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Autore: Frieda B    29/05/2020    0 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XI
Lamponi e banane



 
                Bastian si stiracchiò e finì con l’abbracciarlo.
«Sono felice che tu abbia deciso di venire da mia sorella, domani sera, sai? Lo so che per te è un sacrificio. Grazie.» Gli diede un bacio veloce.
Karl scrollò le spalle. «So che per te era importante.»
«Lo sai che giorno è oggi?»
«Mercoledì?»
«No.»
«Un giorno di sole?»
«Oggi sono esattamente otto mesi che stiamo insieme.»
«Ah,» fece «e io c’ero, quando otto mesi fa, hai deciso che eravamo fidanzati?»
Bas lo spinse via sciogliendo l’abbraccio, ridendo. «Che idiota. Sì. C’eri. E con oggi sono otto mesi. Dovremmo fare qualcosa di carino… uscire insieme o qualcosa del genere…»
«Potremmo fare sesso.»
«Potresti essere romantico e dolce per una volta?»
«Potremmo fare l’amore,» si corresse, ironico.
«Dico sul serio, Karl. Facciamo qualcosa per festeggiare.»
«Dobbiamo festeggiare il fatto che ci sopportiamo ancora dopo otto mesi? Mi sembra un bel traguardo.»
«Sei il solito arido di cuore,» borbottò Bastian mettendo il broncio.
Karl svariò lo sguardo. «Stasera ho il turno di guardia.»
«Ah, lo avevo dimenticato…»
«E domani sera siamo da tua sorella. Festeggeremo il mese prossimo. Ora devo andare.» Gli fece un mezzo saluto alla militare, con la mano sul capo e si allontanò.
 
 
                Il tenente Breyer era su tutte le furie.
Non faceva che urlare, come un padre arrabbiato per aver scoperto i suoi figli a combinare qualche guaio.
Karl ascoltava guardando fisso davanti a sé, con le mani dietro la schiena, le gambe leggermente divaricate. Bastian aveva una certa eccitazione negli occhi che comunque non riusciva a celare. Tratteneva un sorriso, però, per non peggiorare la situazione.
«Siete due incoscienti! Vi faccio degradare! Due squilibrati! Questa bravata vi costerà cara. Ricadrà su tutta la compagnia! I permessi premio e tutte le uscite sono sospese!»
Lukas Breyer si allontanò in grande fretta e quando fu via, Robert sospirò e Bart bestemmiò forte.
«Che cazzo, ragazzi, vi odio!» borbottò Achim.
Bastian scoppiò a ridere attirandosi brutte occhiate da tutti i suoi commilitoni. «Vi chiedo scusa… però…»
«È stato stupendo,» fece Bart. «Siete stati fantastici. Se volassimo tutti come voi due, sapete quanti antiaerei svieremmo? Siete due malati mentali, ma vi amo!» esclamò ridendo.
                Le acrobazie folli di Bastian e Karl facevano girare la testa a chiunque nella compagnia. Li invidiavano tutti, invidiavano il loro coraggio, il loro autocontrollo, la percezione millimetrica con cui si distanziavano quando volevano separati e la precisione di quando volavano insieme. Li invidiavano tutti anche se adesso, con la punizione collettiva, qualcosa sarebbe potuto cambiare.
 
 
                Riuscirono ad andare da Ingrid, tra una cosa e l’altra, due mesi e mezzo più tardi.
La rabbia di Breyer era rientrata subito perché in effetti aveva un debole per loro e credeva che potessero essere preziosi in missione, perciò lasciava loro delle libertà che nessun altro avrebbe potuto avere. Certo, qualche volta esageravano e doveva riprenderli, ma non era mai veramente arrabbiato con loro. Li aveva messi in coppia di proposito. Non si aspettava niente di diverso da loro due. Era esattamente quello che si augurava facessero.
                La casa di Ingrid era in una strada strettissima, al quarto piano senza ascensore, ma in una zona residenziale molto carina. Bastian e Karl si presentarono da lei con un leggero ritardo e quando lei aprì la porta, Bastian l’abbracciò subito.
«Ingrid!» la chiamò entusiasta.
Lei era poco più alta di Bastian, aveva i capelli castani tendenti al rosso, molto mossi, simili a quelli di Bastian che però erano lisci, e occhi verdi altrettanto accesi. Aveva un viso molto dolce e la carnagione chiara. Li invitò subito ad entrare.
«Ciao, Karl, giusto?»
A lui venne in mente la prima volta che vide Bastian, che lo salutò esattamente alla stessa maniera. Annuì. «Sì, Karl, piacere.»
«Bastian non fa altro che parlarmi di te. Prego, sedetevi.»
«Ah, non c’è Hector?» domandò Bas, leggermente arrossito, per cambiare discorso.
«No, è in tribunale.»
«Così tardi?»
Ingrid accese il bollitore elettrico. Annuì distrattamente, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Sì, ha un caso difficile. È con il suo cliente.»
«Mio cognato è un avvocato,» spiegò Bas, sedendosi sul divano e tirando Karl accanto a sé.
«Sì, me lo avevi detto,» confermò lui.
Ingrid portò in tavola dei biscottini e sedette con loro. «Mi dispiace che proprio ora che siete riusciti a venire, lui non ci sia. Dovrebbe tornare a momenti.»
«Non preoccuparti, ci sarà tempo per incontrarlo,» rispose il fratello, rubandone subito un paio.
«Vi siete fatti mettere in punizione, eh? Mi ricordo quando andavi a scuola, avevi sempre mille punizioni diverse,» fece lei con tono di rimprovero.
Bastian si mise a ridere e Karl sospirò. «Prima che arrivasse lui,» spiegò «non ero mai stato punito. Il mio fascicolo era immacolato. Me lo ha sporcato.»
«Sebastian ha il super potere di trascinare tutti dalla sua parte,» mormorò Ingrid.
«Non chiamarmi così, ti prego, lo sai che lo detesto. Mi ci chiama solo la mamma.»
Lei annuì e rimase in silenzio un minuto. «Mi ha chiesto di te, sai? Forse potresti andarla a trovare una volta.»
«Sì, io… andrò da lei presto. Non guardarmi così, ci andrò davvero. Appena posso.»
Ingrid strinse le labbra ed annuì. Dato che era molto buona e non voleva litigare, cambiò argomento. Guardò Karl con un largo sorriso, aveva le labbra molto sottili e quando sorrideva sembravano quasi scomparire. «Tu hai lo stesso grado di Bas?»
«No, io sono solamente un sergente. Lui ha ottenuto da poco questa promozione. Del tutto immeritata,» fece Karl serio all’apparenza, ma in realtà scherzando.
Bastian lo capì e scoppiò a ridere. «Che stronzo! Non è vero. Sono un buon pilota e ho dato un ottimo contributo ad una missione nella vecchia caserma. L’avanzamento di grado ci mette sempre un po’ ad arrivare, la burocrazia è lenta,» disse mordendo il biscotto e subito dopo: «non era ai lamponi, vero?»
«Secondo te compro dei biscotti ai lamponi per mio fratello che è allergico? No. Niente lamponi né banane.»
«Sei allergico alla banana, anche?» mormorò Karl guardandolo con la coda dell’occhio.
«No, è che non mi piacciono le cose alla banana.» Silenzio. «So che essendo frocio non ci si crede, ma detesto le cose con la banana…»
Ingrid svariò gli occhi. «Sono dieci anni che fa la stessa battuta. Caffè o tè, Karl?»
«Caffè, grazie.»
«Come lo sopporti?»
«Non lo sopporto, infatti. Ma hai qualche consiglio per evitare che si sporchi quando mangia?»
«Non ha ancora imparato!?» domandò lei.
«No. Non è in grado di mangiare. E continua a cadere da fermo.»
«Questa alleanza non mi piace per niente,» borbottò Bastian ridendo piano.
«Sempre stato goffo e pasticcione,» mormorò Ingrid servendo un caffè l’uno ai ragazzi e mettendo in infusione una tisana. «I nostri genitori lo hanno anche fatto controllare, ma è sano.»
«Mio padre doveva farsi controllare,» bofonchiò Bastian.
«Bas, dai, smettila. Mi ha anche chiamato per sapere come stai…»
«E cosa gli importa?» Bastian si voltò verso Karl. «Mio padre ha lasciato mia madre da tantissimi anni, te l’ho detto, no? Subito si è formato un’altra famiglia, ha una figlia adolescente adesso. Noi per anni non l’abbiamo sentito, poi un giorno si è ricordato di noi due.»
«Non sapevo avessi un’altra sorella,» disse Karl.
«Quella non è mia sorella, è un’estranea,» puntualizzò lui. «Comunque, sono davvero buoni questi biscotti. Pensavo, Ingrid, perché non andiamo a cena fuori tutti e quattro insieme, qualche volta?»
«Sì, certo, potremmo farlo, quando voi potete. Ah, domenica vado a prendere la mamma, mangia qui, perché non vieni? Sei invitato anche tu, Karl, naturalmente.»
«Mi dispiace,» rispose pronto Bas. «Sono di turno, domenica non posso proprio.»
Karl sapeva che stava mentendo, ma non disse nulla.
Mangiarono qualche biscotto e fecero ancora qualche chiacchiera, ma si era fatto tardi e dovevano tornare in caserma. Hector non fece in tempo ma Bastian disse a Karl che lo avrebbe conosciuto presto, in un modo o in un altro.
«Hector racconta delle barzellette bellissime,» disse mentre aspettavano l’autobus.
«Perché non vuoi vedere tua madre?»
«Ah… fa caldino oggi, anche se le nuvole preannunciano pioggia.»
«Sì, credo pioverà.»
Bastian lo guardò. «Credevo avresti insistito o mi avresti rimproverato per aver cambiato argomento.»
«No, se non vuoi parlarne, è ok.»
Allora lui lo abbracciò e gli diede un bacio veloce. «Grazie. Comunque non ho voglia di passare un’ora della mia vita a cercare fazzoletti puliti per le lacrime di mia madre.»
Karl gli cinse le spalle ed annuì. «Lo rispetto. È una scelta tua. Ecco l’autobus.»
Salirono quindi sul mezzo pubblico, sedettero in fondo, a quell’ora era semideserto e nascosto dai sedili che li separavano dagli altri passeggeri, Karl gli prese la mano ed intrecciò le dita alle sue.
Bastian appoggiò la guancia sulla sua spalla e questo lo mise a disagio, ma nessuno lì sull’autobus ebbe nulla da ridere e così arrivarono in caserma sani e salvi.
   
 
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