D’improvviso, quasi inaspettatamente, ecco che si ritrovò nel vicolo che conduceva al club di lettura. Alzò lo sguardo da terra: sembrava che, seduta sulla panchina posta di fianco al club, si delineasse una figura immobile e indistinta che teneva in mano chissà che cosa. Colto da un’impellente curiosità, l’uomo si avvicinò di soppiatto a quella figura, a malapena illuminata da un vecchio lampione.

Dovevano ancora mettere a posto le luci - si disse Thomas, mentre continuava ad avvicinarsi alla persona oggetto del suo interesse -.

Non appena si trovò in prossimità di questa, il suo cuore sussultò. Quella persona non era altro che la sua studentessa, intenta a divorare le pagine di un libro. All’istante, la mente del professore ritornò a quel giorno in cui la giovane si trovava al bar dell'università, assorta nella lettura di Cime Tempestose, il romanzo della Brönte. 

Ah, era tutto così semplice allora, quando ancora non stavano insieme... ma anche adesso il tutto sarebbe dovuto apparire agli occhi di entrambi estremamente semplice e naturale...

Ma lo era?

Il professore continuò a fissarla per qualche secondo, assai incantato dalla sua figura longilinea, nonché dal suo portamento fiero e ribelle che all'inizio aveva destato in lui un fastidio che poi aveva scoperto essere, in realtà, una forte ammirazione che tuttora non accennava a diminuire. Poi, scuotendo la testa, procedette oltre con l’intenzione di andarsene. Ma non appena si mosse, una voce soave arrestò il suo cammino.

“Professor Hunt... che cosa ci fa lei qui?”

Thomas si voltò all'istante. La giovane era nuovamente tornata a dargli del lei.

“Nulla, signorina McMiller... stavo facendo semplicemente una passeggiata qui nei dintorni.”

“Capisco...” rispose la ragazza, annuendo impercettibilmente. “Ma non... non è andato alla festa del 4 Luglio?”

“Nemmeno lei, a quanto pare” replicò Hunt, rimanendo immobile sul marciapiede, con la spalla poggiata sul lampione.

“Giusto” rispose lei di rimando, tornando con gli occhi fissi sul suo libro.

“Ecco,” le disse poi, rompendo il silenzio “in verità sono andato alla festa, ma ho trovato il modo di...”

“Fuggire via?” intervenne lei, rialzando lo sguardo verso di lui.

Hunt sospirò.

“Se vuole metterla così.”

Per la seconda volta, calò un silenzio tombale.

Thomas, nel frattempo, tentò di capire quale libro stesse leggendo la sua studentessa guardandola di sottecchi e lei, pur non avendo osservato il suo gesto silenzioso, soddisfò la sua curiosità.

“Sì, sto leggendo il libro di Jane Austen, nel caso in cui lei se lo stesse chiedendo.


“Oh, bene...” rispose lui, fingendosi sorpreso. In realtà, una parte di sé lo sospettava. “E posso chiederle, in particolare, a quale capitolo è giunta?”

“Nel capitolo in cui Darcy rivela i suoi sentimenti per Elizabeth, beccandosi un sonoro rifiuto da parte sua.”

Hunt annuì e, dopo un altro minuto di conturbante silenzio, riprese a parlare.

“Sa, sono arrivato esattamente al suo stesso punto.”

“Dice sul serio?”

“Sì... ogni sera mi diletto a leggere almeno un capitolo, prima di andare a dormire.”

Jane spalancò gli occhi. Lei faceva esattamente la stessa cosa ogni singola notte.

“Quanto alla sceneggiatura che mi ha spedito giorni fa... l'ho letta tutta d’un fiato e devo dire che mi ha sorpreso ancora una volta, signorina McMiller. È davvero straordinaria.”

“La ringrazio molto” rispose lei, mostrando finalmente un sorriso leggero.

“Mi ha colpito molto il contrasto tra l'essere veramente felice e la ferrea convinzione di esserlo, scoprendo poi di non esserlo davvero...” proseguì Hunt, sedendosi vicino alla sua studentessa. “Mi scusi per il gioco di parole...” riprese poi, guardandola per un istante.

Jane si trattenne dal mostrarsi eccessivamente sorpresa per quanto Hunt aveva appena detto.

“E... posso chiederle perché le ha colpito maggiormente quel passaggio in cui si denota quanto mi ha appena espresso?”

“Perché io credevo di essere una persona felice e soddisfatta, prima di incontrare...”

Hunt si interruppe di scatto e tentò di concentrare la propria attenzione sulla carreggiata che si trovava dinanzi a lui fissandola nel dettaglio, ovviamente senza nessun obiettivo preciso.

Come diavolo gli era saltato in mente di dirle quanto le stava dicendo?

La studentessa tentò di ‘venirgli in soccorso’, ma fu tutto inutile. Nemmeno a lei riuscì, infatti, a terminare la frase incriminata, sebbene il loro reciproco guardarsi negli occhi confermò appieno l’idea di quell’asserzione che nessuno dei due aveva avuto il coraggio di riferire.

Hunt annuì debolmente e, d'improvviso, estrasse dalle mani il libro di Jane, sfiorando le dita affusolate della ragazza, ricoperte da un leggero smalto rosa brillantinato. Quel contatto leggero suscitò in entrambi l’ennesima compenetrazione dei loro sguardi, espressivi come non mai. Sembrava proprio che i due riuscissero comunque a parlarsi, malgrado il perfetto silenzio cui stavano facendo appello, parzialmente sospesi tra il detto e il non-detto. Con lo spirito di un attore ormai esperto, Thomas si apprestò a leggere la prima battuta di uno dei capitoli chiave del romanzo:


 
“Ho lottato invano. Non ci riesco, non reprimerò i miei sentimenti. Dovete consentirmi di dirvi con quale ardore io vi ami e vi ammiri.”


A quelle parole, Jane rimase di stucco al pari di Elizabeth. Il suo tono di voce, così profondo ma nel contempo così delicato, la spiazzò totalmente e l’impressione che Thomas non stesse soltanto recitando una parte la colpì in pieno petto. Ridestandosi da quel pensiero, Jane interpretò la parte di Elizabeth, la quale avrebbe ben presto rifiutato le sue lusinghe e la sua proposta di matrimonio a causa di un malinteso creatosi con Jane, la sorella maggiore delle Bennet.

 
“In casi come questo, di solito si manifesta gratitudine per i sentimenti dichiarati, per quanto diversamente corrisposti. È naturale provare gratitudine e, se potessi sentirla, in questo momento vi ringrazierei. Ma non ci riesco, non ho desiderato la vostra stima e voi l’avete senza dubbio concessa con grande riluttanza. Sono spiacente di causare un dispiacere a qualcuno. È stato fatto del tutto inconsapevolmente e spero che sarà di breve durata. Le considerazioni che, come mi avete detto, vi hanno a lungo impedito di confessare la vostra parzialità, non potranno incontrare grosse difficoltà nel superarla, dopo questa spiegazione.”
 


Thomas le si avvicino maggiormente, in procinto di leggere la prossima sua battuta. Ovviamente, da quelle parole trasparì tutta la sua emozione.


 
“E questa è la risposta che dovevo avere l’onore di aspettarmi! Potrei, forse, desiderare di sapere perché vengo rifiutato in questo modo, con un così minimo sforzo di cortesia. Ma ha poca importanza.”
 
 
“Io potrei allo stesso modo chiedervi,” – ribatté Jane, cercando di non cedere proprio all’ultimo interpretando una posizione che non le si addiceva affatto – “perché, con l’evidente intenzione di offendermi e di insultarmi, avete deciso di dirmi che vi piaccio contro la vostra volontà, a dispetto della vostra ragione e addirittura della vostra indole? Se i miei sentimenti non fossero stati decisamente contro di voi, sia che fossero stati di indifferenza, sia che fossero stati a noi favorevoli, credete che una sola ragione al mondo avrebbe potuto indurmi ad accettare l’uomo che è stato la causa della rovina, forse per sempre, della felicità di un’amatissima sorella?”
 

Dopo qualche minuto di prosecuzione nella lettura, Jane recitò l’ultima battuta che si trovava sul finire della pagina e che sanciva la fine del capitolo.


 
“Vi sbagliate, signor Darcy, se pensate che il modo in cui vi siete dichiarato mi abbia toccato in qualche altra maniera che non sia l’avermi risparmiato la pena che avrei provato nel rifiutarvi, se vi foste comportato più da gentiluomo. Non avreste potuto offrirmi la vostra mano in nessun modo tale da indurmi ad accettarla.”

 
“Avete detto abbastanza, signorina. Comprendo perfettamente i vostri sentimenti e non mi resta che vergognarmi di tutto quello che ho provato per voi. Perdonatemi per avervi rubato così tanto tempo e accettate i miei migliori auguri di salute e felicità.”


Non appena Thomas terminò di leggere quella battuta, entrambi tornarono a guardarsi negli occhi, con un’intensità e un desiderio senza pari. Nessuno dei due, però, cedette nel dimostrare quanto albergasse nei loro cuori. Dopo qualche istante, Jane prese la parola e, nel mentre, chiuse il suo libro.
 
“Wow... avevo quasi dimenticato quanto fosse appagante discutere con lei attraverso la recitazione.”

“Anche io...” rispose lui, lasciandosi sfuggire una timida e genuina risata.

“No, non mi dica che non è più andato al club di lettura!” esclamò lei, stemperando l’atmosfera colma di tensione che poco prima aleggiava nell’aria.

“Ha indovinato signorina...” rispose lui, in tono piatto. “Non ci sono più andato dall'ultima volta che ci siamo stati... Noi due insieme” ammise poi, scostando lo sguardo ed emettendo un leggero sospiro.

“Nemmeno io” rispose lei, imitando Hunt, che teneva ancora gli occhi fissi sulla strada.

La tristezza di quella serata aveva nuovamente preso piede.

D'improvviso, però, Jane alzò gli occhi al cielo e vide una bellissima stella cadente. Non riuscendo proprio a trattenersi, la giovane si ritrovò a esclamare:

“Guardi, professore! Una stella cadente!”

“Dove?” rispose lui, sovrappensiero.

“Lassù nel cielo, dove vuole che siano le stelle cadenti? Avanti, venga con me!” gli disse poi, alzandosi di colpo dalla panchina.

Thomas rimase esterrefatto. La sua studentessa non era affatto cambiata, anzi. Quella ragazza ribelle aveva ormai conquistato ogni singola fibra del suo essere.

“Come?”

“Ho detto: venga con me” ribadì lei, prendendogli la mano.

Con quell'entusiasmo in circolo, Thomas cedette e la seguì. Anche stavolta, non riuscì proprio a dirle no. La sua spontaneità era semplicemente irresistibile.

“Dove andiamo?” le chiese poi, leggermente confuso dal quel repentino cambiamento di attitudine che poteva aspettarsi solo da lei.

Jane gli sorrise.

“Lo scoprirà molto presto.”

“Avanti signorina, mi dica dove stiamo andando... sa benissimo che odio le sorprese inaspettate” aggiunse poi, continuando a seguirla.

“Non è una sorpresa, vorrei soltanto farle vedere una cosa...” ribatté lei, fermandosi di scatto. “Ecco, guardi lassù nel cielo. In quel punto.”

“Quale punto?” domandò Thomas, visibilmente confuso.

“Laggiù.”

Vedendo che Thomas faticava a capire il punto esatto da lei indicato, la studentessa gli prese cautamente la mano e, altrettanto lentamente, gliela alzò, indicando il punto in cui egli doveva guardare. L’uomo si lasciò guidare da lei, beandosi di quell’ennesimo contatto che lo condusse mentalmente in paradiso.

“Ecco, guardi lassù.... vede qualcosa?”

L'uomo scosse la testa, perché in realtà era rimasto quasi tutto il tempo con lo sguardo perso nel contemplare il viso di Jane.

“No, non vedo assolutamente nulla. Si tratta forse di uno scherzo signorina?” domandò lui, fingendosi infastidito.

“No. Guardi con più attenzione, la prego” insisté lei, tenendogli ancora la mano.

Thomas fece come lei gli aveva detto e scrutò quella porzione di volta celeste con estremo riguardo.

“Ma... ma sono pazzo, oppure vedo...” esclamò poi, meravigliato.

“No, è tutto vero. I suoi occhi vedono esattamente quello che vedo io. Ecco, quella che sta vedendo in questo istante è la stella che brilla più di tutte. È assai raro che si palesi nel cielo, ma questa notte deve essere davvero speciale, se ha deciso di apparire così, di punto in bianco. È la stella più splendente del cosmo” ripeté poi, con una certa enfasi, mentre già da qualche istante aveva lasciato andare la mano del regista.

Thomas sorrise e, da un lato, trovò assurdo che per una volta fosse stata una sua studentessa a insegnare un qualcosa a lui.

“Mai come i suoi occhi” rispose l’uomo con fare sommesso, senza nemmeno pensarci.

A quell'inaspettata dichiarazione, Jane rimase paralizzata per l'emozione e si rivolse a lui con uno sguardo colmo di sorpresa.

“Che cosa... che cosa ha detto?”

“Nulla signorina... nulla” rispose lui, allontanandosi dalla ragazza, voltandole le spalle.

“La prego, non se ne vada. Esprima ciò che ha pensato” insisté Jane, mettendogli una mano sulla sua spalla.

“Signorina... Jane...” disse lui, scuotendo la testa e voltandosi di nuovo verso di lei dandole finalmente del tu “non dovrei dirtelo forse, ma quando ti guardo, mi sembra che il tempo si fermi per qualche istante... e io vorrei tanto bloccare quello stesso istante e imprimerlo nella mia memoria affinché vi rimanga impresso per l'eternità, per poi poterlo rivivere altre mille volte.”

Con grande sorpresa, Jane rimase in silenzio. Ancora una volta, fu un suo gesto a parlare per lei. Con estrema cautela, la giovane posò la testa sulla spalla di Hunt che, cingendole con delicatezza la vita, tornò ad ammirare il cielo insieme a lei, estasiato tanto quanto Jane dalle numerosissime stelle che quella notte lo illuminavano.

“Vorrei tanto che tra noi le cose fossero diverse” confidò la ragazza, tornando a guardarlo.

“Lo vorrei anch'io” rispose lui, di rimando.

“Vorrei tanto che fossimo come due stelle del cielo; vicine ma lontane da tutto il resto. Ma dimmi una cosa,” gli disse poi, rivolgendosi di nuovo a lui. “Sei pentito di quello che mi hai detto poco fa, non è vero?”

“A essere sincero, un po' sì.”

“Solo un po'?” domandò lei, cercando di trattenere un sorriso.

Thomas posò la mano sotto al suo mento e, nascondendo anch’egli un sorriso, prese ad accarezzarle la guancia. Eppure, ciò non gli bastò e questo lo spinse ad avvicinarsi ancora di più a lei. Senza rendersene conto, il suo respiro si fuse con quello di Jane, che infine catturò le labbra del regista con un coraggio e un sentito timore macchiato, però, da un desiderio che la stava consumando ormai da giorni. Thomas ricambiò nell'immediato quel dolce bacio, senza però approfondirlo ulteriormente: la sensazione che quel flebile contatto (bramato da settimane) gli suscitava era già sin troppo forte e riusciva a regalargli delle emozioni davvero intense; delle emozioni che non avrebbe saputo gestire nel caso in cui avesse ceduto del tutto alla passione e al sentimento che provava nei suoi confronti.

“Speravo davvero di non dover arrivare a questo ma, a quanto pare, mi hai incastrato un'altra volta...” le disse poi, tracciando con le dita il contorno delle sue labbra e sorridendole per un istante.

Anche la ragazza gli regalò un sorriso timido, rimanendo letteralmente incantata dal tocco leggero di Hunt.

“Quanto vorrei averti conosciuto in un altro momento della mia vita...”  gli disse poi, desiderando con tutta se stessa che l'uomo restasse con lei per tutta la notte, proprio come quel giorno in cui avevano fatto l'amore per la prima volta (che, a quanto pareva, sarebbe per sempre rimasta la sola e unica) in quell'hotel di San Francisco, per poi addormentarsi abbracciati e appagati da quel forte sentimento che li aveva uniti anche a livello fisico, a seguito dell'invidiabile intesa mentale cui erano tuttora testimoni e che avevano costruito nei mesi precedenti alla loro frequentazione.

“Lo so... ma purtroppo, non è andata così” disse lui, assumendo di colpo un tratto autoritario nella voce e tornando con la mente a quella scomoda realtà concernente il rapporto 'alunna-professore' che ancora incombeva sulle loro teste. “Ascoltami Jane, adesso devo proprio andare... domattina dovrò tornare al lavoro, e...”

“Certo, ti capisco” rispose lei, cercando di celare la propria tristezza e il senso di vuoto profondo che quel bacio tanto agognato quanto sofferto le aveva lasciato. “Comunque, ti ringrazio per quello che mi hai detto... è stato molto importante per me.”

Thomas sorrise sommessamente e, dispensandole un breve cenno di saluto, si incamminò verso casa sua. No, non riuscì a sostenere troppo a lungo lo sguardo della studentessa che rimase ancora lì, immobile, vedendolo andare via. Avrebbe corso nuovamente il rischio di viaggiare troppo con la fantasia.
   
 
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